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Autore: Gillian_Lightman    16/07/2013    2 recensioni
[...]A questo punto Foster si bloccò, paralizzata.
Aveva baciato Cal.
Ma non era questo che più la turbava.
Chiuse gli occhi e li strinse forte, cercando di ripensare a quel momento, ma niente da fare…Non si ricordava cosa aveva provato.
Era troppo ubriaca, e l’unico ricordo che aveva era di Lightman che si sporgeva per baciarla, ma non riusciva a ricordare le sensazioni provate[...]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2
 
Quando arrivò al Lightman Group credette che il suo cuore avesse compiuto più battiti in quei dieci minuti di auto che in tutta la sua vita.
Aveva paura. Paura di tutto. Paura di quello che sarebbe successo, e paura di quello che era successo. Paura che Cal si fosse approfittato di lei baciandola solo perché era ubriaca… no non poteva pensarci.
Sbatte la portiera dell’ auto e si diresse verso l’edificio del Lightman Group.
Quando entrò, manco a farlo apposta, la prima persona che vide fu Cal, che stava parlando con Heidi, la loro segretaria.
Non appena lo vide un altro flashback la paralizzò, perché le tornò in mente il ricordo di come aveva convinto a baciarla, ossia dicendogli che se lei non se ne fosse ricordata avrebbe potuto scegliere lui cosa fare, mentre se se ne fosse ricordata, gli aveva garantito che sarebbe andata da lui, perché voleva che diventassero un noi.
L’ansia colpì nuovamente Gillian, che non aveva idea di cosa fare…Sì, voleva che diventassero un noi, ma non aveva assolutamente il coraggio per andare a parlargli.
Beh, poteva fare finta di non ricordare, giusto? Dopotutto se per Cal non era stato solo un bacio dato tanto perché lei era carina e ubriaca si sarebbe fatto avanti, vero?
E poi la sua sbronza era stata piuttosto forte, quindi lui non aveva motivo di sospettare che stesse solo fingendo di non ricordare.
Sì, avrebbe potuto fare così…doveva pensarci bene.
Prima che Cal potesse vederla si diresse velocemente verso il suo ufficio.
Certo, il suo era un piano perfetto, se non fosse che qualche istante dopo Cal si voltò, e vedendo che Gillian stava sgattaiolando via senza salutarlo, realizzò che si ricordava cos’era successo, ma che evidentemente non aveva intenzione di andare da lui, perché non gli importava.
 
  
Verso le tre di pomeriggio la Dottoressa Foster, che si era barricata nel suo ufficio e non ne era più uscita, fu costretta ad uscirne per il semplice bisogno di fare pipì.
Cercando di sembrare invisibile si diresse verso il bagno delle donne, ma proprio quando mancava solo qualche metro alla sua meta dal corridoio adiacente sbucò Cal, che per poco non le finì addosso e la fece trasalire.
“Cal!”
“Hei…Gill” disse quello sorridendole “Tutto bene?”
“Sisi grazie…scusami devo andare un attimo in bagno, ci vediamo dopo”
“Va bene” le gridò dietro l’uomo mentre quella stava già sparendo oltre la soglia.
 Poi si avviò tristemente verso il suo ufficio.
Così per tutto il pomeriggio, Gillian e Cal si parlarono solo lo stretto necessario, fino a quando verso sera la donna lo vide chiudersi tristemente nel suo ufficio, e constatò che nonostante fosse solo impaurita si stava comportando da stronza nei confronti di Cal: lo stava facendo soffrire, lo stava perdendo, e queste erano di certo le ultime cose al mondo che avrebbe mai desiderato.
 
