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Autore: angelofcaffeine    12/07/2013    2 recensioni
Settimane dopo esser diventato improvvisamente single, mentre siede di fronte a Sebastian Smythe (che sta facendo i suoi compiti, peraltro) ad un tavolo del Lima Bean, Kurt si rende conto di due cose: 1) trascorre troppo tempo in quel locale; 2) finiva sempre per diventare amico di una persona che detestava.
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Dal primo capitolo:
Naturalmente, dato che sembrava vivere lì e con frequenza piuttosto inquietante, l’ombra di Sebastian Smythe si era subito stagliata sul suo quaderno.
Sollevò lo sguardo, disinteressato. “Posso aiutarti?” domandò, lo stomaco che si ribaltava alla vista di Sebastian, quel viscido e bastardo suricata, che incombeva su di lui.
Il giovane non si preoccupò di rispondere, si limitò ad inarcare un sopracciglio alla vista di Kurt tutto solo. “Dov’è il fidanzato carino?” domandò.

Traduzione a cura di therentgirl.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Kurt Hummel, Sebastian Smythe
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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NdT: devo chiedere a tutti coloro che seguono questa storia un immenso scusate il ritardo, come ho già detto per DYR non sono riuscita a ben organizzarmi tra la mia sessione d’esami e la maturità altrui. Ma rieccoci qui, al terzo capitolo, procediamo piano ma alla fine stiamo procedendo. Il vostro feedback è dolcissimo e non mancherò di riferire ad angelofcaffeine quello che scrivete su ogni capitolo, nonostante lei cerchi di seguire pur non capendo un’acca di italiano (non è una cosa dolcissima? ♥). Non manco di ringraziare anche coloro che hanno inserito la traduzione tra le preferite/ricordate/seguite, molte volte silenziosi ma altrettanto importanti.
Poco altro da aggiungere, se non che @nameless colour sarà sempre una delle mie eroine personali per aver betato il capitolo.
Buona lettura!
Link al terzo capitolo

CAPITOLO 3

Le New Directions vinsero alle Regionali.

Kurt avrebbe dovuto concentrarsi sui suoi amici, ridere all’entusiasmo di Rachel e prestare attenzione al racconto al racconto di Mercedes dell’intera serata, invece si ritrovò ad aspettare un messaggio che sapeva sarebbe arrivato.

Penso che la tua voce suonasse come quella di uno scoiattolo strafatto di elio, ma mazel tov (=congratulazioni. NdT) per l’inaspettata vittoria.

Kurt sbuffò, attirando un’occhiata curiosa di Mercedes, dunque rispose: La gelosia ti dona. Comprami un caffè per questa vittoria, Lunedì. Il caffè è la bevanda dei campioni.

Ignorò risolutamente qualsiasi altro messaggio che aveva ricevuto durante la strada verso casa, così decise di stringere la mano di Mercedes e intonare con Puck e Sam ‘We Are the Champions’.

Era stata una settimana perfetta. Kurt aveva incontrato quattro volte Sebastian dopo scuola – tre volte per fare i compiti e un’ora a stare seduti a parlare delle Regionali, durante la quale il giovane fu piuttosto insultante, ma non sembrava arrabbiato – e la scuola sembrava un posto migliore, ora che non sentiva più il bisogno di evitare Blaine come fosse la peste.

Non durò molto.

Infatti, l’ottimismo di Kurt venne buttato giù bruscamente alle 2.48 di Domenica notte.

Si svegliò sentendo la suoneria del cellulare – era di quel tipo di suoneria che sceglieva per le persone che non gli ispirassero una canzone – e inizialmente aveva osservato il cellulare prima di guardare lo schermo. Il nome SMYTHE lampeggiò di fronte a lui. Kurt rispose più che altro per curiosità.

“Bastian?” rispose, affondando nuovamente col viso nel cuscino. “Le tre di notte. No.

Ci fu una lunga pausa dall’altro capo del telefono, tanto che si domandò se il giovane l’avesse chiamato per sbaglio. Dunque, con voce appena distante, Sebastian disse: “Posso chiederti un favore?”

Kurt si era messo a sedere prima ancora di sapere di cosa avesse bisogno. “Cos’è successo?” domandò.

“Beh,” rispose l’altro, suonando distante, appena senza fiato. “Sto cercando di tenere lontano mia sorella dal commettere un crimine. Il che sarebbe normale, non sarebbe... tecnicamente la prima volta.”

“Cosa?” domandò Kurt, troppo assonnato per capire. “Quale crimine? Sei ubriaco?” Sebastian esitò, il che costituiva una risposta sufficiente. Riusciva a sentire il rumore delle macchine che passavano di sottofondo. “Sebastian, dove sei?”

Sebastian sospirò. “Sono bloccato,” ammise. “Vi ha la mezza idea di saltare in auto e venirmi a prendere. Preferirei che, sai... che non lo facesse. Del tutto.”

Kurt si sfregò gli occhi. “Mi stai chiedendo di venirti a prendere?” domandò, cercando di mantenere viva la conversazione. “Dove sei? Riesci a vedere un cartello da qualche parte?”

