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Autore: Be A Weasley    16/07/2013    2 recensioni
"La risposta apparve poco tempo dopo da una lettera scritta con un inchiostro di un verde brillante."
[...] "Si immaginava circondata da streghe maligne come quelle che aveva più volte letto nei suoi amati libri di fantasia e di streghe buone con candidi vestiti bianchi e capelli biondi, ma la cosa che bramava di più, a parte imparare a fare incantesimi, era riuscire a farsi qualche amico, cosa che non era mai riuscita a fare per via della sua eccessiva esuberanza e stranezza."
Spero vi piaccia, è la mia prima ff su Harry Potter, ho sempre voluto scriverne una ma, o per il tempo o per la voglia, ho più volte rimandato.
Peace and love,
Delilah
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fred Weasley Jr, Lorcan Scamandro, Lysander Scamandro, Rose Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Second chapter: castigation, Kathyddì and letters.



Davanti a lei si apriva una lunga strada fatta da mattoni dorati e diretta ad un castello verde smeraldo. Già un gruppo alquanto bizzarro formato da quattro individui la stava percorrendo, di quei quattro riuscì a distinguere solo una bambina con un vestito a quadri bianchi e celesti ed un leone, gli altri due sembravano usciti da chissà quale altro mondo. Alla sua destra due bambini pressocchè della sua età stavano fantasticando sulla casa di fronte a loro costruita interamente con dolci, cioccolato e zucchero filato, le sarebbe piaciuto andare lì, solo per assaggiarne un pezzettino. Da dietro sentì un urlo e, non appena si voltò, vide una ragazza con capelli neri come l'ebano e labbra rosse come il sangue cadere a terra e, subito dopo, una mela appena morsa rotolarle via dalla mano. La bimba fece un salto indietro dallo spavento. Si prese la testa tra le mani e si guardò attorno con aria incerta, sembrava che tutte le favole e le fiabe raccontate da sua madre prima che lei si addormentasse si fossero mischiate dentro di lei fino a formare una storia unica. C'era persino quello che lei si era figurata nella sua mente come Mister Hyde -era suo padre a leggerle, di nascosto, i vecchi racconti del terrore ed erano quelli che a Kath piacevano maggiormente, forse per la maggior dose di mistero contenuta in essi-. Quest'ultimo, invece di venirle addosso con l'intenzione di farle chissà quali cattiverie, iniziò ad urlare con una voce che non sembrava appartenergli del tutto, era più collegabile a quella di una donna.
«Vuole provare lei Firth? ..Signorina Firth?!» 
Immediatamente la rossa alzò su la testa piombando in quello stato confusionale tipico di chi si è appena svegliato. Di fronte a lei, la professoressa Ascent, la fissava con uno sguardo accusatore e le braccia ai fianchi. Si guardò intorno un paio di volte alla ricerca di qualche compagno in grado di saperle dire una risposta o, per lo meno, la domanda fatta dall'insegnante di trasfigurazione, ma tutti osservavano un punto indefinito nell'aula. Fece una smorfia e sussurrò un «Credo di non aver seguito bene la sua lezione, professoressa.» seguito da un leggero sbuffo. La donna indagò con gli occhi l'intera classe per poi soffermarsi su un altro rosso come lei e, alzato il tono di voce di parecchi decibel, gridò: «Weasley! Qual'è l'incantesimo base capace di trasmormare un fiammifero in un ago?». La scena fu tale e quale a quella di Kathryn, l'unica differenza fu che il bambino, una volta che la professoressa si fu girata verso la lavagna, le tirò un pezzetto di carta arrotolato su sè stesso, colpendola dritta sul di dietro. Questo semplice gesto causò le grida del docente, il successivo azzittimento degli studenti e il progressivo ridere della bambina. Non poteva farne a meno, in undici anni di vita erano rare le occasioni di vedere un bambino come lei compiere scherzi del genere, in particolar modo rivolti ad una persona più grande. 
