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Autore: Ultraviolet_    06/07/2013    4 recensioni
La storia dei Malandrini, la storia di Lily, Alice, Marlene, Mary, Dorcas, James, Sirius, Peter, Remus e Frank durante il loro settimo ed ultimo anno ad Hogwarts.
Ma soprattutto, la storia di come James Potter e Lily Evans si sono innamorati a tal punto da non lasciarsi più.
"Perché Lily era una donna che colpiva. Non era una di quelle bellezze da perdere completamente la testa, era bella sì, molto, ma con i difetti tipici di un essere umano. Ma era la sua particolarità a colpire. Il suo modo di mettere due cucchiaini di zucchero nel caffè la mattina, i baffi di latte che le restavano sul labbro superiore al primo sorso. Il suo modo di prendere appunti, con la sua calligrafia accurata e ordinata, e il modo in cui mordicchiava la piuma quando non sapeva cosa scrivere in un tema di Trasfigurazione. La sua voce dolce, che diventava ferma quando lo rimproverava. Il suo modo unico di togliergli punti per le ragioni più svariate. La sua risata. Innocente, cristallina, contagiosa."
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Potter, Lily Evans, Peter Minus, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Lily correva per le scale, aggrappandosi alla balaustra bianca e lucida.
Era questione di vita o di morte, non poteva permettersi di perdere.
“Devo… arrivare prima… di lei” pensava, mentre si sforzava di rimanere in piedi e si aggrappava a lei per ostacolarla.
Ancora un piccolo sforzo…
-Ho vinto!- esclamò Petunia saltellante, superando gli ultimi due gradini con un balzo.
-Sei cattiva Tunia!- esclamò Lily con una risatina, appoggiandosi al muro per riprendere fiato.
-Povera piccola, ma col tempo imparerai i miei trucchi- si vantò la sorella con fare misteriosamente snob.

-Wow ragazze, quanto entusiasmo per andare a scuola!- intervenne la signora Evans attraversando il corridoio con un vassoio in mano, diretta alla sala da pranzo.
Le ragazze le corsero dietro cercando di sbirciare sotto al tovagliolo che copriva le prelibatezze che le aspettavano per colazione. Quando la madre posò tutto sul tavolo, rivelando una pila di crepes Lily, la bava alla bocca, esclamò:
-Mamma, sei magica!

-Altroché, ci vorrebbe proprio la magia per stare dietro a voi due pesti!- rise lei, ma non fece quasi in tempo a finire la frase che dall’ingresso arrivò un rumore di cocci rotti –Mi correggo, tre pesti- sospirò alzando gli occhi al cielo.
-Lo dicevo io, che presto quel vaso sarebbe andato rotto! Decisamente troppo ingombrante. Chi ce l’aveva regalato?- chiese Mark Evans facendo capolino dalla porta, con la posta in mano.
-Lo sai bene che era il regalo di anniversario della zia Helen… e non mi stupirei se saltasse fuori che l’hai rotto proprio per questo- disse la moglie senza riuscire a trattenere un sorrisetto.
-Andiamo, era bruttissimo. Tutti i fiori che ti se ostinata a metterci sono morti di depressione- detto questo fece un occhiolino alle ragazze, che si erano quasi affogate con il succo per le risate.
-Papà, se ti dispiace così tanto io e Tunia possiamo rimetterlo insieme con la colla…- azzardò Lily.
L’uomo non rispose ma sorrise.
-C’è posta per voi, a proposito.
Petunia per poco non si strozzò di nuovo sentendo quella notizia, e saltò in piedi allungando le mani per prendere le lettere. Ne passò una alla sorella e la aprì con impazienza.
-Gentili signori Evans, il preside della Cokeworth Secondary School è lieto di annunciarvi che vostra figlia Petunia Bridget Evans…
-…vostra figlia Lilian Anne Evans…
-…è stata eletta rappresentante di classe!- finirono all’unisono.