Era fuori dal letto e aveva infilato la giacca prima ancora di capire completamente cosa stesse facendo. Quando giunse alla porta d’ingresso, guardò la casa al buio e si chiese se dovesse avvisare qualcuno su dove stesse andando – e dunque, con un sospiro, decise che era meglio non far preoccupare nessuno.

Continuò a tenere il cellulare premuto contro l’orecchio mentre guidava. Non era una cosa che faceva spesso, era più che cosciente dei rischi sulla sicurezza, ma c’era qualcosa nell’idea di Sebastian ad aspettare solo al buio che gli faceva tenere la linea.

“Kurt,” lo richiamò il giovane dopo molti minuti di silenzio. “Io... c’è un’altra ragione perché non voglio che Vi mi venga a prendere,” ammise.

“Hm?” rispose, cercando di concentrarsi sulla guida.

Sebastian respirò rumorosamente, e ciò giunse a Kurt come un momento di silenzio statico. “Non voglio che tu dia di matto.”

Aggrottò la fronte. “Perché dovrei dare di matto? Non sono abbastanza sveglio per farlo.”

“Potrei essere un po’ ammaccato,” ammise il giovane.

Kurt si mise diritto così velocemente che quasi lasciò cadere il cellulare. Boccheggiò silenziosamente per un momento, dunque respirò come in un risucchio forzato. “Perché... perché dovresti essere ammaccato?”

La pausa dall’altro lato fu troppo lunga. Cominciò a guidare più velocemente.

“Io,” cominciò Sebastian, poi esitò di nuovo. “Sono stato trascinato in una rissa.”

Kurt si morsicò il labbro, cercando dal lato della strada in cui supponeva di doverlo vedere, dunque tentò disperatamente di non andare troppo nel panico. “Ti hanno trascinato in una rissa,” ripeté. “Sebastian, qua... qua non ci sono clubs,” gli fece notare. “Dov’eri messo?”

“Scandals,” ammise il giovane. “Mi sono ritrovato in una rissa con quello che doveva accompagnarmi a casa. Non... non è stata la mia idea migliore.”

“Tu hai solo cattive idee,” sbottò. “Tu sei la tipica persona che ha solo cattive idée. Dio mio, quanto sei messo male?”

Sebastian soffocò una risata. Non suonava molto divertito. “Sono una persona dalle idee brillanti. Solo, non posso evitare alle persone di essere stronze.”

Kurt represse un insulto, insieme a una domanda, troppo spaventato per farla. Invece, continuò a guidare, gli occhi sgranati e le spalle rigide.

Sebastian non mentiva quando aveva detto di essere ammaccato.

Kurt era fuori dalla macchina senza nemmeno darsi tempo di parcheggiare. Riappese al telefono e lo abbandonò nella tasca della giacca, dunque prese il volto del giovane tra le mani, sollevandolo perché potesse vederlo alla luce del lampione. Un livido scuro partiva dalla guancia, andando dallo zigomo alla mascella.

“Oh Gesù,” soffiò Kurt, cercando di essere delicato. “Ti sei scontrato con qualcuno armato di mazza?”

Sebastian lo fissò, gli occhi appena lucidi per l’ebbrezza, dunque disse: “Lo sai che i tuoi occhi sono... complicati?”

Kurt sbatté le palpebre. “Oh, grandioso,” commentò tra sé, dunque spinse il giovane verso la macchina. “Entra. Non vomitare.”

Sebastian barcollava giusto un po’ mentre camminava verso la macchina, ma era abbastanza da fargli capire quanto fosse ubriaco. Il sollievo per averlo trovato non aveva comunque allentato la stretta che sentiva al petto; entrò in macchina e cominciò a guidare soltanto per avere qualcosa da fare.

Con la coda dell’occhio, vide Sebastian premere il cellulare contro l’orecchio.

“Vi?” domandò con voce assonnata. “Kurt è qui. Sto bene. Torna a dormire.” Si fermò per un momento, dunque aggiunse: “No, sto bene, sono solo ubriaco. Sto bene. Torna a dormire, Viola.”

Chiuse velocemente, dunque chiuse gli occhi.

“Sebastian e Viola?” domandò Kurt. “Veramente?”

Le labbra di Sebastian si curvarono appena in su. “Te l’ho detto che Mamma ha un ottimo senso dell’umorismo.”

Kurt sbuffò. “Questo non è umorismo, è solo cattiveria.”

“Mio padre voleva chiamarmi come suo nonno,” spiegò il giovane, gli occhi ancora chiusi. Kurt si costrinse a fissare la strada piuttosto che il suo volto. “Mamma ha accettato alla condizione di poter dare al secondo figlio il nome che voleva. Fu così finché non vide La dodicesima notte quando era incinta di sette mesi, e... il resto è storia.”

“Che cattiveria,” ripeté Kurt. “Mi dispiace per la tua infanzia infelice.” Sebastian schiuse un occhio, facendogli ricordare di dover tenere gli occhi su quella cavolo di strada. “Sarà divertente da spiegare a mio padre, domani.”

Sebastian sospirò e volse il capo per osservarlo direttamente. “Potrei andarmene prima che si alzi qualcuno,” disse, prima di sbadigliare. Kurt gli lanciò un’occhiata, osservando il modo in cui le ombre giocassero sul suo volto (sul suo livido, e il resto della sua pelle; sugli zigomi alti e sulla curva della mascella), dunque scostò lo sguardo.

