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Autore: Subutai Khan    25/07/2013    2 recensioni
Questa è l'idea più malata che mi sia mai venuta in testa, e chi mi segue conosce lo standard. Sì, è peggio di quella. E di quella. E pure di quell'altra.
-
Shinichi Ono sta tornando a casa dopo una dura giornata scolastica. Per strada, in quel momento sgombra di altre forme di vita bipedi, incoccia contro un ragazzo che non ha mai visto prima.
Stringetevi per bene, saranno capriole.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Akane Tendo, Genma Saotome, Nuovo personaggio, Ranma Saotome, Shan-pu
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Sono di nuovo sotto attacco amazzone. Per forza. Non vedo altra spiegazione per questa follia.
Un momento stavo camminando per casa assieme a Ukyo, lei ancora intenta a sommergermi di scuse per il suo comportamento passato nei miei confronti e io che mi prodigavo nel cercare di farla smettere spiegandole che non era il caso di ritirare fuori l’argomento per l’ennesima volta. Il momento dopo mi ritrovo sola per il corridoio.
Cos’altro devo pensare, considerato che siamo asserragliati e ogni tanto uno di noi sparisce per magia ritrovandosi scaraventato nei suoi peggiori incubi?
Certo, contavo di aver già dato. La cicatrice sulla mia guancia sinistra dovrebbe testimoniarlo a sufficienza.
Ma a quanto pare qualcuno non è d’accordo con me.
Ho di fronte a me tre persone, di cui due completamente sconosciute e la terza è un Genma Saotome a me molto poco familiare. Appare consumato e gli occhiali che indossa non sono i soliti.
“Ok, ho capito. Sputate le vostre cattiverie, sono pronta a tutto” dichiaro ad alta voce. Loro mi guardano a dir poco straniti, non capendo a cosa mi sto riferendo.
“Z-zia Akane... ehm, Akane... o cacchio” dice il ragazzo ancora sveglio prima di rivolgersi al suo coetaneo privo di sensi per terra. È già la seconda persona che faccio svenire da quando sono finita in quest’allucinazione: prima una Kasumi... molto invecchiata, poi lui.
Quando quello strano Genma si muove nella mia direzione...
“Ferma lì, illusione. Non un passo di più o ti metto le mani addosso. Una di voi mi ha lasciato questo ricordino, sarei veramente fessa a permettere a un’altra di voi cose di avvicinarsi più del dovuto”.
Pare non scomporsi. Si limita ad alzare le mani bene in vista e a proseguire. Rimango in guardia, conscia di star esponendomi a un potenziale pericolo, ma non ricevo aggressività da lui. Da nessuno di loro, in effetti. Il finto Ranma, al contrario, emanava rabbia e voglia di farmi a pezzi.
Quel che sento mi spiazza totalmente: “Oh santo cielo Akane, cosa ti hanno fatto?”. Pronunciato con una tale dolcezza e preoccupazione che... che comincio a dubitare.
Che non sia quello che penso?
Sì, ma se non lo fosse... allora cosa mi è successo? Dove sono? Perché sono circondata da gente che non riconosco o che ricordo diversa?
“Vorrei porti qualche domanda. Posso?” chiede in tono innocente, fermandosi a circa un metro da me.
Parlare non farà male, spero.
“Puoi. Ma al primo scherzo ti cambio i connotati”.
“Quanti anni hai e che anno credi che sia?”.
“Che... che razza di domande sono?”.
“Ti prego, rispondi. È importante”.
Anche il miraggio che chiede cose idiote, giusto quello mi mancava.
Non gli stacco gli occhi di dosso: “Ho diciotto anni ed è il 1991”.
Sospira pesantemente. Si volta verso gli altri due tizi con cui è entrato e dice: “Akira, è come noi”.
“Cosa intendi, Genma? Che anche lei...”.
“Sì, intendo quello”.
Intendi cosa, vecchiaccio?
“Akane” riprende tornando a volgere l’attenzione verso di me “innanzitutto ti chiedo di abbandonare la postura da battaglia. Io, Akira e Shinichi non siamo tuoi nemici”.
