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Autore: Thurin    10/07/2013    3 recensioni
L'immagine di un oscuro passato riaffiora nella mente di Nico Robin, un ricordo a lungo nascosto capace di sconvolgere l'intera umanità. Un segreto a lungo celato ai suoi più intimi amici, il ricordo di un dolore mai sopito, per Franky il viaggio insieme a Cappello di Paglia non è solo voglia di avventura, ma fuga da un destino che lo chiama con voce ossessionante, un destino legato a doppio filo al passato della giovane archeologa. A poco a poco la consapevolezza del legame reciproco porterà i due pirati a ricomporre i pezzi di un puzzle diabolico, portando alla luce ciò che per lunghi anni era stato nascosto.
Vorrei dedicare questo racconto in più capitoli all'utente Avventuriera, che mi ha spinto (dopo un'appassionata discussione) a provare a cimentarmi in una fan-fic. In effetti questa è una commissione per suo conto! Spero che questo mio primo lavoro riesca ad appassionarvi, buona lettura...aspetto i vostri commenti (siete liberi di distruggermi come e quando volete!).
Genere: Avventura, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Franky, Nico Robin | Coppie: Franky/Nico Robin
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta
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Capitolo V
Chi cerca trova


Il paesaggio saettava intorno a lei con la rapidità del suo respiro, il verde degli alberi si fondeva con le macchie di luce del sottobosco che a poco a poco s’immergeva sempre più nell’oscurità.
Con un balzo superò le intricate radici che le sbarravano la strada, si voltò indietro fissando gli occhi verso un punto lontano, nessuno la inseguiva più ormai; perché allora continuava a correre? I capelli bianchi impregnati di sudore volteggiavano al vento, lasciando dietro di loro piccole goccie d’acqua; Nico Olvia si fermò a riprendere fiato, era riuscita a sfuggire ai suoi inseguitori ed allo stesso tempo era giunta molto vicina al luogo che stava cercando.
La ricerca era la sua passione, una passione che al di fuori di Ohara era considerata pericolosa, Olvia non voleva porre alcun limite alla sua sete di conoscenza, si era sempre interessata ai grandi misteri della storia, in particolare ai quegli anni bui che nessuno aveva mai avuto il coraggio di indagare. Solo più tardi capì che non era per mancanza di volontà da parte degli storici, che le indagini e le ricerche non si svolgevano regolarmente, ma che precise direttive del governo mondiale avevano proibito di svelare i misteri dietro quella parentesi storica. Quel velo calato sul tempo, sul mondo, aveva richiamato Olvia fin da giovane, facendole scaturire il desiderio di scoprire la verità e di regalarla al mondo: “un dono pericoloso” si ripeteva spesso, da anni ormai quella ricerca e quel sogno non le avevano portato altro che guai.
Soprattutto quando ad un certo punto, lo studio dell’antico alfabeto dei Poignee Griffe l’aveva portata a decifrare informazioni a dir poco incredibili sulla cultura della civiltà antecedente all’attuale. Molti Poignee Griffe parlavano di città, tradizioni, cultura e conoscenze di ogni genere, ma proprio non riusciva a capacitarsi come gli antichi, avessero voluto fissare nei segni, le informazioni riguardanti armi dalla potenza incalcolabile. A detta di questi scritti, le cosiddette armi ancestrali erano in grado di seminare morte e distruzione su larga scala, cancellando qualsiasi cosa si ponesse loro contro. Ma che senso aveva lasciare ai posteri queste informazioni? Inoltre, se queste armi erano davvero così potenti da poter rovesciare le sorti di una guerra, come mai non le usarono per difendersi dalla grande guerra che li cancellò dalla faccia del mondo?