«Punizione, entrambi. Rimarrete qui durante tutta la mattinata, parlerò io con i vostri successivi insegnanti, e potrete allontanarvi soltanto per il pranzo in Sala Grande. Al mio ritorno voglio vedere la classe brillare e i vostri quaderni riempiti di riassunti sulla lezione tenuta quest'oggi. Ci siamo capiti?» Strabuzzò gli occhi non appena vide la professoressa Ascent cambiare colore, sarebbe esplosa da un momento all'altro di questo passo. I rossi annuirono silenziosi e la lezione potè proseguire con la noia e la regolarità di sempre. Non appena la fine di trasfigurazione venne annunciata, tutti gli alunni si alzarono dai rispettivi banchi e uscirono dalla stanza lanciando di tanto in tanto qualche occhiatina ai due colpevoli del misfatto. La donna uscì per ultima e chiuse la porta sbattendola. Per qualche minuto fu il silenzio a fare da padrone poi, quasi in contemporanea, gli undicenni parlarono. 
«Sei stato grande, non la smettevo più di ridere, wow, vorrei averlo io il tuo coraggio!» Nonostante appartenessero alla stessa casa, non si erano mai rivolti parola fino a quel momento. Lui sembrò dapprima sorpreso dall'affermazione della bambina poi, dandosi un'aria da superiore, disse: «Non ci vuole nulla, un giorno ti insegnerò ad essere come me!» Kathryn non riusciva a credere alle sue parole, iniziò a saltellare qua e là per la stanza intonando dei canti di vittoria. 
Qualche minuto dopo aver fatto qualche chiacchiera i due si resero conto del pasticcio nel quale si erano cacciati.
«Tu non sai fare qualche magia per pulire tutto?» In tutta risposta Fred negò con la testa e si lasciò andare ad un sospiro sconsolato. «Oh, bene, neanch'io. Ma i riassunti li ho già fatti, se vuoi puoi copiarli! Sai, mentre le mie compagne di dormitorio parlano tra loro, io svolgo qualche compito scolastico. Secondo te ho qualcosa che non va? Mio papà mi diceva sempre che sono molto carina e simpatica e che sembro un folletto dei boschi. Non ho mai visto un folletto, tu per caso hai idea di come siano fatti?»
Il rosso annuì convinto. «Certo che lo so, ne ho visti a centinaia, e non sono affatto come te! Sono piccoli, agili, iperattivi, burloni e brutti. Inoltre mio padre dice che possono cambiare forma quando e come vogliono e persino diventare invisibili, ecco perchè la mamma non sa mai se sia stato io o qualche folletto malefico a causare i disastri in giardino.» 
«Ecco perchè ti hanno messo a corvonero, sai un sacco di cose, dovrai insegnarmele tutte un giorno. Oggi, finita questa tortura, vado subito nel mio dormitorio a scrivere una lettera per i miei, devo assolutamente avvertire papà riguardo i folletti, anche se per lui sarò sempre una folletta dei boschi, credo.» Kathryn non potè fare a meno di sorridere soltanto ripensando alla sua bella Irlanda.
«E' strano che tu non sappia queste cose, ogni mago le conosce. E' come dire "Io non conosco la fiaba "Il mago e il pentolone salterino"!» Per la prima volta da quando le si trovava di fronte, la bambina parve imbarazzata. Perchè lui sapeva tutto ciò mentre lei non ne aveva mai sentito parlare? Che i suoi genitori le avessero nascosto ogni cosa?
«Ahm.. Io non conosco questa fiaba. Ma in compenso posso raccontarti nei minimi dettagli "Biancaneve e i sette nani" o "I cigni selvatici", è una delle mie preferite, oppure "La sirenetta" o ancora "Jorinde e Jorindel", è tristissima, ogni volta che la mamma me la raccontava non la smettevo di piangere!» 
«I tuoi genitori sono babbani, vero? Nel senso, sono senza poteri magici? Non prenderla come un'offesa, è solo per sapere!»
La ragazza alzò le spalle e con naturalezza disse: «Sì, suppongo di sì. Perchè dovrei offendermi? La diversità non è mica un difetto.» 
Sul volto lentigginoso del bambino si aprì il sorriso più grande che la bambina avesse mai visto.
«Devi raccontarmi qualunque cosa sul tuo mondo! A partire dalle vostre fiabe, dai nomi sembrano divertenti e poi come passate le feste, come sopravvivete senza magia, tutto! Hai qualche oggetto babbano qui con te?» 
