Videogiochi > Mass Effect
Segui la storia  |       
Autore: andromedashepard    01/08/2013    4 recensioni
“Speravo dormissi, almeno tu”, disse Thane quando lei ebbe aperto il portellone. Le sembrò esausto. Coprì con due brevi falcate la distanza che li separava, uno sguardo che lei non seppe interpretare. “Dammi un buon motivo per andarmene”, aggiunse, appoggiando la fronte contro la sua. Lei trattenne il respiro, mentre le sue dita si intrecciavano ai suoi capelli. Se c’era davvero un buon motivo, lei non lo conosceva.
#Mass Effect 2 #Shrios
Genere: Avventura, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Comandante Shepard Donna, Thane Krios
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Andromeda Shepard '
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

“Things aren't the way they were before 
 
You wouldn't even recognize me anymore 
 
Not that you knew me back then 
 
But it all comes back to me 
 
In the end”

 (Linkin Park, "In The End")

 [x]

 

 
Lasciarono la Normandy appena dopo il tramonto, che sembrava così reale da investire ogni cosa con la sua luce calda e ambrata. Sembrava che ogni superficie della Cittadella brillasse di luce propria, avvolta in un’aura mistica. L’ufficio dogana era stracolmo, c’era un via vai impressionante di alieni di tutte le specie, ma a Shepard bastò fare una telefonata a Bailey per evitare la fila. S’incamminarono subito verso il C-Sec, dove avrebbe trovato il Capitano alla sua solita scrivania, intento a lavorare sulle scartoffie quotidiane.
“Comandante”, esordì Bailey vedendola arrivare. “Immagino tu stia per chiedermi un favore… dico bene?”, domandò sorridendo lievemente.
“Puoi scommetterci, Bailey”, rispose Shepard, appoggiando le mani sulla scrivania. “Io e il mio collega stiamo cercando un Drell, suo figlio. Abbiamo modo di pensare che sia stato assunto come mercenario”.
“Mercenario? Si tratta di una faccenda seria?”
“Sì, ma vorremmo occuparcene noi. Massima discrezione, come sempre”.
“Ma certo. Beh, non dev’essere difficile trovarlo. Non si vedono molti Drell qui”, rispose lui, iniziando a trafficare al suo terminale. “Come pensavo… Un Drell è arrivato sulla Cittadella qualche giorno fa. E’ stato avvistato mentre chiacchierava con Mouse… il che rende la faccenda interessante”, aggiunse poco dopo arcuando le sopracciglia.
“Mouse?”, domandò Thane, sembrando improvvisamente allarmato.
“Un piccolo criminale. Topi di fogna, li chiamiamo… Vendono informazioni, cose da poco. Di solito sono orfani che tentano di racimolare qualche spicciolo e vivono nei condotti dell’aria. Mouse è un ragazzo cresciuto ormai e si occupa di affari più grossi, se vogliamo”.
“Bene, quindi possiamo iniziare la nostra indagine da lui, immagino”, commentò Shepard, trovando l’approvazione silenziosa di Thane. “Hai idea di dove trovarlo?”
“Di solito vagabonda dalle parti del Dark Star”.
“Grazie Bailey. Ti devo un caffè”, rispose Shepard facendo per andarsene.
“Solo uno?”
Shepard sorrise tra sé e sé e iniziò a fare strada. Thane l’affiancò immediatamente.
“Allora… che ne pensi?”, gli domandò lei.
“Sono preoccupato. Ho sempre pensato che lasciandolo con i suoi zii l’avrei aiutato a stare fuori da questo ambiente. L’ultima cosa che volevo era che seguisse i miei passi”.
“Pensaci, magari sta solo cercando un modo per avvicinarti. Se qualcuno l’ha assoldato per commettere un omicidio avrà pensato che abbia ereditato le tue capacità e lui magari è arrivato alla conclusione che in questo modo tu l’avresti trovato”.
Lui si voltò a guardarla, uno sguardo carico di apprensione, e lei capì immediatamente perché avesse chiesto il suo aiuto. Per un attimo, quello che vide davanti a sé non era più l’assassino solitario, sicuro di sé, posato. Era un padre preoccupato per il figlio, sicuro delle sue capacità ma insicuro su tutto il resto. Il motivo per cui le aveva chiesto di farle da spalla era palese: non avrebbe voluto restare da solo qualora avesse fallito. Era la richiesta genuina di un individuo che ha bisogno di qualcuno per affrontare una situazione difficile. Quella consapevolezza, brutale nella sua semplicità, la portò a sentire una grande empatia e a dimenticare per un attimo il risentimento che aveva provato fino a quella mattina nei suoi confronti. La priorità di Thane diventò improvvisamente anche la sua.
“Questa eventualità mi perseguita, Shepard”, disse lui, mentre acceleravano entrambi il passo.
“Facciamo uno step alla volta”, rispose lei con un tono di voce che voleva essere rassicurante.