 
Nico Olvia passò diversi anni nello studio di questi particolari Poignee Griffe, cercando di determinare i luoghi nei quali l’antico popolo aveva celato queste armi ancestrali. Dalle informazioni ricavate, aveva capito che tramite queste armi, la faccia del mondo era già stata sconvolta e che i luoghi descritti dai monoliti non corrispondevano più ormai, alle isole sparse per il mondo. Con molta pazienza arrivò a ricostruire una mappa del mondo dalle informazioni dei Poignee Griffe trovandovi uno schema ben preciso nella posizione di ogni monolite. Ognuno di questi non era stato messo a caso, ma in modo da formare un percorso ben preciso, che andava attraversato con esatta precisione, prima di poter accedere ai segreti delle antiche armi.
Olvia era arrivata alla fine di uno di questi percorsi, le innumerevoli tracce ed i sottili indizi l’avevano portata in questa isola ricoperta da una vegetazione simile alla foresta pluviale, aveva attraversato mari, deserti ed aveva combattuto contro diverse bestie feroci per ottenere le informazioni che cercava. Non per ultimo, aveva attirato l’attenzione dei corpi speciali della Marina; il CP9 le dava la caccia ormai da tempo, dapprima aveva sospettato che volessero dissuaderla dallo studiare i segreti celati dall’antica lingua, successivamente, si rese conto che più di ogni altra cosa, il CP9 e di fatto il Governo Mondiale, temevano che la scoperta delle armi ancestrali avrebbe rigettato il mondo nel caos di una grande guerra. Erano stati proprio due agenti del CP9 che l’avevano contattata per un incontro circa due settimane prima, quando ancora soggiornava nel regno di Alabasta.
 
Avevano concordato per trovarsi in un luogo pubblico e dato che la proposta veniva direttamente da loro, Olvia non se la sentì di rifiutare, era curiosa di sapere a cosa mirassero quelle persone che da tempo le stavano alle calcagna; si diresse dunque verso la piazza della grande capitale del regno, essendo pieno pomeriggio il traffico di persone intente a seguire i propri affari era imponente: chi era intento a far spesa al mercato, chi raggiungeva il posto di lavoro o anche chi semplicemente aveva portato i figli a fare una passeggiata per la città. Il vociare della folla e la brezza del deserto erano molto intensi quel pomeriggio, Olvia si portò al centro della piazza dove una grande fontana zampillava acqua fresca e potabile, si guardò intorno esaminando i passanti cercando d’individuare gli agenti con cui doveva incontrarsi; un rumore di passi più leggero di altri attirò la sua attenzione, si voltò lentamente ed alle sue spalle emersero dal nulla un paio di agenti, li riconobbe subito: il tipico abbigliamento degli agenti del CP9, un completo nero con camicia bianca e cravatta nera, era inconfondibile. Per un attimo si chiese come facessero a sopportare il caldo torrido del deserto di Alabasta.
“Capelli bianchi, occhi blu, cappotto lungo e chiaro” l’agente la squadrò da cima a fondo “tu devi essere Nico Olvia”
L’archeologa sorrise compiaciuta, a quanto pare era riuscita ad attirare così tanto l’attenzione che ora il CP9 la riconosceva a vista
“Completo nero, portamento austero, ed una malcelata spocchia” Olvia passò col dito sulla giacca scura del giovane di fronte a lei “tu devi essere una recluta del CP9” l’agente si stupì non poco per quella reazione così pronta e non riuscì a celare il suo imbarazzo. Da dietro le sue spalle il suo collega scoppiò in una sonora risata divertita
“Ahahah! Sapevo che oggi mi sarei divertito con te Riley, sai davvero come renderti ridicolo in queste situazioni”
“Shinjiro-senpai non mi pare il caso di prenderla troppo alla leggera. Abbiamo ricevuto precise istruzioni riguardo questa donna, e…”
“Istruzioni riguardanti me?” interruppe divertita Olvia “e di che genere miei cari signori?”
