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Autore: Suru_chan    03/02/2008    9 recensioni
‘Gli incoscienti, cammineranno su di un telo di seta rossa, su di un tappeto di sangue e fuoco.’ La storia di ragazzi, che intrecciarono il loro percorso, per caso. Si ritrovarono legati, congiunti dalla speranza. Un'associazione, la cospirazione che li costrinse a fuggire, a scappare dalla loro famiglia, dalla loro città. Li avrebbe portati lontano, ricondotti verso il tramonto che avevano sempre cercato. Un tramonto che spezzerà i fili delle vite, interrompendo i battiti del loro cuore. Ragazzi che percorrono la loro vita sfrecciando tra l'asfalto, ascoltando il rombo del motore delle kawasaki. Percepiscono solo l'adrenalina, la libertà che li percorre mentre premono il grilletto, mentre fuggono al destino. Il virus VMN3 li porterà ad amare ed a fuggire da coloro che illegalmente effetuano esperimenti su corpi umani, li trasfomano in bambole senz'anima. Passerà il tempo e si consemerà la speranza. Arriverà solo il Silenzio, dopo i baci dell'amato. La pura testimonianza dell’assenza. La sensazione di deteriore e soffocante fumo. All'ora, la sigaretta si consumava, lentamente, erosa da questo reo tempo. Fanfiction di Suru_chan - Sofia( autrice di neko-girl) e Tayuya - Noemi( membro della triade). Coppie certe: NaruHina(principale) e SasuSaku e forse alcune yaoi scritte dalla mitica e unica Noemiiii!!!( applausiii!! XD). Baci dalle autrici.
Genere: Romantico, Dark, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hinata Hyuuga, Itachi, Altri, Naruto Uzumaki, Neji Hyuuga
Note: Alternate Universe (AU), OOC, Lemon, What if? (E se ...) | Avvertimenti: Contenuti forti
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Disperdersi in una tela ff cn Sofi 2

Alba Di Morte

 

 

Caro mi è ‘l sonno, e più l’essere di sasso

Mentre che il danno e la vergogna dura:

non veder, non sentir, m’è gran ventura;

Però non mi destar; deh, parla basso

 

Michelangelo Buonarroti

 

 

 

Vi siete mai chiesti quale sia la forza che lega la vita di ognuno? Qual’ è l’ infante dettaglio che cambia il corso di un filato centenario?

C’è un filo che lega ogni futuro, ogni presente ed ogni passato. E’ un filo flebile, un refe dove le anime si sostengono in equilibrio precario, sollevate solo dalla speranza.

Esiste una tela, una larga evoluzione del tempo, che percorre milioni di corpi e ne stabilisce il percorso, come marionette.

E capita, che certe volte, un filamento si spezzi, ceda prima di terminare il proprio cammino. Allora un’anima cade, precipita nel buio, inseguita dagli sguardi memori della gente che continua il suo cammino, con risentimento, provando una tremenda apprensione ed avvicinandosi sempre più alla morte, al termine di tutto.

Può succedere, che poi qualcosa cambi all’improvviso. Avvenga uno sbaglio o forse un mutamento premeditato. Allora pensi di aver cambiato il tuo percorso, ed invece sei stato solo illuso. Perché anche quella falsificazione non è avvenuta per caso.

Ogni cosa è al suo posto e lo sarà sempre. Tutto è amplificato nel limbo della vita.

Ma osserva attentamente, ti chiedo solo questo. Osserva ogni gestualità, ogni dislocamento di movenza. E allora capirai, cosa è vero e cosa No. Potrai intendere l’attimo sfuggente in cui tutto è cambiato.

Ti chiedo solo questo, mio piccolo fiore del destino.

 

 

“Il sonno ti è caro. Ogni sera ne dipendi come fosse aria. Ma non sai, che quella notte, il sonno si trasformò in eterno, per sempre addormentata, come una principessa in una favola…”

E in quel momento ti arriverà lontano, l’eco di queste parole. Non ne capirai il significato, perché questo uscirà per sempre dalla tua vita.