Kath venne travolta dalla marea di domande e, nel pieno del suo entusiasmo, rispose affermativamente ai quesiti.
«Possiamo incontrarci ogni venerdì alle sei del pomeriggio vicino al lago nero, io porterò un oggetto.. Bannano, baranno, quello lì, e tu dovrai raccontarmi qualcosa sulla magia. Ci stai?»
«Certo che ci sto! Allora, tra due giorni, alle diciotto, al lago. Perfetto, so già cosa portarti!»
In quel momento era difficile capire chi fosse più sovraeccitato tra i due, non la smettevano più di fantasticare su cosa avrebbero potuto parlare dopodomani o cosa avrebbero portato.
«Club delle stranezze, sarà questo il nome.» sentenziò il Weasley mentre lei era occupata a pulire la lavagna dai segni bianchi «E la parola d'ordine sarà "Kathyddì".» La bambina, alle sue ultime parole, si voltò sorpresa dalla scelta della parola di riconoscimento.
«Kathyddì? Che nome è Kathyddì?» Lui sembrò scocciato dall'affermazione, come se la risposta fosse la più banale del mondo.
«Kathryn più Freddy è uguale a Kathyddì, è semplice!» Fece allargando le braccia in un gesto plateale.
«Oh.. Giusto.» Lasciò passare questa sua svista e tornò alle pulizie della classe, nel frattempo Fred aveva concluso la copiatura dei riassunti ed era passato a togliere i residui di cancellature e di inchiostro sui banchi.
 
«Bene, bene, bene. Avete fatto un ottimo lavoro, se questo fosse stato una vostra attività spontanea e non il merito di una punizione avrei di certo assegnato 20 punti a Corvonero! Buoni anche i riassunti, mi avete sorpresa. Ora a pranzo, su su!» 


 
I due, come se la parola "pranzo" li avesse risvegliati schizzarono fuori dall'aula veloci come fulmini e, seguendo la marmaglia di gente diretta nella sala grande, entrarono nell'immensa stanza adibita per il pasto. Sui quattro lunghi tavoli erano disposti soltanto i piatti, i bicchieri e le posate, non c'era ancora traccia di cibo. I rossi si misero seduti accanto, davanti a loro i gemelli Scamander giocavano a chi faceva stare per più tempo in equilibrio sul dito indice la forchetta senza l'uso della magia. Nessuno resistette per più di quattro secondi, non fece in tempo a chiederle se poteva provare anche lei che subito il preside, con uno schiocco delle dita, imbandì piatti e vassoi di ogni genere di delizie: pollo, pesce arrostito, verdure alla griglia, budini al cioccolato e cesti ricolmi di frutta, eri satollo soltanto con il profumo. Per i primi minuti non si sentì altro rumore che quello delle posate in costante movimento, quando tutti erano concentrati a mangiare si sentirono quattro o cinque versi acuti e squillanti tipici delle civette seguiti da alcuni un po' più cupi dei gufi, i quali subito entrarono nella sala rilasciando nel posto del rispettivo proprietario un pacco o una lettera. Ai biondini toccò un pacchetto contenente degli strani occhiali olografici dalle sfumature verdi e blu e una specie di guida scriita a mano con una calligrafia composta da riccioli e fronzoli su come riconoscere i gorgosprizzi. La maggior parte delle ragazze erano in lacrime, commosse per le probabili belle parole scritte dai parenti nelle loro lettere. Nè a me nè a Fred toccò niente, ma nessuno dei due sembrò rimanerci troppo male. A fine pasto gli studenti uscirono dalla sala diretti chissà dove, lei, senza preoccuparsi di avvisare qualcuno, andò verso la sala comune dei corvonero dove riuscì ad entrare solo dopo qualche tentativo fallito di risoluzione dell'indovinello. Sarebbe migliorata col tempo, continuava a ripetersi. Dentro c'erano già delle ragazze più grandi accomodate sui divani impegnate chi a spettegolare, chi a leggere un testo scolastico. Fortunatamente il suo dormitorio era vuoto; si accomodò alla scrivania, prese carta e penna e iniziò a dar vita ai suoi pensieri:
 
"Cari mamma e papà,
come vanno le cose su a Mullingar? Spero bene, qui tutto procede alla meraviglia senza contare le punizioni e i compiti extra. Oggi ho fatto amicizia con un ragazzo (papà, è rosso come noi e ha anche milioni di lentiggini, non è fantastico?), si chiama Freddy e ha promesso di insegnarmi un mondo di cose sul mondo magico. Ve le riferirò sicuramente. Conoscevate la storia del mago e del pentolone salterino? Io no, ditemi se anche per voi è così in modo tale che, appena me la racconterà, ve la scriverò per filo e per segno. 