L’imbarazzo del giovane agente si fece molto più evidente, sapeva di aver parlato a sproposito, si voltò verso il suo superiore con aria afflitta “Senpai..io, veramente non…”
“Lascia stare Riley” replicò Shinjiro senza mostrare alcuna alterazione “sono errori comuni tra le reclute, ora vediamo di passare ad argomenti più seri”
L’attenzione della studiosa ora era tutta verso l’agente Shinjiro: alto, bruno e scuro di carnagione, occhi verdi come un mare d’erba celavano tutta l’esperienza d’innumerevoli operazioni ad alto rischio; negli anni Olvia aveva imparato a distinguere le persone e a leggere il loro passato attraverso i segni del corpo; quello sguardo fisso su di lei non le piaceva, sapeva che non sarebbe stato facile liberarsi di lui. I tre i sedettero presso un tavolo all’aperto di un locale della piazza, ordinando qualcosa da bere, non sembravano attirare troppo l’attenzione, forse perché ognuno dei presenti era occupato a pensare agli affari propri, Olvia si sedette di fronte ai due agenti in modo da avere un’amplia visuale del circondario per un’eventuale fuga, appoggiò la schiena contro la sedia reclinando leggermente la sedia
“Bene signori, di cosa volgiamo parlare?”
Dall’atteggiamento dei due membri del CP9 si capiva che a condurre la discussione sarebbe stato Shinjiro; posò i gomiti sul tavolino circolare incrociando le mani ed appoggiandovi contro la testa, gli occhi stavano sempre fissi sulla giovane storica. Trasse un profondo respiro: “Cosa porta un’archeologa della famosa Isola di Ohara in un luogo lontano come il Regno di Alabasta?”
Olvia si stupì per un attimo della domanda, posò la tazzina di caffè che stava sorseggiando e rispose prontamente: “Mi ha sempre affascinato la storia di questo antico regno, e trovo che ci sia ancora molto da svelare riguardo la storia delle passate dinastie”
La giovane recluta emise un verso di disprezzo che né Shinjiro né Olvia degnarono di attenzione
“E queste ricerche…” proseguì “lei le svolge in mezzo al deserto?”
“Le antiche rovine possono trovarsi sepolte dalle dune di sabbia”
“Beh, certamente, ma da quel che so nel deserto al di fuori della capitale, non sono mai esistite strutture appartenute alle antiche dinastie regnanti ad Alabasta”
L’archeologa sorrise compiaciuta ma non si scompose: “Vedo che anche lei è un esperto della storia di questo paese”
“Oh niente affatto dottoressa Olvia” rispose ridendo il bruno agente del CP9 “è solo che ho fatto qualche ricerca…e guarda caso sono venuto a conoscenza di ben altri ritrovamenti in quella zona desertica”
Shinjiro mise una mano nella tasca interna della giacca e tirò fuori alcune fotografie che dispose davanti ad Olvia, la studiosa le osservò attentamente, erano foto molto particolari, rappresentavano una grande stele con dei segni strani e particolari, segni che lei conosceva bene, infatti di fianco a questa particolare stele riconobbe la sua figura intenta ad esaminare i Poignee Griffe.
“A me questa più che ricerca sembra spionaggio agente Shinjiro” replicò Olvia senza scomporsi, tuttavia aveva già capito dove il discorso voleva andare a parare, gli occhi già cercavano una via di fuga agevole da quella situazione
“Non c’è molta differenza tra spiare e ricercare, in entrambi i casi si viene sempre a scoprire qualcosa d’interessante, non trova?”
“Dipende agente”
“Da cosa?”
“Da chi lo ritiene interessante” Nico Olvia cercava di evitare lo sguardo indagatore di Shinjiro, i suoi occhi verdi erano ormai diventati un ossessione per lei. L’agente ripose le foto nel taschino e con tutta calma proseguì la discussione
“Inutile negare che lei abbia attirato l’attenzione di certe personalità, specialmente tra i miei superiori”
“Immagino non siano professori o accademici giusti agente Shinjiro?!” l’agitazione nella voce della storica era quasi palpabile, Shinjiro se ne rese conto e cercò di tranquillizzarla, non voleva che la paura potesse far compiere gesti inconsulti alla giovane.
“Dottoressa Olvia non si preoccupi, qui nessuno vuole farle del male” ora le braccia erano incrociate sul petto e lo sguardo si era fatto meno severo, Nico Olvia tornò a fissare quegli occhi verdi come un prato d’erba cercandovi una via di fuga
“Chi mi garantisce per la sua parola?”
