2.
Let the memories be good.
La
città le sembra diversa, quella sera. I contorni
più
sbiaditi, le voci più ovattate, gli odori meno pungenti.
Santana non lo sa,
perché, certo è che la terra sotto i suoi piedi
sembra più instabile.
Tutta
la sua vita sembra più instabile.
Quando
si fa spazio tra i corpi che ballano nel locale,
la bottiglia di birra stretta in mano, Santana sente il bisogno di
urlare.
Farli fermare, chiedergli che cazzo stanno facendo.
Le
verrebbe voglia di scuotere quella coppia di ragazzini
sui vent’anni che in un angolo, sulle poltrone in pelle nera,
si sorride in
maniera zuccherosa.
‘Poveri
illusi’, pensa, buttando giù l’ennesimo
sorso di
bevanda.
Come
diavolo ha fatto, a non capirlo prima, è un mistero.
Certo
che è sposata, non poteva mica aspettare te, Santana.
Continua
a ripetersi, mentre i corpi al centro della
pista le si attaccano addosso. Un paio di ragazzi la accerchiano,
portando le
loro mani sui fianchi della ragazza.
La
testa di Santana è più leggera, con tutto
l’alchol
ingerito, e quel tocco non sembra sortire nessun fastidio. Butta la
testa
indietro, lasciandosi accarezzare da quelle mani, fingendo che quella
sensazione che le opprime lo stomaco non esista.
Il
corpo che sinuoso si muove tra quello degli altri due
ragazzi, amplificando la sensazione di leggerezza. Un paio di labbra si
posano
sul suo collo, i denti che graffiano leggermente la pelle ambrata.
Poi
succede tutto troppo in fretta, e Santana si ritrova
una mano di Puck stretta intorno all’avambraccio, quasi a
farle male. Ha lo
sguardo corrucciato e attento, il grembiule leggermente sbilenco sulla
vita.
Santana
lo guarda, mordendosi le labbra, gli occhi bassi.
Puck
non parla. Fa solo un cenno del capo verso i due ragazzi
che si dileguano, la stretta ancora ferrea sul braccio della sua
migliore
amica.
La
trascina fuori attraverso l’uscita d’emergenza. Il
metallo della scala che tintinna sotto i loro passi pesanti. Puck la
lascia
andare, ma rimane muto a guardarla e Santana sente l’aria
rinfrescarle il viso.
Il
sapore di bile nella bocca. SI piega in avanti quel
tanto che basta a poggiarsi al muro, mentre rigetta il troppo alchol
mandato
giù. Puck le è accanto, tenendole i capelli e
strofinandole la schiena.
Santana
si rialza qualche minuto dopo, le lacrime agli
occhi e il respiro pesante.
«Mi
dispiace Puck.. »
Non
le è mai piaciuto, chiedere scusa. Eppure, in una
sola giornata ha dovuto farlo con il suo migliore amico e con Quinn.
Il
solo ricordarlo le stringe lo stomaco. La mano di Ted
sul fianco della ragazza. I loro sorrisi, la loro confidenza, i loro
silenzi.
La dolcezza di Quinn nel sfiorargli le labbra.
La
porta cigola facendoli voltare entrambi. Quinn è in
piedi, l’espressione concitata. Ha le guance rosse e il
respiro accelerato.
Ha
corso, pensa Santana.
«Quinn!
» Puck la abbraccia, e la ragazza sorride, ricambiando la stretta.
Santana
li guarda attentamente interagire. Se non fossero
stati così ciechi, e se Quinn avesse dato a Puck una seconda
possibilità, al
liceo, sarebbero stati la coppia perfetta.
Belli
abbastanza da far abbassare lo sguardo a tutte le
altre coppie nel giro di chilometri. Puck avrebbe combattuto per lei,
l’avrebbe
fatta sentire come una regina.
Non
sarebbe mai stata la seconda scelta di nessuno.
Il
rimorso di non averle dimostrato nulla, di averla sempre delusa, nel corso degli
anni, porta Santana a rimettere nuovamente. Questa volta le mani
attorno alla
sua vita sono più sottili. La voce che le parla
all’orecchio, decisamente non è
quella di Puck.
«Va
tutto bene, va tutto bene»
***
«Mi
stai dicendo che le hai lasciate da sole lì fuori?
»
Kurt
apre la bocca un paio di volte, sbigottito. Puck
continua a strofinare i bicchieri, passandoli poi alla cameriera bionda
che
gira per i tavoli, mentre di fronte a loro il dj comincia a
chiacchierare
allegramente con il pubblico.