“No,” insistette. “Starai da me finché non sarò pronto a riportarti a casa.”

E finché non avrò saputo cos’è successo stanotte, aggiunse tra sé e sé.

Colse il suo cenno di assenso. Gli lanciò un’ulteriore occhiata, per poi trovarlo a fissarlo seriamente. “Complicati,” ripeté il giovane, pensieroso.

“I miei occhi, giusto?” domandò, più che altro per mantenerlo sveglio e parlare.

Sebastian mugugnò in segno di assenso, per poi cominciare a canticchiare. Gli parve che fosse una prova sufficiente del fatto che fosse ancora cosciente, dunque lasciò che il resto del viaggio trascorresse in silenzio.

Quando giunsero a casa, le palpebre del giovane si chiudevano sole e i suoi movimenti erano più goffi. Kurt lo portò su per le scale, nella sua camera da letto, mettendolo a tacere per tutta la strada, dunque gli fece bere un bicchiere d’acqua prima di farlo rannicchiare sotto le coperte.

Quando Sebastian fu sotto le coperte, mostrando nient’altro che un ventaglio di capelli castani scombinati, sospirò, le mani sui fianchi. Non ancora pronto a dormire, andò a prendere qualche antidolorifico e altra acqua per il risveglio, dunque sollevò le coperte per togliergli le scarpe.

Sedette qualche minuto, osservando il giovane sotto le coperte. Qualche minuto più tardi, si sdraiò a letto e gli diede le spalle.

Gli ci volle parecchio tempo per addormentarsi.

*

Kurt si svegliò al suono di uno schiarimento di gola.

Il primo pensiero fu semplicemente no, ma quando si spostò per localizzare quel suono si accorse immediatamente di non essere solo a letto.

Si sedette velocemente, strofinandosi gli occhi, e aggrottò le sopracciglia a vedere i capelli castani che facevano capolino dalle coperte. Si sfregò ancora gli occhi, prima di sollevare lo sguardo su suo padre.

“Oh,” disse, dunque inspirò profondamente. “Buongiorno.”

Burt si poggiò allo stipite della porta e inarcò le sopracciglia. “C’è qualcosa che devi dirmi, figliolo?”

Kurt volse lo sguardo a Sebastian, che stava cominciando ad agitarsi, dunque sospirò. Si mise in piedi e si stiracchiò, prima di raggiungere il padre in corridoio, chiudendo la porta alle sue spalle. “Scusa,” disse, dunque tossicchiò. “Scusa se non te l’ho detto ieri notte. Non volevo svegliarti. Ha chiamato alle tre, era ubriaco e a piedi, dovevo andarlo a prendere.”

“Dovevi, eh?” domandò Burt.

Kurt sgranò gli occhi. “Papà, era ubriaco e a piedi,” sottolineò. “È anche pieno di lividi – dice di aver avuto una rissa, ma io...” serrò la mascella, dunque si passò una mano sulla fronte. “Senti, lo so che questa situazione non è l’ideale.”

“Kurt, c’è un ragazzo nel tuo letto, certo che non è l’ideale -

“Un ragazzo a cui non sono interessato e che non è interessato a me,” gli fece presente. “È solo... un amico. Una specie.”

“Qualcuno della scuola?” domandò l’altro. “Qualcuno del tuo glee club?”

Si passò nuovamente la mano sulla fronte, desiderando di aver dormito un altro paio di ore come minimo. “No,” ammise. “È Sebastian.”  

Sulle prime, il volto di Burt rimase inespressivo, poi lentamente sembrò capire. “Intendi dire quel ragazzo che è venuto in officina con suo padre?” domandò. “Il ragazzo che hai aspettato e con cui hai flirtato per mezz’ora?”

“Cosa?” domandò. “No, io non ci stavo flirtando. E – comunque sì. Quel Sebastian.” Di fronte all’espressione severa di Burt, aggiunse: “Papà, ha chiamato perché non sapeva come tornare a casa, non potevo proprio lasciarlo lì.”

L’espressione dell’uomo si addolcì un po’. “No, capisco,” replicò. “Ma avresti dovuto svegliarmi, io sarei andato a prenderlo. E avrebbe dovuto dormire sul divano.”

Non aveva una risposta a quelle parole – perché non l’aveva mandato a dormire sul divano? – dunque aveva scrollato le spalle. “Scusa,” rispose. “Posso tornare a letto?”

Burt mugugnò, ancora poco convinto. “Porta aperta,” ordinò. “Finn e Sam sono in casa tutto il giorno, quindi non pensare nemmeno -”

Papà,” insistette, le guance che andavano a fuoco. “Neanche mi piace. Non siamo veri amici. Io non… non ho -”

“Va bene, Kurt,” rispose Burt, cominciando a sorridere. “In ogni caso, figliolo, ti credo. Torna a dormire.” Si diresse verso le scale, e disse da sopra la spalla. “Porta aperta!”

Kurt grugnì mentre tornava in camera (lasciando la porta aperta, ovviamente), dunque sorrise quando Sebastian ricambiò lo sguardo.

“Non sei messo molto bene,” commentò Kurt, tornando sotto le coperte. “Come ti senti?”

