[ANNIKA] Il
momento è arrivato. Sono
le 19:30 e tra circa un’ora passerà la limuosine a prendermi. La
serata tanto attesa è finalmente giunta e…mi sembra di stare per impazzire, sul
serio. Ho
trascorso due interi giorni a pensarci. Due
interi giorni ad immaginare come sarebbe stato quel momento che è praticamente
quasi arrivato. Più
passano i minuti, più la mia ansia sale a dismisura. Ho
il battito del cuore accelerato e quel nodo alla gola che non mi abbandona
ormai da ore. Mi
guardo allo specchio: mi sembra che nulla vada bene. Mi
sembra di stare per fare la cosa più sbagliata della mia vita. Mi
sembra di aver fatto un’immensa cazzata ad accettare l’invito di Tom. Mi
sembra che andare lì stasera, per me, sia davvero inutile, privo di senso,
sbagliato. Ebbene
si, l’eccitazione di due giorni fa si è trasformata in…panico. Una
paura terribile mi prende la bocca dello stomaco e non riesco in nessun modo a
mantenere il controllo. Dovrebbe
essere Andrea quella agitatissima, visto che è lei la protagonista, stasera. Ma
io, come al solito, mi rivelo essere in assoluto la più ansiosa delle due. E
forse anche la più insicura. Mi
guardo allo specchio: indosso solo l’intimo. Un
completino bianco, di Yamamay, costituito da un paio di brasiliane di pizzo, a
vita bassa, e un reggiseno dello stesso colore, anch’esso estremamente
ricamato, a balconcino, con un fiocco al centro. Guardo
la mia immagine riflessa sulla superficie vitrea e tolgo le spalline al mio
reggiseno, per evitare che si vedano sotto il vestito che indosserò. Ho
deciso di lisciare alla perfezione i miei capelli e gonfiarli leggermente alla
radice, per dare loro un effetto di volume. Mi
scosto i capelli all’indietro e mi piastro ancora l’ultima ciocca, quella
anteriore, che ricade al lato del mio viso. Quasi
mi tremano le mani. Mi
volto verso lo stereo, che troneggia su una mensola in legno attaccata alla
parete. Poggio
la piastra e decido di mettere un po’ di musica per rilassarmi un po’, o magari
semplicemente per distrarmi e smetterla di pensare che tutto andrà male. Premo
Play e parte “Untouched” delle The Veronicas. I go ooo
ooo you go ahh ahh Una
delle mie canzoni preferite, senza dubbio. Dal
ritmo veloce, rock quasi, coinvolgente, ma…io la trovo tremendamente dolce. Piastro
ancora qualche ciocca qua e là, definendo meglio l’intera chioma. Afferro
il mio olio corpo leggermente abbronzante, a base del pregiato Olio di Argan. Lo
apro e inizio a spalmarmelo con cura sulle gambe, sulle braccia e sul
decolletè. Non
riuscirei mai ad uscire senza crema o peggio, senz’olio. Probabilmente
mo sentirei nuda, quasi. Mi
guardo allo specchio e noto la mia pelle abbronzatissima, merito delle ore e
ore passate in piscina ad osservare gli addominali di Frank. Un’abbronzatura
perfetta, invitante, elegante. Don’t even talk about the consequence Sposto
il mio sguardo sul mio vestitino di Versace. È
lì, solenne, appeso ad una gruccia, sul bordo del mio specchio flessibile in
ferro battuto. Un
sorriso mi nasce spontaneo, un sorriso leggero, delicato. Non
so perché, ma dopo che Tom mi ha chiesto di andare alla festa della Universal e
ho pensato a cosa avrei potuto indossare per un’occasione del genere, mi è
immediatamente venuto in mente questo. Mi
avvicino e con delicatezza lo stacco. Me
lo poggio addosso e mi guardo allo specchio. Sorrido. Non
so per quale preciso motivo, ma mi sono subito immaginata con questo addosso,
accanto a Tom. E
immediatamente il mio pensiero va a lui. La
voce graffiante ma dolce delle The Veronicas mi fa salire un brivido lungo la
schiena. *Perché tu sei l’unico
che ho in mente. Già,
l’unico. Esattamente
il solo a cui io ho mai pensato così insistentemente. Potrà
sembrare impossibile, ma io, Annika Stern, ho avuto decisamente pochi ragazzi. Forse
me ne saranno venuti dietro un centinaio, ma io non ho mai accettato il loro
corteggiamento. Solo
pochi sono i ragazzi con cui ho avuto a che fare. E
Tom è l’unico con cui io sia stata mai, veramente. *Non voglio sentirti dire addio. Mi
meraviglio del mio pensiero e distolgo lo sguardo dalla mia immagine riflessa
nello specchio. Mi
infilo delicatamente il vestito, sistemandomelo sul seno. Ricordo
l’ultima volta che l’ho indossato, per l’inaugurazione di un centro commerciale,
costruito da papà, il Caesar. Stavo
benissimo, ricordo ancora perfettamente i complimenti di tutti i presenti. Mi
osservo per bene: il mio seno, pronunciato quanto basta per catturare
un’attenzione non eccessiva, è fasciato e volumizzato dal vestito che, nella
parte superiore, presenta dei ricami recanti motivi floreali. Con
delle semplici pieghe, procede fino a fermarsi poco sopra il ginocchio, con del
tulle più chiaro nella parte finale. Per
un’occasione del genere non potevo di certo indossare un abito “girofica”, come
lo definirebbe Andrea. A
proposito, ho mandato la mia fidatissima Rosalie da lei. Già
mi immagino il fumo uscire dalle orecchie della mia amica! Ho
rinunciato alla mia estetista/parrucchiera personale, stavolta: ho pensato che
io mi sarei potuta preparare da sola, per questa sera. Mentre
Andrea ne aveva certamente più bisogno di me. È
lei che stasera dovrà essere perfetta, non io! I feel
so untouched and I want you so much* Untouched. Mi liscio il tessuto del mio
vestito che cade, elegante, oltrepassando la metà delle mie cosce. *Mi sento così intatta
e ti desidero così tanto che non posso resisterti. Mi
fermo un attimo e penso a quelle parole che ho sentito migliaia di volte,