-Ah che dire, le bambine più intelligenti del Paese in casa e io vado in giro a rompere vasi- si congratulò il padre abbracciandole, ma loro reagirono allontanandolo, sul viso una smorfia imbarazzata. Mark le abbracciò più strette.
La madre, quasi in lacrime, lo imitò accarezzando loro i capelli.
-Vi voglio bene.

 
Buio.
Freddo.
Le notti erano sempre state particolarmente fredde ad Hogwarts, dove per quasi tre quarti dell'anno era inverno, e stavolta un gelo tagliente riempiva tutta la stanza. Ma chi aveva lasciato la finestra aperta? Lily non se ne rammaricò tanto, anzi le piacquero le ombre che i fiocchi di neve, giocando fra loro, proiettavano sul muro. Le piacque vedere che avevano ognuno una forma diversa e seguirli, uno per uno, con lo sguardo.
In questo concentrato di calma assoluta, si rese però conto che non era per niente limpido, ma offuscato da qualcosa, e, spontaneamente, si portò la mano al viso. Lo trovò bagnato. E quella calma era innaturale, si aspettava di sentire il rassicurante respiro delle compagne assopite, ma c'era solo silenzio, a fischiarle nelle orecchie. Fu solo l'odore nauseante prodotto da troppi flaconi di pozioni in un solo posto (poi quelle usate come medicinali ne avevano uno particolarmente forte) a convincerla di trovarsi in infermeria.
Non era più notte. Un orologio sulla parete opposta segnò, mezzo secondo dopo, mezzogiorno. Lily si alzò frettolosamente a sedere, tenendosi la testa dolorante con la mano.
Mano a mano che capiva che non c’era più nessuna casa in cui fare colazione, nessun vaso da aggiustare con la colla, a meno che non avesse voluto tentare con la polverina finissima che erano diventati tutti i vetri di casa Evans, e soprattutto, niente più genitori da abbracciare, più un urlo cresceva nella sua gola.
Come aprì bocca, Madama Chips, già allarmata per il suo movimento violento, accorse.
-Calmati cara, calmati…- tentò, preparando, con le mani tremanti, qualche intruglio.
-Che è successo?- gridò –Voglio sapere cos'è successo. Io voglio sapere chi...
-Ehi, mi faccia entrare!- Lily si zittì sentendo una voce familiare, oltre la porta. Terrorizzata, strinse dolorosamente le lenzuola fra le dita. Se avesse provato a guardarle, le sue mani ustionate, probabilmente sarebbe rimasta stecchita. Anche se le mani erano messe meglio di tutto il resto; infatti, il momento che più la Chips temeva era quando avrebbe dovuto scoprire le gambe...
-Non mi interessa, quella là dentro che urla è la mia ragazza e io entrerò!- continuò.
-James?- chiese lei, dapprima piano –James!
Le lacrime le rigavano il viso e continuavano a scendere copiose, ma per un attimo represse la sua voglia di gridare e rimase in attesa, la testa affondata tra le coperte.
-Signor Moody, faccia entrare il ragazzo- disse la voce della professoressa McGranitt, calma e decisa.
-Ma Minerva, ha bisogno di riposo…- tentò Madama Chips, che anche si era avvicinata alla parete, in vano.
-Grazie tante!- esclamò James lasciandosi alle spalle l’Auror e correndo verso il punto in cui si trovava la ragazza.
-Lily… Lily sono io- bisbigliò nel posarle una mano calda sul braccio scoperto, ritirandola subito.
La ragazza alzò la testa e i suoi occhi rossi di pianto incontrarono quelli del fidanzato per un secondo, prima di crollargli addosso in lacrime.
Lui non disse nulla, si limitò a stringerla forte a sé, spaventato di poterle fare male in qualche modo. Fissava lo spicchio di muro che riusciva a intravedere tra i capelli di lei e inspirando l’odore di questi ultimi, profumati anche dopo l'accaduto.
Gli sembrava così fragile, una bambola ad un passo dall'andare in pezzi. E in effetti già lo faceva, nel suo corpo e nell'animo. E vederla così mandava lui su di giri: tutto ciò che sapeva era che avrebbe fatto di tutto per salvarla. Ma non sapeva da cosa cominciare.
