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Autore: Morgiana    09/07/2013    1 recensioni
Il tempo delle Grandi Guerre è lontano, ma la Pace non è destinata a durare a lungo. Le ombre hanno cominciato a muoversi, distruggendo silenziosamente ogni popolo, portandolo alla rovina. Si dice che solo la luce possa sconfiggere il buio dell'oscurità, ma questa volta le tenebre avranno un nemico al loro interno, un'ombra che combatte se stessa.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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[Angolo Autore - Buona sera a tutti! Questo è il primo capitolo della mia storia. E' una sorta di secondo prologo, e in effetti era nato come tale, ma poi ho cominciato a scrivere, scrivere e scrivere e alla fine sono uscite 5 pagine di Word. Spero che non sia troppo lungo! Davvero, se pensate che sia troppo ditemelo :) Sono in cerca di un consiglio: la gran parte dei dialoghi è pensata come uno scambio di battute, quindi veloci. Inizialmente avevo pensato di scrivere ogni dialogo "tutto insieme", scrivendo sulla stessa riga le battute, ma poi mi sono resa conto che era troppo un pasticcio. Così sono andata a capo ogni volta che cambiava il personaggio che parlava. Solo che l'idea di lasciare tutto quello spazio bianco a destra non mi piace molto. Non ho inserito descrizioni appunto perchè sono dialoghi veloci, e volevo trasmettere questo ritmo anche a chi legge. Secondo voi? ;)
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CAPITOLO 1 - FORSAKEN





I suoi genitori erano morti quando lei aveva dieci anni. Anche tutti gli altri abitanti del suo villaggio erano morti. In effetti non capiva perché lei era viva quando ogni persona che aveva conosciuto era stata uccisa, fatta sparire senza lasciare tracce.
Quella mattina si era alzata presto, intenzionata a esplorare una piccola caverna che aveva scoperto qualche giorno prima, insieme ad altri suoi coetanei. Aveva fatto colazione da sola, i suoi genitori erano ancora in missione, e poi si era allontanata dal villaggio, portando con sé solo qualche provvista e un ricambio. Aveva trascorso la giornata in quella grotta, sporcandosi le mani, il viso e i vestiti, completamente incantata da quel luogo: il soffitto della caverna era una grande volta rossastra, costellata qua e là da grandi stalattiti, mentre il suolo sotto i suoi piedi era dissestato, pieno di buche e di rigonfiamenti, e leggermente inclinato verso il centro, dove si trovava un lago sotterraneo. L'acqua era fresca, e così limpida che si potevano vedere chiaramente le piccole pianticelle che crescevano sul suo fondo, o le innumerevoli rocce che spuntavano da una sabbia fine e dorata. Dalla stanza principale si diramavano tre cunicoli scuri, non illuminati, troppo spaventosi perchè lei li esplorasse per conto suo: avrebbe aspettato gli altri. All'interno di quella grotta regnava il silenzio, ma non ne era impaurita: le era sempre piaciuto stare da sola, circondata dal nulla, a leggere e scrivere, ma anche solo a pensare.
Quando era tornata al villaggio, verso il tardo pomeriggio, non c'era più nessuno: aveva cercato in ogni capanna, stalla o costruzione, ma non aveva trovato assolutamente nulla, non una traccia, non un messaggio. Era confusa, arrabbiata e disperata: che fine avevano fatto tutti? Erano scappati? Erano stati attaccati e imprigionati? E i suoi genitori? Suo padre e sua madre erano in missione, lontani dal villaggio, ignari di quello che era successo. Non sapeva quando sarebbero tornati. Non sapeva cosa fare.
Alla fine era tornava di corsa verso la grotta, allontanandosi da tutta quella solitudine che non aveva un senso, che la spaventava, abbracciando di nuovo quel silenzio che invece la faceva sentire sicura. "Controllerò il villaggio ogni giorno, aspetterò mamma e papà" aveva pensato rannicchiandosi contro la fredda parte della grotta, tra due colonne di pietra, stringendosi al petto le ginocchia sbucciate, e appoggiando la testa sulle braccia magre e ossute.