credo. Ma
mai come stasera le ho ascoltate così attentamente. E
mai come stasera le ho sentite così mie. Mi
viene in mente Tom: non so spiegarmi come, ma da quando mi ha chiesto di stare
al suo fianco stasera, lo sento dentro di me. Già
me lo immagino, vestito con ciò che abbiamo scelto insieme un paio di settimane
fa quando siamo usciti a fare shopping in centro. Mi
sembra quasi di vederlo sorridermi in quel modo in cui solo lui è capace. Guardarmi
e abbracciarmi dolce. Dannatamente
tanto. Mi
manca l’idea che io avevo di lui. L’idea
che mi ero creata in testa e che poi è fallita miseramente dopo tutti i casini
che sono successi tra di noi. Mi
manca sentirlo vicino a me e mi manca il modo in cui, paradossalmente, solo lui
sa farmi stare bene. Intatta. Perché
solo lui…solo lui mi ha toccata. E
non riesco neppure ad immaginare le mani di un altro ragazzo su di me. Non
riesco neppure a pensare ad un tocco sul mio corpo che non sia quello ruvido e
deciso di Tom. Vedo
il mio sguardo azzurro puntarsi sullo specchio di fronte a me. Mi
sembra di leggervi all’interno l’amara consapevolezza di quello che provo per
lui. L’amara
quanto decisa coscienza che io non riesco e non riuscirò mai a dimenticarlo. Non
riesco a togliermelo dalla testa. Non
riesco a cancellare i momenti che abbiamo vissuto insieme. Non
riesco a cancellare il modo in cui anche solo guardarlo o baciarlo mi manda in
paradiso. *Intatta. È
davvero questo ciò che voglio? Stare di nuovo con lui? Sentirmi
di nuovo un tutt’uno col suo corpo? In
questo momento l’unica cosa di cui sono sicura è che ho una voglia tremenda di
vederlo. Vederlo,
respirare il suo profumo dolce e guardarlo in quegli occhi ambrati che
apparentemente non hanno nulla di speciale. Ma
che a me fanno un effetto stranissimo. E,
proprio per questo, ho una tremenda paura. Paura
di quello che potrebbe succedere stando con lui. Paura
di come potrebbe evolversi la serata. Paura
di vederlo, e di incrociare di nuovo il suo sguardo. You can take take take take take time time So even if the world falls down today E
se io non andassi più? Se
restassi a casa fingendo un malore improvviso e letale? Se
gli dicessi che ho cambiato idea? O
mio Dio, sto dando i numeri, probabilmente. *Dammi tutto di te. Tra
i due credo che, ad avere una fottuta paura, sia proprio io, non lui. Ed
io voglio davvero che lui mi dia tutto di sé? Il
suo corpo l’ho avuto, le sue labbra le ho avute. E
adesso? Adesso
che mi ha chiesto di stare accanto a lui in una serata così importante…perché
sono così terrorizzata? Perché
temo il suo lato “pubblico”? *Non pensare nemmeno a
cosa è giusto o no. Magari
dovrei smetterla di sentirmi così a disagio prima ancora di essere lì. Dovrei
convincermi che questa sera io avrò un ruolo marginale lì al Plaza, dunque non
potrà succedere niente di preoccupante. Deglutisco
e mi siedo sul bordo del mio letto, reggendomi la testa tra le mani. Magari
sarebbe stato meglio che lui non mi avesse mai invitata. Magari
stasera scoppierà uno scandalo di dimensioni abnormi. Tutti
si chiederanno chi è la ragazza bionda accanto a Tom Kaulitz. Magari
lui intende prendermi in giro ancora. Oppure
ha intenzione di usarmi, questa sera. Panico. Tiro
un respiro profondo. Mi
rialzo e mi liscio il vestito. Devo
smetterla. Mi
dirigo verso il mio comò, apro il portagioie e frugo all’interno, alla ricerca
degli accessori giusti. La
canzone finisce, e le note di “Take me on the floor” si perdono nell’aria,
facendomi salire l’adrenalina. Scelgo
un orologio in acciaio di Alviero Martini, acquistato solo qualche mese fa in
centro. Il
bracciale Yves Saint Laurent con ciondoli e pendenti in oro bianco e giallo è
immancabile. Opto
poi per degli accessori che non siano particolarmente vistosi. Mi
infilo un paio di orecchini di Prima Classe dalla forma circolare, piuttosto
piccoli, recanti la classica fantasia geografica in cuoio beige. Un
anello semplicissimo della stessa linea ed una collana abbinata agli orecchini
con un pendente tondo, per nulla vistosa. Mi
guardo allo specchio, sistemandomi ancora i capelli. Poi
mi chino verso il basso e infilo le mie decolletè beige di Gucci. Mi
alzo di circa 12
centimetri e vedo le mie gambe slanciarsi tremendamente. Sorrido
nell’osservare le scarpe che ho scelto con tanta cura. Spuntate
avanti con una decorazione gioiello che le rende particolarmente eleganti e da
sera. Plateau
spesso e colore sobrio ma bellissimo. Le
stesse che ho comprato ad Andrea, di colore nero. Le
ho consigliato proprio io di prenderle, visto che anche io le avevo e le trovo
fantastiche. Nere
rendono molto di più, e risultano molto più adatte per la sera, ma io amo i
colori chiari, si sa. Mi
avvicino allo specchio che troneggia sopra il mio comò e decido che è arrivato
il momento di truccarmi. Essendo
già piuttosto abbronzata, e quindi avendo già una base scura, decido di
valorizzare ancora di più la mia carnagione dorata. Dopo
aver spalmato sul mio viso la mia fidata crema idratante Chanel Precision,
afferro la mia cipria dalle tonalità scure. Apro
il contenitore dalla forma circolare e osservo le mille sfumature che si
mischiano tra loro. Strofino
di poco la spugnetta e prendo a passarmela sul viso, insistendo soprattutto
sugli zigomi, per valorizzarli. Una
semplice matita marrone per definire il contorno dei miei occhi chiarissimi e
una palette di Yves Saint Laurent sulle tonalità del marrone-beige. Afferro
