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Autore: PinkBubble    07/07/2013    4 recensioni
-... Se non fossi venuta a ficcanasare inutilmente, ora, non saremmo chiusi qui dentro!E togli quelle scarpe lerce dalla tavoletta del cesso!
Inginocchiata in equilibrio precario sopra il water lancio ad Harold Luke uno sguardo di pura insofferenza.
-Io? Colpa TUA. Tu Tarzan, io Jane, ok?
Harold ride, lanciandomi uno sguardo di pura sufficienza –Più che Jane, mi ricordi un po’ Cita, se proprio vuoi saperlo.
Mi sorprendo ad immaginarlo impiccato alla tenda della doccia. Ecco. COSI', mi piacerebbe decisamente di più. Razza di coglione.

Sidney Harrington è inglese, snobista, anticonvenzionale; ed è stata appena catapultata in un'Università che DETESTA. Il suo obiettivo è uno, ed uno soltanto: riuscire a tornarsene a casa.
Harold Luke è mostruosamente bello, poco acuto e col cuore in pezzi. Il suo obiettivo è uno, ed uno soltanto: riconquistare il cuore dell'amata Ellen, che lo ha miseramente abbandonato.
E se la soluzione ai loro problemi fosse.......? Un 'bizzarro' contratto di mutuo soccorso?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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TEN HOURS EARLIER



-Sidney, sei incorreggibile. Ti avevo chiesto di farti un po’ carina, e guarda cosa mi ritrovo. Sembri un eco-terrorista che ha appena tentato di organizzare un sit in contro le pellicce nell’area lusso di Harrods!
Mia sorella, Cassidy Austen Harrington, braccia ripiegate lungo i fianchi e lentigginoso, prospero decolté completamento esibito grazie alla scollatura di  una minimalista magliettina super attillata, rosso pomodoro, che si abbina in modo anche fin troppo mimetico con la sua zazzera di fuoco, getta la mia valigia per terra  fulminandomi con la sua occhiataccia mortale tipo. 
Benvenuta a Los Angeles, Sid!
Eco terrorista. Mio Dio. Che definizione giurassica. Non vedo proprio cosa ci sia di male nell’aver optato per shorts di jeans semi distrutti, calze a scacchi bluette al ginocchio e Vans azzurro liso, accompagnati dalla mia t-shirt preferita, ritraente la cover dell’album dei Beatles che in assoluto prediligo. Sergeant Pepper’s Lonely Hearts Club Band.
Ovvio. Se sei una puttanella californiana, ragionevolmente avrai orrore di chiunque non indossi una mini plissettata inguinale e non sia lampadato da far schifo. Ma io sono inglese, fortunatamente per ME.
E non ho alcuna intenzione di dimenticarlo. Anche se Cassie, invece, sembra proprio averlo fatto! 

 
-Quanto la fai lunga- Sbuffo, incrociando gli occhi – ci sei già tu che piaci a questi zotici. Facciamo così: impegnati il doppio, così gli piacerai pure per me, ok?
 
Cassidy sembra sull’orlo di una crisi epilettica. Evidentemente, l’idea che sua sorella svalvolata demolisca l’immagine faticosamente conquistata al college, rappresenta per lei uno spauracchio più insopprimibile della mia fobia infantile per l’Uomo Nero.
Preistorica, tutta questa preoccupazione per il consenso sociale. Se non arcaica.
 