Si era risvegliata senza sapere quanto tempo fosse trascorso da quando si era rifugiata in quel luogo: il Sole era sorto, ma era ancora basso nel cielo rosato, segno che doveva essere appena passata l'alba. Era partita di corsa verso il villaggio per la seconda volta, ignorando il fastidio e il debole dolore che sentiva in diversi punti del corpo. Era tutto come l'aveva lasciato, immobile e vuoto. Tranne che per il Portone Ovest: il cancello, che era sicura fosse stato chiuso fino il giorno precedente, era socchiuso, lasciando intravedere da una piccola fessura la debole luce del mattino. Aveva varcato velocemente quella porta, impaziente di incontrare un viso noto, una persona che l'avrebbe confortata e le avrebbe spiegato cosa era successo, ma era rimasta delusa dal scoprire che non conosceva l'uomo che si era trovata davanti.
Lo sconosciuto si era subito voltato verso di lei, allungando una mano verso una corta spada che portava al fianco destro: aspettava chiaramente qualcuno. Dopo essersi accorto che era solo una bambina, sporca e impaurita, l'Elfo aveva riposto la spada nel fodero, e si era incamminato con passo veloce verso quella nuova arrivata. Era un uomo alto e dal fisico agile e snello, con lunghi riccioli biondo cenere raccolti in una coda severa e grandi occhi verdi che in quel momento la stavano squadrando con un misto di ostilità e preoccupazione. "Allontanati da lui" aveva sussurrato una vocina nella sua testa: non le piaceva lo sguardo di quell'uomo, né il modo in cui si stava avvicinando a lei, apparentemente tranquillo, ma vigile e con una mano ancora appoggiata sull'elsa della spada.
<< Non ti voglio fare del male piccola >> aveva detto alzando entrambe le mani davanti a sè << Voglio solo parlare >>. L'uomo aveva parlato piano, con voce bassa e rilassata, sfoggiando un sorriso che reputava sincero. << Come ti chiami piccola? >> aveva chiesto avvicinandosi lentamente e inginocchiandosi davanti a lei, in modo da avere il viso all'altezza dei suoi occhi.
<< Thiliell >> aveva risposto cominciando a sentirsi a disagio. Chi era quell'uomo? Erano stati i suoi genitori a mandarlo a prenderla? Sapeva cosa era successo agli abitanti del villaggio? Erano alcune delle domande che stava per porgli, ma lo sconosciuto l'aveva interrotta prima che potesse aprire bocca.
<< Ok Thiliell, c'è qualcun altro con te? >> aveva chiesto guardandosi attorno, senza riuscire a trattenere la preoccupazione che provava.
<< No. Sto aspettando mamma e papà. Sono in missione >> aveva risposto pensando nuovamente ai suoi genitori, e chiedendosi quando sarebbero tornati. L'uomo non aveva parlato, ma l'espressione sul suo viso era cambiata completamente, e ora la stava guardando con pietà, tristezza, compassione. Quello sguardo l'aveva paralizzata. Non voleva che quello sconosciuto si avvicinasse troppo, ma quando l'Elfo le aveva preso le mani tra le sue non era riuscita a muovere un muscolo. Non voleva sentire quello che avrebbe detto.
<< Non conosco un modo più facile o meno doloroso per dirtelo >> aveva detto chinando la testa come per chiedere il suo perdono << I tuoi genitori sono morti. Probabilmente tutti gli abitanti di questo villaggio sono morti >> stava parlando lentamente, ma Thiliell non lo stava completamente ascoltando. Mamma e papà erano morti? Quell'Elfo doveva essere pazzo. Sua madre era una delle più grandi Maghe della loro nazione, mentre suo padre era una delle Ombre, uno dei pochi assassini che potevano dire di non aver mai fallito una missione. Non potevano essere morti. << ... anche altri villaggi sono stati attaccati, sono stati tutti uccisi. Attaccano, uccidono, e ripuliscono la zona portando via i corpi >> stava continuando l'uomo, parlando più a se stesso che a lei. Ma Thiliell aveva smesso di ascoltarlo: era corsa via, lontano da quella persona, lontano da quel villaggio.