con delicatezza il pennellino e decido di realizzare quelle sfumature che mi fa
sempre Rosalie, e che proprio lei mi ha insegnato a fare. Sto
per mettermi il mascara quando sento un dimesso bussare alla porta. -Avanti-
dico io, richiudendo un attimo il tubetto scuro. Il
viso distinto ma cordiale di mio padre fa capolino da dietro la porta. -Posso?-
mi chiede con un sorriso. Mi
stupisco sempre di quanto sia prudente e
rispettoso nei miei confronti. -Certo!-
esclamo io, rispondendo al suo sorriso. Papà
è tornato circa un mese fa dall’Italia, dopo aver concluso con il politico
Castelli l’affare che aspettava da tanto. Poso
il mio sguardo su di lui. Indossa
una semplice camicia bianca a righine blu, ritirata fin sui gomiti ed infilata
all’interno di un paio di pantaloni Burberry beige, dal taglio classico ed
elegante, retti da una cinta in cuoio marrone. Un
paio di mocassini marrone scuro completano il tutto. Il
viso, addolcito da un sorriso, è contornato da una capigliatura brizzolata
sempre perfettamente in ordine. Chiude
la porta alle sue spalle dopo essere entrato del tutto nella mia stanza. Fa
scorrere il suo sguardo su di me, percorrendomi dalla testa ai piedi. Poi
si infila le mani in tasca e mi fissa con un lieve sorriso stampato in viso. -Dove
stai andando?- mi chiede d’un tratto. L’intonazione
della sua voce è velata da una curiosità che appartiene a qualsiasi padre. -Ehm…sto
uscendo- rispondo io, fingendomi tranquilla e poggiando il mascara sul mobile. -Lo
vedo- aggiunge lui annuendo col capo- e dev’essere un’uscita particolarmente
importante, visto come ti sei vestita- conclude poi fissandomi con un lieve
sorrisetto. Derick
Stern non è il classico padre. Il
viso pulito, increspato da qualche ruga, inevitabile con il passare del tempo,
è sempre perennemente piegato in un sorrisetto che la dice lunga. Lui
non mi ha mai rimproverato veramente, con urla e punizioni, come ogni papà del
mondo. Lui
è in grado di farmi capire le cose in modo diverso, ma senz’altro efficace. Arrossisco
di botto. Ok,
sono vestita con l’abito più elegante che ho, forse, e voglio fargli credere
che sto uscendo normalmente. Non
regge. E
lui se n’è accorto, visto che si mette a ridere. Lo
guardo, in notevole difficoltà, prendendo a torturarmi le unghie perfettamente
smaltate. Si
siede sul letto e poggia i gomiti sulle sue ginocchia, squadrandomi in quel
modo che su di me ha una presa assurda. -Vieni
qui- mi dice lui con calma indicandomi di sedermi accanto a lui. Con
una lieve incertezza mi avvicino al letto e mi siedo accanto a lui, provocando
un leggero abbassamento del materasso. -Allora-
incomincia lui girandosi verso di me- dove stai andando?- mi chiede di nuovo,
con tono tranquillo. Abbasso
lo sguardo. Devo
dirglielo? Si,
dovrei. Ma
non so da dove cominciare e soprattutto non so come la prenderebbe. Tiro
un respiro profondo. -Sto
andando al Plaza- gli dico tutto d’un fiato. Vedo
papà alzare un sopracciglio, sorpreso. -Al
Plaza?- si accerta lui, decisamente stupito. Anche lui sa quanto quel posto sia
esclusivo e di lusso. -Si-
annuisco- stasera lì si terrà la festa della Universal- gli spiego io
guardandolo in quegli occhi azzurri così simili ai miei. Vedo
mio padre pensarci su un attimo e poi guardarmi con aria confusa. -La Universal è la casa
discografica dei Tokio Hotel e stasera il loro manager David Jost ha
organizzato una serata di gala in cui verrà presentato il nuovo cd- gli spiego
io con parole semplici. -Capisco-
annuisce mio padre fissando lo sguardo nel vuoto- mi sfugge solo un piccolo
dettaglio- aggiunge poi spostando il suo sguardo su di me- tu cosa c’entri in tutto
ciò?- mi chiede infine. Eccolo:
come al solito centra perfettamente il punto in grado di mettermi in
difficoltà. -Beh…Andrea
è la fidanzata di Bill Kaulitz, il cantante della band- gli dico io, cercando
di convincerlo con questa misera informazione. Mio
padre annuisce ancora. -E
tu?- mi chiede poi. Se
pensi di poter mettere nel sacco Derick Stern, sei solo una povera illusa,
Annika. -Io?-
mi accerto, con una certa indecisione- beh, sono stata invitata anch’io- lo
informo, sperando che la smetta di farmi domande. Vedo
mio padre sorridere. Ha
già capito tutto, lo so. Poggia
una mano sul mio ginocchio e mi guarda. -Non
vuoi dirmelo, vero?- mi chiede con tranquillità. Sospiro,
essendo stata scoperta, come sempre. Abbasso
lo sguardo. -Scommetto
che sei stata invitata da un ragazzo- dice lui ridacchiando e scuotendo di poco
il mio ginocchio. Sorrido
impercettibilmente, arrendendomi. Le
mie chiacchierate con mio padre
finiscono sempre, inevitabilmente, così. Con
lui che mi capisce e scopre le mie bugie solo guardandomi negli occhi. -Hai
18 anni, Annika, e credo che faccia parte di quest’età vergognarsi di parlare
di certe cose con i propri genitori- incomincia lui, centrando perfettamente il
punto- ma io e te abbiamo sempre avuto un buon rapporto- mormora lui incrociando
il mio sguardo. Ha
ragione. -Mi
ha invitata…un ragazzo, si- ammetto infine, dopo una lieve ed iniziale
incertezza- ma è solo un amico, niente di più- aggiungo poi, mentendo forse
anche a me stessa. Mio
padre sorride. So
che non se l’è bevuta. Lo
so perfettamente. Vado
letteralmente a fuoco. -Puoi
stare tranquillo, papà- riprendo io concitata- sarò lì stasera solo perché è la
serata di Andrea- aggiungo io- lei verrà ufficialmente presentata come la
fidanzata di Bill Kaulitz ed io voglio essere lì in quel momento così decisivo
per lei- lo informo infine. Papà