Per mamma: sto mangiando tutto, come ti avevo promesso, ma niente è paragonabile ai tuoi dolci, nè tantomeno a quelli della nonna. I letti sono comodissimi e la stanza è grande quasi come la nostra cucina e la nostra sala messe insieme, anche troppo. Non sei ancora arrabbiata come me, vero?
Per papà: mi verrai a prendere quando ci daranno le vacanze di Natale? Voglio vedervi, mi mancate da impazzare, soprattutto la tua voce e le tue storie dell'orrore. Credo mi travestirò da Mrs. Lovett per questo Halloween, qualcuno la conoscerà? Mi dai il permesso di narrare la storia del barbiere assassino ai miei amici? Sarò la più spaventosa di tutti, vedrai! Fred mi ha parlato dei folletti questa mattina, mi ha detto che sono esserini piccoli, scattanti e dispettosi, te li immaginavi così? Appena avrò qualche notizia in più sarai il primo a saperlo, giuro.
Vi voglio bene,
la vostra folletta dei boschi.
P.S. Non mi state dimenticando, vero?"
 
Piegò il pezzo di pergamena in tre parti e lo infilò nella busta, dove scrisse mittente e destinatario col suo bell'inchiostro blu lucido. La prese in mano e uscì dalla stanza alla ricerca della vicepreside, rimase sorpresa quando se la ritrovò davanti all'entrata della sua sala comune con, anche lei, una lettera in mano.
«Buon pomeriggio, signora vicepreside. Volevo chiedere se poteva far recapitare questa lettera ai miei genitori, l'ho appena scritta e sono abbastanza soddisfatta del risultato. Allora, può?» 
La donna, ormai sulla sessantina, scosse la testa e le diede la busta, poi sussurrò qualcosa che la bambina non capì e se ne andò da dove era arrivata. Sbuffò e tornò all'interno sistemandosi sui divanetti con le due lettere in mano. "Magari oggi non è il giorno adatto per la consegna della posta", pensò. Passò le dita sulla carta spessa e ruvida della seconda lettera e, nel leggere il mittente, quasi le prese un colpo. Si stampò un sorrisone sul volto e di getto aprì la busta: la scrittura era quella di sua madre. Man mano che andava avanti con la lettura i suoi occhi si ricoprivano di quella patina trasparente che tanto odiava. Era piuttosto breve ma quelle poche parole bastarono per farla piangere. Nel frattempo la porta/quadro di fronte a lei si spalancò e una figura munita di occhi verdi e capelli rossi fece la sua entrata. 
«Sapevo che prima o poi anche tu avresti ricevuto qualcosa dai tuoi genitori ma non ti facevo come una di quella ragazzine che piange per un "ti voglio bene", un po' di grinta!» La bambina alzò lo sguardo verso di lui e scosse semplicemente la testa mentre dai suoi occhi continuavano ad uscire lacrime su lacrime. Suo padre le aveva più volte detto che i suoi occhi potevano far invidia ad un fiume, ma non aveva mai pensato che si riferisse anche ad un fiume in atto a straripare dai margini. 
«Ehi, smettila dai, che è successo? Se il problema è che non possono venire a prenderti per le vacanze natalizie, tranquilla, passerai la festa da me. Andiamo tutti alla tana, vedrai, nonno Arthur ti adorerà!» Kathryn gli rivolse un flebile sorriso prima di accartocciare la pergamena e correre via, fuori dalla stanza. Lui rimase di stucco da quel gesto e con un movimento lento, quasi timoroso, prese il foglio in mano ed inziò a leggerlo. Giunto alla fine strabuzzò gli occhi e lo rilasciò cadere a terra. Senza un minimo di delicatezza sua madre l'aveva informata che suo padre era scomparso in un tragico incidente accanto al ruscello vicino casa e che, per il motivo appena detto, doveva lasciare seduta stante la scuola di magia e stregoneria di Hogwarts. 
