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Autore: Natsuki Uzumaki    04/02/2008    3 recensioni
La storia mi è venuta in mente, leggendo un manga che parlava proprio della Witch Blade solo, che l'ho rimodernato con i pg di Devil May Cry!^^ Praticamente, tratta di tre ragazze che scoprono di non essere totalmente umane e, i tre albini, le aiuteranno ad accettare ciò che sono e tanto altro che non sto a dirvi e che scoprirete leggendo!^^
Genere: Triste, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Dante, Vergil
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Salve a tutti ragazzi

Salve a tutti ragazzi!^^
Eccomi di nuovo qui con una nuova ficcy, spero che vi piaccia!XD
Non vi anticipo nulla e vi lascio alla lettura!^^
Un beso!^*^



Prologo

Anno 1415; pieno Medioevo, quasi agli sgoccioli della guerra dei cent’anni che vede come protagoniste sui due fronti la Francia e l’Inghilterra, nemiche giurate da secoli; quella guerra, era la dimostrazione suprema del cattivo sangue e dell’insofferenza che le due grandi nazioni provavano l’una verso l’altra.
Nell’anno 1429, quattro giovani donne, chiesero udienza a Carlo VII, futuro re di Francia, proclamandosi emissari di un volere più grande. Due di esse, si proclamavano emissarie di Dio, una del demonio, ma redetta al bene e, l’ultima, era emissaria di entrambe le razze.
Alcuni teologi le interrogarono, costatando che la loro fede e, il loro credo, era forte e profondamente radicato, ma il futuro re di Francia, non fidandosi di loro, si mischiò ai teologi per verificare se quelle quattro campagnole dicessero il vero e così fu; le quattro lo riconobbero. Avvedutosi, Carlo, affidò il riscatto della Francia alle quattro ragazze, che avrebbero segnato, una svolta fondamentale della guerra.
Ma come si sa, il successo attira invidia e, la nobiltà, temendo che il loro prestigio fosse minato da quattro pastorelle lorenesi e per il fatto che le casse del nuovo re non potessero supportare ancora guerre e, il terrore che egli provava verso le quattro, che, si accentuò l’8 Maggio 1429, quando attaccarono Parigi; il re, non inviò le truppe promesse alle quattro donzelle che, stringendo comunque i denti, continuarono a combattere, con un manipolo di pochi e fidati uomini.
Tre di essi, erano secondi di fama alle quattro leggendarie; ma nessun documento riportava concretamente della loro esistenza, tanto che si pensi che erano solo dicerie del tempo, ma le dicerie, come la fantasia, ha sempre un fondo veritiero.

Tre ragazzi dagli albini capelli, due di essi, gemelli. In battaglia, dimostravano una forza sovraumana come anche la velocità. Mezzodemoni erano essi, amici d’infanzia delle quattro pulzelle d’Orléans.
La battaglia che si svolse a Compiègne, nel 1430, vicino a Parigi, segno il capitolar delle giovani emissarie.

Sangue, sangue e fuoco, voci di uomini che urlano e rumore di spade che si scontrano; groviglio di cadaveri a terra, sangue e fango che si mescolano, creando una maleodorante poltiglia, mentre corpi dei caduti vengono profanati dai compagni o dai nemici presi dalla lotta.
In tutto quel caos di corpi e rumor di ferraglia, quattro longilinee figure, fasciate da resistenti armature, opponevano strenua resistenza contro coloro che le attaccavano.
La prima di esse, corti capelli castani, che le carezzavano con delicatezza il volto, comprendo a sguardi indiscreti il destro occhi di smeraldo, di cui il sinistro era gemello; occhi che ricordavano i prati dell’Irlanda, viso ovale, dalle candida pelle chiara, nasino piccolo e bocca carnosa color pesca, invitante e seducente.