mi passa una mano sulle spalle e mi tira leggermente a sé. -Sai
che io e tua madre ci siamo sempre fidati di te- incomincia lui staccandosi poi
da me- e credo che sia normale che tu non voglia dirmi chi è questo ragazzo e
credo altresì che sia normale che tu voglia farmi credere che sia solo un
amico- continua poi sorridendo beffardo- ma sappi sempre che per qualsiasi cosa
e quando vuoi tu, puoi dirmi tutto- aggiunge poi- perché sono tuo padre, ti
voglio bene e credo che non ci sia nessuno meglio di me o tua madre in grado di
darti consigli o dirti cosa fare, ricordatelo sempre- conclude poi. Sorrido
dolcemente nel vedere lo sguardo e l’espressione di quest’uomo Quanto
sono fortunata ad avere un padre come lui? -Ti
voglio bene- mormoro dopo aver gettato le mie braccia attorno al suo collo-
tanto- gli sussurro infine. Lo
stringo a me e sento il calore del suo corpo contro il mio. Lo
abbraccio forte e sento le sue mani passare attorno alla mia vita. -Ho
dimenticato di dirti che sei bellissima- aggiunge poi staccandosi da me e scoppiando
a ridere. -Grazie-
mormoro io lusingata. Detto
da un uomo come mio padre è davvero un complimento. Sorrido
ed ora mi sento più sicura e…tranquilla. Relativamente. [ANDREA] La
stanza è immersa nel frastuono più totale. Io
sono nello stato di più totale panico. Intorno
a me non sento la musica metal sparata a tutto volume, a dir la verità non
sento nemmeno le mie gambe. La
paura mangia ogni emozione, anche quelle più laceranti che salgono lungo
l’esofago quando si è eccitati. Io
sono tremendamente ansiosa. Questa
sera è la serata. Dopo
tre strazianti giorni è arrivata! Sento
nelle mie vene il tremore che si fa sempre più persistente e imperante. Cazzo! Guardo
l’orologio. Sono
le 18:00 e Bill sarà qui tra due ore e mezza. Sposto
lo sguardo sul mio letto su cui ho poggiato, da questa mattina, l’abito e
l’intimo che userò questa sera. Perché
mi sono presa la briga di cercare, persino, l’intimo da usare? Non
è una cosa indispensabile, nessuno, in fondo, lo vedrà. Eppure
l’ho scelto con cura, ho rubato qualcosa dal cassetto di mia madre non avendo
niente di decente e ho comprato, in un negozio di Victoria Secrets un reggiseno
di pizzo davvero carino. L’unica
cosa che mi tranquillizza è che, questa esperienza, la passerò con Annika. Ho
benedetto Tom circa diecimila volte da giovedì per aver invitato Annika, sono
certa che non l’abbia fatto per farmi stare più tranquilla ma per sferrare il
suo asso nella manica per conquistarla. In
ogni caso, ha fatto la cosa più giusta che poteva fare. Panico:
il momento è arrivato! Invio
il messaggio ad Annika e comincio a trotterellare per la camera, ancora in
mutande. Dovrei
iniziare a prepararmi ma non so da dove cominciare. Davvero,
non so dove mettere mano. Questa
mattina ho esposto le mie preoccupazioni a Bill, in quei miseri quaranta minuti
che ha passato a casa mia, che, prontamente, mi ha detto –Per me potresti
venire anche nuda, non sarebbe male come idea- Bill
mi sembra cambiato da un po’, dall’invito. Quando
sono a casa sua, a pomiciare sul suo divano, e Tom se ne va via sbuffando
qualche cazzata sul diabete e il ricovero in ospedale per iperglicemia, Bill ci
va giù… pesante. Non
mi è mai saltato addosso, non ha mai chiesto di approfondire il nostro
rapporto, ma sembra abbia stampato un cartello sulla fronte con scritto “MUOVITI,
VOGLIO SCOPARE”. Ne
ho parlato con Tom, ma ovviamente il signorino mi ha detto “Andy, tesoro, se
scopi con Bill fai un piacere a lui e soprattutto a te stessa, che essere
vergine a 17 anni è una vergogna, dai!”. Non
mi è stato esattamente d’aiuto. Capisco
che Bill abbia voglia ma… io sono pronta? Non
lo so, le sue mani su di me sono sempre state un afrodisiaco, ma sono pronta a
dargli davvero tutto senza avere la prova certa del suo amore? Quando
l’ho detto a Tom c’è persino rimasto male e se ne è uscito con un: “Ma che
cazzo di domanda è?! Bill è perdutamente innamorato di te! Non dovresti nemmeno
pensare ad una cosa del genere!”. Ma
è normale per una vergine chiedersi se quello con cui pensi davvero di andare a
letto per la prima volta sia quello giusto. Ovviamente
non ho detto nulla ai miei genitori, ad Annika avevo accennato il “problema”,
ma, si sa, noi ragazze abbiamo una visione più romantica del mondo, secondo lei
Bill mi aspetterà in eterno. Non
so perché mi sono confidata con quel coglione di Tom che, per tutta la
chiamata, da grande amico, mi diceva di buttarmi a capofitto sul fratello. Come
migliore amico non vale una cicca, sicuro. Una
sola frase giusta mi ha detto: -Se
anche tu sei innamorata di Bill, il sesso verrà naturale, ti sentirai sua per
sempre Andy- e poi ha detto, con
tono divertito –Ma non sarà sesso Andy, tu farai l’amore con Bill!- Sbuffo
incrociando le braccia. E
se Bill ci provasse questa sera? Andrei a letto con lui? È
solo un mese che stiamo insieme e io sono anche vergine, senza che lui lo
sappia. È
l’unica cosa che Bill non sa di me e vorrei dirgliela prima di… insomma,
togliermela ecco. E
anche la frase ambigua di questa mattina mi ha fatto capire che Bill ha voglia
di fare sesso con me, come mi ha fatto capire durante tutto questo periodo
insieme. Mio
Dio! Il
mio sproloquio mentale termina quando sento il campanello di casa suonare. Non
può essere Bill, mi ha mandato un messaggio circa cinque minuti fa dicendomi
che era appena uscito dalla doccia (accennando a qualcosa sul ritardo). -Andrea,