Poiché finalmente…                                                                                                       …Sei Sveglio.

 

 

Una strada macchiata, mille tracce di sangue nel futuro.

Vedeva solo questo. Un presente ed una storia vermigli.

Solo malattia e persecuzione. Mutazioni e distruzione.

Tanto, tanto dolore.

 Le veniva da piangere, pensando a quanto poteva cambiare, per un istante, il mondo.

Camminava sotto piante ormai morte, su di un terreno carminio. Le faceva effetto. Un gioco troppo potente di colori e sfumature, che le ricordavano il sangue, la morte.

C’è chi crede che la morte possa far riappacificare l’anima. In letteratura la chiamavano morte serenatrice. Poiché tutto finisce. Solo allora si trova la pace, quando anche l’anima si acquieta.

Il vento la trasportava verso un sentiero arrossato. Le faceva da guida con le sue parole. Le sembrava che parlasse, il vento freddo. Le dava i brividi. Gli ricordava un po’ suo cugino. Distaccato, falso, ipocrita.

Neji… solo un pupazzo senz’anima. Non lo vedeva ormai da molto tempo. Non si era più fatto vedere dal giorno in cui aveva compiuto 17 anni. Il clan Hyuga sapeva  solo che Neji lentamente prosciugava il conto di famiglia, quello che suo padre gli aveva lasciato in eredità. Nessuno però si era più interessato a lui. Una volta scomparso, la sua stanza era rimasta chiusa, da quel giorno.

La polvere vi ricadeva, come teli di dimenticanza.

Si faceva finta che non esistesse più. Come quelle cose mezze dimenticate, che si vogliono dimenticare. Qualcosa che doveva essere dimenticato. In ogni modo.

Hinata Hyuga, era l’unica che ancora sperava, e ancora voleva il ritorno del cugino.

Osservava le foto di quando erano piccoli.

Lui aveva imparato ad amarla, questa piccola donna senza futuro.

‘Neji, segui i suoi pensieri, osserva i suoi occhi. Vedrai, che sono come i tuoi.’ aveva detto un giorno Hizashi al figlio. Pochi giorni dopo, Hizashi Hyuga era morto. Uomo di politica, ucciso da un traditore.

Da quel giorno Neji non era stato più lo stesso. Finché non se ne andò, in silenzio.

 

 

 

 

 

 

Passi, milioni di passi. Passi di gente che nemmeno si conosceva, di ragazzi che inaspettatamente non vivevano altro che per il proprio futuro. Erano incoscienti, inconsapevoli che al di fuori di quelle mura, di quel maestoso palazzo, stesse incendiando un sole macchiato. Ed era questo sole, che avrebbe macchiato il loro futuro. Erano così cechi, da non capire che il loro domani era già stato creato da quel sole nero, dalla lucida follia di pazzi uomini senz’anima.

‘Gli incoscienti, cammineranno su di un telo di seta rossa, su di un tappeto di sangue e fuoco.’ Ripeteva una canzone con insistenza. La canzone rievocata da una voce solitaria, chiara e fresca, come il vento invernale. Ricordava un po’ una bambina, nonostante la portatrice fosse ormai una donna.

Niente la staccava dalla visione dell’alba, tarda e andante, era la sua musa, una visone romantica troppo lontana da poter sfiorare.

Quel ritrovo tra bellezza eterna e fuoco ingente le ricordava un po’ la sua vita. Una indefinita macchia di colori. Quello era. Solo una macchia. Eppure era una macchia di incontestabile eleganza. Forse era per quel motivo che tanto la ispirava e la rinchiudeva, alla ricerca di sogni futuri. Era solo un’anima vagante, guidata dalla luce nera del primo crepuscolo.

Niente la distolse dalla larga veduta, niente fermò la sua ninna nanna del cielo. Continuò, anche dopo il suono della campanella. Non ebbe paura, si scordò del mondo, mentre il suo canto volgeva all’orizzonte, ne placava l’ira, lentamente, come un carillon polveroso che riprende la sua utilità dopo anni.