L'Elfo aveva tentato di fermarla, ma lei era troppo veloce e agile tra tutte quelle radici intricate che conosceva da sempre, e che in quel momento la facevano sentire piccola e indifesa. Neanche la grotta le sembrava sicura. Aveva corso senza sapere dove stesse andando, fino a quando i suoi piedi e le sue gambe si erano rifiutate di proseguire: con le ultime forze si era arrampicata su una quercia, lasciando che ogni tipo di pensiero le invadesse la mente. Non voleva credere a ciò che lo sconosciuto le aveva detto, ma allo stesso tempo sapeva di non poter negare quello che era successo. Voleva piangere, voleva riuscire a gridare e a sfogarsi ma non ci riusciva: i suoi occhi erano secchi, così come la sua gola, mentre i polmoni faticavano a fornirle l'aria di cui aveva bisogno. Era esausta. L'unica emozione che provava, oltre a un vuoto che le pesava sul petto togliendole il fiato, era una rabbia che non aveva mai pensato di poter provare. Ma non sapeva nulla, nemmeno il punto della foresta in cui si trovava: non poteva vendicare nessuno in quello stato.
Aveva riflettuto molto, decidendo di aspettare, di crescere ed imparare. Non poteva fare niente così impreparata: sarebbe diventata più forte, più saggia, più pericolosa. Doveva trovare un maestro che le avrebbe insegnato come combattere, come scoprire, come ottenere. Ma questa persona andava cercata lontano da quella foresta, in una grande città, in una capitale. Aveva viaggiato verso Nord, passando attraverso il Reame Elfico settentrionale, per cambiare direzione ed entrare nelle regioni umane. Era stato un viaggio lungo e più di una volta aveva rischiato di non farcela, ma alla fine lo aveva trovato.
Lo aveva incontrato quasi per caso, a Baklera, una delle più grandi città della regione settentrionale del regno umano. Era una delle tante giornate passate a chiedere informazioni ed elemosinare qualche soldo: fino a quel giorno non aveva ottenuto nient'altro che occhiatacce e qualche risposta che non conduceva a nulla. Non sapeva che cosa desse più fastidio a quelle persone, che fosse una bambina, o che fosse un'elfa. Forse entrambe le cose. Era seduta da qualche ora sui gradini di una piazza circolare, nel centro della città, scrutando nella folla in cerca di qualcuno che potesse diventare il suo maestro. La gente andava e veniva, curiosando tra le varie bancarelle, vendendo e comprando merce, senza curarsi troppo della bambina elfica che li osservava da vicino.
Il suo futuro maestro era comparso tra la folla quando ormai aveva cominciato a pensare di cambiare quartiere. Era un Elfo, per quello lo aveva notato subito, con lunghi capelli ondulati di una marrone chiaro con sfumature rossastre, e occhi di un azzurro così intenso da sembrare veri lapislazzuli. Era vestito piuttosto sobriamente, con degli stivali di pelle color cuoio, un paio di braghe nere forse un po' troppo larghe e una semplice casacca marrone dotata di cappuccio, chiusa in vita da una cintura nera a cui era appeso il fodero di una spada.
Era il primo Elfo che vedeva da settimane, e per questo motivo si era subito fiondata da lui, sperando che fosse finalmente arrivato il momento giusto. Gli altri Elfi con cui aveva parlato l'avevano scacciata, non credendole e ritenendola una piccola ladra bugiarda. Si era affiancata a lui, aspettando che la notasse, ma l'uomo aveva continuato a cercare tra le bancarelle, non prestandole la minima attenzione. Non aveva potuto far altro che seguirlo e pazientare fino a quando non avesse terminato la sua ricerca: non poteva parlare a quell'Elfo in mezzo a tutta quella gente, aveva bisogno di un luogo più tranquillo.
Alla fine l'uomo aveva smesso di cercare, e si era allontanato dalla folla dirigendosi verso una locanda, ancora senza dare il minimo segno che l'avesse in qualche modo notata. Pochi metri prima dell'edificio, però, l'Elfo si era fermato, girandosi lentamente verso di lei.
<< Per quanto tempo hai intenzione di seguirmi, ragazzina? >> aveva detto con un tono mezzo seccato e mezzo divertito. Quindi al mercato l'aveva notata, e aveva finto di non essersi accorto di lei. Quell'uomo le piaceva. << Se vuoi tentare di derubarmi, chiedermi cibo o soldi mi dispiace ma sono messo peggio di te >> aveva continuato rivoltandosi le tasche dei pantaloni, vuote. Sembrava sincero, ma c'era qualcosa che non quadrava: se non aveva denaro cosa stava cercando di comprare al mercato?