 
I bagagli erano pressocchè terminati, sulla scrivania erano rimasti dei fogli sparsi di prima e una foto ingiallita dei suoi genitori ai loro tempi d'oro. Senza soffermarsici più di tanto prende gli oggetti e li getta nella borsa di cuoio che portava a tracolla. Pochi minuti dopo le sue compagne, le quali avevano evidentemente saputo l'avvenimento, andarono verso di lei e l'abbracciarono, tranne una che si limitò a sussurrare: «Mi sembra stupido abbracciarti, qua nel dormitorio tutte ti ritenevamo strana e sarebbe da ipocriti abbracciarti solo perchè stai vivendo una brutta situazione, ma sappi che nonostante questo mi dispiace per tuo papà.», e si sdraiò sul suo letto. Kath apprezzò più quelle parole che le strette durate a malapena qualche secondo delle altre bambine. Quando la donna che le aveva consegnato la lettera si presentò alla porta, si diresse verso di lei trascinando di peso il baule con sopra lo stemma della sua casa. Era strano come si fosse già affezionata a quell'edificio così mastodontico, era come se là dentro non potesse accadere nulla di negativo. 
Venne portata a casa attraverso quella che gli insegnanti chiamarono "passaporta" e che la rossa classificò con "spostamento repentino che provoca una forte nausea", ma non riuscì ancora a capire come una vecchia bottiglia in vetro fosse riuscita a riportarla nella sua abitazione. La vicepreside e gli altri due accompagnatori scambiarono delle parole con sua madre e ripartirono dopo mezz'ora. 
«Dov'è papà?» Alla tenerezza della bambina si contrappose la fermezza della madre, che la schiaffeggiò non appena terminò la domanda. Kathryn rimase a bocca aperta per quel suo gesto, strinse i pugni e uscì dalla porta in legno. Si rintanò nei suoi amati boschi, tra le felci e il muschio che le accarezzavano le braccia nude, nonostante fosse già Ottobre inoltrato. Il ruscello era come l'aveva lasciato, limpido e gorgogliante come al suo solito. Si tolse le scarpe infangate e immerse i piedi nell'acqua gelida in segno di ristoro. Pensò e ripensò a suo padre e a com'era possibile che fosse scomparso proprio a causa di questo fiumiciattolo. «Kathryn Harmony Firth, sei stata smistata nella casa di Corvonero, hai il dono dell'intelligenza e non puoi farti prendere in giro.» disse a voce ferma a sè stessa specchiandosi nelle acque.  «Papà non può essere scomparso qui, non può..»
Rimase fino a sera tarda in quel posto, i piedi le erano diventati violacei e non riusciva più a sentirsi le dita. Si rimise calzini e scarpe e andò con lentezza verso casa, la luce era accesa e, a giudicare dalle varie ombre, la madre non doveva essere sola. Si stampò sul viso un'espressione coraggiosa cercando anche di camuffare gli occhi eccessivamente gonfi. All'interno c'erano troppe faccie a lei sconosciute che non la smettevano di baciare sua madre e dire frasi banali sul decesso, quando la videro entrare si piombarono su di lei e la travolsero con "Era un brav'uomo", "Non pensarci", "Hai ancora la tua mamma", "Non piangere, andrà tutto bene". Ora aveva solo voglia di urlare contro tutti, nessuno conosceva suo padre tranne lei, nessuno aveva avuto la minima considerazione per lui fino a questo momento.
«Lasciatemi stare, i folletti non piangono.» 


Spazio autrice:
I'M ALIIIIIVE! Ebbene sì, sono tornata dopo quasi un mese d'assenza (immagino quanto vi sia mancata :'3) a causa degli esami maledetti ewe
Spero che abbia saputo trasmettervi l'ingenuità e i pensieri di una bimba di soli undici anni e che il nuovo capitolo vi piaccia!**
Ora aggiornerò più frequentemente -spero- 
Peace and love,
Delilah <3
  
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