“Lei ha la mia parola che oggi non le verrà fatto alcun male, non siamo venuti per deportarla”
“Davvero?! Allora perché questa urgenza di un incontro?”
“Vogliamo solo, i miei superiori ed io, che lei la smetta d’inseguire fantasmi e vecchie profezie”
“E lei cosa ne sa di cosa sto cercando?! Non siete in grado di capire nulla” pronunciò quelle parole con astio tirando fuori l’orgoglio intellettuale che sempre l’aveva contraddistinta.
“Sappiamo bene che lei, dottoressa Olvia, si sta interessando a particolari tipi di Poignee Griffe. Non creda che anche al Governo Mondiale manchino i ricercatori e gli storici!”
Olvia capì, era stata smascherata, alla fine avevano scoperto che la sua ricerca puntava alle armi ancestrali, si alzò di scatto dalla sedia muovendosi per allontanarsi da quel posto. La giovane recluta Riley cercò di fermarla ma fu trattenuto dal collega più anziano il quale a sua volta si alzò lentamente in modo da essere faccia a faccia con la giovane archeologa. Entrambi si fissarono negli occhi quelli di Olvia pieni di rabbia e sconforto, quelli di Shinjiro ora calmi e compassionevoli; Olvia s’incamminò con passo deciso passando oltre l’agente del CP9
“Riley aspettami qui, è un ordine!” si voltò e si diresse a passo svelto verso la studiosa che aveva imboccato una via laterale della piazza.
Shinjiro la vide in un vicolo  e con uno scatto la raggiunse fino ad afferrarle un braccio, stringendolo con forza
“Mi lasci!” gridò Olvia in preda al panico
“Aspetta Olvia, non capisci…” ora Shinjiro cercava di calmarla “non sono venuto per farti del male, ma per avvertirti”
“Avvertirmi di cosa? Che il CP9 vuole uccidermi? Che se continuo con le mie ricerche il governo mondiale metterà una taglia sulla mia testa?” l’agitazione aveva ormai preso il posto del pacato e posato atteggiamento che la contraddistingueva, Shinjiro fece forza sul braccio sbattendo l’archeologa conto il muro del vicolo, si avvicinò in modo da non darle spazio per scappare, ora erano viso a viso
“Molto peggio, non sai di cosa possono essere capaci i miei superiori” Olvia ora leggeva negli occhi dell’agente del CP9 una profonda tristezza anche se ancora non ne capiva il motivo
“Olvia, devi capire che stai attraversando un percorso rischioso, che ti porterà alla rovina, non solo tua ma anche di tutti i nostri cari”
“La mia rovina?! Che intendi dire?...E poi…i nostri cari?” quella frase l’aveva lasciata quasi di stucco “non dirmi che tu…” lo stupore cancellò ogni residuo di paura dal corpo della donna, quelle poche parole le avevano spalancato una verità sorprendente.
“Si Olvia! Anche io vengo da Ohara e capisco perfettamente che sentimenti ti muovono, per questo ho cercato di farmi assegnare il tuo caso”
“Se davvero mi capisci, allora saprai che il mio interessa è solo riportare la verità”
“A volte ci sono verità che sarebbe meglio lasciare celate, soprattutto quelle riguardo alle armi dell’antico popolo! Ti rendi conto di quello che potrebbe scatenare la loro scoperta?”
“Esse sono un’eredità fondamentale, fanno parte del nostro passato! Non possiamo cancellarle dalla storia”
“Quelle armi hanno quasi cancellato la storia di tutti noi, ed ora che sono sopite le vuoi risvegliare? Solo per amore della conoscenza?!”
“Gli uomini hanno il diritto di sapere ed imparare dagli errori del passato”
“Col rischio di ripeterli? Ti prego Olvia non costringermi a fermarti nei modi che non vorrei! Ti ho già coperto diverse volte, ma ora sta diventando sempre più difficile, ti prego pensaci!”
“Non ho bisogno del tuo aiuto agente Shinjiro! In un modo o nell’altro le cose andranno al loro posto”
“Anche se quel modo non rispecchierà il tuo piano?!”