Sono Sidney Salima Harrington, ho diciannove anni ed una famiglia snaturata alle spalle. Sì. Per almeno due ragioni, che provvederò subito a dimostrare in modo del tutto incontestabile.
Numero uno. I miei genitori, Patricia e Call, rispettabile coppia tutt’ora residente nei pressi di Covent Garden, hanno deciso di battezzare la loro prima figlia (Cassidy) ed il loro ultimogenito (mio fratello Stuart) con nomi pseudo normali, accanendosi con inusitata ferocia sulla mezzana. IO.
Sì. Perché il mio nome celebra la fortuita circostanza del loro incontro, avvenuto durante un provvidenziale ed accanito torneo di NomiCoseCittà in un pub di quint’ordine. Dopo aver sgominato i più svariati ed agguerriti avversari, i  due sventurati alzarono infatti la mano in contemporanea per le “città con la lettera S”: ed il loro match finì in parità. Romanticismo: zero al quoto.
E mi sembra giusto che sia, naturalmente, il mio nome se non la mia intera esistenza a fare le spese del loro desiderio di rievocazione, costringendo chiunque a dedicarsi ad astruse congetture mentali e a chiedersi se io non sia stata concepita a rate: un pezzo in Australia, l’altro in Malawi. Ma abbandoniamo un attimo la trattazione di questa sventura per concentrarci su una problematica di gravità addirittura superiore: Patricia e Call mi hanno COSTRETTA  a fare armi e bagagli e spedito in California.
Mia sorella Cassie, maggiore di un anno, è sempre stata più che determinata a proseguire i propri studi universitari negli States. E fino a qui, nulla di particolarmente strano.
L’anno scorso, al momento della sua partenza le ho dato la mia benedizione, pur non capendo proprio come si potesse cogitare di lasciare la città tetto del mondo: la nostra Londra, in cui siamo nate e cresciute. Ma ciò che non sapevo era che, nel corso della sua prima annualità accademica, la vipera aveva cercato di convincere a poco a poco mia madre a costringere anche me allo stesso sradicamento, utilizzando la sottile arma del ricatto emotivo!
 
Sono sola, dall’altra parte del mondo, io e Sidney siamo sorelle, è la migliore amica che ho, ci faremmo compagnia, le piacerebbe studiare qui, inserimento lavorativo assicurato...”. inutile precisare che, quei due bietoloni di Patricia e Call, si sono lasciati convincere senza troppa difficoltà e mi hanno letteralmente obbligata ad andare incontro allo stesso destino. Non li ha sfiorati nemmeno minimamente l’idea che, se a mia sorella era stato accordato di realizzare i propri desideri, imponendomi di sottrarla alla “tremenda” solitudine mi veniva invece imposto di soffocare brutalmente i miei. Grazie tante, mamma e papà.
 
Ed ora mi ritrovo qui. Nel Campus dell’Università di Los Angeles. Qui; vestita come un inglese, ad ascoltare musica inglese e a rimpiangere le strade inglesi che puzzano di Falafel e di fish & chips, con le loro metro affollate e la bellezza enigmatica di certi ragazzi dalla pelle chiara e dallo sguardo intenso e maledetto, che nulla hanno da spartire con questi scimmioni impomatati! Si salvi chi può!
 
-Non essere ridicola. Voglio che tu venga accolta come una del gruppo e che ti ambienti il più possibile..- Strilla Cassie, iniziando ad accostarmi addosso orribili abitini frou frou sicuramente frutto di recenti acquisti, poiché di norma ero abituata a vederla vestita come me – per cui smettila di essere così......diversa. Ok?
-Come altro dovrei essere, me lo spieghi?- Ringhio, allontanando con un gesto rabbioso l’orripilante prendisole giallo che la pazza ha forse pensato di appiopparmi – io sono così. Amo l’indie rock, Whitman, l’Orange Juice di Tesco, i Digestive unti di cioccolata e soprattutto, ODIO vestirmi da puttana. Per cui non darmi il tormento, ok? Se tu hai deciso di mentire a te stessa,  scordati che lo faccia pure io. Mi hai già abbastanza rovinato la vita con il tuo fottuto egoismo.
 
Cassie resta muta tutt’a d’un tratto, iniziando a guardarsi i piedi. So che ho colpito nel segno, perché è esattamente questo che lei ha fatto per essere accettata: ha rinunciato alla splendida ragazza che era, piena di passioni ed interessi propri, per diventare una del “giro”. Ma io non lo farò: non può chiedermi ANCHE questo. Proprio mentre mia sorella sta, probabilmente, per tentare di giustificarsi in qualche modo, la porta si spalanca con malgrazia. Storgo il naso, disgustata. Ecco altri due membri della venerabile corte targata Mattel di quei due insipidi buffoni di Ken e Barbie, versione antropomorfa ma altrettanto cretina.
 