“Ugh,” fu l’unica risposta del ragazzo, seguito da una smorfia.

“Gli antidolorifici sono sul comodino accanto a te,” disse. “Bevi l’acqua. Poi dormi.”

Sebastian fece come gli era stato detto, le mani che tremavano, poi chiuse gli occhi e si immerse completamente sotto le coperte.

Erano faccia a faccia, ma gli occhi del giovane erano serrati. Kurt si rannicchiò con le ginocchia al petto e lo osservò rilassarsi lentamente, il suo respiro farsi più lieve.

Dormì a tratti per un paio di ore, svegliandosi ogni volta che Sebastian si muoveva sotto le coperte.

*

Tre ore dopo che suo padre se ne fu andato, Kurt era sveglio e in ansia. Si era fatto una doccia e vestito (dando un’occhiata alla sagoma di Sebastian sotto le coperte ogni minuto), aveva recuperato per il giovane un paio di abiti dalla camera di Finn dopo avergli chiesto il permesso (e ricevendo qualche domanda imbarazzata e subito ignorata dal fratellastro), poi aveva mandato un messaggio a Viola dal telefono del fratello per rassicurarla del fatto che stesse benissimo

Alla fine, non riuscì a rimandare ancora il momento di svegliarlo. Era mezzogiorno passato e la sagoma sotto le coperte si era mossa appena dopo l’ultima notte.

Si sedette sul letto e lo scosse dolcemente per la spalla, cercando di svegliarlo senza essere troppo invasivo con la sua sbornia. “Sebastian,” lo chiamò a bassa voce. “Sebastian, devi svegliarti.” Il giovane grugnì e si volse, il suo volto apparve da sotto le coperte. Aprì un occhio abbastanza per guardarlo. “A meno che tu non voglia stare nel mio letto tutto il giorno.”

Aprì anche l’altro occhio, l’occhiata divenne divertita. “Mi stai offrendo – sei – io sono... troppo sbronzo per vivere.” La sua testa scomparve nuovamente sotto le coperte. Kurt trattenne una risata. “Vattene via.”

“No, alzati,” insistette. “Ti preparerò il pranzo, se ti alzi. Cosa mangi quando hai un doposbornia?”

“Toast alla francese,” disse la voce da sotto le coperte. “O più alcolici.”

Kurt diede qualche pacca da sopra le coperte. “Mai più alcolici per te,” disse. “Alzati e fatti una doccia. Ho qualche vestito per te qui. Sono di mio fratello, non preoccuparti.” Sebastian grugnì, infelicemente. “E quando scenderai giù, avrò una montagna di toast alla francese per te.”

Il giovane scostò le coperte, poi sbatté le palpebre per qualche momento. “Dovrei chiamare Vi,” disse, mettendosi a sedere.

“Le ho già mandato un messaggio,” lo rassicurò. “Va’ a farti la doccia, ti sentirai meglio. Guarda, ho anche uno spazzolino nuovo per te e tutto il resto.”

Alla luce del giorno, il livido di Sebastian era più visibile che mai. Copriva quasi l’intera guancia. Il giovane stava per sfregarsi gli occhi ma scostò la mano velocemente, dunque poggiò le dita sul livido.

Qualcosa lo fece rabbuiare. Kurt lo mandò in bagno, e guardò la porta fino a quando non sentì l’acqua correre.

Al piano di sotto, Finn e Sam erano nel bel mezzo di una battaglia con due filoni di pane.

Kurt scosse il capo. “Faccio i toast alla francese,” annunciò. “I pancakes sono negoziabili. Se volete mangiare qualcosa, allora non siete autorizzati a combattere con il cibo.”

“Aw, andiamo,” disse Finn, guardando tristemente il pane. “Fa schifo che tu sia un cuoco così straordinario.”

Mentre i due ragazzi mettevano via il pane nella dispensa, Kurt cominciò a raccogliere gli ingrediente. “Sì, è davvero una sfortuna per voi,” commentò mentre sparivano dietro l’angolo.

Si distrasse cucinando, e alla fine Finn e Sam furono condotti nuovamente in cucina dall’odore di cibo.

“Dunque,” esordì Sam, sedendo al tavolo e sembrando decisamente troppo entusiasta. “Chi era il ragazzo nel tuo letto?”

“C’era un ragazzo nel tuo letto?” domandò Finn. “È per questo che volevi prestati degli abiti?”

Scrollò le spalle. “I miei non gli entrerebbero,” ammise. “E probabilmente se ne lamenterebbe.”

“Aspetta, cosa?” domandò Finn, aggrottando le sopracciglia. “Hai un nuovo fidanzato? Come mai non l’ho ancora visto? Pensavo che fossimo fratelli!”

“Non ho il fidanzato,” rispose Kurt. “Ho una fastidiosa conoscenza che è rimasta a piedi la notte scorsa. E che ora sta attraversando un dopo sbornia, quindi cercate di non essere troppo... voi.”

Finn sembrò per un attimo ferito, e Sam rise. “Oh è quel ragazzo?” domandò il biondino.

Kurt inarcò le sopracciglia, piazzandogli davanti una pila di toast alla francese. “Chi è quel ragazzo?”

“Sai,” rispose Sam, “Quello con cui prendi il caffè ogni giorno e che ti manda messaggi.”