Dopo quelle che gli parvero ore, lentamente però il respiro di Lily, interrotto da singhiozzi sempre più di distanziati, si regolarizzò e la stretta si allentò. James la riadagiò sul letto, la coprì e le asciugò le ultime lacrime, poi appellò una sedia e si sedette accanto a lei, senza smettere di tenerle la mano neanche per un attimo.
 
 
James, sempre seduto sulla sua sedia a lato del letto, la testa posata sulla pancia di Lily -in una posizione piuttosto scomoda a dire il vero-, stava per addormentarsi, quando la ragazza si svegliò con un sobbalzo. Si affrettò a raddrizzarsi e scattò in piedi, accarezzandole piano la mano, un braccio già proteso verso la pozione sul comodino in caso ne avesse avuto bisogno. Si accorse che tremava.
-Come stai?- sussurrò.
-La testa…- disse lei debolmente, alzando la mano libera e lasciandola subito ricadere sul lenzuolo.
-Eh già… hai preso una bella botta. E io ho rotto alcune cose nello studio di Silente- la informò sempre a voce bassa, la bocca contro la sua guancia fredda.
Lily abbozzò un sorrisetto, che diventò quasi subito una smorfia di dolore.
-Mi dispiace- disse.
James si limitò a posarle un delicato bacio sulle labbra e a sistemarle la coperta.
-Chi è stato?- chiese all’improvviso.
-Cosa…
-James, c'erano due Mangiamorte che sono saliti di sopra. Chi erano?- una frase così lunga richiese il doppio delle forze, ma pronunciò l'ultima domanda con fermezza.
-Non… non lo so, Lily- rispose lui abbassando lo sguardo.
-Lo sai… non cercare di proteggermi da questo, James, credi che non lo sappia?- il ragazzo non ebbe il coraggio di dire nulla, sicuro che qualsiasi cosa sarebbe risultata sbagliata. -Nessuno me l'ha voluto dire. Hanno ottenuto ciò che desideravano, ma, credimi, saranno loro a dover trovare qualcuno che li difenda quando li troverò. Fosse anche Lord Voldemort- i suoi occhi erano pieni di lacrime, e di determinazione.
-Tu vuoi uccidere quegli uomini, è ciò che vuoi, Evans? Credi che sia ciò che meritano? Credi che sia... peggio di Azkaban?- domandò Ramoso serio. Non ricevendo una risposta, riprese fiato -Che fine ha fatto la ragazza tremante dell'estate scorsa?
-Se la sono presa loro- sospirò Lily.
Stava per aggiungere qualcosa, quando una nuova fitta di dolore la sorprese, ma questa volta da dentro. Le lacrime, fino ad allora faticosamente trattenute, iniziarono a uscire incontrollate.
-Non ci sono più…- balbettò cercando il corpo rassicurante del ragazzo, che subito si precipitò a stringerla a sé.
Ancora una volta non disse nulla, sapendo che le parole sarebbero state solamente di troppo. La cullò tra le sue braccia come una bambina, incapace di reprimere la rabbia che gli saliva dentro vedendola in quello stato. Si ripromise ancora una volta di proteggerla da tutto quello che stava accadendo là fuori, perché Lily era una ragazza forte, ma non tanto quanto cercava di dare a vedere. La sua migliore difesa era mostrarsi sicura di sé e noncurante del pericolo o delle sue stesse emozioni. Soltanto quando era definitivamente al sicuro si permetteva il lusso di piangere, e solo con determinate persone. Gli amici più fidati potevano affermare di aver visto Lily Evans debole, e nessun altro.
Pian piano si calmò e si staccò da James, che continuò a sorreggerla.
-Mi aiuti? Per favore...- chiese timidamente, con voce tremula.
Il ragazzo stava già per afferrare il barattolo che lei con gli occhi gli indicava, quando Madama Chips scostò imperiosamente la tenda che divideva il letto dal resto dell’ambiente ed esclamò:
-Non c’è dubbio, lei è qui da ore Potter! Fuori!