“ Sangue nel cielo, si dipinge indistinto.

Lacrime nell’ombra, gocce di pianto alla notte.

Cala il sonno…. Nasce una nuova speranza.

Ti prego stai con me… non lasciarmi mai più sola…

lascia che i miei baci diventino il tuo cammino e le mie parole i sussurri del tuo vento…

Seguilo, ti ricondurranno alle miei labbra… e allora non mi dirai mai più ADDIO…

Baciami e dimenticati di questa pioggia, dimenticati delle anime che si porta appresso,

dimentica gli spiriti, dimentica le stille.

Canterò ancora, ancora e ancora, per far si che tu possa dimenticare…

Blood in the sky, it depict faint.

Tears in the shadow, weep’s droppes in the night.

Lower sleeply, grow up a new hope.

Please, stay by me…never leave me alone…let that my kiss become your way

And my words a whisper in you wind…

Follow it, take back you to my lips… and you don’t say me farewell…

Kiss me and forget about this rain, forget the soul that it carry near,

Forget the spirit, forget the tears.

I still sing more and again, for do way that you can forget…”

Si disperò, la voce che cantava. Urlava richiusa nella sua prigione, tentando di liberarsi.

Poi, all’improvviso, bloccò il suono della canzone, le note di una triste storia. Venne come sorpresa, illuminata da un rimpianto. Allora si allontanò dalla presa del tramonto, scappando.

Afferrò la cartella e fuggì verso la scuola.

Tentava di scappare dai sogni, la piccola donna. Volle liberarsi da un legame troppo forte ed allora corre, corre lontano, dispersa tra la nebbia dell’esistenza.

Suru Ai. La ragazza senza futuro.

 

 

Il pesante suono dei propri piedi che ricadono a terra, nel corridoio scolastico. Solo l’ombra di un corpo, la schiva traccia di una presenza.

Camminava lenta, un’altra ragazza senza futuro.

E non corse, non sapeva nemmeno quale fosse la sua destinazione. Perché mai si trovava lì, non ne aveva cognizione nemmeno lei.

Aveva sempre pensato che non  le servisse a niente, andare a scuola. Le cose che bisognava imparare erano quelle che si vivono in prima persona. Capiva più nei giorni in cui marinava che quando stata in quel lurido posto. Odia lo scintillante pavimento, abomina gli esigenti professori, ed esecra le oscillanti divise femminili. Dannata gonna. Le sembra di assomigliare più che mai ad un uovo di pasqua. Oppure a una lolita. Non sa nemmeno quale sia peggio.

 Passo dopo passo, non lascerà che l’ astruso odore di fresco papavero per la sua strada. Si sentirà solo quello, ed anche il suono dei suoi passi appassirà, scomparendo nell’eco.

-Chiunque metta piede in questi luoghi, sarà destinato a scomparire nella memoria.

Passeranno gli anni, e con questi le persone.

Ed allora nessuno più si ricorderà di quel gotico aroma di fiore.-


Nawaki No Yukari. Il nome di un altro corpo senz’anima, di un altro destino divorato.

 

Cercando la sua classe, Nawaki vide un’altra ragazza per i corridoi. Si accorse di quanto i suoi occhi fossero dispersi in sogni invisibili. Di quanto fosse profonda la sua tristezza.

La osservò, attentamente. Possedeva occhi intenti, incarnati. Il loro colore era cavo, indistinto. Racchiudeva la potenza della terra, delle piante, verdi, come un’edera che si incastra, ma anche scivolosi e struggenti, come lo scrosciare di un torrente. Un colore che brillava, che mutava i caratteri sotto la carezza di un sole rosso.

Verde acqua.

Le ricordavano un po’ i suoi. Tristi e distanti, eppure ricercavano speranza. Ne avevano più di quanta ne avesse lei, ma di malinconia, ce ne era fin troppa, per entrambe.

Camminava ondeggiando. Nawaki la vedeva, come tentennasse nella realtà, nel soffice filo che la divideva dalla morte. Era impaurita, impaurita da tanta ipocrisia.