<< E allora cosa ci facevi alle bancarelle? >>
<< Posso farti la stessa domanda, sei un'aspirante ladruncola? >>
<< Penso che qui il ladro sia tu >> aveva risposto incrociando le braccia al petto e guardandolo fisso negli occhi.
<< Oh! Mi hai beccato! >>. L'uomo aveva riso, tirando fuori dalle stesse tasche di prima qualche piccolo gioiello e qualche pagnotta. << Ma ho comunque ragione >> aveva continuato sogghignando << Solo tra ladri ci si riconosce. >>
Alla vista del cibo il suo stomaco aveva cominciato a brontolare, ricordandole che non mangiava dal pomeriggio precedente: tentava di rubare il minimo necessario, sempre piccole cose di cui non si sarebbe accorto nessuno, come qualche forma di pane o qualche uovo, e in ogni caso si abbassava a fare la ladra solo quando non riusciva a trovare nulla nelle terre circostanti la città. E accadeva molto spesso.
<< Ci sei rimasta male che ti ho smascherata? Povera piccola! >> Quell'Elfo cominciava a piacerle sempre meno, forse non lo voleva come maestro. << Tieni >> aveva detto infine, lanciandole due pezzi di pane << Ma ti aiuto solo perchè sei una mia connazionale. >> Detto questo si era voltato, dandole le spalle, e avviandosi nuovamente verso la locanda. Ma lei non aveva intenzione di lasciar andare l'unica persona che poteva fornirle delle risposte: forse non sarebbe diventato il suo maestro, ma magari poteva aiutarla a trovare le informazioni di cui aveva bisogno.
<< Aspetta! >> aveva urlato correndogli dietro per la seconda volta.
<< Cosa vuoi ancora, ladruncola? >>
<< Ho delle domande da farti. >>
<< Allora trovati qualcun altro, io non so nulla. >>
<< Mi serve un Elfo, non una persona a caso. >>
<< Bhe, questo Elfo è particolarmente occupato. >>
<< Non sei occupato, stai andando alla locanda a bere.>>
<< Cosa ne può sapere una bambina come te? >>
<< Ok. Cosa devi fare alla locanda? >>
<< Sono affari miei! >>
<< Non è una risposta! >>
Parlando si erano spostati sempre più vicino alla famosa locanda: era un edificio di tre piani, dal tetto spiovente, dalle pareti ruvide e bianche, costellate da numerose finestre che mostravano l'interno caotico e poco illuminato. L'insegna era rotonda, ancorata al muro tramite un'asta di ferro che terminava con una spirale, e raffigurava una spiga di grano rossa sopra un campo dorato. La locanda si chiamava semplicemente "La Spiga Infuocata".
<< Come hai fatto a fare quella cosa delle tasche? >> << Come hai fatto a rubare, ti stavo guardando e non ho visto nulla >> << Come hai intenzione di pagare la locanda se non hai soldi? >> erano alcune delle domande che gli aveva posto, parlando intenzionalmente a voce sempre più alta.
L'Elfo si era guardato attorno con aria leggermente preoccupata, voltandosi poi verso di lei.
<< Abbassa la voce! >> aveva detto mettendole una mano sulla spalla << Se rispondo alle tue domande mi lascerai in pace? >>.
<< Se mi piaceranno le risposte forse si >> aveva detto guardandolo negli occhi e sorridendo innocente, come una bambina di 10 poteva fare, pensando allo stesso tempo che, no, non lo avrebbe lasciato stare nemmeno in quel caso.
La locanda era quasi vuota, il luogo perfetto per parlare senza essere disturbati. Oltre a loro c'erano solo due uomini, seduti in punti diversi della stanza e probabilmente ubriachi, dal numero di caraffe di birra sui loro tavoli. Evidentemente agli Umani piaceva ubriacarsi. Il suo accompagnatore si era diretto verso uno dei tanti posti liberi, lontano dalla porta e dalle finestre, e lei lo aveva seguito senza dir nulla. Subito dopo era arrivata una donna, la locandiera con tutta probabilità, che, dopo aver guardato perplessa i due nuovi clienti, aveva chiesto loro cosa volessero. L'Elfo aveva ordinato solo una caraffa di vino, mentre lei aveva chiesto una ciotola di minestra e dell'acqua.