-Non troverà il modo di cacciarmi, Madama Chips. Può anche chiamare il Preside e farmi espellere, non mi muovo da qui- era così sicuro di sé e scuro in volto pronunciando quelle parole che la povera donna non riuscì a replicare, così gli intimò malamente di sedersi da qualche parte e riposare, mente lei assisteva la sua fidanzata.
Prese posto sulla sedia e si mise ad osservare la stanza con ostinazione, soffermandosi sui particolari delle pareti, come a dire che non si sarebbe addormentato, no. Quindici minuti dopo però giaceva con la testa appoggiata al muro e gli occhiali storti sul volto, finalmente rilassato dopo aver ceduto al sonno.
Si destò solo qualche ora dopo, e sul letto di Lily trovò anche Alice. Le due amiche dormivano abbracciate, il lenzuolo umido di lacrime e a terra i segni di una probabile colluttazione con la Chips: una provetta andata in mille pezzi. Era scesa la notte, come gli confermò la luna che si intravedeva fuori dalla finestra. Era quasi piena, presto Remus sarebbe dovuto tornare nella Stramberga Strillante. Dopo essersi scompigliato i capelli per mezz’ora, fermo a osservare il pavimento, decise che la sua ragazza era in buone mani e uscì senza fare rumore, diretto alle cucine per procurarsi del cibo. Non fu sorpreso di trovare il resto del settimo anno di Grifondoro accampato fuori dall’infermeria. Gli unici svegli erano Frank e Remus, che cercavano di giocare a scacchi magici ma finivano sempre per rovesciare tutto presi dal nervosismo. Quest’ultimo aveva in grembo la testa di Marlene, che dormiva apparentemente serena, mentre Sirius giaceva supino sul pavimento, russando, e tutti gli altri riposavano a terra con la schiena appoggiata al muro e le gambe distese; il capo di Mary posato su una spalla di Dorcas.
James quasi inciampò sul fratello, svegliandolo, ma lui non protestò, anzi, si alzò per seguirlo a aiutarlo a portare uno spuntino per tutti, senza dire nulla.
 
 
Tornarono dalle cucine con due grossi cesti di cibo e, scoraggiati dalla porta chiusa, si sedettero sul pavimento fuori dall'infermeria. Non li avrebbero mai fatti entrare.
Improvvisamente Madama Chips uscì chiudendosi la porta alle spalle. Vedendo tutti quei ragazzi appostati nel corridoio, sobbalzò, ma poi un’espressione di sollievo comparve sul suo volto.
-Oh grazie al cielo, quelle due hanno l’aspetto di chi mangerebbe volentieri un bue. Andate pure, e non fate confusione!- disse allontanandosi.
I ragazzi si guardarono con stupore, poi, prima che la donna cambiasse idea, si precipitarono a svegliare chi ancora dormiva. Entrarono senza fare rumore, e trovarono Alice che aiutava Lily a raccogliersi i capelli. Le ragazze corsero ad abbracciarla con le lacrime agli occhi. Remus, accarezzandole, avvertì le ferite che le rivestivano tutto il corpo come se fossero sue, come stesse soffrendo quanto lei; fu comunque l'unico a salutarla col sorriso sulle labbra. Peter e Frank la soffocarono in una abbraccio a tre, gli sguardi tristi.
Solo Felpato era rimasto fermo sulla porta, aveva un aspetto stanco e Lily si chiese se non fosse stata l'unica a piangere, nelle ultime ore. Il ragazzo avanzò con velocità sempre maggiore nella sua direzione, e vedendo come si era illuminato vedendola tutta intera e cosciente, le venne voglia di sorridere. In pochi passi la raggiunse e la strinse in un abbraccio da orso, titubante per paura di farle male.
-Non permetterò mai più a nessuno di portarmi via la mia sorellina- disse solamente, poi la lasciò andare e si voltò di scatto prima che le lacrime lo sorprendessero.
Rimasero tutti in silenzio per un po’, a guardarsi le scarpe, finché non fu Lily stessa a romperlo.