tesoro, vai tu?- mi domanda mamma dalla cucina, indaffarata con la cena che io
non farò questa sera. Sbuffo
ed esco dalla mia stanza dopo aver indossato una vecchia tuta sulle culottes
lilla che indosso. Ciabatto
verso la porta e la apro. Quella
che mi trovo avanti sembra essere appena uscita da un manicomio. È
una donna, sulla quarantina mi azzardo a pensare, con folti capelli color
fuoco, ricci e indomabili, grandi occhi celesti e sguardo da pazza. È
alta e snella, un camice da estetista verde allacciato su un lato le copre
l’addome e cade su un paio di jeans sbiaditi abbastanza giovanili che terminano
in delle Superga bianche. In
una mano stringe una valigetta quadrata, grande come un beauty-case. Mi
guarda dall’alto al basso. -Mi
sa che lei ha sbagliato porta- dico e sto per chiuderle la porta in faccia
quando mi chiama. -Lei
è Andrea Linke?- La
guardo sconcertata e annuisco. -La
fidanzata di Bill Kaulitz?- indaga ancora. -Ehm…
sì- annuisco. -Allora
non ho sbagliato porta!- mi da una leggera spinta ed entra in casa con
malagrazia -Sono Rosalie Krause, mi ha mandato la Signorina Stern- Ergo
Annika. La
guardo dalla testa ai piedi chiedendomi perché Annika mi avesse mandato una
pazza del genere. Chiudo
la porta mentre mia madre appare chiedendo –Chi è?- -Sono
Rosalie Krause, sono l’estetista che ha mandato la Signorina Stern
per aiutare sua figlia- sorride a mia madre per poi squadrarmi dalla testa ai
piedi –Ne ha evidente bisogno!- Alzo
un sopracciglio e sto per dirle, con superiorità, che c’è un motivo per cui
sono la FIDANZATA
di Bill Kaulitz e sbatterla fuori di casa quando mia mamma trilla un –Oh che
cara che è Annika, prego si accomodi- Traditrice! Rosalie
annuisce e mi guarda ancora –Andiamo nella sua camera Signorina Linke- Alzo
un sopracciglio –E cosa mi costringerebbe a farlo?- Alza
la valigetta e me la sventola sotto gli occhi –Perché io la renderò degna del
suo fidanzato!- -Ehi!-
protesto –Io sono perfetta per Bill, lui si è innamorato di me, non del mio
trucco!- -Non
lo metto in dubbio signorina, ma questa sera, la Signorina Stern,
vuole che lei splenda… quindi le impongo di seguirmi- -Sì
tesoro, fa come ti dice la signora Rosalie, non volevi essere bellissima per
Bill questa sera?- si intromette mamma dando ragione a quella perfetta
sconosciuta. Le
mando uno sguardo infuocato e poi guardo la Pazza Rossa che mi
guarda con gli occhi spazientiti. Sbuffo,
incrociando le braccia, e le intimo di seguirmi nella mia stanza. Apro
la porta e le intimo, con sarcasmo, di accomodarsi. * Sono
seduta su una sedia, con dei bigodini in testa, mentre Rosalie mi sta
spalmando, sapientemente, lo smalto ai piedi. Mi
ha quasi costretta a mettere, per la prima volta, uno smalto viola perlato con
sfumature nere che dovrebbe abbinarsi con il mio ombretto. Mah. Ho
mandato un messaggio ad Annika per ringraziarla di aver spedito questa matta a
casa mia. Vedo
le mie labbra impreziosite, sensualmente, da un rossetto rosso tenue, più
chiaro di quello che pensavo quando l’estetista mi ha annunciato che avrebbe
usato un rossetto rosso. Avevo
già immaginato qualcosa da battona. E
il fatto che io mi trovi bellissima anche con i bigodini sulla testa la dice
lunga su quanto sia brava questa Rosalie, anche se mi duole ammetterlo. -Da
quanto sta con Bill?- mi domanda mentre infila l’applicatore nella boccetta. Abbasso
lo sguardo verso di lei alzando un sopracciglio -Un mese, circa- Lei
sorride e chiude la boccetta. Mi
guardo i piedi, le miei unghie non sono mai state così perfette! Le sorrido
riconoscente. -Deve
essere una favola!- commenta posando la boccetta sul mio disordinato comodino
-Insomma, lei è una ragazza normale e lui una rockstar a livello planetario,
penso non sia comune come storia d’amore- Mi
lascio passare avanti tutti momenti che in questo mese ho passato con Bill, la
sua enorme villa, il suo modo così assurdo di essere gentile e allo stesso
tempo deciso, è… Sospiro
e Rosalie sorride. Devo
sembrare proprio un’adolescente alle prese con la prima cotta. -La
mia vita è totalmente cambiata da quando ho conosciuto Bill- confesso –Non
penso di essermi sentita così felice nella mia vita come in questo periodo- lei
mi sistema un bigodino e mi guarda sorridendo –Bill mi ha stravolto ogni
convinzione, mi sta rendendo diversa ogni giorno che passa, ha fatto in modo
che una vita all’apparenza normale diventasse un’avventura, e parte di questo
lo devo ad Annika- chiudo gli occhi. Se
lei non fosse andata a letto con Tom, forse, non avrei mai incontrato l’uomo
della mia vita. Non
avrei mai incontrato il mio pseudo migliore amico che prima odiavo a morte. Non
avrei mai assaggiato l’amore come sto facendo adesso, non mi sarei mai
ritrovata ad attendere la serata in cui sarei diventata la fidanzata ufficiale
di Bill Kaulitz. Se
non fosse stato per Annika sarei rimasta un’insulsa ragazzina di Amburgo che
cerca di sopravvivere alla giungla urbana e non una ragazza che, finalmente, ha
donato a qualcuno il suo cuore. Questi
mesi sono stati incredibili e surreali. L’arrivo dei gemelli ha scombussolato
l’andamento placido della nostra vita come un’ondata di mare moto. È
bastato un solo passo per cambiare, definitivamente, la mia vita. A
partire da me ed Annika, non siamo state mai così vicine come in questo
periodo, tra malintesi e riappacificazioni. Non credo di aver mai sentito
Annika così parte di me. Passando
a me e Tom. Prima avrei voluto staccargli la testa a morsi e poi, da quel
