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Autore: lithium    20/07/2013    5 recensioni
Fergus Finnigan non può credere alle sue orecchie quando, fresco diplomato dell'Accademia degli Auror, gli viene offerta la posizione di Assistente Personale Temporaneo del Capitano Ronald Weasley. Si imbarcherà in un'avventura roccambolesca, fatta di appunti indecifrabili, auror gelosi, incidenti di percorso e un cattivissimo mago oscuro. E chissà se lungo la strada non troverà anche il tempo per innamorarsi.
Dal primo capitolo: "“Ehi, su, su, ora non fare quella faccia! Dannazione, Hermione mi ha detto un milione di volte che devo essere meno severo con le reclute. Non dirai a nessuno che ti ho spaventato, vero?” Chiese il Capitano, passando in venti secondi netti da minaccioso e terrorizzante all’uomo più sorridente ed accomodante che Fergus avesse mai visto.
Scosse la testa “Nossignore, Signore.”
“Bravo ragazzo! Ci intenderemo alla grande io e te! Certo non hai le gambe che aveva Annette, ma non si può avere tutto. E poi, ripensandoci, credo che siano state proprio le gambe di Annette a causarle quest’increscioso incidente dei gemelli…” disse Ron, pensieroso.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Nuovo personaggio, Percy Weasley, Ron Weasley | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il caso Mackenzie serie'
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Eccovi il settimo capito. Buona lettura e buon week end. L.

 

 

CAPITOLO VII

DI ROMANTICISMO, REPRIMENDE E RAPIMENTI

Quella mattina Audrey Wallace si era svegliata con il sorriso sulle labbra. Dopo un’inizio di settimana da dimenticare, il piccolo passo in avanti compiuto nelle indagini sul caso Mackenzie aveva donato un’ondata di buon umore a tutto il dipartimento. Era così bello sentirsi di nuovo utili e competenti che la soddisfazione la ripagava quasi della stanchezza e delle lunghe ore di lavoro che aveva dovuto affrontare. L’aiuto di Percy si era rivelato veramente fondamentale. Quanto si trovasse bene con lui era difficile a spiegarsi.

A trentun’anni Audrey aveva pensato che probabilmente non esisteva un uomo che potesse piacerle tanto e che contemporaneamente fosse interessato a lei. Tutti risultavano troppo insulsi, sciocchi o semplicemente ordinari. Alta e secca, il naso lievemente aquilino, spigolosa dove la maggior parte degli uomini preferiva una donna morbida e tutta curve, l’Auror sapeva di non essere esattamente una bellezza mozzafiato. Era abituata a sentir complimentare la sua perspicacia ed intelligenza, non certo il suo aspetto. Supponeva che qualcuno avrebbe potuto apprezzare i suoi occhi celesti o il suo sorriso, ma non badava granché al suo aspetto.

Non avrebbe saputo dire come si fosse accorta che l’attrazione che provava per il procuratore Weasley fosse reciproca.

Era stato un po’ come mettere due calamite ai lati opposti di un tavolo: tre mesi prima Ron le aveva chiesto se potesse aiutare Percy a preparare un processo nel quale sarebbe stato necessario presentare al Wizengamot una serie di prove costituite da messaggi in codice e spiegare come erano stati interpretati. Audrey era una esperta di lingue e messaggi criptati, il lavoro di suo padre, un diplomatico del Ministero, l’aveva portata sin da piccola in giro per un sacco di nazioni, lasciandola con un talento naturale per l’apprendimento di nuovi linguaggi e pochissimi amici. All’inizio l’auror non era molto entusiasta di aiutare il procuratore, si trattava di spiegare concetti difficili da rendere comprensibili ai più e, poi, si trattava di indagini già complete, da rivedere, mentre lei avrebbe preferito occuparsi di catturare altri maghi oscuri. Si era dovuto ricredere, non solo Percy era brillante e passare del tempo con lui piacevole, ma sapeva stupirla, farla sorridere e, persino, ridere. In breve si era trovata a sperare che quel compito non finisse mai, per continuare a lavorare con lui. Non era stato così, ben presto il giorno del processo era arrivato ed Audrey era tornata alle occupazioni consuete.

Circa due settimane dopo l’inizio del giudizio, il procuratore Weasley era entrato improvvisamente nel suo cubicolo. Audrey stava decifrando un messaggio trovato su un manufatto oscuro sequestrato ed aveva alzato gli occhi dall’oggetto, sorpresa.