Occhi che scrutano i dintorni con perizia e nervosismo, fiato ansante, per via della lotto, sinuoso e prosperoso corpo coperto dall’armatura; armatura che presentava uno scollo abbastanza ampio, gli spallaccia come i bracciali, il petto, e il ginocchio; dalle protezioni sulle ginocchia, si allungava una striscia di metallo, che si legava dietro la vita della giovane, creando il batticulo, erano finemente lavorati e, in un prolungamento d’essi, creavano la cintura intorno all’esile vita della giovane mentre, le cosce, venivano fasciate da altro metallo che si agganciava in un unico pezzo con il cinturino, lasciando scoperta una porzione della schiena; disegni di fiamme erano sparsi per essa; fiamme azzurre su superficie bianco panna. Sotto l’esigua protezione, la ragazza portava pantaloni aderenti e una maglia a collo alto color azzurro, coprendo la parte di pelle ignuda della schiena e dell’interno coscia; destra mano stretta alla sua alabarda, pronta a scattare in qualsiasi momento; ella è Saphyra, una delle emissarie di Dio; umana forma la sua, poiché la vera natura d’ella è celata ad occhi indiscreti; ella è un puro angelo disceso dal cielo, per donar il suo aiuto nella lotta.
Sulla sua destra, invece, vi era un’altra ragazza corti e mossi capelli color miele, viso dai tratti delicati, pelle rosea, espressione dura e tenace che si rispecchiava negli scuri occhi castani, colore che pareva quasi essere stato rubato ai tronchi degli alberi, mentre corpo era coperto da un’armatura da soldato semplice e, nella destra mano, teneva stretta una spada; si guarda attorno come del resto le sue compagne, attenta ad ogni movimento; tutti sapevano chi ella fosse, era Giovanna. Più precisamente, Giovanna D’Arco, natura d’essa è umana , ma il signore le ha fatto il dono di sentire la sua voce e il suo volere e di vedere due dei Santi più importanti per la sua patri e, per essa e la sua fede combatte.
Alla destra della “Pulzella D’Orléans, vi stava un’altra giovane donna; mori capelli, legati in una coda alta, viso dai lineamenti fini e delicati, pelle di un invitate color rosa, labbra fini, ma non meno sessuali ed invitanti, occhi bicromi, destro zaffiro, sinistro smeraldo; terra e mare in quegli occhi sembravano unirsi.
Sua armatura composta dal corpo che le lascia scoperto l’addome, gli spallacci; connesse ad essi, vi stanno due ali demoniache di metallo, guanto connesso all’antibraccio che gli arrivava all’altezza del gomito; staccato dalla parte superiore, vi stanno il cinturino e la falda; l’orlo dell’armatura, arriva a metà delle candide cosce. Ai lati delle ginocchia, vi stanno due alette, che mostrano demoniache fattezze e i parastinchi. L’armatura finemente lavorata e color nero ebano con una pietra, un rubino, incastonato nel centro del corpo; pelle sotto la protezione ignuda; nessun indumento porta la giovane, a parte lo stretto indispensabile; nella destra mano stringe la sua ring blade, pronta a lanciarla in qualsiasi momento. Intrigante ed oscura, come del resto è la sua specie, Necrysia, nero angelo dannato che tradì Dio, seguendo Lucifero e, ora, nuovamente alleata al suo primordiale creatore, per aiutare una sua prescelta.
Accanto all’oscuro angelo, vi era un’altra giovane; capelli d’ella color castano chiaro, con qualche riflesso biondo, lunghi sino alla metà delle cosce, stretti in una rigida treccia alla quale erano sfuggite due fluenti ciocche che andavano ad incorniciare il fine viso dalla pelle candida color dell’alabastro, labbra carnose color pesca, occhi di zaffiro, ove pareva che le oscurità oceaniche albergassero.
L’armatura d’ella, era composta dal corpo superiore e anteriore, doppi spallacci, guanti connessi all’antibraccio, la coppa sui gomiti, due protezioni sui fianchi che le giungono sino quasi al ginocchio, tenuti allacciati da una spessa cintura di pelle nera, ginocchi e parastinchi; protezione d’ella semplice e sobria, color grigio con rifiniture in grigio perla. Sotto l’armatura, la giovane portava una veste a corpetto, dai fili color ebano, con il collo alto color bianco; la parte anteriore che s’allunga sino a quasi le caviglie e, sopra ad essa, una giacca color nero, aperta, che arriva a coprirle persino le dita, che scivola morbidamente sino alle ginocchia, per poi prolungarsi indietro in due code; fine del capo tagliato perfettamente al centro coi bordi rifiniti di bianco, due cinture incrociate in vita che, con l’aiuto di quella che tiene le protezioni, tengono stretta la lunga giacca nera, pantaloncini corti, color grigio scuro e stivali neri, che le arrivano sopra il ginocchio, tenuti fermi con bianchi lacci, mentre il rifodero superiore ad essi è piegato verso il basso con un poco di tacco; nella destra mano tiene la sua fidata spada, la Ivy Sword, ora sottoforma di frusta; pacata ed equilibrata è la figura d’ella, Kasdeya, personificazione del male e del bene uniti indissolubilmente in un unico corpo con un’unica anima; un tabù proibito, essere eretico senza alcun Dio da asservire, poiché due essi sono; natura d’ella celata, ali sue color delle perle più rare esistenti al mondo, grige, unica nel suo genere, ora si trova in quel luogo per proteggere ed aiutare una sua amica, anzi, le sue amiche, poiché da anni si conoscono e da anni lei ha deciso di proteggerle.