Muoveva la chioma, ad ogni passo. Liscia e castana. Le ricordava la potenza degli alberi.

Non abbandonò mai il suo sguardo verso l’altra ragazza. La interpretava in ogni intima gestualità. Una peculiarità perfetta.

Non si rese nemmeno conto che anche l’altra la stava osservando, con la curiosità che non si era mai permessa di provare.

Entrambe riuscirono a percepirlo, l’attimo in cui i loro occhi si scontrarono e capovolsero il percorso della tela.

Si videro riflesse. Le loro iridi, riverberate nelle pupille dell’altra, si combattevano, eppure era come se fossero già state legate.

Nawaki si sentì fuori posto. Come se stesse violando un principio, una legge invisibile.

Cambio visuale, allontanando le sue iridi da quelle dell’altra.

Entrambe ritornarono al loro percorso, come se il loro gioco non fosse esistito, anche se per un attimo, ad entrambe, sembrò tutto solo un gioco.

Capirono solo dopo, quanto fosse crudo il destino. Non un gioco, no di certo. Solamente un piccolo intreccio di vite, correlato da attimi e istanti perfetti e invisibili, che potevano cambiare la forma di mille tessuti.

 

 

 

 

 

 

- Gommenasai professore. Ho saputo che domani ci saranno le prove a coppie tra le classi di prima.-

Una voce sublime, l’elegante evolvere di un suono. Sensuale e delicato, maturo e innocente.

Un timbro che proveniva da labbra sottili, rosee e voluminose. Peccavano a ogni movimento.

-Sì signorina Hyuga, e allora?-

Hinata Hyuga. Occhi glaciali che assistevano assiduamente al ripetersi di sbagli, allo spreco di mille vite.

Si sfiorò nervosamente la fluente chioma fosca con i polpastrelli in un visibile attimo di in soggezione e pentimento. La vergogna le si stampò in viso, stridendo con la carnagione albina.

- Vorrei chiederle se fosse possibile assistere alla lezione…- tentennò, attendendo una risposta. Il professore di musica la osservò incuriosito, chiedendosi cosa stesse pensando quella ragazzina passionale.

- E quale sarebbe il motivo della scelta, se posso chiederlo, signorina Hyuga?-  Hinata ricambiò lo sguardo, sorridendo dolcemente. Le sembrò un buon modo per iniziare.

- Voglio formare una band.- sostenne decretata- Magari riuscirò a trovare qualcuno di talentuoso.- bisbigliò appena con l’emozione che le mutava il timbro.

-Capisco. La giustificherò io con il professore di quella ora. Venga domani alla prima ora nella classe 1-B. E buona fortuna.- il professore riprese a camminare indifferente verso il corridoio. Hinata lo osservò dirigersi verso l’androne, con il cuore che sobbalzava.

- Domo Kakashi-sensei. - biascicò sorridente mentre si dirigeva verso la prossima aula.

 

 

 

Nawaki pensò, quella mattina.

Pensò a quanto fosse ironica la vita. Non aveva mai aperto un libro in vita sua eppure riusciva a ricordare tutto. In fondo era sollevata da questo, poiché l' ultima cosa che doveva accadere era essere bocciata. Bastava un errore, che i suoi genitori le avrebbero portato via l’unica cosa che la salvava dal baratro. La sua musica. La sua chitarra, i suoi assoli.

Era un’eccellente chitarrista, ma nessuno lo sapeva.

Non aveva amici. Era troppo distaccata e fredda. O almeno questo era quello che gli altri vedevano in lei.
Guardò fuori. Si intravedeva ancora l' alba, quell' alba rossa come il sangue. Meravigliosa nel suo nascere.
Eppure lei preferiva il tramonto. L’istinto le diceva questo.

La fine di un giorno, ma l' inizio di qualcosa di nuovo. La speranza che muore per poi rinascere, ritornare a sperare.
Nessuno era mai riuscito a farle cambiare idea, nessuno.

 

 

La campanella suonò per la terza volta quella mattina. Erano passate ormai un paio d’ore.