Era stato un attimo. Tutto serio, Percy aveva annunciato “Abbiamo vinto.” Audrey aveva sorriso, era molto gentile da parte sua comunicarglielo personalmente, dandole parte del merito. Si era alzata in piedi per congratularsi, ma qualunque cosa volesse dire le era morta sulle labbra: Weasley aveva colmato i due passi scarsi che li separavano e le aveva dato un bacio. Non quello che si dà ad un amico, no. Sebbene tenero e leggero come un volo di farfalla, pronto ad essere interrotto al benché minimo accenno di contrarietà da parte sua, quel bacio non aveva nulla di amichevole. Semmai prometteva molto altro, qualcosa di romantico e bello come Audrey non si era mai nemmeno permessa di sperare.

Interrotto il bacio, mentre lei ancora lo fissava un po’ frastornata dall’accaduto, Percy aveva aggiunto. “Mi auguro di non averti offeso, ma erano settimane che volevo farlo.”

Troppo sorpresa per parlare, aveva scosso la testa. A quel punto il ragazzo aveva sorriso ed era come se tutto il suo volto si fosse illuminato. Audrey aveva già visto una cosa del genere. Era strano, Percy era sempre così serio, ponderato e riflessivo che Audrey si era chiesta talvolta come potesse essere imparentato con Ron. In realtà ora sapeva che, apparentemente così diversi, i due fratelli Weasley impiegati nell’Ufficio per l’applicazione della Legge sulla Magia avevano molti più punti comuni di quanto uno potesse aspettarsi.

Quel ricordo Audrey lo conservava con un affetto particolare: era il primo tassello di quel puzzle che lei e Percy stavano costruendo insieme. Quelli che si erano susseguiti erano anche più belli forse, ma era stato quello il momento in cui la giovane auror aveva cominciato a sperare che, dopotutto, c’era qualcuno adatto a lei.

Con un colpo di bacchetta, Audrey scaldò il bollitore del thé, tra poco avrebbe dovuto essere in ufficio. Non vedeva l’ora di incontrarsi con l’esperto di Cornish fatto arrivare appositamente da Robards. La cattura di Diodora Mackenzie sembrava finalmente più vicina.

** * **

Toc toc

“Avanti” mormorò Harry Potter. Erano appena le nove e trenta ed era già stufo marcio del lavoro d’ufficio. Lui non era tagliato per queste cose.

“Ehi Harry, per fortuna sei qui” disse il nuovo arrivato.

Alla vista di Ron, il moro sorrise. “Ciao, Ron. Qualche novità?”

L’altro arrossì. “No… Cioè sì… Voglio dire…”

“Davvero molto chiaro, Weasley”

A quella battuta il rosso rispose con un educatissimo gestaccio.

“Hermione sarebbe estremamente indispettita, se vedesse come tratti tuo cognato… Allora, cosa volevi dirmi?”

“Io… Mmm, sì, ecco… Hermione, giusto. Hermione vuole sapere se tu e Ginny potete venire a cena da noi, domani.”

“Oh, penso di sì…” rispose Harry con aria sospettosa, come se si chiedesse come mai Ron ci aveva messo circa dieci minuti a formulare un invito a cena. “Si intende che cucini tu, vero? Voglio dire… Sai quanto voglio bene a tua moglie, Ron, ma… Non credo di riuscire a mangiare di nuovo la sua pasta al forno.”

Suo malgrado, l’altro sorrise. “Sì, non preoccuparti… Ad ogni modo, lei si deve riposare in questo periodo..”

Harry lo guardò, perplesso. “Hermione non si sente bene?”

“Eh? No, no… Sta bene.” Disse l’altro dirigendosi verso l’uscita. La mano sul pomolo, Ron si fermò. “Oh cazzo, io proprio non ce la faccio…” mugugnò, girandosi su se stesso per guardare l’amico negli occhi. “Harry, promettimi solennemente che non le dirai nulla..”

“Dire cosa a chi? Lo sai che sei strano forte, stamattina?”

“Ad Hermione… A chi, altrimenti? Promettimelo… Anzi, no. Giuramelo… Giuramelo sul quidditch.. Anzi no, su Ginny… Mmm, no aspetta, su James. Giuramelo su James.”

Harry lo guardò come se gli avesse dato di volta il cervello. “Ron… Mi stai facendo preoccupare.”

“Eh? No, no Harry è una cosa bella, solo… Hermione mi ucciderà quando saprà che le ho rovinato la sorpresa, ma…” La frase successiva gli uscì così velocemente che le parole si attaccarono tutte insieme, impendendo ad Harry di capire.

“Cosa?” domandò questi confuso.

“Io ed Hermione avremo un bambino… Ma non ti ho detto nulla, hai capito? Domani sera sarai l’uomo più sorpreso sulla faccia della terra, mi hai capito? Promettilo.”