giorno che è corso sotto casa mia ad implorarmi di aiutarlo con Annika ho
sentito di essergli vicina. Non avrei mai pensato di poter rappresentare
l’eccezione alla regola “Non ci può essere amicizia tra uomo e donna”. Certo,
mi ha baciata, ma è stato un errore. Nonostante lui non l’ammetta, è
perdutamente innamorato di Annika e nel venire a cercarmi lo ha tacitamente
ammesso. Ora è il mio migliore amico, pronto a correre se ho un problema. E
per finire, Bill. Lui è stato il cambiamento più bello della mia vita. A
lungo andare ho capito di essermi innamorata di lui, da quando si fermò con la
macchina e mi propose un passaggio. Sorrido
mentre vedo le immagini susseguirsi –Non credo sarò mai più così felice come in
questo periodo- dico senza rivolgermi a nessuno in particolare: solo a me
stessa. Rosalie
annuisce e mi indica il vestito –Vuole iniziarsi a vestire?- La
guardo e annuisco, in trance totale. * Mi
guardo allo specchio accarezzandomi i fianchi fasciati dalla stoffa fresca del
mio tubino. Mi
giro cercando la minima imperfezione che… non c’è! Rosalie
mi scioglie i bigodini e i miei capelli cadono morbidi e perfettamente mossi
sulle spalle. Guardo
tutto l’insieme e mi viene quasi da piangere. È…
perfetto! -Le
piace?- mi domanda la donna. -Tesoro,
sei bellissima!- È
mia madre a rispondere per me, decisamente eccitata. Entra
nella mia camera come un uragano e comincia a saltellare come una bambina
–Lorenz, amore, vieni a vedere quant’è bella la nostra bambina!- Arrossisco.
Ora
si devono mettere a fare anche i genitori orgogliosi? Davanti
a Rosalie, che è diventata anche più sopportabile? La
guardo mentre ridacchia. Sicuramente
a casa di Annika non succede niente di simile. Papà
entra nella camera e si illumina di un sorriso che non gli ho mai visto
addosso. Sembra
luccicare da solo. -Andrea,
sei davvero… ehm… a Bill verrà un infarto- commenta non sbilanciandosi più di
tanto. Si affianca a mia madre e le passa un braccio sulle spalle sorridendo. -Non
è davvero splendida?- cinguetta mia madre con le mani intrecciate tra di loro,
all’altezza del cuore. Faccio
una mezza giravolta come per farmi ammirare da loro e sorrido. -Matt,
tesoro, vai a prendere la macchinetta fotografica!- ordina mia madre a mio
fratello. -Ma
mamma…- si lamenta la vocina di quella pulce –Sto guardando Watten Das- La
voce di Michelle Hunziker viene dal salotto. Sorrido
divertita mentre noto Rosalie posare delle cose nella sua valigetta da
estetista. -Matt,
non mi far ripetere quello che ho detto ok?- tuona mia madre –Vieni
immediatamente qui e porta la macchinetta fotografica- Sento
la Tv spegnersi
con un’imprecazione sussurrata da Matt. -Ti
ho sentito!- urla mia madre –E dopo facciamo i conti!- -‘Dea,
sei bellittima!- Kevin, barcollando come il suo solito, sposta le gambe dei
miei genitori e mi corre, goffamente, incontro allungando le manine. Il
suo complimento accennato mi colpisce più degli altri. Lo
prendo in braccio per potermi specchiare nei suoi occhioni azzurri enormi e
sorridere mentre lui mi passa una manina tozza sulla guancia per poi ridere
divertito. -Grazie
tesoro!- dico stampando un bacio sulla sua guancia e lasciando,
inevitabilmente, un segno rosso su di esse. Kevin
ride ancora e la sua manina tozza si posa sulla guancia per poi abbassare lo
sguardo sorridendo. Quando
riposa lo sguardo su di me sembra poco più serio –Sposci Bill?- Ridacchio. È
così straordinario come i bambini pensino che le persone si sposino tutti i
giorni. Kevin, il giorno che Bill riportò a casa da scuola, mi disse, tirandomi
per la maglietta, che doveva decidere cosa mettersi al mio matrimonio con Bill. Avevo
riso, ma Kevin era serissimo. Com’è
adorabile il mio fratellino. Scuoto
la testa –No piccolo, come potrei sposarmi senza di te che mi fai da
damigello?- chiedo. Lui
sorride –Avevo paua che tu ti sposciavi e non mi invitavi- trilla –Ti voglio bene ‘Didi- Me
lo spupazzo per bene. Adoro
Kevin, è decisamente più adorabile del mio “amato” fratellino Matt. Che,
tra l’altro, sta sbuffando mentre porta la macchinetta fotografica a mamma. -Andrea,
tesoro, fai una foto con Kevin- mi ordina mia madre puntando la digitale verso
di noi. Sorrido
e poso un leggero bacio sulla guancia di Kevin che, a sua volta, si mette una
mano sulla guancia e sorride allargando di poco i suoi già enormi occhioni blu. Kevin,
da grande, sarà un gran fico, io e mamma lo diciamo sempre. Biondo,
quasi platinato, con due occhioni che sembrano fari turchesi nella notte, la
pelle chiara e l’espressione dolce che solo un bambino può avere. Tra tutti i
Linke, ne sono certa, lui è il bambino più bello. Lo
faccio scendere dalle mie braccia e corre verso mamma che mi scatta una foto da
sola. Sorrido
appena mentre il flash mi inonda. Poi,
come immaginavo, mia madre prende la situazione in pugno trasformando la mia
camera in un set per uno Shoot fotografico. Scuoto
la testa ridendo quando mamma ordina anche a Rosalie di fare una foto. Anche
Matt viene preso dall’euforia di essere fotografato e mi si mette vicino manco
fossimo io e lui a dover annunciare un fidanzamento ufficiale. Mi
piace l’euforia della mia famiglia, è dannatamente contagiosa. Anche
l’algida Rosalie scoppia a ridere alla facce buffe di mio fratello mentre papà
fotografa. Poi
arriva l’inevitabile. -Perché
non fai salire Bill prima di andare?- Ecco,
mi sembrava strano che mia madre non avesse fatto la fatidica proposta. So
quanto lei ci tiene a Bill, quasi lo venera, ma… Oh,