Suru entrò nell’aula velocemente, sedendosi in uno dei banchi vicini alla finestra, come le era sempre piaciuto.

Non si accorse delle persone che la circondavano, se ne stava sulle sue, ad osservare le foglie cadere, imbrigliarsi al vento, colorare l’aria di carminio. Le vedeva così, come un’aspirale di sangue, mille schizzi di smania.

Entrò anche il professore e l’idillio cessò. Il sangue smise di sgorgare e Suru tornò nella gabbia, come una fenice imprigionata.

 Musica.

Un’arte descritta su carta con mille note a pentagramma. Un’espressione di assoluto sentimento, il tramite di sentimenti, la parola inquieta di un cuore.

Le sembrava ogni volta di ascoltarla, la voce delle note. Lei era il loro tramite, l’interprete. Forse era per questo che le piaceva. La faceva sentire importante, necessaria per una volta nella sua vita.

Ogni volta era una nuova emozione, le veniva quasi sempre da piangere. Era stupido, lo sapeva, ma non poteva farne a meno.

 

La lezione procedette velocemente, più di quanto si aspettasse.  Per un attimo si udì un lembo di silenzio, fin quando il professore non riprese a parlare, con la sua voce rombante da baritono.

- Per la prossima volta, voglio che prepariate un pezzo.-

Un colpo, il cuore che rimbalzava nel petto. Non aveva mai cantato davanti a qualcuno che non fosse se stessa. Suru si sentì un difetto, una bambola imperfetta, vuota e mancante.

Deficiente.

 

- Vi metterò a coppie. Solista e musicista. Cercherò di non lasciare lagune d’ abilità tra gli abbinamenti. Sarete affiancati da persone del vostro stesso livello. Vi verrà assegnato anche un testo alle vostre portate.-

Si sentì un nodo in gola, mentre nella stanza il suono alleviato degli schiamazzi di ripresentava ad eco da ogni angolo dell’aula.

Non si sentiva bene, eppure Suru non poté fare a meno di provare una strana sollecitazione allo stomaco, come se l’idea di mostrarsi non fosse così deteriore.

- Le coppie saranno:

Sakamo, Hikari.

Itsumisai, Naikai.

Maita, Taiku.

Ai, No Yukari.

Takeno, Yukiro.

…..-

La voce continuava, ma per Suru il tempo si era fermato. Come se non percepisse nient’altro, solo il silenzio.

Si girò, alla disperata ricerca della ragazza o del ragazzo a cui poteva appartenere il cognome No Yukari.

Chissà.

 

 

 

 

 

 

-Hinata, per domani hai chiesto al professor Takashi di assistere a quella lezione?- domandò assorta Sakura.

Hinata le sorrise, annuendo pensierosa. Le sembrò una stupidaggine, ma in quel momento era l’idea più geniale che le fosse venuta in mente.

-Vedrai che troveremo qualcuno di talentuoso.- aggiunse soddisfatta, deponendo la bibita all’arancia nel cestino.

- Mah… io non ne sono molto sicura Hinata-chan. Secondo me è una perdita di tempo. I ragazzi di prima non sono molto… intelligenti.-  Sakura corrugò la fronte, mutando il volto in una smorfia di risentimento.

Per un momento si udì solo il suono della cannuccia della rosa che sfregava nel fondo esaurito del succo.

A Hinata quel rumore dava i brividi.

- Guarda che hai solo un anno in più di loro.- sorrise, osservando gli occhi smeraldini dell’amica.

L’altra sbuffò, continuando a strofinare la cannuccia nella plastica della bottiglia.

Non parlarono più, non avevano mai niente da dirsi. Era due anime contrapposte, ma aveva un solo sogno.

Sakura Haruno, batteria.

Hinata Hyuuga, basso.

Entrambe, due corpi senz’anima.

 

 

 

Passi, rumori, parole.
Un ragazzo stava passando per il corridoio, un altro corpo senza anima.
Le ragazze erano tutte attratte da lui, ma a lui non importava, aveva già regalato il suo cuore.
Il suo sguardo gelido, non si lasciava sottomettere, era così nero che nessuno riusciva a intenderlo, così nascosto e perduto. Sprovvisto di ogni sentimento.
Diede un' occhiata veloce alle persone che aveva accanto, una presenza a cui ormai era abituato.