Kurt gli lanciò un’occhiata raggelante. “Smettila di parlare con Mercedes del sottoscritto. E sì, è la stessa persona, ma il tuo tono di voce implica qualcosa che non esiste.”

“Oh aspetta, si tratta di quel Warbler?” domandò Finn, gli occhi che scintillavano. “Rachel mi ha detto che sei sempre con lui, e che è molto carino.”

Sam, la bocca piena di cibo, lanciò a Kurt un’occhiata eloquente. “È molto carino, Kurt?”

“Sì, Kurt,” esordì una terza voce alle sue spalle. “Lo è?”

Kurt chiuse gli occhi per un attimo, dunque si volse a Sebastian con un sorriso. “A dire il vero, è un fastidioso stronzetto,” ripose. “Ecco, toast alla francese. Mangia.”

“Amico,” esclamò Finn, mentre Sam sollevava i pollici a Kurt senza molta discrezione (e oh, Kurt aveva bisogno di lavargli il cervello con la candeggina), “cos’è successo alla tua faccia?”

Sebastian prese un paio di toast. “Una rissa,” rispose, fissando il cibo. “Ho bevuto troppo. Sai com’è.” Cominciò a mangiare, dunque, prima di volgersi a Kurt con un veloce sorriso. “Grazie per il pranzo.”

“Ne arriva altro tra poco,” rispose, sventolando la spatola in faccia a Finn. “Non terrorizzatelo. Non importa quanto sia stronzo, è anche un ospite.”

“Non volevo,” replicò Finn, suonando ferito. “Stai qui, oggi? Come ti chiami?”

“Sebastian,” rispose. “E tu sei?”

La bocca di Finn era ovviamente piena di cibo quando rispose: “Sono Finn, il fratello di Kurt. E questo è Sam, vive con noi.”

“Ciao Sebastian,” esordì Sam. “Stiamo andando da Puck a giocare a Mario Kart per un po’, se volete unirvi a noi.”

No, amico,” rispose Finn con veemenza. “Non invitare Kurt, seriamente.” Il giovane in questione lo fulminò con lo sguardo, e Finn sollevò le mani. “Mi spiace, Kurt, ma non giocherò mai più con te. Ti diverti a vincere per tutto il tempo.”

Kurt rise, portando loro altro cibo. “Tutto ciò che devi fare per battere Finn è avere un minimo di coordinazione mano-occhio. Ma non preoccuparti,” rassicurò il fratello. “Non sono interessato a intromettervi nei vostri giochi.”

Sebastian era incredibilmente tranquillo mentre mangiava, e Kurt si ritrovò a mettergli di fronte altri antidolorifici dopo l’ultima ondata di toast.

“Grazie,” rispose il giovane. “Tu non mangi?”

Kurt inarcò un sopracciglio. “Avete idea di quante calorie avete appena ingerito voi tre? Mangerò un po’ di frutta, grazie.”

“Oddio, sei serio?” grugnì Sebastian. “Ho cambiato idea. Non parlare, mi fai venire mal di testa. Potresti essere meno stereotipato, solo per un paio d’ore?”

Sia Finn che Sam sembrarono sorpresi; Finn sembrava sul punto di difenderlo, il che era alquanto ridicolo di per sé.

“Oh, per favore,” sbottò Kurt. “Mi hai chiesto aiuto nel bel mezzo della notte. Potrò anche essere io quello che sta attento alle calorie, ma sappiamo entrambi chi è la damigella in difficoltà dei due.” Si sciacquò le mani. “O uno scoiattolo gigantesco in difficoltà.”

“Non riesco a vivere,” rispose Sebastian. “Posso tornare a letto e basta?”

Kurt lo osservò – i suoi capelli arruffati e umidi, il livido sul volto – e non poté fare altro che addolcirsi mentre rispondeva, “Certo. Torniamo pure sopra.”

Sam gli aveva fatto nuovamente il pollice verso, e Finn sembrava sconcertato. Mentre Kurt conduceva Sebastian verso le scale, riuscì a sentire il fratello chiedere, “Uh, stanno andando a-? No, vero?”

Apparentemente, Sebastian sembrò trovare la cosa divertente perché ridacchiò per tutto il percorso che conduceva alla camera da letto. Quando entrarono, comunque, tutto il divertimento sparì e si rannicchiò sotto le coperte.

Kurt scivolò sotto le coperte, al suo fianco, di fronte a lui. Dopo qualche minuto, il giovane si volse a imitare la sua posizione. “Mi stai fissando,” gli fece notare.

“Mi sto chiedendo quando mi dirai cos’è accaduto la scorsa notte,” rispose.

Sebastian sbatté le palpebre. “Non ti devo una spiegazione.”

Inspirò profondamente. “Non devi,” convenne. “Ma mi sono tirato su dal letto per venire a prenderti nel cuore della notte, e sono preoccupato.” Si lambì le labbra e Sebastian abbassò lo sguardo per osservarle prima di sollevarlo di nuovo velocemente. “Se non vuoi parlarne... va bene. So che non siamo esattamente amici. Ma sono preoccupato.”

Il giovane lo fissò per quella che parve un’eternità, dunque chiese: “Come ti senti?”