<< Prima che risponda alle tue domande mi sembra il caso di presentarsi >> aveva cominciato l'uomo appoggiandosi allo schienale della sedia e allungando le gambe sotto il tavolo.
<< Thiliell. >>
<< Aerandir. >>
<< Non può essere il tuo vero nome! >>
<< Sempre attenta vero? >>
<< "Vagabondo del Mare" non c'entra nulla con le tue caratteristiche fisiche! >>
<< Non sembro un pirata o un eremita in viaggio per mari e monti? >>
<< Forse un vagabondo si, ma squattrinato. >>
<< Sei piccola ma hai la lingua svelta, eh? >>
<< Dico solo le cose come sono. >>
Aerandir aveva sorriso ancora, mentre lei cominciava a pensare che quella discussione sarebbe finita nel nulla.
<< Sai cosa è successo ai villaggi di Neero? >> avevo chiesto decidendo di partire dalla domanda più difficile. L'Elfo si era fatto subito serio, guardandola per la prima volta senza nessun cenno di divertimento o ironia.
<< Sono tornato da queste parti solo qualche settimana fa >> aveva detto con tono grave. << So solo che tutti i villaggi sono stati attaccati e che i loro abitanti sono scomparsi, molto probabilmente morti. >> Non era la risposta che Thiliell voleva: purtroppo quello lo sapeva già.
<< Sai chi è stato? >>
<< No. Ci sono voci in giro che parlano di mostri, ombre, ma sono tutte speculazioni >> aveva risposto scuotendo la testa. << Non esiste al mondo creatura o essere che possa fare una cosa simile nel giro di un paio di giorni. Questa è opera di un esercito. Ma non so di chi. >>
Thiliell non aveva detto nulla, aspettando che l'uomo che aveva davanti capisse da solo. Non ci avrebbe messo molto se l'avesse guardata: sentiva i muscoli della faccia irrigidirsi, mentre si sforzava di trattenere la rabbia che ancora provava.
<< Tu eri in uno di quei villaggi >> aveva detto più che chiesto.
<< Ero andata a esplorare una grotta vicina e quando sono tornata non c'era più nessuno. >>
<< Non hai visto nulla? >>
<< Nulla, ho trovato solo un altro Elfo che diceva che erano tutti morti. Ma sono scappa via. >>
<< E sei venuta qui? >>
<< Non subito. Sono andata anche a Flera, Selka e Leuka >> aveva risposto ripensando a quelle piccole città umane, dove non aveva trovato assolutamente nulla.
<< A piedi e da sola? Perchè? >>
<< Sto cercando una persona. >> Aerandir stava per rispondere, ma venne interrotto dall'arrivo della donna, che teneva in una mano la caraffa di vino e nell'altra la sua minestra.
<< Avete i soldi per pagare, vero? >> aveva chiesto la locandiera guardando le due persone che si trovava davanti: una bambina pelle e ossa e un uomo dall'aspetto trasandato.
<< Ovviamente! >> aveva risposto l'Elfo, mettendo una mano sul braccio della donna, che aveva appoggiato il cibo sul tavolo e se ne era andata senza dire una parola.
<< Che le hai fatto? >>
<< Solo un piccolo trucchetto >> aveva detto Aerandir versandosi del vino un bicchiere.
<< Magia? >> aveva chiesto abbassando la voce. Quando aveva toccato la donna, per una frazione di secondo, Thiliell aveva visto una debole luce sulla mano dell'uomo, mentre il blu dei suoi occhi era diventato ancora più brillante. Tra gli Elfi la magia era comune, ma si risvegliava con l'età e si imparava a controllarla solo tramite lunghi insegnamenti. Lei aveva bisogno di qualcuno che conosceva la magia.
<< Chi stai cercando? >> aveva detto Aerandir tornando sul discorso iniziale.