Che faccio, mi fido? Rischio di trovarmi con conseguenze ben peggiori di un segnetto sul volto. Però, lo devo proprio ammettere, non mi sento minacciata da lui. Per nulla.
E fidiamoci.
“Grazie. Ora, immagino tu ti senta confusa...”.
“Ci puoi giurare. Appaio improvvisamente davanti a mia sorella che avrà almeno vent’anni in più e quella, non appena si accorge della mia presenza, sviene tipo sacco svuotato. Mi impanico, non capendoci una mazza, quando sento la porta di casa. Il resto lo sai”.
“E dimmi, cosa ci dici di me? E di lui? E dell’altro?”.
“In che senso?”.
“Sai chi sono?”.
“No, loro due no. Mai visti prima. Tu sì, ovviamente so chi sei. Ma...”.
“Ma?”.
“Sei diverso. Più anziano”.
“Akane, siediti per favore. Abbiamo un lungo discorso da affrontare, io e te”.
“Voglio risposte”.
“Cercherò di soddisfarti al meglio delle mie capacità. Sappi però che sarà complicato, perché io stesso non ho ben capito e non sono neanche sicuro di averlo del tutto accettato”. Detto ciò si siede e fa cenno all’altro ragazzo, quello chiamato Akira, di avvicinarsi e di mettersi accanto a lui.
Mi sono davanti tutti e due, adagiati di fronte a me.
Perché non imitarli? Danno davvero l’intenzione di voler solo chiacchierare.
“Akira” fa poi rivolgendosi al suo compagno più giovane “vuoi magari gestire tu il discorso? Visto che hai parlato un po’ con Shinichi prima di incontrare me, può darsi che tu riesca a spiegare meglio”.
“Veramente quel che ho scoperto quando eravamo solo io e lui non ha fatto altro che gonfiarmi la testa, almeno finché non siamo andati da Shan-Pu. Ma ora sì, ne sono in grado. Akane, sei pronta?”.
“Io sono nata pronta”.
“Accidenti. Anche da ragazza sei uguale a come ti ricordo. Stessa granitica sicurezza”.
“Ragazza? Uguale a come mi ricordi? Tu chi sei? Non ti conosco”.
“Immagino di no, ma io conosco te”.
“... scusa?”.
Altro sospiro. Ho idea che sarà qualcosa che non mi piacerà per nulla.
“Akane, non c’è un modo semplice per spiegarlo. Quindi, mi spiace, mi toccherà essere diretto: io, te e Genma siamo finiti, in un modo che non siamo ancora riusciti a capire, nel mondo di Shinichi. Il ragazzo che hai fatto svenire apparendo dal nulla”.
“... prego?”.
“Ascoltami. Sia io, sia Genma ci siamo ritrovati catapultati in questa realtà, in questa Nerima a noi estranea. Per esempio io ho trovato l’Okonomiyaki Ucchan... sai cos’è, vero?”.
“Non prendermi in giro! Certo che so cos’è!”.
“Non volevo prenderti in giro. Te l’ho chiesto perché qui, da queste parti, quel posto è un cumulo di macerie da tipo vent’anni”.
“Menti! Io stessa sono corsa lì, due giorni fa, ad avvisare Ukyo e Ryoga che le amazzoni erano tornate per vendicarsi!”.
“Vendetta amazzone?” si intromette Genma “Il tuo mondo sembra interessante”.
“Il mio... mondo?”.
“Sì” riprende le briglie Akira “Come ti ho detto questo non è il tuo mondo. Non è il mio mondo. Non è il mondo di Genma. È il mondo di Shinichi. E credo di aver intuito perché lui e Kasumi hanno perso i sensi non appena ti hanno vista”.
“Perché?”.
“Akane, nel loro mondo tu... sei morta”.
Ho... ho un mancamento. Troppe informazioni da elaborare e assimilare tutte assieme.
Rischio di franare a terra, ma entrambi mi sono addosso in un istante e mi aiutano a sorreggermi.
“Tutto bene, piccola?”. Ho gli occhi chiusi per il sovraccarico ma riconosco l’autore di questa frase. Akira sembra più giovane di me.
Portandomi le mani alle tempie rispondo: “Sì, non... non è niente. Sto bene”.