Kurt aggrottò le sopracciglia. “Uh...”

“Rispondi sinceramente, poi ne parleremo,” spiegò il giovane.

“Okay,” rispose. “Ho i piedi gelidi, e probabilmente avrei dovuto mangiare qualcosa mentre eravamo al piano di sotto.”

Sebastian sembrò divertito. “Non intendevo questo,” rispose, e Kurt si portò le coperte sotto il mente. “Come ti senti riguardo… Blaine? E tutto ciò che è accaduto?”

Kurt aprì la bocca, ma non venne fuori alcun suono. Osservò la fantasia della federa, la fronte corrugata, e provò a pensare a come rispondere a una domanda tanto brusca. Sebastian voleva ovviamente sentire qualcosa di vero – probabilmente qualcosa che lo facesse sentire emotivamente vulnerabile, al fine di sentirsi a suo agio a condividere cosa fosse successo la notte prima.

Giunto a quella conclusione, Kurt si preparò ad essere onesto.

“Mi sento usato,” disse. Era la prima volta che lo ammetteva ad alta voce. Si lambì nuovamente le labbra, osservando le lenzuola piuttosto che Sebastian. “Non credo che mi manchi, non davvero, non... sapendo cosa ha pensato per tutto quel tempo. Ma sì, mi sento usato.” Sollevò gli occhi al cielo. “Il mio primo bacio e la mia verginità sono state prese da un ragazzo che era solo interessato a me perché ero . È qualcosa di decisamente banale.”

“Il tuo primo bacio?” disse Sebastian, incoraggiandolo a parlarne ancora.

“Beh, avevo baciato Brittany prima, a dire il vero,” balbettò Kurt, “Ma la prima volta che un ragazzo mi ha baciato… è stato da parte del bullo che mi perseguitava a scuola – la cosa peggiore al mondo. L’ho fronteggiato urlando a riguardo e lui mi ha baciato. Ha minacciato di uccidermi se l’avessi detto a qualcuno.” Si arrischiò a lanciare un’occhiata al giovane, i cui occhi erano sgranati. “Va tutto bene, è tutto finito adesso. Ma fa schifo che... non lo so.” Scrollò le spalle. “Ho sempre creduto che le persone dicessero ‘ti amo’ quando intendevano realmente farlo. Ho creduto che Blaine lo provasse davvero. E... non era vero. E questo lo sai.” Si sentì improvvisamente strano a condividere quei pensieri con Sebastian. “Fa schifo.”

Ci fu qualche momento di silenzio, in cui Kurt si convinse di non essere turbato e sperò aldilà di qualsiasi cosa che Sebastian non usasse quelle confessioni contro di lui, poi il giovane si spostò. Sembrò distendere le gambe, dunque si schiarì la gola.

“Ho perso il mio autista designato, la ragazza con cui ero andato al club, perché aveva attraccato con il suo ex,” spiegò il giovane. “Così ho chiesto in girò se ci fosse un altro autista designato che potesse riaccompagnarmi a casa.”

Kurt chiuse gli occhi. “In futuro,” lo interruppe, “Se rimani a piedi e la tua altra opzione è un estraneo, chiamami e basta okay?”

Sebastian gli lanciò una lunga occhiata, dunque proseguì nel suo racconto. “C’era un uomo che stava riaccompagnando a casa due persone. Li ha portati a casa, e tutto sembrava andare bene.” Kurt non spinse per avere dettagli questa volta, lo osservò solo mentre aggrottava le sopracciglia. “E quindi mi sono accorto che non stavamo andando nella giusta direzione, e quando gliel’ho detto ha accostato.”

“Oddio,” disse Kurt, incapace a trattenersi. “Sebastian, ha...?”

“No,” rispose il giovane. “No, ha detto cose che preferisco non ripetere, mi ha preso, e poi gli ho dato un pugno.”

Bene, pensò Kurt, sperando che quel pugno gli avesse fatto vedere le stele dal dolore.

“E poi mi ha colpito in faccia con il gomito e io ho aperto la macchina e sono caduto fuori.” Sebastian inspirò a fondo. “Lui se n’è andato, dunque ho chiamato Vi, che era a casa di alcuni amici, e che stava per saltare in un’auto qualunque per venire a prendermi. Così le ho detto che avrei provato a trovare qualcuno che possedesse una macchina. E conosci il resto.”

“Dio, Sebastian,” disse Kurt, sentendosi male. “Dovresti dirlo alla -”

“Non essere stupido,” sbottò l’altro. “Cosa pensi che succederà? Non so nemmeno il suo nome, e anche se non lo sapessi non farei nulla... sarebbe solo la mia parola contro la sua.”

Kurt sgranò gli occhi. “Non importa, non puoi lasciare che lui -”

“Gli ho dato un pugno in faccia, non gli ho lasciato fare nulla.”

Deglutì. “Okay. Qualunque cosa tu voglia, va bene. Solo... sai come la penso.”

Il giovane annuì. “Grazie. Per essere venuto a prendermi.”

“Quando vuoi,” rispose. “Dico davvero. Non entrare in macchina di qualcuno che non conosci. Non puoi fidarti di loro.”

“Ma di te sì,” disse Sebastian, e Kurt non era sicuro se fosse una domanda o un’affermazione. “TU ti fidi di me, quindi?”