Sebastian
ghigna divertito e un po’ sbronzo, le mani che
giocano con il ciuffo dei capelli di Kurt, che infastidito gliele
prende,
posandole sul legno del bancone.
«Vuoi
stare fermo!?
Sebastian
ride, abbastanza divertito da tutta quella
situazione. Ha sempre conosciuto Santana, in un certo senso, si
è sempre
rivisto un po’ in lei. Quella stessa voglia di prevalere
sugli altri. Quella
paura nascosta di non essere mai abbastanza.
E
sa esattamente che l’unico motivo per cui Santana
quella sera ha bevuto fino a star male, non è stato per
dimenticare, no. Santana
ha bevuto per attirare l’attenzione.
Perché
si è sentita messa da parte. Da Puck, che non le
ha rivelato l’arrivo di Quinn pur essendo il suo migliore
amico. E da Quinn, perché,
nella sua piccola e stramba visione del mondo, Santana aveva sperato
che l’avrebbe
aspettata per sempre.
Che
si sarebbero riviste, un giorno, e che quella storia
lasciata a metà anni prima, sarebbe ripartita esattamente da
dov’era rimasta.
Due donne innamorate e troppo spaventate.
Ma
Sebastian ha imparato a conoscere anche Quinn, dai
racconti degli altri.
Affrontare
tutto quello che lei ha affrontato, alla
tenera età di quindici anni, l’aveva forgiata.
Quinn era una dura, Sebastian
poteva dirlo. Non c’era niente che potesse spaventarla. Ed
era intelligente,
sicuramente.
Ma
tra i difetti di Quinn, bè, tra i difetti di Quinn
c’era
quella paura, insensata, di rimanere da sola.
Si
era aggrappata a Puck, a Finn, a Sam.
Aveva
trascinato tutti nella sua follia. Aveva cambiato
look, amici, abitudine per cercare sé stessa. Per cercare
quella parte
mancante, quella che la lasciava sola, svuotata.
Quella
parte che era andata via con Beth.
Puck
e Kurt stanno ancora parlottando quando la voce di
Sebastian, alta e rude si fa spazio tra di loro.
«Secondo
me dovreste farvi i cazzi vostri»
Entrambi
i ragazzi, le fronti aggrottate e gli occhi
sbarrati si voltano a guardarlo.
Sebastian
si alza, scuotendo le spalle.
«Sono
due donne grandi e vaccinate. E se non ve ne siete
accorti, sono perse una per l’altra. Non sarà un
marito di turno a fermare
quello che c’è tra loro»
Kurt
sorride, le fossette che si disegnano sulle sue
guance. Gli prende il viso tra le mani e gli schiocca un bacio sulle
labbra, un
bacio che sa di alchol e passione e amore.
«Questo
è mio marito! »
Trilla,
felice.
Puck
scuote la testa, pregando che Sebastian abbia
ragione.
***
«Quindi
come sei finita a fare l’avvocato? »
Sono
sedute entrambe sulla scala antincendio. Una accanto
all’altra. Santana ha la testa poggiata sulla spalla di Quinn
e sospira.
Il
solo rialzare il viso le sembra un’impresa
impossibile, ma le piacerebbe guardare Quinn negli occhi e parlarle.
Chiederle
scusa per tutte le volte che le ha mentito, o l’ha fatta
sentire poco
importante.
Chiederle
scusa per non aver capito, anni prima, quanto
avesse bisogno di sentirsi dire che si, possiamo provarci a stare
insieme.
Le
stringe una mano e sorride quando l’altra non la
ritira.
Poi
la sua fronte si aggrotta, pensando a come rispondere
alla domanda della bionda al suo fianco.
«E’
una storia buffa»
Biascica,
fissando il cielo scuro.
«Abbiamo
tempo. »
Santana
annuisce, arricciando il naso. L’odore nauseante
di quel vialetto le entra nelle narici, facendole contorcere lo
stomaco. La
mano di Quinn stringe la sua un po’ più forte. I
loro sguardi si incrociano e
Santana scuote la testa, rassicurandola.
«Facevo
la spogliarellista, lo sai…» Quinn schiocca la
lingua, il sopracciglio alzato e un mezzo sorriso bastardo sulle labbra.
«Una
sera questo tizio mi mette le mani addosso, cercando
di.. sai.. »
Entrambe
abbassano gli sguardi. Quinn piena di rabbia e
rancore verso quell’uomo che ha tentato di fare male a
Santana. Se solo fosse
stata lì..