“Sicura?”.
“Sicura, sicura. Proseguite pure. Ad esempio mi interessa la parte per cui sarei morta”.
Tornano nelle loro posizioni.
“È uno shock, vero? Probabilmente ti sei sentita come mi sono sentito io quando ho scoperto che qui lo stesso destino è toccato a mia madre. E a mio padre”.
“Tua madre... e tuo padre? Chi sono?”.
“Ukyo e Ryoga”.
“Da-davvero?”.
“Davvero. Mi chiamo Akira Hibiki, piacere”.
Allunga la sua mano verso di me in un atto di presentazione formale.
Non... non so come devo reagire. Se prima pensavo che le cinesi ci avessero messo in un guaio gigantesco... beh, ora quella al confronto è robetta.
Sono... sarei finita in una specie di... mondo parallelo... in cui sono morta. E non solo io, a quanto pare.
Lo guardo fisso negli occhi e ciò che mi arriva è solo genuina gentilezza.
Penso di non dover temere nulla, da nessuno di loro.
Stringo la mano.
“Ti direi il mio nome ma già lo sai”.
Ridacchia: “Vero, non serve”.
“Come fate a sapere che io qui sono...”.
“Ci ha raccontato tutto Shan-Pu. Pare che lei e tuo nipote Shinichi abbiano un eccellente rapporto, al punto che lui la chiama zia. Come faccio io con la tua versione del mio mondo”.
“Nipote? Lui è...”.
“Figlio di Kasumi”.
“E del dottor Tofu, spero”.
“Oh sì, del dottor Tofu. Com’è che avevi detto prima, Genma?”.
“Ho detto che Kasumi Tendo può avere figli da due sole fonti: Tofu Ono o lo Spirito Santo. Visto che dubito Akane sappia a cosa mi riferisco ve la spiegherò così: o il padre è il buon dottore, o ci vuole un intervento divino”.
Scoppiamo a ridere. Sacrosanta verità, questa.
“Torniamo a noi” intimo, riacquistando di botto la serietà che questa storia merita “e al fatto che io qui sono... deceduta”.
“Sì, va bene. Devo dire che Shan-Pu non è stata chiarissima a proposito. Da quel che ho capito qua, nel 1989, si è svolto una sorta di torneo di arti marziali in cui sette persone dovevano andare letteralmente a morire per la salvezza del mondo. Capisco la tua faccia disorientata”.
“Quindi... mi stai dicendo che...”.
“La te stessa di questo mondo lo ha fatto. Insieme a Ranma, ai miei genitori, a Kuno, a Mousse e alla nonna di Shan-Pu”.
“Santi numi...”.
Non credo alle mie orecchie. In questo mondo sono andata a morire di mia volontà, più o meno.
E con me... l’ha fatto Ranma.
Mi immagino la scena: lui che cerca di farla desistere e lei che si ostina con la testardaggine che ogni Akane Tendo, in ogni posto di ogni universo, possiede per sua stessa natura.
Diamine, io... io forse l’avrei fatto.
“E come fa Shan-Pu a sapere tutto questo? A rigor di logica, essendo viva, vuol dire che non ha partecipato”.
“No, lei no. Ma ha anche aggiunto che ha visto i loro combattimenti, dal primo all’ultimo”.
“C-cosa?”.
“Questo è quanto ci ha riferito. O mi sbaglio, Genma?”.
“Non ti sbagli, Akira. Ha detto proprio così”.
Sconvolta. Sono totalmente sconvolta.
Devo distrarmi. Pensare a qualcosa di più stupido.
“Aspetta. Hai detto... nel 1989? Che anno è qui, adesso?”.
“Il 2007”.
“E fatemi capire, voi da che anno venite?”.
“2025” risponde fulmineo Akira.
Genma assume un’espressione strana, invece: “Per me è un po’ più complicato. Tecnicamente 1999, ma questo... spostamento di mondi mi è capitato mentre mi trovavo nel 1989”.
“Tu hai viaggiato nel tempo?”.
“Già. E non per una vacanza”.