Lei:bambolona super abbronzata assurdamente alta, con seno inequivocabilmente rifatto e naso parimenti artificiale. Capelli lunghi, castani, ad arte piastrati, ed occhietti piccoli e maligni sommersi di rimmel  e di matita nera, che si puntano seduta stante su di me decretando con sadica soddisfazione la mia totale inadeguatezza agli standard UCLA. Miniabito di jeans che lascia ben poco all’immaginazione e zatteroni dorati, che la mettono in condizione di superare agilmente il metro e ottanta, si appoggia alla spalla del suo accompagnatore con aria stanca e studiata da consumata femme fatale. God Save The Queen.
Lui:pelle chiara, spalle larghe, capelli biondo cenere folti, occhi scuri e labbra carnose. Non sembrerebbe il tipico, ridicolo Californiano artefatto, non fosse per la sua imbarazzante aria da tonto. Un ragazzo con un viso interessante, da copertina, ed un fisico praticamente perfetto intellegibile sotto la t-shirt oversize degli Smiths (unica nota di positività). Ma tradisce pur sempre la svegliezza di un totano surgelato, riconfermata per altro dalla scelta quanto mai opinabile della sua partner. In altre parole,  bocciato.
Che diavolo vogliono, adesso,  questi due?     
 
-Cassie, Albert ci ha raccomandato di venire a ricordarti della festa del suo compleanno- Borbotta lui, non smettendo di fissarmi con aria perplessa. Perfetto. Ha pure la voce da tonto scarsamente alfabetizzato – è stasera, al dormitorio della nostra squadra. Ma senti un po’...chi è questa?
Cassie mi prende per le spalle, costringendomi ad alzarmi in piedi ed ostenta un sorriso quanto mai falso pregando evidentemente tutti i santi perché io non la metta in ridicolo. (Per la misera, questa tizia è spaventosamente alta. O forse, sono io che sono una nanerottola?)
-Lei è Sidney, mia sorella- squittisce, mentre Adamo ed Eva versione pop mi squadrano da capo a piedi - E’ appena arrivata da Londra e frequenterà anche lei il primo anno qui. Sidney, loro sono Harold, il quarterback della nostra squadra di football, gli UCLA BRUINS, e la sua ragazza Ellen, capo cheerleader...-
-Sportivo e ragazza pon pon? Abbastanza scontato, direi ..- Borbotto, per poi ricevere un gentile calcio negli stinchi da parte della mia sorellina -....emh, intendevo dire...sì, deve essere abbastanza frequente da queste parti. Piacere di conoscervi, ad ogni modo...-
Ellen mi squadra da capo a piedi, inarcando il suo sopracciglio ad arte depilato ad ala di gabbiano, soffermandosi a fissare con aria disgustata le mie Vans. Datemi una ragione valida per non  levarmela immediatamente di dosso per scagliargliela in testa, sperando che l’impatto restituisca un briciolo di reattività a quel Vaso di Pandora in cui deve albergare il vuoto cosmico.
La Voglio. E subito.
-Anche lei  entrerà a far parte della nostra confraternita? – Domanda, rivelando di possedere oltretutto un’irritantissima voce da roditore in agonia. Praticamente squittisce, anziché interloquire. Questa “donna” è un cliché vivente! -...solitamente, sai, è solo per fidanzate dei Bruins. Ma visto che è tua sorella....-
-Non preoccuparti, Ellen..- Decido di intervenire io, prima che la situazione diventi assurdamente drammatica – non ho intenzione di entrare a far parte di nessunissima confraternita. Sono solo di passaggio, qui.
Cala il gelo all’interno della nostra stanzetta di un metro per un metro. Per un attimo, temo che Cassie stia per infilzarmi i canini nella giugulare modalità Edward Cullen visto il colorito verdastro che la sua faccia sta progressivamente assumendo. Ma me ne strafrego. Considerando il modo perfettamente balordo in cui è stata capace di rovinarmi la vita, io dovrei allora pretendere di decapitarla nel bel mezzo del Campus!
...Peccato solo che quel deficiente di Harold decida di fare il simpaticone!
 