Harry Potter annuì solennemente.

** * **

Sei minuti più tardi – Ufficio per la regolazione delle creature magiche

“Hermione, ma che splendida notizia ho sentito, quando pensavi di dircelo?”

Intenta a rileggere un memo, la donna guardò stupita il suo supervisore.

“Mi scusi, Mrs. Jones?”

“Quando pensavi di comunicarmi che tu e quel meraviglioso fusto di tuo marito aspettate un bel bimbo…”

Sconvolta dalla rivelazione, per la prima volta da quando lavorava lì, l’apprezzamento sul fisico di Ron da parte di Dottie Jones passò del tutto inosservato alla riccia. “Io… Ma chi gliel’ha detto?”

“Oh, lo sanno tutti. Ho sentito poco fa in ascensore Thabatha Goldielocks che lo diceva a quel bel ragazzo dell’Ufficio per gli sport Magici, sai quello spilungone con l’accento strano… Abram.. No, Arthur… Hai capito, no?”

Hermione aveva smesso di ascoltarla. Stampandosi in faccia il miglior sorriso che potesse, la bruna afferrò la bacchetta sulla scrivania. “Mrs. Jones, mi sono appena ricordata che ho dimenticato le vitamine che mi ha dato il Medimago nella giacca di Ron, le spiace se scendo un momento nel suo ufficio?”

Dottie sorrise. “Ma certo, cara, vai pure, nelle tue condizioni… Ci mancherebbe, altro.”

“Grazie.”

** * **

Fergus stava scrivendo alacremente quando la sua attenzione fu attirata da Hermione Granger-Weasley che marciava bacchetta in pugno e passo deciso verso l’ufficio di suo marito.

Gli sorrise.”Buongiorno Auror Finnigan, mio marito è nel suo ufficio?”

“Sissignora, signora.”

“Molto bene.” Rispose lei, dirigendosi verso l’uscio senza bussare.

Prima che la porta sbattesse teatralmente alle sue spalle, Fergus ebbe appena la possibilità di sentirle urlare “Tu sei un completo idiota Ronald Weasley…”

** * **

Protetta da un incantesimo di disillusione, Diodora Mackenzie guardò la sua preda uscire dal piccolo cottage ed incamminarsi lungo il viottolo verso un garage di lamiera. Era tanto abitudinaria. Da un paio di giorni la controllava ed ogni mattina si smaterializzava nello stesso posto. D’altra parte vivere in un quartiere babbano doveva essere una vera seccatura, ma certi Maghi amavano mischiarsi alla gente comune, così come ai maiali piaceva giocare nel fango. Diodora non credeva alle sciocchezze sulla purezza della razza magica o cose simili. Erano credenze che come altre potevano rivelarsi più o meno utili. Lo erano sicuramente state quando si era trattato di avvicinare Selwyn, ma lei non credeva in nulla. Meglio, credeva unicamente in se stessa e nel suo infinito potenziale.

Era ora di agire, la donna era arrivata a destinazione, tra poco si sarebbe dematerializzata verso il Ministero della magia. Muovendo silenziosamente la bacchetta, Diodora la stordì mentre le dava le spalle, senza che l’altra potesse opporre la benché minima resistenza. Era un peccato. Era una donna con un così alto potenziale. Eppure anche in quel caso, aveva avuto la conferma che il più piccolo accenno di sentimento potesse essere deleterio. Se non fosse stata tanto svagata, tanto persa nel suo piccolo sogno romantico tutto cuoricini e spilungoni lentigginosi coi capelli rossi, l’altra si sarebbe probabilmente accorta di essere seguita. Ma se cammini mano nella mano ed i tuoi sguardi sono tutti per l’uomo che è con te, è difficile fare attenzione al nemico che ti segue, anche se è il tuo mestiere.

Tanto peggio per lei. Tanto meglio per Diodora.

Era ora di andarsene, prima che qualcuno si accorgesse di lei, prendendo la mano esanime della donna, smaterializzò entrambe. La sua vittima era molto più alta di lei, sebbene forse altrettanto esile, era questo il bello della magia ridurre certe differenze a nulla. Ma doveva affrettarsi, aveva ancora un sacco di lavoro da fare.

Se qualcuno fosse passato davanti al garage, pochi secondi dopo che le due donne si erano dematerializzate non avrebbe notato nulla di strano, non un segno di lotta, non un indizio che in quel luogo c’era stato un rapimento. Un momento c’erano due figure una in piedi, l’altra incosciente ed un attimo dopo più nulla. L’aria le aveva inghiottite.

   
 
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