«Il
buttafuori è arrivato e ovviamente me l’ha
staccato
di dosso. E poi non so perché mi sono messa a urlare contro
quell’eunuco che
cosa avrebbe rischiato se solo avessi fatto quattro passi fino alla
centrale di
polizia»
Quinn
aggrotta la fronte, confusa.
«Bè,
quella sera nel locale c’era il signor Nolan. Mi ha
lasciato il suo biglietto da visita e mi ha detto ‘Sa,
signorina, se un giorno
volesse studiare legge, avrebbe un futuro assicurato’.
»
La
risata di Quinn rompe il silenzio. Cristallina,
aggraziata, vera. Santana si morde le labbra e la fissa, sorridendo a
sua volta
nel vederla così spensierata.
«Quindi,
hai trovato un lavoro mentre ti comportavi da
stronza! »
«Ehi,
quel maniaco mi ha messo le mani addosso! » Ribatte
Santana, e Quinn torna seria e le scosta una ciocca di capelli dal viso.
«Fortunatamente
non è successo nulla»
Le
dita cominciano a formicolarle non appena vengono a
contatto con la pelle di Santana. E’ una scossa, le ritrae
veloci, quasi come
se si fosse scottata, lasciando l’altra ragazza confusa e
imbarazzata.
Quinn
si alza, sospirando profondamente. Aveva sperato
che quella dannata sensazione sarebbe passata. L’aveva
giurato a sé stessa sei
anni prima, quando Santana era uscita dalla sua vita lasciandola sola
per l’ennesima
volta. Si era ripromessa che mai, mai Santana l’avrebbe fatta
sentire di nuovo
così vulnerabile.
E
invece no, ora era lì, in balia delle sensazioni che il
suo corpo non riesce a combattere. Ottenebrata dalla risata di Santana.
Dalla
sua voce.
«E
tu? Come ci sei finita sposata tu, Quinn? »
La
bionda si passa le mani tra i capelli, posando una
mano sulla maniglia della porta.
«E’
una lunga storia, Santana. Torniamo dentro, saranno
preoccupati»
***
Sono
sensazioni, ricordi, frammenti di una vita passata
che tornano in un momento che non ti aspetti.
Quando
è notte fonda, e la persona accanto a te ti
abbraccia. La barba ruvida che strofina sulla tua schiena e per la
prima volta
dopo anni ti infastidisce.
E’
l’odore di un profumo che non è quello del tuo
compagno. E’ un profumo più dolce, più
intenso, più vero. E’ un profumo che hai
sentito solo qualche ora prima e che ti è rimasto addosso,
nelle ossa.
Quinn
si rigira tra le lenzuola, scostando il braccio di
Ted dalla sua vita.
Il
ricordo dell’ultima notte con Santana. Della sua
bocca, delle sue mani, del suo corpo. La loro storia le torna alla
mente nitida
e chiara come un film appena visto.
Quella
prima volta durante il matrimonio del signor
Schuester. Quella risata sarcastica quando le aveva detto che no,
l’amore con
una donna non era una cosa che faceva per lei.
Santana
l’aveva sempre presa in giro per una sua presunta
cotta nei confronti di Rachel. Ma Quinn non ci aveva mai fatto caso.
Era
Santana, dopotutto e la sua vita consisteva per una buona parte nel
renderle
insopportabile gli anni di scuola.
E
poi quella sera, quella fatidica sera in cui erano
finite a letto insieme, Santana gliel’aveva sussurrato appena.
«Sono
sempre stata gelosa di come guardi Rachel. »
Quinn
arriva in salotto quasi meccanicamente, le mani che
si stringono attorno al telefono cellulare. Il numero di Santana sullo
schermo.
Sarebbe
così facile, perdersi nei ricordi, lasciarsi
guidare. Chiamarla e tornare a dov’erano rimaste.
Sarebbe
tutto così facile.
Ma
quando la voce di Ted la strappa fuori dai suoi
pensieri, preoccupata e assonnata, Quinn ripone il cellulare e pensa
che,
forse, i ricordi possono bastare.
Angolo
degli alcolisti anonimi.
Io
buh. Avevo scritto tutt’altra cosa. Poi, suddenly, in
una notte buia e profonda, mi viene voglia di scrivere e viene fuori
questa
cosa.
Vi giuro che non riesco neanche a commentarla.
Ma non credo di poter far di meglio, ad essere onesti. Sono in una
crisi
mistica da ispirazione che non se ne vien fuori XD quindi buh, spero
che non
faccia schifo, ecco /o\
Grazie a tutti, tutti, tutti. Siete bellerrimi <3
(Ovviamente scusatemi eventuali errori. Fustigatemi in caso io abbia
scritto
cavolate \o/)