Corrono per le strade della cittadina, corrono preoccupati per le loro amiche i tre ragazzi, i mezzodemoni, in testa al gruppo, vi sta uno di loro, viso dai lineamenti marca e austeri, gelido sguardo e occhi taglienti azzurro ghiaccio, candidi e bianchi capelli tirati indietro, sopracciglia corrugate dalla preoccupazione; indosso ei ha un armatura completamente blu con finimenti bianchi, che, sulla parte superiore, molto simile ad una giacca di metallo con il collo alto e, poco più sotto di esso, partiva una piegatura, che pareva un secondo colletto, che creava i para spalle e maniche larghe, creava una fitta rete; le mani protette da protezioni di metallo color blu, mentre parastinchi e ginocchi erano uniti in un unico pezzo di metallo, che lasciava scoperto l’interno delle cosce, andando a creare una cintura dalla quale scendeva, da una decorazione bianca, un pezzo di metallo di protezione; stivali ai piedi, coperti dal metallo; sotto l’armatura, l’albino portava una tuta nera con rifiniture blu e bianche e, nella destra mano, stringeva il fodero della sua Katana, la Yamato.
Dietro ei, vi sta un altro ragazzo, il suo gemello, tratti del viso simili a quelli del fratello; espressione sua differente, sfacciata e maliziosa, ora nascosta dalla corrugazione delle sopracciglia per via della preoccupazione; occhi di ghiaccio, coperti dai corti e ribelli capelli bianco argentei che, ad ogni suo movimento, svolazzavano intorno al suo viso.
Armatura del mezzodemone, compatta e resistente, che gli conferiva una certa aria di imponenza; corpo e schiena della protezione robusti, come anche gli spallacci, l’antibraccio; il batticulo e il cinturino erano formati da un’unica striscia di metallo e, la parte anteriore, che formava la sporgenza, la falda e l’orlo, era stretta e finiva a punta; a completare il tutto, vi stavano i ginocchi e i parastinchi. Colore dell’armatura del mezzo rosso, rosso scarlatto con elaborate rifiniture bianche; sotto di essa, il mezzo porta una cotta di maglia, bloccata sulle cosce da dei lacci di cuoio marroni e, sopra alla cotta, portava una veste marrone chiaro, sporca di sangue e fango; nella destra mano, tiene stretta la sua fidata spada a doppio taglio, la Rebelion.
Ultimo, ma non meno importante componente di quello strano ed eretico trio, un altro ragazzo, più giovane degli altri due e simile d’aspetto ai fratelli. Espressione sua pacata e gentile di solito, ma ora è cancellata dalla preoccupazione che prova; corti i suoi capelli, che gli coprono con delicatezza la fronte, senza però coprire gli occhi color del ghiaccio.
Armatura di quest’ultimo, molto sobria, corpo e spallacci, formavano un'unica e solida protezione, l’antibraccio e la protezione della mano, ornate di taglienti spuntoni; in vita, solo il cinturino, che andava a formare anche il batticulo, lasciando la parte del bacino scoperta, scendendo poi, con le protezioni sulle cosce, i ginocchi e i parastinchi; sotto di essa, portava indumenti di pelle che andavano dall’azzurro, al rosso e al nero; mancina mano, teneva stretta la sua spada, la sua inseparabile Red Queen.