<< Un maestro. Qualcuno che mi insegni a combattere e ad usare la magia >> aveva risposto guardandolo fisso negli occhi. L'uomo si era bloccato, e si era messo anche lui a fissarla.
<< Stai scherzando vero? >>
<< Ora che so che sai anche usare la magia non ti lascerò più stare, che tu mi voglia o meno >> aveva ribattuto posando la ciotola vuota della sua minestra.
<< Non se ne parla! >>
<< Portami con te. >>
<< No. >>
<< Dai, portami con te, posso darti una mano. >>
<< No! Sei una piccola ladruncola e neanche tanto brava. >>
<< Motivo in più per insegnarmi. >>
<< Sei cocciuta vero? >>
<< Ho dieci anni, ho il diritto di essere cocciuta. >>
<< Non mi lascerai mai più in pace vero? >>
<< No. Ti seguirò ovunque e non ti permetterò di fare i tuoi trucchetti. Ti denuncerò a ogni mercante, locandiere, negoziante con cui parlerai.>>
<< E pensi che ti crederanno? >>
<< Sono una bambina innocente, non un vecchio trasandato, losco e sospetto. >>
<< Non sono nè vecchio nè losco! >>
<< Credi quello che vuoi. >>
Alla fine Aerandir aveva fatto un lungo sospiro, continuando a guardarla sottecchi.
<< Un mese di prova >> aveva detto scandendo lentamente le parole. << Se mi cacci nei guai o combini qualche casino ti lascio dove mi trovo. >>
<< Va bene! >> aveva risposto sapendo che non lo avrebbe fatto veramente.
Era stato il suo maestro per nove anni: le aveva insegnato come combattere con spade e pugnali, come tirare con l'arco, come sgusciare alle spalle del nemico senza essere percepita, come muoversi per non essere notata. Ma soprattutto le aveva insegnato la magia, aiutandola a controllarla e a sviluppare quel potere che si era risvegliato quando aveva raggiunto i sedici anni. Si guadagnavano da vivere sia rubando che svolgendo qualche piccolo lavoretto, prendendo ogni giorno come un giorno di addestramento. Le prime missioni che avevano svolto erano soprattutto lavori di spionaggio, mentre con il passare del tempo le richieste di omicidi erano aumentate: non si trattava mai di buone persone, solo gente corrotta, marcia fino al midollo, che viveva la propria vita sulle spalle degli altri. Si sentiva sempre più vicina a suo padre.
Thiliell non aveva smesso di cercare informazioni su quello che era successo al suo popolo, ma nessuno sembrava avere delle risposte sicure. Era certa solo di una cosa: il continente era in subbuglio. Gli Incorporei avevano abbandonato quasi completamente le loro terre, sparpagliandosi nelle altre regioni, minacciati da troppo tempo dalle ombre che stavano arrivando da occidente. L'Ovest e il Sud umani erano entrati ufficialmente in guerra, e i loro confini erano chiusi da anni, lasciando trapelare poche notizie su quello che avveniva al loro interno. Il Nord e il Centro umani erano relativamente tranquilli, ma la mancanza di una qualsiasi forma di governo aveva portato alla formazione di vere e proprie Congregazioni, che avevano incominciato a farsi battaglia a vicenda. Gli Elementari erano diventati ancora più sospetti, freddi e senza scrupoli, intenzionati a non condividere il loro sapere con nessuno e diventare il popolo più influente del continente. Il Reame Elfico, dopo gli attacchi ai villaggi di Neero, era cambiato drasticamente: le Legioni erano state aperte in tutte le città, e ogni ragazzo o ragazza sopra i sedici anni veniva reclutato, addestrato e mandando in missione. Il popolo Elfico era diventato ancora più chiuso e freddo degli Elementari, e per questo motivo gli appartenenti a quella razza non erano visti di buon occhio da gran parte degli Umani, nè dagli Incorporei.
Poi un giorno il maestro era sparito, lasciandole una semplice lettera che diceva di andare, di partire, perché il suo addestramento era finito. Si era sentita tradita e abbandonata per una seconda volta, ma lo aveva fatto comunque: aveva vissuto da sola per un anno, vagando di città in città come il suo tutore, affinando le proprie capacità e svolgendo qualche piccolo incarico.




   
 
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