-Mi dispiace- sbottò -Sono stata una stupida, avrei dovuto avvisarvi! Ma...
-Non devi scusarti di nulla- la interruppe Marlene con forza.
-Sareste stati i primi che avrei chiamato, ma... non sapevo che fare! Non...
-Non ha importanza, Lily- le disse Frank con più dolcezza.
La ragazza strinse i denti per ricacciare indietro le lacrime, questa volta con momentaneo successo. Tutti fecero un sorrisetto decisamente poco convinto e si servirono, sedendosi attorno al letto di Lily. James si era sistemato accanto a lei, seduto sul materasso, e la circondava con un braccio come una bambina.
-Ragazzi… io ho pensato una cosa- proruppe Sirius dopo diversi attimi di silenzio durante i quali tutti si erano limitati a piluccare i loro panini.
-Cosa, tu che pensi?- chiese James, desiderando però subito dopo di non aver detto nulla.
Quasi tutti però sorrisero e la rossa gli strinse la mano come per dire che apprezzava i suoi tentativi di alleggerire l’atmosfera.
Si aspettavano che Felpato continuasse, ma lui rimase zitto dopo aver storto la bocca alla battuta di James. Ma non era quella ad averlo turbato, e Lily se ne accorse.
-Continua, Sir…
Ancora una volta lui non disse nulla e continuò a scrutare il pavimento torcendosi le mani.
-Sirius, cosa c’è?- riprese lei con dolcezza.
-Niente io… non voglio turbarti- disse semplicemente lui.
La ragazza sospirò, alzò la schiena dai numerosi cuscini su cui James l’aveva sistemata e tirò giù le gambe dal materasso, lentamente. Subito Felpato scattò in piedi e si avvicinò al letto, facendole cenno di rimettersi sdraiata, allarmato.
-Non ti alzare… non per me, non ne vale la pena- fece un piccolo sorriso e lasciò che lo scrutasse attentamente, distogliendo lo sguardo.
-Black, dì tutto quello che vuoi senza temere che io possa reagire male, non potrei avercela con te nemmeno tra un milione di anni- disse infine lanciandogli un’occhiata piena di significato.
-D’accordo… Ecco… Io ho pensato a quella volta che noi ragazzi siamo scappati da casa di James, durante le vacanze di Natale- disse, e si fermò un momento per verificare che gli altri ricordassero. A quel ricordo le ragazze gettarono gli occhi al cielo, mente a qualcun altro scappò un sorrisetto –Quella sera volevano farci entrare in un’organizzazione creata da Silente.
-L’Ordine della Fenice. Ma sono in pochissimi, per ora, quindi non è nemmeno nulla di ufficiale- spiegò Dorcas.
-Ma poi hanno detto che siamo troppo giovani- disse James -Per loro siamo dei bambini.
-Perché ci eravamo comportati come tali!- rispose Felpato con foga -Fino ad ora non mi ero reso conto di quale fosse davvero il loro ruolo. Io voglio fare la mia parte in questa guerra. Dobbiamo solo dimostrare loro di esserne degni.
I dieci ragazzi annuirono, chi prima o chi con un attimo di esitazione, fatta eccezione per Peter.
-Pete?- chiese Sirius.
Lui lasciò passare qualche istante, poi annuì bruscamente.
-Perfetto, non ci resta che parlarne con Silente allora- concluse.
-Ma Sir… quando tornaste, quella sera, ci dissero che ne avrebbero riparlato dopo i Mago. Mi pare che fosse Malocchio Moody- fece presente Mary.
-Siamo maggiorenni, non possono impedirci nulla se non interferisce con gli studi- affermò Remus.
-Tu che dici?- sussurrò James nell’orecchio di Lily, che non aveva ancora detto una parola.
-Dico che non voglio che i miei siano soltanto due nomi tra le migliaia di vittime che Voldemort farà per arrivare al potere, perché se qualcuno non interviene a rafforzare la resistenza lo diventeranno, così come i vostri padri- disse guardando Alice e James –E i tuoi genitori- lo sguardo si spostò su Marlene –E tua madre- concluse stringendo il braccio di Dorcas che era accanto a lei.