Continuano a correre, loro respiro ansante, ma non cedono. Continuano ad uccidere e a correre! Troppo in pena per quelle quattro ragazze, troppo in pena per coloro che ritenevano sorelle, troppo in pena per le donne che amavano più di qualsiasi altra cosa al mondo.<< Dante, Nero! Aumentiamo il passo! Sento il loro odore, sono vicine! >>. Voce pacata e gelida quella dell’albino dai capelli tirati indietro, nel rivolgersi ai fratelli, che annuirono solamente, aumentando la loro andatura, andatura che non era umana, poiché, passavano accanto ai nemici, senza che essi se ne accorgessero, cadendo a terra ormai morti.<< Vergil, io ho un brutto presentimento………… >>. Pacata e preoccupata è la voce del più giovane fratello, Nero, non sapeva darsi una spiegazione logica, ma aveva una pessima sensazione.<< Nero, ti prego, non dire certe cose! Cazzo! >>. A rispondergli, fu Dante, con la sua voce profonda e leggermente alterata dalle parole del più piccolo che, però, erano veritiere, poiché anche lui e il gemello, provavano la stessa cosa.<< Non sprechiamo fiato e sbrighiamoci. Hanno bisogno di noi quelle quattro. >>. Annuirono alle parole dell’austero albino, restando in silenzio, ma mai, si sarebbero aspettati il raccapricciante spettacolo che si stava per parar loro innanzi.
Arrivarono finalmente, ma non ebbero il tempo di dire nulla che i loro occhi si sgranarono; corpi di soldati a terra ormai morti e, in mezzo ad essi, si ergevano solo i soldati nemici, al cui centro, vi stavano ancora Necrysia e Kasdeya che parevano proteggere qualcosa o meglio, qualch’uno. Di fatti, Kasdeya, stava proteggendo Giovanna che era stata colpita con violenza sotto l’ascella, una parte scoperta e delicata dell’armatura; Necrysia, invece, stava proteggendo Saphyra, che riportava una profonda ferita sulla parte scoperta della schiena ed era a terra, quasi priva di sensi, con Giovanna accanto, che cercava di bloccarle l’emorragia.
Kasdeya e Necrysia, che le proteggevano, non erano messe nella situazione più rosea; la castana, perdeva sangue da un profondo taglio sulla fronte e dall’addome e, Necrysia, aveva un profonda ferita all’addome e sul braccio, rendendo impacciati i suoi movimenti con l’Aisel. Una situazione davvero pessima, ma loro, continuavano a lottare con ferocia, senza utilizzare però i loro incanti, per paura di far del male ad una delle compagne od ad un alleato.<<>. Stavano per scattare i tre albini, quando delle spesse catene, li attorniarono, facendoli capitolare a terra in preda a violenti spasmi di dolore.<<>. Sguaiata risata emise il soldato che aveva detto quelle parole, seguite in seguito da altre e poi, il buio.

Combattevano e combattevano. Erano stanche, ma non potevano mollare proprio in quel momento. La vita di Giovanna e Saphyra, dipendeva da loro, ma la stanchezza e il troppo sangue perso, si stavano facendo sentire.<< Merda! Kasde, cazzo facciamo adesso??!! >>. Voce dura e piena di rabbia è quella di Necrysia, nel rivolgersi all’amica.<< Non lo so Necrysia, non lo so……… >>. Voce dell’equilibrio incolore e pacata, mentre con le iridi zaffiro, osserva i nemici che gli si riversavano contro.<< Non possiamo scappare, siamo completamente circondate, ma io non mi consegnerò mai a loro senza aver prima provato il tutto per tutto! >>.<< Necrysia… >>. Si scambiarono una breve occhiata, prendendo un respiro profondo, mentre un’aura color dell’ebano per il decaduto angelo e, una grigia per l’unico ibrido, le avvolgeva. Dovevano tentare anche quella, dovevano utilizzare purtroppo quell’incanto distruttivo che mai avrebbero voluto pronunziare.
Labbra che si dischiudono per dar voce a quelle parole di distruzione, ma solo un rantolo da parte di Kasdeya, un lieve grido di dolore da parte di Necrysia e i loro occhi che si aprono di scatto, mentre sangue fuoriesce dalle loro labbra e le armi scivolano via dalle loro mani e il buio le accoglie.

Quella battaglia, segnò la loro caduta e la loro prigionia; prigioniere del nemico, venduti per la modica cifra di 70.000 scudi d’oro e portate a Rouen dove vennero processati per stregoneria ed eresia; Carlo VII, non mosse un solo muscolo per aiutarle.