-Eddai, non c’è problema. Stasera a Sidney presentiamo Martinez, alla festa.
-Ma Martinez non è dell’altra sponda?- Ridacchia Ellen. Suppongo che la risata della terrificante ragazzina di “The Ring “ riuscirebbe a risultare decisamente meno spaventosa, numi del cielo. E quel che è peggio è che Cassie si prodiga immediatamente per imitarla!
-Appunto- Sghignazza a sua volta Harold, scoprendo una fila di denti pressoché dritti se non fosse per due incisivi di dimensioni non trascurabili e con pure un leggero spaziettino di contorno. Mio Dio! Pippo gli fa decisamente un baffo!  - gli piacciono i maschiacci..-.
Ellen non ha neppure il tempo di accennare un’altra delle sue risatine perfettamente idiote che mi volto a rallentatore verso quel deficiente del suo ragazzo, più incarognita di un pitbull da combattimento.
-Maschiaccio a chi, razza di castoro? – Strepito, scattando in piedi come punta da una vespa -....io non ho bisogno delle tue patetiche  manovre da agenzia matrimoniale, mi hai sentito?  E se proprio il tuo amico è  a secco, presentagli la tua ragazza. Sono sicura che apprezza molto anche i travestiti!
-Ma Sidney, che cosa dici?- Mi domanda Cassie, risentita. Senza rispondere mi dirigo a passo di carica verso la porta, fuori di me dalla rabbia. Ho bisogno di fare quattro passi: non riuscirò a sopportare ancora a lungo l’orrida visione  di questi due invertebrati che ridono di me, spalleggiati oltretutto dal sangue del mio sangue! Patricia e Call mi sentiranno! Convincerò quei due snaturati dei miei genitori a portarmi via di qui...!
 
Ma proprio mentre sto per lasciarmi l’odioso terzetto alle spalle(per andare dove, non ne ho idea) vado a sbattere contro un armadio a quattro ante anch’egli evidentemente intenzionato a fare irruzione nella nostra stanza, stringendo una bottiglietta di Gatorade semiaperta in mano che, ovviamente, finisce per rovesciarmisi completamente addosso.
Con l’ultimo briciolo di dignità che mi rimane alzo lo sguardo di qualche centimetro, incollandolo ai suoi straripanti pettorali, su cui campeggia manco a dirlo lo stemma degli UCLA Bruins.
CI RISIAMO!
 
Abbronzato, possente e con degli orridi ricciolini rossastri impataccati di gel, questo tizio ha indubbiamente la finezza di un toro da monta, ed il QI pure.  Ma si può sapere che cosa vuole?
 
-Ops, scusa. Cercavo Cassie. Sono Albert, Albert Garner. Il suo ragazzo..- Butta lì, con un sorriso imbarazzato. In realtà non sembra neppure scortese, ma decido di detestarlo per definizione ...-scusami per il Gatorade. Hai fatto una bella doccetta..-
- E’ lì dentro...- Dico, lapidaria -..e per la doccia non posso che ringraziarti. Quantomeno, il tuo bibitone mi ha disinfettata. Non sia mai che i tuoi amichetti  rincitrulliti lì dentro possano attaccare anche a me il virus della demenza compulsiva.
Albert rimane impalato, con la mano destra appiccicata alla maniglia della porta ed un’espressione stupefatta sul viso, senza sapere bene che fare. Ma io non ho alcuna voglia di concedere spiegazioni (che comunque difficilmente sarebbe in grado di concepire)al mio “futuro” cognato , quando mia sorella ne deve ancora così tante a me.
 
 Ma come ha fatto a fidanzarsi con un individuo del genere, si può sapere? A frequentare ragazze come quella stupida Ellen?
E, soprattutto, come può lasciare che due sconosciuti ridano alle MIE spalle senza sprecare neppure una parola per difendermi?
 
Una lacrima mi cade dall’occhio destro, ma immediatamente provvedo ad asciugarla col dorso della mano. Sidney Harrington NON piange mai: a meno che i biglietti per il concerto degli Arctic Monkeys siano tutti esauriti prima che lei ne abbia comprato uno. MAI!
Tutto questo è decisamente peggiore dell’incubo dell’Uomo Nero che fuoriusciva dal mio armadio che mi perseguitava a sette anni, quando mangiavo pesante, però. E quel che è peggio, è che no....
Stavolta, non posso svegliarmi!

  
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