Il suo sguardo si fermò sulla stessa persona che si era impossessata di lui.
I suoi occhi neri pece si scontrarono con quel verde smeraldo, un gioco di sguardi, semplice, veloce.

 

Triste.

Un gioco di anime in cui anche il cuore partecipava, in un incontro tra possessione e proibito.
Il rumore assordante della campanella fece distaccare i due sguardi per andare nelle proprie aule.
Sasuke pensò a quanto la vita fosse strana, sapeva che non c' era posto nel mondo per uno come lui, ma non capiva il perchè vivesse.
Non aveva sentimento, se non per lei.

Le sue armi erano le sue uniche consolazioni. A lui piaceva divorare, inghiottire l’anima di quella ragazza e difendere la propria.
Non capiva a cosa servisse andare a scuola, odiava quel posto, odiava le ragazze che gli andavano dietro. Tutte tranne una. Lei.
Guardò fuori, si intravedeva ancora quel cielo rosso, rosso alba, la cosa che odiava di più. Luce e rinascita. Tutte parole senza senso per la sua mente.
Per Sasuke la vita non era semplice, aveva preferito buttarla via, rimanere un burattino che cammina attraverso i fili della vita.
Perchè Sasuke voleva morire. E lo avrebbe fatto, se non fosse stato per Lei.

Lei. Sakura Haruno. Una ragazza e la sua triste storia di un amore indefinito, che il destino lasciava pendolare nel vuoto, trascinando nei baratri più oscuri la speranza.

Lei, ormai, non era più viva. Soffriva un’esistenza con Lui. Soffriva la vita e tutto quello che aveva da dare.

Era tutto così inutile…

 

Persino il suo cuore…

 

 

Silenzio. La pura testimonianza dell’assenza.

L’aria contagiata, la sensazione di deteriore e soffocante fumo.

La sigaretta si consumava, lentamente.

Se la portò alla bocca, aspirando violentemente la nicotina malfatta. Gli lasciò putridità e amaro in bocca, nonostante fosse anche maledettamente vizioso.

Le persiane erano chiuse, appena un lembo di luce che lasciava presagire mattino. Si avvertiva più potente, la sensazione di soffocamento di quella stanza.

Tutti poteva odorare, tutti sentivano e catturavano quell’impregnante aroma di sangue e fumo che affliggeva le tende malmesse e il divano sfondato. Il fumo non era che una decorazione, l’abbinamento alla morte che alloggiava in quella stanza e che radicalmente si consumava, come la nicotina di quella sigaretta.

Un’altra tirata, goduta a pieno, prima di sbattere la sigaretta contro il posacenere.

Si alzò, la figura scolpita nel vuoto, tra la nube di infestante fumo.

Lasciò i capelli scivolargli nelle spalle, virtuosamente. Li lasciò dondolare durante il suo percorso nel corridoio.

Camminò, accendendo un’altra sigaretta.

Indirizzò un sentiero di morte.

Si sentii le vertigini, ma riprese la sua strada tra il parquet rigato e le pareti malmesse.

Così putride e imbevute di sangue, che gli facevano venire la nausea.

Si precipitò in bagno, sbattendo la porta con violenza e iniziando a vomitare.

Era sempre così. I suoi occhi riuscivano sempre a percepire la chiazza di salmastro e putrido che si estendeva in tutto l’appartamento.

Insopportabile.

Era ancora piegato in due, quando qualcuno si appoggiò allo stipite, spalancando la porta e portando con sé una gotica e nauseante esalazione di fumo. Fumo che sapeva di canna e vodka.

-Inizio sinceramente a credere che tu sia una donna, Neji…- il ragazzo aspirò ancora una volta dal sigaro, gustandosi a pieno il sapore della morte, del suo futuro andante.- Dai, a me puoi dirlo. Chi è il padre?-

La pungente ironia di quella parola rimaneva sospesa nel vuoto, trasportata solo dal campo esotico di miasma e nebbia, agguantando la pelle di  Neji come mordendola. Lo rendeva più lurido di quanto non fosse già.