“Io me ne vado, ho delle ricerche da compiere” si liberò dalla presa e si diresse verso il vicolo sparendo nell’oscurità della viuzza.
 
A due settimane di distanza, in quella foresta pluviale, Nico Olvia si ritrovò a pensare a quell’episodio cercando una soluzione ai tanti dubbi che non volle affrontare davanti a Shinjiro, chissà se avrebbe mai avuto modo di rivederlo. Era preoccupata soprattutto per il fatto che ora aveva messo in difficoltà anche un suo conterraneo, non riusciva tuttavia a spiegarsi come un abitante di Ohara avesse potuto dedicare la sua alla Marina e ai corpi speciali del CP9. Mentre questi pensieri le affollavano la mente notò con lo sguardo che gli alberi intorno a lei mostravano degli strani intagli che non erano tipici delle venature, ma chiaramente prodotti da mano umana; sembravano rappresentare delle fiamme, erano intagli molto profondi che presentavano leggere bruciature nei contorni, seguì una linea che da un albero raggiungeva il terreno di rocce e muschio, raschiò via un po’ di quest’ultimo per trovare altri intagli nella pietra, anche qui con leggeri segni di bruciature ai bordi.
Si fermò a pensare per qualche istante poi prese un accendino, fece una torcia con un pezzo di camicetta e un ramo raccolto lì nei paraggi. Accesa una torcia di fortuna, l’avvicinò ad uno degli alberi, molto lentamente e notò che il legno non bruciava se non nei punti intagliati. Avvicinò di più la fiamma premendola con forza contro il tronco dell’albero, finché con un leggero scoppio l’intaglio non prese fuoco. Le fiamme si propagarono velocemente per tutto il percorso sull’albero, quello di fianco e quello di lato ancora, fino a formare una circonferenza intorno al pnto roccioso sul quale si era fermata. Una volta che tutti gli alberi intorno a lei si furono accesi la fiamma si diresse decisa seguendo il percorso verso la roccia sottostante, Olvia si spostò per lasciare spazio al fuoco di propagarsi. Le fiamme disegnarono nella roccia la figura di una specie di demone dalle zanne e i denti aguzzi che brandiva una spada fiammeggiante, gli occhi brillavano del fuoco che vi si era formato all’interno emanando un’aura di terrore.
Il rumore di un ingranaggio e di una botola scorrevole fecero trasalire la giovane donna che si spostò rapida ai margini della formazione rocciosa, vide il terreno incavarsi formando aprendo un passaggio con gradini di pietra. Olvia teneva ancora in mano la torcia. Si avventurò all’interno di questa nuova grotta, l’umidità non era tuttavia elevata, anzi era piuttosto secco per essere in un ecosistema pluviale, sembrava quasi che qualcosa avesse arso via ogni forma d’acqua circostante. Con la torcia ad illuminarle il cammino, l’archeologa si diresse sempre più in profondità fino ad arrivare ad una sorta di piccolo altare con sopra uno scrigno piuttosto grande. Lo scrigno era in oro puro, con rubini incastonati a formare l’immagine di un fuoco dirompente; Olvia pensò che quell’immagine evocativa doveva essere in relazione col contenuto dello scrigno e con l’immagine del demone fiammeggiante inciso nella roccia. Non aveva dubbi, doveva essere arrivata nel luogo dov’era conservato il segreto di una delle armi ancestrali.
Avvicinò le mani allo scrigno e on molta calma lo aprì sollevandone il coperchio, la luce della torcia riflettendosi sulla superficie dorata, illuminò il contenuto dello scrigno: un semplice e comunissimo raccoglitore.