“Genma Genma Genma! Ti prego, non ripetere quella cosa. Una volta mi è bastata. E ti scongiuro, te lo chiedo in ginocchio: non toglierti gli occhiali”.
Cosa sta blaterando adesso?
“Hai ragione, le procurerei solo un inutile trauma e mi sembra già abbastanza provata. Akane, ti basti sapere che sotto questi occhiali c’è uno spettacolo orribile. Tornando alla mia dislocazione temporale, diciamo solo che... ecco... come spiegarlo senza urtare questo tenero virgulto di Akira...”.
“Nel suo presente la sua famiglia è stata uccisa ed è tornato indietro nel tempo per evitarlo” giunge una voce alle loro spalle.
Si voltano.
È Shinichi, in piedi.
“Grazie tante, Shinichi. Sei veramente la delicatezza fatta persona” dice scocciato Akira.
“Ragazzo, stai bene?” gli chiede Genma, una nota di preoccupazione nella voce.
“Sì, tutto ok. Ho solo avuto un leggero calo di zuccheri nel vederla”.
Si riferisce a me, è evidente. Mi sta osservando con uno sguardo... lo definirei quasi affamato.
Se quel che mi è stato raccontato è vero, io sono la controparte di sua zia che è morta da vent’anni e che, a giudicare dal suo aspetto, non ha mai conosciuto in prima persona.
Si siede alla destra di Akira, che si trova quindi fra lui e Genma.
“Abbiamo un terzo intruso” dice quasi con allegria. Sembra che l’idea non lo scalfisca più di tanto. Poi aggiunge: “Oh, dimenticavo. Devo avvisare Shan-Pu della novità”.
Tira fuori dalla tasca un... cos’è, un telefono portatile? Esistono simili aggeggi nel ventunesimo secolo?
Smanetta un po’ e si porta il marchingegno all’orecchio.
“Pronto, zia Shan-Pu? Sì, sono Shinichi”.
“...”.
“Lo so che sei impegnata col ristorante e che è quasi l’ora di punta, ma ti ricordi che mi avevi detto di tenerti informata con quella storia? Ecco, ci sono aggiornamenti”.
“...”.
“Sono diventati tre. E non sarai contenta di scoprire la sua identità”.
“...”.
“È Akane”.
“...”.
“Dici sul serio? Vuoi davvero chiudere tutto e venire qui? Ma ti sei rincoglionita o cosa?”.
“...”.
“Va bene, come cazzo vuoi. Il piatto vuoto alla fine del mese è il tuo. Ti aspettiamo”.
Riattacca.
Siamo sicuri che sia figlio di Kasumi e Tofu? Un tale cafone?
Torna a fissarmi e chiede: “Quanto sai?”.
“Un pochino. Genma e Akira mi hanno spiegato qualcosa, su come saremmo sperduti in una realtà non nostra. Mi hanno anche detto di... tua zia. Mi dispiace”.
“Anche a me, dispiace anche a me. E mi dispiace anche per quella... cosa che hai in faccia”. Il cambio di tono è persino irritante.
“Oh sì, con tutto il casino che ti abbiamo dovuto raccontare ci eravamo completamente scordati. Cosa ti è successo, Akane?”. Non credevo che avrei mai potuto dirlo, ma questo Genma è molto più premuroso e gradevole del mio.
Tocca a me parlare, a quanto pare. Colpo di tosse finto, come da miglior tradizione, e parto: “Ecco, la storia è piuttosto lunga. Da me... nel mio mondo sono accadute parecchie cose che, presumo, vi suoneranno poco meno di impossibili. Come ad esempio che Mousse ha finalmente alzato la testa contro Shan-Pu e sua nonna, ribellandosi al loro maltrattamento nei suoi confronti. Ha sfidato la sua amata a duello. L’ha sconfitta. E questo ha dato il là a tutta una catena di eventi incredibili: è saltato fuori che loro due erano in realtà promessi sin da piccoli, io e Ranma ci siamo naturalmente trovati immischiati nostro malgrado nella bagarre, Ukyo ha dovuto fingere di essere la fidanzata di Shan-Pu per salvare le loro teste di fronte al Gran Consiglio di Joketsuzoku, abbiamo rischiato di farci ammazzare dalla dittatrice del suddetto Consiglio, io e Ranma ci siamo dichiarati, Ryoga è tornato a Nerima e ha trovato gli equilibri a cui era abituato completamente a soqquadro, lui e Ukyo sono usciti assieme e hanno finito con il fidanzarsi... e fare l’amore in uno sgabuzzino di casa mia. E quando alla fine credevamo di essere ormai al sicuro, le amazzoni sono tornate alla carica e ci hanno presi di mira uno ad uno, gettandoci in scenari farlocchi dove le nostre peggiori paure ci aggredivano psicologicamente e fisicamente. Il mio nuovo migliore amico mi è stato causato da un’ombra a forma di Ranma, che poco prima di colpirmi non smetteva di ripetermi quanto fossi imperfetta e... e...”.