Neji si asciugò le labbra turgide con le maniche del kimono malmesso. Emise un ghigno contro l’amico, osservando con più disprezzo che poteva.

- Fottiti Itachi.-

- Oohh…Che parolone per una donzella. Non le hanno insegnato l’etichetta, signorina?- lo scherno si dipinse sulle labbra turgide del ragazzo. Capì quanto fosse indesiderato.

Rise di pieno gusto, anche quando Neji lo sbattè al muro, superandolo con velocità.

Poi tornò serio, scostando i capelli dal volto pallido.

- Non puoi scappare a lungo, Neji. Potrebbe essere qualcosa di grave, e tu lo sai. Non possiamo permetterci di perdere qualcun altro. Pensaci.-

Neji si fermò, continuando a dare le spalle ad Itachi. Era come se non volesse guardare in faccia la realtà, almeno non ancora.

-E comunque che cosa potrei fare? Tornare a casa e chiedere aiuto?- gli sfuggì una risata di smania.- Non servirebbe a niente. Chi se ne fotte di quello che accadrà, tanto succederà comunque, qualsiasi cosa io faccia.-

- Non pesi che potresti morire?-

Silenzio.

- Anche se capitasse, a chi importerebbe? A voi fottutissimi stronzi? Ragiona Itachi. Siamo il punto cieco di questa merda di società. Nemmeno i nostri familiari s’ interessano più a noi.-

Era risaputo che Neji non aveva di certo un carattere rosa e fiori. Duro e glaciale, come tutti in quel putrido luogo che odorava di sangue.

Riprese a camminare, prendendo il giubbotto.

- E ora dove vai?- domandò scocciato Itachi, aspirando un altro po’ di fumo.

- A fare una passeggiata.- si mosse verso la porta con freddezza e distacco.

-Ancora a fotterti qualcuno? Fra un po’ ti ritroverai con un figlio per le mani… io ti avverto. Rischi parecchio ad andare sempre nel solito posto. Poi fa quello che ti pare.- sospirò Itachi, dirigendosi dall’altra parte.

Neji se ne fregò. Continuò solo a camminare nella sua tela, da solo, come un esule senza futuro.

 

 

 

 

 

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Siiiii!! Siamo artisteeeeee!!! ) veramente in questo chap ho scritto + io…. =_= by sofy, alias Suru).

Ok ragazzo, siate equi. In tutta sincerità c’è gente a cui non è piaciuta affatto ( malfamatii!!! -.- nd noi) a causa del ritmo troppo lento e riflessivo. Eppure c’è stata gente ( come alcune mie compagne di classe… >.< nd Sofy) a cui è piaciuto un casino, e che se lo è anche scritto sul diario… vabbeh.. o qualcuno mente.. o qualcuno ci vuole boicottare… o dipende dai gusti… ( per me è la secondo… =______= nd Noe, alias Nawaki) ( secondo me il primo….ç.ç) ( il terzo lo escluderei. -.- nd noi contemporaneamente)

TUTTI IPOCRITI ED IFAMIIII!!! BAWAHAHAHAHAHAH!! NON LEGGERETE MAI IL CONTINUOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!!! BAWAHAHAHAHAH!

 

Voce al citofono:

Le autrici non sono responsabili di possibili esaurimenti. Questa fic non è adatta ai maggiori di 14 anni, per il contenuto troppo infantile. Può causare mal di testa, nevrastenia, suicidio, possibili attacchi isterici ed eventuali attacchi di omicidio verso le autrici.

Gli aggiornamenti verranno effettuati circa ogni.. non si sa cause scuola e impegni. Ma siate certi che non verrete abbandonati, la fic continuerà sempre e comunque.

Coppie: SEGRETE!!!! BWAHAHAHAHAHAHAHA!!!! *ç*- ma si capiscono…
  
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