Olvia prese il contenuto decidendo di esaminarlo all’esterno con calma, poi con estrema cautela uscì dalla grotta, una volta all’esterno spense il fuoco che ancora ardeva nell’intaglio e subito il meccanismo richiuse il passaggio alla grotta. Non stava più nella pelle dalla gioia, si trovava faccia a faccia con un reperto d’inestimabile valore, forse il più importante che avesse mai scoperto, un reperto per il quale aveva speso anni di ricerca. Aprì con impazienza il raccoglitore tutta presa dal desiderio di decifrare i segreti in esso contenuti, ma fu con profonda amarezza e una certa dose di sorpresa che si trovò di fronte ad una serie di fogli dalla natura incomprensibile. Numeri, linee tratteggiate sparse e all’apparenza casuali, pezzi di parole e frasi incomplete, ogni figlio sembrava essere un elenco incompleto di elementi messi alla rinfusa.
Stava perdendo la calma, e l’emozione stava lasciando il posto allo sconforto, quando decise di sedersi e ragionare con calma: “Bene Olvia, eccoci qui, non era proprio quello che ti spettavi, ma ci dev’essere una logica dietro.” Cercò di ragionare con calma, i fogli all’interno del raccoglitore erano circa una trentina e tutti presentavano caratteristiche simili, sembravano incompleti. Olvia cominciò ad esaminali a piccoli gruppi, quando notò che alcune parole presenti in un foglio facevano coppia con altre in altri fogli, formando frasi sensate e a quel punto capì. Quel raccoglitore era un puzzle, doveva contenere una sorta di testo accompagnato ad un disegno di qualche genere, ma andava riprodotto ricopiando ogni foglio nell’esatto ordine, su un supporto più grande. Olvia si sentì sollevata nel capire che comunque non erano fogli inutili o danneggiati, ma una parte di lei si sentiva delusa nelle aspettative, evidentemente l’antico popolo voleva mettere alla prova chiunque volesse carpire i suoi segreti.
“Delusa dottoressa Olvia?” quella voce fece girare di scatto l’archeologa, non aveva avvertito minimamente la sua presenza, ma Shinjiro era proprio alle sue spalle immobile, emerso dalla foresta.
“Non mi aspettavo di trovarti qui, fai anche tu una passeggiata?” rispose quasi divertita Olvia
“Ah…si, in un certo senso. Diciamo che mi piace il sottobosco, non sai mai cosa potrai trovarti di fronte” Shinjiro sorrise fissando i suoi occhi verdi sulla giovane ricercatrice.
“O chi…” con calma Olvia si alzò in piedi tenendo in mano il raccoglitore e muovendosi verso l’agente del CP9 “sono in arresto?”
L’uomo bruno inarcò il sopracciglio in segno di sorpresa: “Non esattamente, volevo solo riprendere il discorso di qualche giorno fa”
“La mia posizione rimane la stessa” alzò il raccoglitore mostrandolo fieramente all’agente di fronte a lei “ora più che mai!”
“Ti prego ancora Olvia, tu non sai in che guai rischi di cacciarti, tu e tutta la gente di Ohara”
“Quello che non so è come mai un mio concittadino, uno studioso, è entrato a far parte di un’organizzazione militare filogovernativa, tu ne sai qualcosa?!”
Shinjiro sospirò abbassando dapprima lo sguardo per poi riportarlo su Olvia, gli occhi dipinti di tristezza: “Il mio passato non ha importanza, ora ciò che conta è il futuro tuo e della nostra gente…io non posso più difenderti ed è già stato un rischio venirti ad incontrare qui”
“Ma và! Sono sicura che avrai avvisato un intero battaglione che siamo su quest’isola”
“No Olvia! Siamo solo tu ed io, l’equipaggio della mia nave non sa del perché mi trovi qui, e neanche l’Alto Comando della Marina. Sono venuto qui per salvarti Olvia!!!”
“Salvarmi da cosa? Non credo tu sia in grado di eclissarmi dagli occhi del governo mondiale”
“Salvarti da te stessa e da questa follia di voler svelare i segreti delle armi ancestrali!”
“Non sarai certo tu ad ostacolare la ricerca della verità, io perseguirò nel mio intento nonostante tutto!”