Non sapeva cosa rispondere. Non era sicuro che fosse una domanda che richiedesse una risposta.

*

Alle cinque del pomeriggio, dopo un altro paio d’ore trascorse a dormire e parlare, Kurt condusse Sebastian a casa. Una giovane con una gonna lunga sino ai polpacci e un’alta coda di cavallo uscì di casa nello stesso momento in cui Sebastian scendeva dalla sua macchina, lo avvolse in un abbraccio prima di osservare il livido sul suo volto.

Kurt avviò l’auto quando Viola abbracciò il fratello una seconda volta. Volse lo sguardo a entrambi abbastanza a lungo da vedere le labbra della giovane mormorare un grazie.

*

“Dunque,” disse Kurt un paio di giorni dopo, tamburellando sul tavolo che li divideva, “Parigi o New York?”

Sebastian arricciò il naso per l’avversione. Il livido era ancora molto visibile, un marchio scuro sulla sua pelle, e lui si sentiva a disagio a guardarlo, così aveva abbassato lo sguardo alle sue mani.

“Non lo so,” rispose il giovane. “Deluderò qualcuno in un modo o nell’altro.”

“Hm?” domandò, sollevando nuovamente lo sguardo. “Perché mai?”

Sebastian gli lanciò una lunga, piatta occhiata. “Mia madre vive a Parigi, mio padre qui. Prova a indovinare, genio.”

“Non dovrebbero essere delusi,” gli fece notare. “È della tua decisione e della tua vita che si parla. Perché dovrebbero intromettersi?”

Il giovane sollevò gli occhi al cielo. “Dovrò decidere di vivere lontano da qualcuno. Ho considerato Berlino, invece – sai, un campo neutro – ma mia madre ha dato di matto e non posso sopportare di occuparmi anche di lei a questa maniera.” Al suo inarcare le sopracciglia, spiegò: “I suoi nonni sono morti in guerra. Non sa quanto io e Vi amiamo Berlino.”

Kurt annuì. “Quindi, se scegli la Francia tuo padre ne sarà deluso, se scegli l’America tua madre ne sarà delusa. Non hai considerato ancora l’Australia?”

Le labbra di Sebastian si curvarono in un sorriso. “Ho considerato altri posti, ma Vi probabilmente mi seguirebbe ovunque io vada e il suo ragazzo seguirebbe lei. Penso che sarebbero felici sia a New York che a Parigi.”

Kurt lo fissò per qualche attimo, dunque scosse il capo. “Perché devi sempre pensare a qualcuno di loro? Dove preferiresti vivere tu? Non deve seguirti e i tuoi genitori dovranno capirlo.”

Sebastian schiuse le labbra per rispondere, ma furono interrotti da un’improvvisa apparizione al loro tavolo. “Ciao, Kurt!”

Kurt chiuse gli occhi per un momento, dunque li riaprì per sorridere a Rachel. “Ciao, Rach. Ciao, Finn. Che ci fate qui?”

“Volevo trascorrere un po’ di tempo con il mio migliore amico, e giusto caso ho saputo che eri già qui,” disse Rachel, prendendo una sedia per sedersi al suo fianco. “Finn, siediti.”

Finn sembrò imbarazzato quando si sedette con loro, e Kurt sgranò gli occhi. Quindi era decisamente un’idea della ragazza. “Rachel, ero piuttosto occupato.”

“Non ha senso,” rispose la giovane in tono allegro. “Stai prendendo un caffè con un amico. Siamo amici. E abbiamo il caffè.” Sollevò il bicchiere a mo’ di prova. “Dunque, di cosa stavate parlando?”

Kurt le lanciò la sua migliore espressione da che diavolo stai facendo, ma non vacillò nemmeno un po’.

“Di mia sorella,” rispose Sebastian, piuttosto divertito. “Di come parli di matrimonio nonostante sia ancora un’adolescente, e di quanto sia una cosa fastidiosamente stupida.” Non era ciò di cui stavano parlando, ma lo fece sorridere. “Voi che ne pensate ragazzi?”

Kurt volse il capo per nascondere la sua espressione. Forse non avrebbe dovuto raccontare al giovane del ‘fidanzamento’ di Finn e Rachel, ma  quel momento era troppo perfetto per poterselo perdere.

“Uh,” rispose Finn, l’esitazione evidente nella voce. “Insomma – se lei lo ama –”

“Ha sedici anni,” rispose Sebastian. “Lei pensa di amarlo, ma non è un’adulta. Il matrimonio è una decisione da adulti.”

“Sedici anni non sono così lontani dall’età adulta,” disse Rachel, infastidita. “Può fare da sola le sue scelte. Se entrambi lo vogliono, allora è... è diverso.”

Gli occhi di Sebastian brillavano di divertimento. “Sicuro,” replicò, dunque scosse il capo. “È un tipo super-religioso,” spiegò, tornando a osservare Kurt. Capì che la sua era parte di una vera e propria spiegazione, e non più un semplice modo di pungolare Finn e Rachel. “Pensa che sia normale sposarsi appena diplomata, ma penso che sia da matti.”

“E lo è,” concordò Kurt, rischiando un’occhiata all’amica – che lo stava fissando. “Sono fidanzati?”