Furono quattordici mesi d’inferno; l’umiliazione che le giovani ragazze provarono fu inimmaginabile e, accusate di eresia e atti illeciti, per via che avevano osato indossare vestiti maschili, vennero condannate. Giovanna venne condanna a bruciare sul rogo, mentre, Kasdeya, Necrysia e Saphyra, furono condannate ad una pena ben più grande che neanche loro potevano immaginarsi.
Il 30 Maggio del 1431, le loro giovani vite, furono stroncante.
Kasdeya e Necrysia, avevano 20 anni, mentre, Giovanna e Saphyra solo 19.
Le prelevarono dalle prigioni, portandole nella piazza di Rouen; indossavano solo un vestito di panno sudicio, tenevano il loro sguardo alto e fiero, tanto da mettere in soggezione chiunque le guardasse; catene ai polsi e alle caviglie ma, esse, non se ne curavano, continuavano ad avanzare, fino a che non si fermarono, facendole mettere in fila.<< SIGNORI! >>. Il silenzio calò, un silenzio carico di tensione e aspettativa che l’uomo continuasse.<< PRIMA DI DARE IL VIA ALL’ESECUZIONE DI CODESTE LURIDE STREGHE, STIAMO ASPETTANDO L’AVVENTO DI ALTRI TRE GRADITI OSPITI CHE GIUNGERANNO A BREVE! >>. Risata sguaiata che proruppe dalle labbra dell’uomo, che non toccò minimamente le quattro giovani donne ma, ben presto, i loro occhi si sgranarono, riempiendosi di una rabbia cieca, tanto che, Necrysia, cercò di scattare in avanti, ma venne prontamente bloccata.<< DANTE!!! >>.<< NECRYSIA! >>. I tre mezzodemoni, spogli delle loro armature e incatenati, stavano guardando le ragazze con occhi pieni di preoccupazione; Nero guardava la sua Saphyra impotente, non poteva fare nulla per salvare colei che amava da una vita e che da poco aveva ottenuto e lo stesso vale per Dante con Necrysia e Vergil con Giovanna. Già, Vergil era innamorato perso di Giovanna e, per via di quel sentimento, non si era mai accorto che, Kasdeya, provava lo stesso per lui; di fatti, la castana, ora teneva lo sguardo basso e gli occhi serrati, sordo dolore che le dilaniava il petto facendole desiderare di non aver mai conosciuto quel futile e distruttivo sentimento quale l’amore, ma ormai ciò era accaduto e, con esso, lei sarebbe morta, lo sapeva.<< DOPO QUESTA COMMOVENTE SCENA…… >>. Ironico è il tono del “presentatore” di quell’esecuzione, mentre gli spettatori ridevano.<< ………… DIREI CHE POSSIAMO DARE IL VIA AI PREPARATIVI DELL’ESECUZIONEEEEEEE!!!!!!!! >>. Altre risate squarciano l’aria, mentre le tre, vennero separate da Giovanna.<< GIOVANNA! LASCIATEMIII! >>. Urla e strepita Kasdeya, riuscendo a liberarsi, cercando di raggiungere Giovanna, ma, a pochi metri da lei, venne riacciuffata e fatta cadere a terra; si dimenò ancora e ancora, sotto lo sguardo triste e pieno di dolore dell’amica che le sussurrò un silenzioso addio, che fece cessare ogni lotta dell’ibrido che parve svuotata di ogni forza e di ogni sentimento, diventando una perfetta bambolina; fu trascinata fino a dove si trovavano Necrysia e Saphyra, saldando le di lei catene a dei pali.
I tre albini, avevano osservato la scena digrignando i denti, ma non riuscivano a compiere alcun movimento, quelle catene li indebolivano e spossavano parecchio; passò poco, i preparativi per il rogo furono ultimati e, Giovanna, fu legata e il fuoco appiccato.
Urla, urla strazianti di dolore e ovazioni dalla folla, dolore, un dolore ancora più sordo, un vuoto che pian piano si trasformava in voragine e il disgusto per quegli esseri umani che gioivano nell’osservare una povera ragazzina bruciare tra grida e lamenti di dolore; digrigna i denti con violenza Necrysia, mentre Saphyra piange! Piange disperata, continuando a chiamare il nome di Giovanna, l’unica che par non accorgersi di nulla è Kasdeya; tutte le sensazioni, i suoni e le immagini, le arrivano come ovattate, confuse e sfuocate. Non voleva credere che gli esseri umano, quegli stessi umani che avevano protetto, ora le trattassero come mostri immondi! Chiuse i suoi occhi, riaprendoli piano ad un sonoro e secco “click” metallico.