Tutti quanti abbassarono lo sguardo.
-Hai ragione- disse Marlene, una nuova luce negli occhi.
-Appena esci di qui andremo tutti da Silente- assicurò Sirius guardandola con affetto, forse scusandosi mentalmente con lei e con gli altri perché i suoi, di genitori, erano della stessa specie della gente che aveva distrutto le loro famiglie.
-Non voglio rovinarvi la festa, perché anche io vorrei far parte dell’Ordine- saltò su Dorcas -Ormai siamo maggiorenni, ma non per questo possiamo essere sicuri che ci accetteranno.
-Comunque vada, collaboreremo- disse allora Lily.
-Questo è poco ma sicuro- terminò James.
 
 
I dieci ragazzi rimasero a parlare ancora un po’, anche se dopo la discussione sull’Ordine della Fenice erano caduti tutti in un silenzio incerto. Al ritorno della Chips furono cacciati, perché Lily aveva assolutamente bisogno di riposare, ma soprattutto lei aveva un assoluto bisogno della pausa pranzo, e non avrebbe mai potuto lasciarli lì. Uscirono tutti in fila indiana, salutando l'amica con un cenno della mano. L'infermiera lasciò una pozione per dormire sul comodino, raccomandandole di berla tutta; poi anche lei uscì, ma con estrema di riluttanza, chiudendo con delicatezza la porta che i precedenti visitatori avevano lasciato spalancata.
Rimasta sola, la ragazza prese in mano la fiaschetta della pozione, guardandola per qualche istante, poi la rimise al suo posto e affondò la testa tra le coperte. Le lacrime sgorgarono quasi automaticamente, senza che avesse bisogno di pensarci -del resto, aveva grandi difficoltà a pensare con chiarezza-. Si sentì straordinariamente impotente, quando suoi pigri tentativi di domarle fallirono ancora e una fitta di dolore la colpì dall’interno, e con questa un'orrenda consapevolezza.
Rimase quasi senza fiato, strinse i denti, pensando che avrebbe preferito perdere un braccio, una qualsiasi parte del corpo. Ormai piangeva senza freni, torturandosi le mani, a scaricare ulteriormente la tensione; le dita si muovevano frenetiche e, quando non bastò, prese a pugni il piumino con tutte le braccia, con tutta la forza, anche se minima, che le era rimasta in colpo. Ogni tanto si bloccava e sospirava profondamente, ricadendo subito dopo in un'insopportabile affanno, in una lotta fra i suoi nervi e la sua calma, ma soprattutto i suoi polmoni. L'unica ragionevolezza che le era rimasta era il pensiero di dover fare silenzio, di non dover disturbare nessuno, ma lo sforzo si trasformava in gemiti soffocati. Lily si sentì improvvisamente sola come mai prima di allora. Non aveva avuto la stessa sensazione di abbandono nemmeno quando Petunia aveva deciso di chiudere tutti i rapporti con lei, perché dentro sapeva che ci sarebbero sempre stati dei genitori da cui tornare qualsiasi cosa fosse accaduto. Ora non aveva più una casa, gli Auror non avevano ancora trovato sua sorella, era orfana.
 
Strinse le coperte così forte che ripresero a farle male le mani, e in un momento di totale buio prese a graffiarsi freneticamente le gambe, sentendo il sollievo sopraggiungere, anche se lontano cento miglia. Graffiò, e si sentì occupata in qualcosa, si concentrò su quel dolore, per un secondo dimenticò il suo cuore spezzato.
In uno scatto di lucidità allontanò da sè tutte le coperte. La vista dei suoi polpacci gonfi e rossi le diede il voltastomaco, grosse ferite la coprivano del tutto; allibita,Lily sostò con lo sguardo su di una particolarmente grave e potè vedere la propria carne, in bella vista. Urlò, per lunghissimi secondi stette con tutti i muscoli tesi in un urlo che non sentì mai, ma in qualche modo si liberò. L'ordine e il silenzio di quella stanzetta la disgustava, stonava decisamente con ciò che accadeva dentro di lei. Aggrappandosi alla spalliera del letto si alzò in piedi per la prima volta dalla sera dell’attacco.