Cal si stiracchiò stancamente e lanciò uno sguardo all’orologio dietro la sua scrivania: mezzanotte meno venti.
Si stropicciò gli occhi e decise che per quella sera aveva fatto abbastanza straordinari, poteva anche andarsene a casa. Il problema è che a casa non avrebbe avuto nulla da fare, ed inevitabilmente la sua mente sarebbe tornata a vagare su Gillian, il che sinceramente lo distruggeva solo a pensarci.
Lui l’ aveva baciata. Le aveva veramente creduto quando aveva detto che voleva stare con lui e che gli avrebbe parlato, e aveva veramente creduto che non fosse solo l’alcool a parlare.
Invece era proprio così.
L’aveva baciata ma non poteva averla, perché lei non lo voleva.
Però non poteva chiudersi così…Diamine si erano baciati! Non poteva non esserle importato assolutamente niente! Non poteva essere ubriaca e basta, doveva esserci qualcos’altro, altrimenti Cal non aveva veramente idea di cosa sarebbe potuto succedere al loro bel rapporto.
Questi pensieri facevano crescere sempre di più la rabbia dentro di lui, perché in qualsiasi caso non avrebbero portato a certezze o conclusioni, lo rendevano solo sempre più nervoso.
Decise di andarsene a casa, tanto oramai qua non aveva più niente da fare e l’ufficio era deserto.
Un momento. Ne siamo sicuri? Siamo sicuri che l’ufficio sia veramente deserto?
E’ proprio vero che negli umani la speranza è l’ultima a morire, o almeno il Dottor Lightman ne è un esempio, perché pensò che Gillian potesse essere ancora in ufficio.
Non sapeva bene perché gli importava, in fondo non sarebbe cambiato nulla, ma sperava ancora che fosse rimasta in ufficio, magari per aspettare lui…
Spense la luce del suo ufficio e attraversò il corridoio che lo separava da quello di Foster…Poi entrò. Tutte le luci erano spente e c’era silenzio totale: non c’era nessuno, Gillian non c’era.
Pensando di aver ricevuto abbastanza delusioni nel corso della giornata, uscì dall’ ufficio. Stava per chiudersi alle spalle quando fece caso ad una cosa, ad una luce…Sì, una luce! Una lucina proveniva dalla terrazza dell’ufficio di Foster, quella terrazza.
Evidentemente la donna doveva aver dimenticato accesa la luce fuori.
No un momento, loro non avevano una luce in terrazza!
E allora quel bagliore che diavolo era?
Incuriosito, Cal rientrò nell’ufficio della collega, lo attraversò e si diresse verso la terrazza.
Quando fu davanti alla porta spalancata, dovette stropicciarsi gli occhi per essere sicuro che non fosse un sogno.
Scoprì che la luce vista poco prima era emanata da molte candele sparse per il terrazzo, ma in quel momento non gli importava proprio: Gillian era lì.
Ma non era tanto la presenza della donna ad averlo totalmente paralizzato, quanto il fatto che fosse nella stessa posa in cui la aveva trovata la notte precedente, a contemplare il cielo, con indosso gli sessi identici vestiti (che però non aveva quella mattina), a eccezione forse per il fatto che al posto della gonna nera aveva un paio di pantaloni stretti dello stesso colore.
Osservando meglio notò che la donna stringeva in mano qualcosa…Sì, il collo di una bottiglia di Scotch, il che aumentò ancora di più la sua curiosità e il suo disorientamento.
Lentamente iniziò ad avvicinarsi alla donna, che dopo qualche istante udì i suoi passi e si voltò.
“Heeei” esordì Gillian con lo stesso identico sorrisone della notte precedente.
Era…Era ubriaca? Cal non capiva più niente.
“Gillian, ma che diavolo…?”
La donna sorrise in modo eloquente e sollevò in aria la bottiglia di Scotch, in modo che Cal potesse vederla bene: era completamente piena, e ancora sigillata.
Un momento…Quindi non era ubriaca?
La confusione di Cal aumentava sempre più di secondo in secondo, e Gillian certo non aiutava con il suo comportamento totalmente insensato.
Ora si stava togliendo i tacchi, altro comportamento tenuto la notte precedente.
Li appoggiò per terra e si avvicinò a Cal; erano a meno di mezzo metro di distanza.
“Foster che succede? Che significa tutto questo…?”
All’improvviso lo sguardo della donna si spense, diventò triste, e gli occhi le divennero lucidi. Con voce e labbra tremanti disse “Io non…non riesco a ricordare il nostro bacio”.
Cal aggrottò la fronte, stupito, ma non capendo ancora a pieno cosa stava succedendo.
La donna gli si avvicinò, e traendo un profondo sospiro mentre cercava di trattenere le lacrime gli spiegò: “Quando ieri sera ci siamo baciati…ero troppo ubriaca per ricordarmene. Non ricordo cos’ho provato baciandoti la prima volta e sinceramente credo che non lo ricorderò mai. E tutto per colpa di quel tuo dannatissimo Scotch, giuro che non ne toccherò più!” prima di proseguire trasse un profondo respiro per calmarsi e reprimere le lacrime “Ma il punto è che…Anche se mi sono persa il nostro primo bacio, vorrei tanto che ce ne fossero altri. Sarò stata completamente ubriaca ieri sera, ma so di averti detto che era quello che volevo, al di fuori dell’ alcool, e che se oggi me ne fossi ricordata sarei corsa da te. Quindi ecco forse sono un po’ in ritardo ma…Eccomi qui.”
Gillian sollevò lo sguardo; Cal stava sorridendo.
Lentamente fece un passo in avanti, chiudendo la distanza che li separava, e le cinse la vita con entrambe le mani. Lei appoggiò le mani sul suo petto e sollevò il capo per poter essere alla sua altezza e guardarlo negli occhi.
Cal si avvicinò ancora, lasciando solo una spanna tra il suo viso e quello della donna.
“Sai, dicono che ci sia un momento ancora più bello del bacio”
“E quale sarebbe?” domandò Gillian, persa nei suoi occhi.
“I pochi attimi che lo precedono” spiegò semplicemente Cal  “Quando le labbra si sfiorano soltanto…Il rullo di tamburi insomma” si avvicinò ancora, erano solo a qualche centimetro di distanza.
Gillian continuò a fissarlo negli occhi e lentamente portò le sue labbra contro quelle di Cal, in modo che si sfiorassero soltanto.
Poi sussurrò: “Lo sento, il rullo di tamburi…”
Le loro labbra continuarono a sfiorarsi.
“Già, anche io” bisbigliò Cal.
“Ma ora non resisto più”
E così dicendo premette saldamente ma con dolcezza le sue labbra contro quelle dell’ uomo. Entrambi cercarono di metterci tutta quella dolcezza che avevano trattenuto fino a quel momento, e di far durare quel lento bacio il più possibile.
Quando si staccarono fu solo per qualche breve secondo, durante il quale si guardarono negli occhi, si sfiorarono i nasi e sorrisero. Poi tornarono a baciarsi.
Le lancette si muovevano, il tempo passava, i minuti trascorrevano, ma loro sembravano essere in un altro mondo, dove il tempo non esisteva.
Man mano i loro baci si fecero sempre più passionali, sempre più voraci, finchè ad entrambi fu chiaro che avevano bisogno qualcosa di più.
Cal iniziò a baciare il collo di Gillian, e sollevandola la portò fino al tavolo della terrazza. La donna vi si sedette sopra e attorcigliò le gambe attorno alla vita di Cal, ancora in piedi.
Lo afferrò per i baveri della giacca e lo trascinò sul tavolo sopra di se, ma Cal si ritrasse e cercò di rialzarsi.
Allora Gillian lo afferrò saldamente e dandosi un forte slancio all’ indietro lo fece cadere nuovamente sopra di lei “Eh no, stavolta non te la caverai così facilmente Lightman”
Lui sorrise, poi si chinò nuovamente verso di lei, le baciò avidamente il collo e le sussurrò all’ orecchio “Volevo solo suggerire il comodo divano di pelle nel tuo ufficio”.
Gillian ridacchiò “D’accordo”.
Quando arrivarono al suddetto divano entrambi avevano raggiunto il limite massimo di sopportazione: avevano bisogno l’uno dell’altro.
Con un’energia che sorprese persino Lightman, Gillian gli levò velocemente giacca e cravatta, e iniziò a slacciare freneticamente i bottoni della sua camicia, mentre lui le baciava il collo e levava la camicetta.
A breve si ritrovarono completamente svestiti, e per la terza volta in una sera, la Dottoressa Foster si lasciò cadere e trascinò con lei il suo collega.
Continuarono a baciarsi e ad abbracciarsi, a far vagare le mani ovunque sul corpo dell’ altro, e a punzecchiarsi nell’attesa del momento che entrambi desideravano.
Una cosa era certa: quella notte Cal Lightman avrebbe conosciuto un lato totalmente sconosciuto di Gillian Foster.
 