Avevano sciolto le loro catene ma……… perché l’avevano fatto? Non capiva! Ci doveva essere qualche cosa sotto ma, a quanto pareva a Necrysia e Saphyra non importava! Il dolore, la rabbia e il ribrezzo verso quegli esseri schifosi, aveva ottenebrato le loro menti facendole partire alla carica anche se la trasformazione era ancora a metà e ciò, gli fu fatale.
Dopo primi attimi di smarrimento degli avversari, questi con furia selvaggia e sadico sorriso, attaccarono le due giovani, tranciandogli di netto i bracci destri, sapendo esattamente dove colpire per uccidere.
Occhi sgranati i loro; guardavano alternativamente i loro bracci poco lontano da loro e il sangue che zampillava dalla spalla come se non riuscissero ancora a capacitarsi di ciò che era successo, ma presto, dolore fulminate, le colpì e, indietreggiando, caddero a terra di schiena, una accanto all’altra; pozza di carmina linfa si stava creando sotto i due corpi che erano in preda agli spasmi del dolore e degli ultimi rantoli di vita. Occhi di Dante e di Nero sbarrati, come svuotati da qualsiasi sentimento, ma ben presto un urlo, quasi un latrato di bestia pieno di dolore, che gelò tutte le ovazioni e applausi che s’erano innalzati nell’aria, solo lievi sussurri si potevano udire, mentre Dante e Nero scalcitavano e strattonavano con inaudita violenza le catene; Vergil, era rimasto senza parole, quasi incredulo davanti a ciò che aveva visto, non percependo gli scossoni dei fratelli e neppure i bisbiglii che, si azzittirono, quando Kasdeya si alzò in piedi, avvicinandosi con silenziosa lentezza alle amiche riverse a terra, inginocchiandosi accanto a loro. Le chiamò. Le chiamo più e più volte, ma alcuna risposta arrivò da esse e, lacrime. Lacrime non umane, poiché dal sinistro occhi scendevano lacrime carmine e dal destro lacrime di cristallo; tremito convulso percorreva quell’esile e gracile corpicino di donna, mentre urlo inumano e luce accecante, l’avvolgeva.
Tutto si quietò e, ciò che nacque dall’abbassamento della polvere che s’era alzata, gelò il sangue nelle vene di tutti coloro che assistettero a quell’evento; Kasdeya, la figlia dell’equilibrio, s’era svegliata! Occhi d’ella color dell’oro più puro, pupilla allungata, pupilla demoniaca, corporatura d’ella umana, ma artigli affilati ne ornavano le dita e canini spuntavano dalle carnose labbra ed, ad ornar quello spettacolo affascinante e terrorizzante al contempo, ali! Un paio di grandi ali color del cielo plumbeo, mentre armatura le stava ricoprendo l’esile e nudo corpo; lacrime che ancora solcavano quel delicato e candido viso ora deformato da una smorfia di sofferenza e rabbia pura.<< CANI! Pagherete con le vostre inutili vite codesto affronto! >>. Partì all’attacco; veloce e spietata, tranciava, trucidava e torturava qualsiasi uomo che le capitava a tiro, nessuno che si parava innanzi a lei veniva risparmiato e, quella carneficina, si consumò sotto gli occhi dei tre albini, che stavano guardando quell’essere mostruoso, ne angelo ne demone, un ibrido tra le razze, che aveva raggiunto troppo in fretta e violentemente il suo stato di risveglio e che ora non sapeva più come controllarlo, lasciandosi trascinare prepotentemente da esso.<< Dobbiamo liberarci! Dobbiamo riuscire a fermare Kasdeya! >>. La voce di Dante ha una nota d’urgenza e, i due fratelli, annuirono sconvolti; il più sconvolto tra essi, era Vergil. In sovrapposizione a quell’essere, rivedeva Kasdeya, la sua Kasdeya! Sgrana ora gli occhi, lui mai aveva amato Giovanna, ella, era stata solo una cotta! La persona che lui più amava era Kasdeya! Doveva fare qualcosa, dovevano aiutarla a tornare in se! Violenti gli strattoni dei tre, talmente tanto violenti che le catene scricchiolano e pargono cedere sotto l’urgenza e la rabbia che gli albini provano ma, ormai, è tardi, troppo tardi.