non posso correre il rischio di farlo ritardare per la chiacchiera di mia
madre. -No-
rispondo secca. Non
bisogna mai tergiversare con lei. Lei
mi guarda sorpresa –Perché?- -Ma,
ragiona, non c’è solo lui, ci sono anche quelli della sua Band!- -E
qual è il problema?- trilla mia madre –Tom già lo conosciamo, sarei felice
anche di conoscere…- -Mamma,
davvero, non è il caso di far ritardare i Tokio Hotel a una festa della
Universal per spettegolare un po’ con loro- dico sinceramente –Bill verrà
sicuramente a trovarti mamma, lo sai che ti adora, ma, ti prego, non stasera- Lei
mi guarda intensamente –Ma se chiedessi a lui…- -No,
mamma, davvero, dico sul serio- prendo in mano la situazione, sono sicura che
mia madre, se assecondata, non mollerà la presa finchè Bill non sarà salito
rovinando i piani a metà Universal. Non
voglio assolutamente che Eleonore Linke sia la causa della festa rovinate di
una potente casa discografica come la Universal. Lei
annuisce, delusa, e poi mi sorride –Almeno posso salutarlo?- Oddio,
sembra esserne innamorata lei. Annuisco
–Ma dalla finestra eh!- Lei
ride e si affretta a tornare ai fornelli –Come vuoi tu tesoro mio!- poi rivolge
uno sguardo a Rosalie –Vuole rimanere anche lei qui a cena? Tanto abbiamo il
posto di Andrea libero!- * Sono
sicura che la lunga e lucida limousine nera che si è fermata sotto un anonimo
condominio di Sankt Pauli non è passata certo inosservata. Per
una volta, però, non ho paura dei paparazzi. Scendo
le scale con lentezza, causa tacchi dodici ai piedi, e cerco di tranquillizzare
il battito del mio cuore. Il
momento è appena arrivato. E
sono totalmente nel panico. Scendo
l’ultimo scalino e mi ritrovo davanti un’accigliata e interessata Annette che
alla porta osserva una figura che non può passare davvero inosservata. Non
è entrata, mi aspetta fuori dal portone con le braccia conserte e il classico
sorriso da infarto. Bill. Non
lo avevo mai visto così tanto elegante. Classici pantaloni di pelle attillati
che si infilano in un paio di stivaletti di pelle che gli danno l’aria da
rocker che si porta dietro sempre. Una t-shirt scollata si intravede da sotto
un gilet nero perlato con delle strisce bianche sulle maniche. I
capelli sono finemente acconciati dallo stile leggermente alla Elvis, gli occhi
truccati in modo più leggero del solito ma, allo stesso tempo più profondi e
penetranti del solito. La giacca è abbottona a un solo bottone sopra l’ombelico
per fornirgli un’aria decisamente più elegante. Noto
una catenella d’acciaio scendere lungo il collo andandosi a nascondere sotto la
maglietta. Si
mette ritto e mi sorride ancora mentre mi avvicino a lui, timida. Ho
paura che tutto il lavoro che ho fatto non sia riuscito ad eguagliare la
bellezza di quel ragazzo dall’aria aliena. Saluto
Annette distrattamente mentre Bill mi porge una mano che accetto volentieri e
mi accompagna fuori, chiudendo la porta. Mi
sfiora il fianco con la mano e sorrido in sua direzione –Sei bellissimo- mi
lascio sfuggire. Bill
mi sorride, posa un leggero bacio sulla mia guancia, e saluta concitato
qualcuno. I
miei genitori al piano di sopra che ci guardano dalla finestra. Matt si sta
sbracciando per attirare l’attenzione del mio ragazzo. Che scemo! Saluto
anche io mentre un bodyguard, enorme e decisamente spaventoso, ci apre il
portellone della lucente limousine facendoci salire. Bill
mi passa una mano sulla schiena e mi accarezza incitandomi a salire. Nel mentre
sto per varcare la porta sento la sua bocca vicino al mio orecchio –Tu sei
stupenda questa sera- Mi
sento rabbrividire mentre la mano di Bill mi accarezza la schiena sfiorandomi
anche, di poco, il sedere. Se
non la finisce gli salto addosso davanti a tutti. Sento,
infatti, il chiacchiericcio concitato venire dall’interno dell’enorme vettura. La
voce che fa da padrone è quella di Tom. Stanno
discutendo su qualche partita di basket disputata nell’anno in cui sono nata e
che ha avuto ripercussioni su un’altra partita disputata la domenica
precedente. -Ma
sta zitto Hobbit, lo sappiamo tutti che tu di basket non capisci un cazzo!-
esclama divertito Tom. Bill
mi spinge dentro e posso finalmente ammirare l’interno di quella limousine. I
sedili di pelle nera, il minibar alla destra del portellone, alcuni schermi a
plasma disseminati per il rivestimento di pelle nera, il tettuccio luccicava di
lucine rosse in tinta con l’interno del minibar. Era
davvero una cosa impensabile. Bill
entra dietro di me e il portellone si chiude attirando l’attenzione dei tre
seduti sul lungo divanetto nero. Dalla
destra posso notare Gustav, quel ragazzo simpatico che ho conosciuto quando
sono andata a studio da Tom, con i classici occhialoni e l’aria bonaria. Ha
dei semplici blu jeans addosso, una camicia nera aperta fin sotto al petto a maniche corte che mostra
una canottiera aderente. Ai piedi delle normali sneakers nere come la camicia. Al
suo fianco c’è un ragazzo che ho visto solo nelle foto del gruppo. Muscoloso,
più tonico del primo, con un viso da bullo ma con l’aria buffa e dei lunghi
capelli, magistralmente piastrati, castani-rossicci. Indossa
una magliettina fina grigia che mostra il petto grande e allenato, le maniche
ritirare sui bicipiti ne mostrano la consistenza. Bel
fisico, non c’è che dire. Dei jeans neri fasciano le gambe magre e calza delle
sneakers nere. Per
ultimo noto Tom, elegante come solo uno come lui può essere. Dei
jeans non troppo larghi, strappati in più punti, specialmente sulle cosce.