Sto cedendo. Sento il dolore di quei momenti riemergere prepotente. Meglio fermarsi qui, non voglio scoppiare a piangere di fronte a degli sconosciuti. Amichevoli e carini, per carità, ma sempre sconosciuti.
Mi guardano come se fossi un fantasma. Che posso capire nel caso di Shinichi, meno per gli altri.
“Basta così Akane, non serve proseguire” sentenzia... mio nipote. Mi fa un senso assurdo chiamarlo così. E se lo fa a me dicendolo, chissà quanto ne deve fare a lui sentendolo. Sarà meglio che continui a usarlo solo nella mia testa.
Va bene ragazzina, calmati. Fai un respiro profondo.
“Bene gente, adesso che si fa? Intendo dire... come facciamo noi vagabondi dei mondi a tornarcene a casa?” chiedo. Non penso che qui mi troverei poi così tanto male, ma resta che questo non è il mio mondo e se fosse possibile gradirei andarmene.
Sì, me ne sto convincendo ormai. Che loro non siano frutto delle simpatiche vecchiette di Joketsuzoku è più che evidente e il fatto che si dimostrino bendisposti nei miei confronti mi porta a credere a quanto affermano.
“Ancora non lo sappiamo, purtroppo. Non abbiamo neppure capito perché voi tre siete qui. Personalmente conto su Shan-Pu: lei è l’unica che, sebbene in maniera indiretta, ha già avuto a che fare con ‘sti bordelli spazio-tempo-luogo. Inoltre ha ereditato tutto l’immenso ciarpame di sua nonna, pieno di formule magiche e sortilegi e maledizioni. È il vostro migliore biglietto di ritorno”.
VRAAAAAM.
Parli del diavolo cinese ed eccolo spuntar fuori.
Sarò sincera: i suoi trenta e rotti anni, o quanti cavolo sono, se li porta da dio. Assomiglia paurosamente alla “mia” Shan-Pu, salvo qualche minuscolo accenno di rughe attorno agli occhi. Anche l’abito che indossa, il più classico dei suoi completi fucsia, potrebbe essere uscito da un armadio che ho aperto personalmente. Per non parlare dei capelli, tenuti alla perfezione.
Dovrò farmi dare qualche dritta in tema di fashion, prima o poi.
Ansima appoggiata allo stipite della porta, provata da un’evidente corsa. La distanza fra il Nekohanten e il dojo Tendo non è copribile in così poco tempo a passo normale.
Senza esitare punta gli occhi su di me.
No dai, finitela di farmi sentire il centro dell’attenzione. Solo perché sono l’ultima arrivata.
“Oh santo *anf*... se fosse stata *anf* la prima... credo *anf* che sarei venuta meno seduta *anf* stante...”.
Mi farò chiamare Akane Tendo, la Donna che Sveniva la Gente.
“Terza in ordine di arrivo, zia. Non cercare di fotterci il posto”.
“Shinichi, per l’amor del cielo. Abbi rispetto per lei e per quel che starà provando!” esclama Genma dopo essersi alzato e avergli dato una leggera pacca di rimprovero sulla schiena.
No, sul serio. Chi è quest’uomo?