“Non hai idea di quali verità si celano dietro quelle armi, non sai a che destino stai condannando milioni di persone, ti prego non andare oltre questa folle ricerca”
“Ma mi vuoi spiegare di che cosa stai parlando? Quali segreti? Quali destini?” la voce rabbiosa di Olvia sovrastò ogni altro rumore della foresta, ma non quello dei passi diretti verso la loro posizione. Shinjiro e Olvia li udirono chiaramente, si guardarono fissi negli occhi cercando la risposta poi fu l’agente del CP9 a parlare
“Non ho idea…forse sono i miei uomini che sono venuti a cercarmi” poi una voce eruppe dalla foresta
“Nico Olvia è qui! Dobbiamo avvisare Shinjiro e catturare quella criminale!!!”
Nel volto di Olvia si dipinse il ritratto della paura “Allora era una trappola! Li hai condotti da me!!” poi si voltò verso Shinjiro aspettandosi una qualche rivelazione sul suo piano, ma nel suo volto scorse la stesso identico terrore che l’aveva colta.
“Non c’è tempo da perdere Olvia, ora devi colpirmi!” tirò fuori un coltello dal fodero sui pantaloni
“Cosa?!”
“Prendi questo e feriscimi, in questo modo potremmo salvare le apparenze” lanciò il coltello ad Olvia che lo afferrò al volo
“Ma che intendi dire Shinjiro? Perché dovrei ferirti?”
“Non capisci stupida?! Ormai è tardi e non posso più aiutarti! Se davvero vuoi metterti in salvo dobbiamo inscenare la tua fuga!”
“Ma perché devo ferirti?! Non ha senso!” l’archeologa teneva ancora il coltello in mano senza sapere cosa fare
“Sei un’ingenua forse? Sanno che sei qui, se tornassi senza averti catturato e senza neanche segni di lotta come credi che reagirebbero? Sospetterebbero di me e farebbero di tutto per tirarmi fuori ogni informazione! Non sai di cosa sono capaci…ed io non voglio tradirti!”
“Shinjiro io non posso farlo, così senza motivo…” le mani di Olvia tremavano per l’incertezza, non sapeva cosa fare, era bloccata dalla paura
“Se non vuoi che ci mettiamo tutti e due in guai peggiori di quelli in cui siamo ora, devi farlo!” poi prese le braccia della donna e con forza le premette contro il suo addome, il coltello attraversò la divisa penetrando su un fianco; Shinjiro cadde a terra ferito e sanguinante.
“Ora vai Olvia, fuggi, sei libera di scoprire tutti i segreti che vorrai”
“Non eri costretto a farlo, nessuno ti ha chiesto di aiutarmi” lo sguardo della ricercatrice cercava di mostrare un certo contegno, che tuttavia stava scivolando via lentamente “non ti ho mai visto né conosciuto e tuttavia ti sei dato tanta pena inutilmente per me!”
“Non inutilmente Olvia, io ti ho avvisato” il dolore era lancinante, ma Shinjiro riusciva ancora a parlare “hai azionato una serie di eventi che porteranno alla rovina di tutti noi, e a partire da ora ne pagherai le conseguenze, cerca solo…cerca solo di salvare più vite possibili” detto questo l’agente del CP9 perse i sensi accasciandosi a terra.
Olvia tastò il suo polso, era ancora vivo e la ferita non era molto profonda, gli altri agenti l’avrebbero ritrovato e soccorso; raccolse le sue cose e si diresse verso l’imbarcazione che aveva lasciato prudentemente nascosta in un versante non molto distante dell’isola. Mentre attraversava la foresta facendosi strada tra la fitta vegetazione non poteva fare a meno di pensare all’importante scoperta che aveva raggiunto quel giorno, per il momento aveva già in mente di consultare il professor Clover, lui avrebbe decifrato quel puzzle in breve tempo dandole le prime risposte, inoltre era più sicuro lasciare tutto ad Ohara, eppure i tanti moniti dell’agente Shinjiro di Ohara l’avevano alquanto allarmata. Evidentemente altri misteri si celavano dietro ai destini delle armi ancestrali e forse ci sarebbero voluti altri anni d’indagine per poterli svelare, un altro paziente lavoro alla ricerca della verità.
   
 
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