Gillian si svegliò nel pieno della notte. La prima cosa che notò fu che era totalmente svestita e stava appoggiando la testa sul petto caldo di un uomo. Quello di Cal.
Vide che si era addormentata stretta tra le sue braccia, ancora appoggiate alla sua schiena, e aveva poggiato mani e testa sul suo petto. Le loro gambe erano intrecciate.
Sorrise, felice come non era da secoli, si sistemò i capelli arruffati per la “lotta” di qualche ora prima e diede a Cal un veloce bacio sulle labbra; poi si riaddormentò, stretta a lui.
Quattro ore dopo, quando la lancetta dell’orologio si era appena posizionata sul numero otto, Cal si svegliò.
Anche per lui, la prima cosa che notò fu di essere completamente nudo, e di avere una donna che gli dormiva abbracciata, con il capo sul petto.
E non si trattava certo di una donna qualunque. No, era Gillian Foster, la donna che aveva atteso più a lungo, e che finalmente era sua.
Le accarezzò i capelli e ne assaporò il profumo, stringendola a se.
Poi controllò l’ora, e ringraziò Dio che fosse domenica, altrimenti avrebbero avuto non poco da spiegare i colleghi.
Decise di uscire per andare a comprare la colazione, così si alzò molto lentamente per non svegliare la compagna, si vestì e uscì dall’ ufficio.
 