“Ascolta” riprende poi “perché non vai a dare un’occhiata a tua madre? Al momento è sconsigliabile che le caschi l’occhio su uno qualsiasi fra me, Akira e Akane. Probabilmente avrà pensato di aver avuto un incubo o un abbaglio e ha bisogno di facce conosciute, non facce di persone che per lei sono... morte. Poi magari, più in là, potremo spiegare anche a lei la situazione”.
“Mi sembra una buona idea”. Si alza e si porta in cucina senza dire un’ulteriore parola.
Per qualche minuto aleggia il silenzio, intervallato solo dai boccheggi di Shan-Pu che cerca di recuperare il fiato. Nel frattempo noi tre, che ci siamo tirati in piedi, ci guardiamo senza saper bene cosa dire o fare. Akira si è pure appoggiato al muro, le gambe incrociate e le braccia conserte.
Poi, inaspettatamente, lei mi si avvicina. Mi guarda. Mi abbraccia.
Alzo le mani, travolta dalla sorpresa.
“Sh... Shan-Pu? C-che fai?”.
“So che non capirai quanto sto per dire, ma sei quello che più la ricorda. Ti chiedo scusa, Akane. Perdonami, ti scongiuro”.
Io? Perdonare lei? Non so neanche chi è davvero, cazzarola! Tanto per cominciare non capisco come faccia a farsi comprendere così bene, impedita come la conosco con il giapponese.
“Per-perdonarti?”.
“Non tu... tu. La te stessa di questa terra. Sono stata crudele con lei e, tramite te, vorrei poter espiare un po’ della mia colpa”.
Mi scosto con delicatezza, la situazione mi metteva a disagio. Sorride, un sorriso colmo di tristezza e rimorso.
“Di cosa stai parlando? Non capisco”.
“Certo. Come puoi capire senza che ti spieghi?”.
Almeno ci arriva da sola.
“Akane, non so quanto ti hanno detto del Torneo che si è svolto in questo mondo ormai diciotto anni fa...”.
“Qualcosina. Ad esempio so che è a causa di quell’avvenimento se gli indigeni tendono a perdere i sensi vedendomi”.
“Allora sai anche cosa ti... le è successo”.
“Sì, lo so. E so che tu eri presente”.
“C’ero. Ed è lì che mi sono macchiata del torto peggiore, proprio in occasione del suo combattimento. Ho riso. Vedendola battersi io ho riso, sempre più forte e senza preoccuparmi che sentisse o meno. Non le sono stata accanto mentre esalava l'ultimo respiro. Non l’ho ringraziata, di persona o in silenzio che fosse, per il suo sacrificio. Quando poi l’ho raccolta ero contenta, contenta di vederla finalmente senza vita. E questo nonostante Ranma se ne fosse andato già da un pezzo. Le sue sorelle mi hanno parzialmente assolta, ma posso togliermi definitivamente questo peso dalla coscienza solo scusandomi in ginocchio con la diretta interessata... o con colei che più le assomiglia. Pertanto...”.
E lo fa. Si mette in ginocchio.
“Akane, se puoi perdonami”.
Sono ammutolita. E schiacciata dalla gigantesca quantità di sofferenza che mi ha gettato addosso.
È veramente pentita. Lo si vede. Lo si sente. Lo si annusa, persino.
Come ha potuto sopravvivere tutto questo tempo con un tale fardello?
Le prendo il polso e la aiuto ad alzarsi: “Va bene Shan-Pu, se può darti sollievo... Akane Tendo ti perdona”.
“D-dici sul serio?”.
“Dico sul serio. Se l’Akane di questo mondo mi assomigliava almeno un po’ sono convinta che, di fronte a questa dimostrazione di grandissimo rammarico, non avrebbe esitato e ti avrebbe teso la mano in un gesto di pace”.
“Io... io...”.
No per favore, non farlo. Non metterti a piangere. Ti verrei dietro.
Ma non mi dà retta.
Eccole, le sento salire.
Cominciamo assieme. Ed è naturale, quasi automatico stringerci l'una all’altra. I maschi non fanno un suono, né paiono intenzionati a interromperci.
Non so quanto ci sfoghiamo. Poi, esattamente com’era venuto, ci lascia. Con le gote bagnate e un senso di pacata rassegnazione.