T-shirt bianca e una strana giacca dallo stile marinaio blu aperta che,
sicuramente, lo rende elegante. Qui
c’è lo zampino di Annika, e ricordo lo sclero di Tom dopo il loro mezzo
appuntamento per lo shopping. -Ciao
Andrea- trilla Tom appena mi vede. Sorrido
e mi piego per salutarlo con un semplice bacio sulla guancia. Bill
mi da una leggera spinta e si va a sedere facendomi segno di sedermi sulle sue
ginocchia. Eseguo
la sua richiesta e mi siedo sulle sue gambe e sento una sua mano serrarsi sul
mio fianco e accarezzarmi la coscia. A quel tocco mi ci sono abituata. -Andy
ti presento Gustav e Georg!- mi dice Bill sorridendo. Allungo
la mano verso il castano e la stringo, è davvero enorme e grande –Andrea,
piacere- -Georg-
risponde cordiale il ragazzo. -Noi
già ci conosciamo- esordisce Gustav alzando una mano –Ciao Andrea- -Ciao
Gustav- lo saluto sorridendo, per poi posare lo sguardo su Bill che mi sorride
–Tu non mi hai ancora salutata!- Metto
su il broncio e lui ridacchia allungando una mano e accarezzandomi la guancia
–Non pensi che i tuoi genitori abbiano visto troppo eh?- mi domanda sorridendo
sornione per posare un semplice bacio a stampo sulle mie labbra. -Sai
che non ti direbbero nulla!- esclamo. -Ha
ragione- mi appoggia Tom –Sua madre ha una mega cotta per te Bill, una cosa da
non credere, ti adora- Georg
scoppia a ridere –Non è scappata urlando e chiedendo un’esorcista per la
figlia?- Mi
scappa da ridere mentre Bill alza un dito medio. -Quindi
già Bill entra in casa come se fosse di famiglia?- chiede Gustav interessato
–Di solito i genitori bandiscono a priori Bill perché sembra appena uscito da
una ferramenta- -Quanto
siete divertenti questa sera- commenta sarcastico Bill –Lo vedete come sto
ridendo?- Tom,
al mio fianco, ride senza reggersi. C’è
un’atmosfera diversa da quello che credevo. Nonostante
sia in una limousine con un gruppo famoso al livello planetario mi sembrano dei
ragazzi… normali. Conoscendo
il rapporto tra me e Annika so che, lo sfottersi a vicenda, è un segno
d’affetto. Più
uno riconosce e convive con i difetti degli altri, più si accresce l’affetto. Loro
quattro sembrano averlo capito. Poso
la testa sulla spalla di Bill che strofina, appena, la testa contro i miei
capelli. Sento
il suo calore inebriarmi e sospiro appagata. -Che
sono dolci- sospira Georg. -Oh
Hobbit, vedo che finalmente le tue palle sono scappate, bene- ride Tom –Sapevo
che dopo che quella troia della tua ex ti aveva lasciato hai scavalcato il
fiume e sei finito sull’altra sponda-
inclina la testa –Dopo Andrea sarò felice di conoscere anche il tuo
nuovo compagno!- dice sottolineando il maschile. Tutte
le persone nell’abitacolo (compreso l’autista) scoppiano a ridere. Bill
sogghigna e mi accarezza una guancia avvicinando il viso al mio e annullando,
finalmente, la distanza tra le nostre bocce. Le
dischiudo automaticamente e lascia che la lingua, compresa di piercing, entri
tra le mie labbra e mi accarezzi il palato. Rispondo
di buon grado iniziando a mordere le sue labbra con profondità. Più
che un bacio di saluto mi sembra l’inizio di una nostra pomiciata. Lo
sbuffo di Tom mi fa capire che è così. -Ohhh-
squittisce Georg –Vedere Bill che bacia una ragazza mi fa ancora effetto!- Gustav
gli tira un coppino che fa mandare un rantolo di dolore da parte del bassista. -Adesso
non la smettono più!- annuncia Tom sconsolato –Andiamo a casa Stern adesso!-
aggiunge lui. Non
lo sento nemmeno, la lingua di Bill è l’unica cosa che mi interessa in questo
momento. E
nella passione del momento intreccio la mia mano alla sua, infondendo la
dolcezza in un momento di fuoco. Che
la serata abbia inizio!
La la la la, la la la la
I can la la la la la la
I wanna wanna wanna get get get what I want, don’t stop.
Gimme,
gimme, gimme whatcha got got
Cuz I can’t wait wait wait any more more.
Cuz right now you’re the only thing that’s making any sense to me
And I don’t give a damn what they say or what they think, think.
Cuz you’re the only one who’s on my mind.*
I’ll never ever let you leave me
I’ll try to stop time forever
Never wanna hear you say goodbye.*
That I just can’t resist you
It’s not enough to say that I miss you.
I feel so untouched right now, need you so much somehow
I can’t forget you
Goin’ crazy from the moment I met you.
And I need you so much
See you, breathe you
I want to be you
*Non è abbastanza dire che mi manchi.
*Mi sento così intatta ora.
Ho così bisogno di te.
*Non posso dimenticarti.
Sto impazzendo dal momento in cui ti ho conosciuto.
Vederti, respirarti, voglio essere te.
To live live the way you gotta gotta live your life
Give me, give me, give me all of you*
Don’t be scared, of seeing through the loneliness.
I want it more more more
Don’t even think about what’s right or wrong or wrong or right
Cuz in the end it’s only you and me
And no one else is going to be around
To answer all the questions left behind
And you and I are meant to be
You still got me to hold you up up
And I would never let you down down
Paradossalmente
sento crescere dentro di me la voglia di ruotare la chiave nella serratura
della porta e non uscire più da questa stanza.
Non aver paura.
Perché alla fine siamo solo io e te e non c’è nessuno in giro per rispondere
alle domande rimaste.