“No,” rispose il giovane. “Ma ne stanno parlando. Lo tratterrà sino ai vent’anni per una vera e propria proposta, grazie a Dio. Penso che lui la sposerebbe domani se lei gli dicesse che è pronta. Folle bastardo.”

Rachel si schiarì la gola, e quando Kurt volse lo sguardo a lei aveva un chiaro senso di determinazione negli occhi. “Voler stare con una persona che ami non è ‘follia’,” disse. “Francamente, ciò dimostra il fatto che tu non sia mai stato innamorato.”

“E spero che le cose rimangano così,” rispose Sebastian, sollevando la sua tazza come se stesse proponendo un brindisi. “Non capisco perché una persona voglia farsi qualcosa del genere. Ma non è un ‘folle bastardo’ perché è innamorato, ma perché vuole sposare lei.”

Finn aggrottò la fronte, sembrava perplesso. “Non è carino dire qualcosa del genere su tua sorella, amico,” gli fece notare.

Sebastian sorrideva mentre scuoteva il capo. “Non capisci. Lui è religioso.” Fece un gesto che inizialmente Kurt non capì, sollevando entrambi gli indici alle sue tempie e poi unendo le mani verso il basso e poi roteando le dita come se stesse dimostrando un’unione.

A Rachel, comunque, sfuggì un suono sorpreso. “Intendi dire –”

“Intendo dire che ha davvero un cappello nero,” spiegò il giovane. “E che vuole sposare Vi, la cui idea di religiosità non si è mai estesa più in là di periodi di digiuno.”

“Uh oh,” disse la ragazza, mostrando vera e propria pietà. “Quindi cosa faranno?”

Sebastian sospirò, abbassando lo sguardo alla sua tazza di caffè. “Ho sentito dire che il compromesso dovrebbe essere la chiave,” rispose. “Vado a prendermi un altro caffè.”

Quando Sebastian si alzò e lasciò il tavolo, Kurt si volse corrucciato al fratello e alla sua miglior amica. “Che cosa ci fate qui?”

La ragazza incrociò le braccia. “Se hai deciso di essere così con lui, penso che dovremmo sapere se sia abbastanza buono per te,” insistette.

Kurt sbatté le palpebre. “Rachel, Sebastian e io non siamo in nessun modo. Facciamo i compiti insieme.”

“Uh,” Finn li interruppe, l’espressione confusa (nonostante Kurt pensasse che fosse la sua condizione naturale). “Quali compiti?” gesticolò indicando il tavolo, e lui aprì la bocca, privo di parole per un paio di momenti.

Intendevano fare i compiti. Kurt aveva portato con sé il portatile, e aveva una relazione da fare – ma non erano andati molto avanti, perché Kurt era troppo nervoso per il suo provino della NYADA (che era ancora lontano, ma abbastanza vicino da terrorizzarlo) che si era trasformato nell’argomento di discussione riguardo il college e, poi, sulla decisione di Sebastian.

“Non li faccio,” cominciò, dunque si schiarì la voce. “Ci siamo distratti. È solo caffè,” disse. “La state ingigantendo troppo questa storia.”

Rachel incrociò le braccia. “Ti comporti da stupido se non riesci a capire che questo è più di un semplice caffè,” lo informò.

Kurt si massaggiò la fronte, esasperato. “Gli piace Blaine,” spiegò. “Sebastian e io... penso che siamo amici in un modo piuttosto strano e tortuoso, ma è sempre stato attratto da Blaine.”

Ciò sembrò fermare la ragazza. Sembrò sconvolta per un momento, dunque la sua espressione si raddolcì e divenne impietosita. “Oh, Kurt,” disse, allungando una mano a stringere la sua.

Stava per rispondere che il fatto che al ragazzo piacesse Blaine non gli importasse – che non era geloso (un po’ ferito, stranamente, in un modo che non capiva, ma non voleva tornare con Blaine) – ma Sebastian era tornato al tavolo.

Sebastian spinse una tazza di caffè verso di lui, che sorrise a mo’ di ringraziamento, dunque chiese: “Dunque, avete finito di parlare di me?” Alla sua espressione sorpresa, spiegò: “Sei deliziosamente trasparente.”

“Kurt ci stava dicendo che tra voi si tratta solo di fare i compiti insieme,” disse Finn. “Il che è strano perché non avete sul tavolo nessun compito.”

“Siamo stati sviati,” aggiunse Kurt, osservando il suo caffè e sperando che Rachel e Finn li lasciassero alla loro precedente conversazione. “Sebastian mi sta aiutando con la Matematica.”

Il sorriso di Sebastian sembrava quasi si potesse sentire quando replicò, “Sì, è per questo che siamo qui. Se ne capissi un po’ di matematica, saresti un uomo libero. Oh, e se solo avessi un cervello.”

“Se solo tu avessi un cuore,” rispose Kurt.

“Okay, amici di Dorothy,” li interruppe Rachel, gli occhi scintillanti. “Penso che potremmo parlare di musica. Sebastian, come hanno reagito i Warblers alla recente sconfitta alle Regionali?”

Finn, apparentemente ignorando l’improvvisa tensione al tavolo, domandò: “Chi è Dorothy?”

 

  
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