Barriera che riesce a bloccare anche se per poco l’inumano essere e, braccio che le fu mozzato di netto; occhi che da dorati ritornano di zaffiro, pupilla grande come una capocchia di spillo, respiro mozzato e occhi che ora lentamente si chiudono, mentre corpo cade all’indietro, tonfo sordo sul terreno e altro sangue che si va ad unire a quello di Necrysia e Saphyra, alle quali la castana è caduta accanto, morta per via dell’overdose di potere che aveva rilasciato tutta in una volta.
Il silenzio permea nella piazza, nessun suono è udibile, tutto sembra fermo, immobile, come se il tempo si fosse fermato in quel preciso istante; a rompere quella stasi innaturale, il rumore metallico di catene che si spezzano, respiri ansanti, quasi ringhi sommessi e, la carneficina da parte dei tre albini prende piede.

L’alba accolse i tre giovani albini, inginocchiati a terra stanchi e spossati, la rabbia ha lasciato il posto al dolore e allo sconforto, il sangue e il fango macchiano i loro corpi, ma non vi badano, si osservano attorno atoni. Cadaveri. Un mare di cadaveri e sangue; loro gli artefici di ciò. Vendetta! Un sentimento che porta a fare cose che mai ci si sarebbe aspettati di fare e quello, è il risultato della rabbia e della furia cieca che avevano provato in quelle ore, che li aveva fatti sprofondare in un oblio di piacere ed estasi animale che mai avevano provato.
S’alzano ora in piedi, recuperando i bracci delle ragazze e i corpi delle stesse; vento s’alza e, le ceneri del rogo di Giovanna, s’alzano con esso, circondando i corpi dei tre in una delicata carezza che sapeva di un addio; stringono le labbra e gli occhi, mentre profondo respiro prendono, avviandosi lentamente verso l’esterno di quella città ormai distrutta e, forse deserta, a parte le donne, i vecchi e i bambini che erano restati all’interno delle proprie case.
Uscirono da quel luogo di morte, dirigendosi verso un bosco ed inoltrandovisi sempre di più nel fitto; non sapevano quanto tempo fosse passato o da quanto camminassero, sapevano che c’era un posto dove dovevano cremare coloro che portavano tra le braccia per donare loro degna sepoltura.
La luna ormai era al suo zenit, i preparativi per la cremazione di quei corpi ormai ultimati; corpi che ora giacciono su strati di legna e foglie secche, mentre bracciali che le giovani portavano ai polsi sono nelle mani dei tre mezzodemoni, decisi a custodirli.
Torce che ora vengono poggiate al perfetto centro dell’altare funereo e fuoco che corre, divorando con implacabile foga tutto ciò che gli è possibile consumare. Fiamme che scoppiettano e sfrigolano, fumo che si innalza verso il cielo, odore acre di carne bruciata che s’espande nell’aria, ma i tre non vi danno peso, troppo intenti ad osservar quelle rossicce ed aranciate lingue, che lambivano quegli esili corpi, facendoli svanire alla vista.
Il tempo passava, ma i tre non si decidevano ancora ad andarsene. Ormai, il fuoco s’era estinto, nulla era rimasto di quei corpi, se non cenere che alla terra è tornata; vento che s’alza impetuoso, sollevando quelle ceneri che avvolgono i tre albini, che chiusero gli occhi.<< Addio……… vi abbiamo amato più di ogni altra cosa. >>. Triste eco del vento, dato da tre voci diverse, ma nel contempo uguali e poi, il silenzio.
Ancora gli occhi chiusi tengono gli albini, voltando le loro spalle alle ceneri delle compagne avviandosi con passo lento e sicuro verso una meta sconosciuta, promettendo, che avrebbero protetto i bracciali e coloro per cui sarebbero stati destinati al costo della loro stessa vita.



B
he ve ne pare del prologo?^^
Suggerimenti e quant’altro sono ben accetti, come anche i commenti!^^
Ora vi saluto, un bacio e al prossimo capitolo!^^

  
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