Staccandoci pare accorgersi della cicatrice e mi chiede, sussurrando, come me la sono procurata. Le spiego velocemente le circostanze. Senza stupirmi minimamente chiede anche se può toccarla, mettendo fin troppo riguardo nella richiesta. Dico senza stupirmi perché pare essere diventato sport nazionale, non importa quale sia il mondo in cui mi trovo, tracciarne i contorni. La gente si trastulla con poco.
Staccando il dito domanda: “Ma quindi siamo state noi amazzoni a farti questo?”.
“Non usare il noi, tu... lei non c’entra nulla. Da quando è successo tutto quel casino con Mousse la sua posizione con la tribù è... diciamo compromessa. E non solo la sua”.
“Si sono ribellati?”.
“Praticamente sì, a conti fatti. Ed è per questo che loro hanno deciso di punirci. Questo fa parte della punizione”.
“Mi fai sentire ancora più in colpa, così...”.
“Ti prego, no. Tu non hai davvero nulla a che fare con questo. E poi, rispetto a qui, da me si sta molto meglio. Io e la gente che ci gira attorno abbiamo superato i sedici anni, per esempio. E forse, fra un po’, ci sarà qualcuno che mi farà tornare in mente uno dei presenti...”. Butto lì senza impegno quest’ultima allusione, notando che chi di dovere arrossisce.
Quei due fanno faville un po’ ovunque, a quanto sembra. Tranne quando muoiono adolescenti.
Chissà se qui io e Ranma abbiamo almeno ammesso i nostri sentimenti...
Poi si apre la porta d’ingresso.
Oh cavolo, è vero. Siamo a casa di Shinichi. E ha anche un padre, oltre a una madre.
E pure una sorella, vedo. Sorella che...
Maledizione. Potrei essere io una decina d’anni fa. È identica.
Anche Tofu è sempre uguale a se stesso. Ci osserva inebetito, saltando con gli occhi da me a Genma ad Akira e poi facendo il giro al contrario.
“Ma... che... cosa... chi...” balbetta. Pover’uomo. La piccola invece ci guarda sorridendo, evidentemente ignara delle implicazioni.
Vediamo se riesco a fare tre su tre con i malori degli Ono. Per precauzione mi avvicino, nell’eventualità che anche lui non regga all’impatto di vedermi.
“A-A-Akane?”. Ok, forse ho corso un po’ troppo. Naturalmente è scosso, ma non dà l’idea di uno che sta per perdere i sensi.
“Dottore...” inizio in tono remissivo, come se dovessi scusarmi della mia presenza.
“Come... come... puoi essere qui? E... e così... giovane...”.
“SHINICHIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII!” è l’urlo che ci squassa le orecchie. Mi giro verso Akira, il suo autore, con una faccia che dice ti sei bevuto il cervello?. Fa spallucce.
L’interpellato accorre rapido, spuntando dalla cucina.
Vede il padre e la sorella.
“Occazzo. Papà, Rei. Tempismo perfetto”. ‘Sto ragazzo deve essere stato adottato, per forza.
“Cosa sta succedendo, figliolo?” chiede Tofu, leggermente meno traballante.
Un sospiro formato famiglia prima di rispondergli: “Papà, è un puttanaio che al confronto il Torneo sembrava un giochetto per poppanti”.
“Aspetta, aspetta! Rei, perché non vieni con me? Ti mostro una cosa divertente” interviene Shan-Pu afferrando la mano della bambina e trascinandola fuori, sorda alle sue proteste.
Mi viene da pensare che sia stato un colpo di genio, anche se non ho elementi per stabilirlo con certezza. Credo che, essendo lei ancora così piccina, non sappia nulla.
Shinichi comincia a spiegargli. E più spiega, più la faccia di Tofu si distorce in un qualcosa di indefinibile. Ma di sicuro non bello.
“Mi stai chiedendo di credere a una storia tanto assurda...” afferma una volta finito il riassunto.
“Benvenuto nella mia situazione quando ho scoperto del Torneo” gli risponde senza battere ciglio.
“Tua madre dov’è? Sa di tutto questo?”.
“All’incirca. Per cause al di fuori del nostro controllo era in cucina quando ha visto Akane per prima e... ecco, immaginati come sono andate le cose...”.