Le vertigini la assalirono, e si diede della sciocca perché si stava comportando come una bambina, tutta la sua apparente forza era solo una finzione, e avrebbe dato qualsiasi cosa per non essere lì, per essere con i suoi, per non soffrire più. Prese a camminare avanti e indietro, e in poco tempo almeno la testa smise di girare. Senza pensarci due volte infilò la porta e uscì da quella stanza opprimente. Percorse i corridoi del castello come in un sogno, era così occupata a tormentarsi per tutti i pensieri aggrovigliati nella sua mente che non si accorse di dove andava, e improvvisamente si ritrovò nel passaggio segreto. Cadde in ginocchio, sfinita, e qui davvero gridò, più forte che mai, più di quanto credeva fosse capace. Per un attimo sperò che qualcuno la sentisse, andasse a prenderla e le dicesse che tutto andava bene, che la dichiarasse pazza, la allontanasse dalla verità. Ma anche quel piccolo pensiero positivo si disperse e le urla aumentavano.
Ad un tratto, un senso di repulsione si impossessò di lei. La fresca aria di quel posto era, per lei, satura di bei ricordi: da sola a leggere, con James… James. Per una volta avrebbe lasciato che qualcuno la aiutasse. Uscì dal passaggio e, sbandando, si diresse istintivamente verso la torre, convinta, leggerissimamente rincuorata. Nel bel mezzo si bloccò. Che cosa stava facendo? Da chi stava tornando? I suoi amici mai avrebbero capito, così spensierati e sempre vicini al pericolo, sempre sicuri di avere la situazione in pugno. Odio, ora provava Lily nel considerare quei pensieri, rabbia: si odiava per averli ascoltati.
Nella sua testa non erano la soluzione, ma neanche il problema. Era lei il problema. Ed era solo colpa sua. I suoi genitori erano morti unicamente per causa sua, era… era un mostro. Petunia aveva sempre avuto ragione, tante volte ci aveva pensato ma ora se ne rendeva conto e lo credeva davvero, ed era troppo tardi per cambiare le cose.
Lei, la stupida che aveva pensato di poter combattere Voldemort, di batterlo. La guerra era inutile, la resistenza era inutile. Lui avrebbe vinto, dentro di sé lo sapevano tutti, anche se preferivano credere di avere ancora delle speranza, ignari che continuare a combattere portava solo ad ulteriori sofferenze, lei ora lo sapeva. Tutto ciò in cui aveva creduto era completamente inutile. Lei era inutile.
Scivolò lungo il muro fino a sedersi per terra, pensando a diversi momenti passati con la sua famiglia, quelli che più le erano rimasti in mente.
Ricordare la voce dei genitori fu per lei una pugnalata, i loro sorrisi, tutto ciò che avevano fatto per lei, che, come risposta, li aveva uccisi. L'ultima volta che li aveva salutati ce l’avevano con lei per il matrimonio, sua sorella la odiava. Non aveva smesso di piangere, ma adesso riprese con la foga di prima. Dov'era Petunia, adesso? Era viva, almeno lei? Aveva rovinato tutto... tutto. Come si fa a vivere con un peso del genere? Hogwarts aveva portato solo guai, non le importava di combattere, non sarebbe stato meglio morire da ignari babbani senza soffrire che sopportare tutto quello?
Ora le era chiaro come mai era successo prima: doveva lasciare Hogwarts.






I'm Here!
E questa volta ce l'ho fatta, ho sforato di pochissimo :P
Vi annuncio che siamo arrivati a 70 seguaci, siete fantastici! Ancora un po' poche recensioni ma non mi lamento.
Ditemi che ne pensate di questo capitolo, che non è stato facile da scrivere... ci conto!
Alla prossimaa!



  
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