Gillian si svegliò per la seconda volta, ma adesso era mattina, e soprattutto, adesso era sola.
Ci mise qualche secondo per rendersi conto che ora poggiava sul divano e non sul corpo di Cal. Si stropicciò gli occhi e si guardò intorno alla ricerca del compagno, ma non lo vide; ed anche i suoi vestiti erano spariti.
Noncurante del fatto che fosse ancora svestita e le persiane fossero sollevate, si alzò dal divano e diede un’occhiata se per caso Cal fosse sulla terrazza, ma non era nemmeno li.
Le prese il panico, e rimase li bloccata. Non poteva, non poteva essersene andato. No.
Fortunatamente la sua angoscia durò solo per qualche altro secondo, poi la porta del suo ufficio si spalancò e ne entrò Cal con due caffè in mano e un sacchetto che emanava un dolce profumo.
“Buongiorno tesoro! Ma come, non ti sei ancora vestita? Sei già pronta per il terzo round?”
Gillian sorrise terribilmente sollevata e gli corse incontro per baciarlo.
Poi, mentre l’ uomo tirava fuori le brioche e usava la scrivania a mo’ di tavolo, si infilò velocemente i vestiti della sera precedente, ed andò a sedersi accanto a lui.
“Allooora” iniziò Cal guardandosi intorno “Credo che sia meglio sistemare tutto questo casino prima di domani mattina, perché più che un ufficio sembra una camera d’albergo!”
“Si direi che forse è meglio… E poi se ti va possiamo spostare la festa a casa mia” aggiunse Gillian in modo loquacemente.
Cal sorrise, le prese il capo con le mani e la baciò, ancora e ancora.
“Mi pare un’ ottima idea! E ora che ci penso, ho proprio bisogno di un bagno!”
“Bhe, a quello non posso pensare io”
Cal sorrise beffardamente e avvicinò la sedia di Gillian alla sua “Oh si che puoi tesoro”.
La donna rise e gli cinse il collo con le braccia “Tu sei il mio idiota”

“E tu la mia dottoressa sexy”.
 
 
Alloraa che ne dite? Me la lasciate una recensione piccina piccina (si, stile Umbridge LOL e se non sapete chi è vi Avadakedavro in un millisecondo PICCOLISUDICIBABBANI)
See vedo che siete in un po’ posto presto dai, entro domenica una OS di circa 800 parole che ho tradotto da ff.net e fa sguarare ahahaha, e poi (sempre se il fandom è vivo) la long rossa di cui sto parlando da tre secoli ahahahah
Ok basta vi ho già rotto abbastanza c’’:
 
A presto
 
Jenny
  
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