“È svenuta, vero?”.
“Stecchita”.
“Adesso come va?”.
“Meglio. Si è ripresa ed ero con lei quando siete rientrati. Stavo tentando di introdurla pian piano alla patata bollente”.
“Passami il tuo cellulare, per piacere” gli ordina con una voce autoritaria di cui non lo credevo sinceramente capace.
Quando ha l’affare in mano schiaccia pulsanti a caso, movimenti che come con Shinichi mi risultano del tutto oscuri.
Dopo un po’ comincia a parlare: “Shan-Pu, sono Tofu. Puoi tenere Rei lontana da casa per qualche ora? Non voglio rischiare che senta”.
“...”.
“Certo che lo spieghiamo a Kasumi. Ha il diritto di essere messa al corrente”.
“...”.
“No, non credo di comportarmi in modo avventato. E poi ha già un piede nel fango, tanto vale farglieli mettere tutti e due”.
“...”.
“Shan-Pu, per favore. Sono abbastanza vacillante a livello emotivo da non poter reggere un litigio. Fa’ come ti ho detto. Te lo chiedo come piacere personale”.
“...”.
“Ecco, quando sei accomodante mi piaci molto di più. La prossima seduta per i tuoi dolori articolari è gratis. Consideralo il mio modo di sdebitarmi”.
Toh, ma allora il tempo passa anche per lei. Ha già i reumatismi.
Mentre ridà il trabiccolo a Shinichi gli dice: “Torna da tua madre e assicurati che stia bene, poi raggiungeteci in salotto. Vi aspettiamo lì”.
Esegue senza una protesta. Il ragazzo è pestifero e dalla lingua biforcuta, ma si nota che lo rispetta. L’evidenza mi scalda il cuore.
Seguiamo il capofamiglia mentre ci conduce verso il nostro obiettivo. Devo ammettere che mi fa piacere vederlo reagire con sangue freddo e compostezza.
Ci accomodiamo. Per caso finisco sul divano, proprio al suo fianco sinistro. Qualche anno fa sarei diventata rossa come un peperoncino di Cayenna all’idea. Avrei finito col giochicchiare nervosamente con l’estremità della mia coda di cavallo, borbottando frasi senza senso. Prima di Ranma.
“Quindi siete capitati qui per caso non sapendo come?” inizia.
“Proprio così”.
“Eggià”.
“Quel che hanno detto loro”.
“Voi non sospettate nemmeno quanto sia destabilizzante avervi qui. Specialmente tu, Akane. Se sei stata aggiornata sullo status quo di questo mondo...”.
“Praticamente la prima cosa che mi hanno riferito. E sì, capisco benissimo quello che intendi. Fin troppo bene grazie a Shan-Pu”.
“Cos’ha fatto Shan-Pu?”.
“Ha tirato insieme una pantomima da teatro, con tanto di scuse in ginocchio. Mi ha messa in imbarazzo”.
“Oh. Mi spiace. Ma cerca di capirla, ha vissuto molto male gli ultimi momenti...”.
“Era fin troppo chiaro. Quella poveretta deve aver passato cento e più notti a disperarsi, ricordando come si era comportata”.
Vi prego, chiudiamo il discorso. Mi sento in colpa, anche se lucidamente mi rendo conto di non aver fatto nulla che mi possa essere rimproverato.
“Piuttosto, perché non...”.
La frase di Genma viene troncata dal sopraggiungere di Kasumi e Shinichi.
Bene Akane, è il momento della verità.
La guardi. Lei ti guarda.
Ti alzi.
Si tocca la guancia e noti immediatamente un accenno di lacrime agli angoli dei suoi occhi.
Ti avvicini. Lei si avvicina.
Apri le braccia. Ci si tuffa come un pesce scemo dentro il retino.
La stretta è soffocante, calda, confortevole.
“Mi sei mancata Akane, mi sei mancata da morire”.
“Io non sono lei”.
“Non importa. Mi sei mancata lo stesso”.
Ti commuovi di nuovo? Stai diventando una mollacciona, Tendo.


Per gentile concessione di Laura Pex
   
 
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