 
Una grande insegna luminosa svettava sull’entrata del Dark Star. Non c’era nessuno che facesse pensare a uno di quei delinquentelli nei dintorni, così decisero di entrare a dare un’occhiata. All’interno dell’ampia sala, suddivisa in piccoli separé, il colore dominante era il blu dei led che percorrevano tutto il perimetro. Al centro si trovava la postazione bar, dove un Turian era intento a miscelare liquori per un’Asari. C’era poca gente, d’altronde era ancora presto per un locale con quel nome. La musica era bassa e le luci più forti del solito. Shepard si guardò intorno, cercando con gli occhi qualcuno che rispondesse alla descrizione di Mouse, poi gli parve d’intravedere un giovane Umano sul fondo della sala. Fece a Thane cenno di seguirla e, non appena il ragazzo si accorse della loro presenza, lo videro fuggire da una porta di servizio. “Dev’essere lui”, commentò Shepard scattando subito dietro verso quella direzione. Appena fuori dal locale, la strada si dipanava in tanti vicoli, trovarlo sarebbe stata solo questione di fortuna, ma non ci volle molto prima che Thane si accorgesse di un’ombra che si proiettava a fianco di un bidone dell’immondizia. Poggiò una mano sullo spallaccio di Shepard, per farla rallentare, e le fece segno di non parlare, poi si avvicinò cautamente.
Il ragazzo era rannicchiato per terra, aveva abiti lerci e un cappello di lana scucito in più punti. Quando si accorse della presenza del Drell, alzò subito le mani in segno di resa. “Io… io ti conosco”, balbettò corrugando la fronte, stupito. “Merda… Krios! Pensavo ti fossi ritirato”, aggiunse poi, sgranando gli occhi. Thane gli si avvicinò e gli tese una mano per aiutarlo ad alzarsi, lui l’afferrò, in un gesto automatico. “Vi conoscete?”, domandò Shepard, incrociando le braccia.
“Era un mio contatto qui sulla Cittadella, quando ero ancora attivo”, rispose Thane mentre quello tentava di scrollarsi di dosso il sudiciume con una mano.
“Cosa volete da me?”, domandò allarmato.
“So che hai avuto contatti con un Drell, qualche giorno fa. Gli hai dato indicazioni per un lavoro. Chi è che l’ha assunto?”, chiese Thane a bruciapelo, avvicinandosi a lui.
“N-non lo so… Non ho chiesto. Le persone per cui lavoro non mi danno certi dettagli”.
Thane lo afferrò per il colletto, portandosi a un palmo dal suo viso. Gli archi sopraccigliari curvati in un'espressione torva che lo rendevano ancora più minaccioso; sapeva che stava mentendo.
“Non posso farmi ammazzare”, gemette Mouse strizzando gli occhi impaurito. Thane lasciò la presa, mantenendo il contatto visivo costante. Shepard capì che quello era il momento di essere diplomatici, in fondo era solo un ragazzo e sapeva che avrebbe ceduto facilmente. Gli si avvicinò, posando una mano rassicurante sulla sua spalla. “Non hai niente da temere, nessuno farà il tuo nome. E’ importante che tu ci dica come sono andate le cose”.
“E va bene, va bene…”, rispose quello, con le mani che tremavano. “E’ venuto da me a chiedermi un lavoro e io ho cercato fra i tuoi vecchi contatti qualcuno che poteva essere interessato. Il tizio che si è offerto di assumerlo si chiama Kelham. Elias Kelham… ma non so altro”, si rivolse a Thane.
“Dimmi di più su Kelham”, insistette Shepard.
“E’ un umano… Dopo l’attacco dei Geth alla Cittadella si è arricchito, adesso fa parte dei pesci grossi. E’ invischiato nella malavita locale, non è una bella persona”, rispose il ragazzo, grattandosi nervosamente il capo. “Se Kelham viene a sapere di questa discussione…”
“Non ti succederà niente, Mouse”, lo rassicurò Thane. “Hai fatto la cosa giusta”.
Il ragazzo si allontanò dai due, ancora tremante, la voce rotta dall’ansia. “Tu hai fatto tanto per me, Krios. Piazza una pallottola in testa a quel bastardo… per il bene di tutti”, disse prima di dileguarsi.
Shepard e Thane non lo fermarono, sapevano già abbastanza. Si scambiarono uno sguardo preoccupato, poi lui parlò.
“Conosco Mouse più di mio figlio”, confessò, abbassando il capo.
 
Mi sorride, ha i denti rotti e le ginocchia sbucciate, i piedi scalzi. Venera i piccoli doni che gli faccio. “Dov’è tuo figlio?”, mi chiede, lo sguardo accigliato.
 
Parlò velocemente, gli occhi persi in un ricordo lontano, la vergogna per il suo passato. Shepard non osò dire una parola, dandogli il tempo di spiegarsi, se avesse voluto.
“Ero l’unica cosa che aveva”, mormorò, senza sollevare lo sguardo da terra. “E ho lasciato lui così come ho lasciato Kolyat”.
“Non… non biasimarti per questo”, fu l’unica cosa che le riuscì di dire.
“Se non lo faccio io, chi lo farà per me? Dobbiamo convivere con il peso delle nostre decisioni, Shepard”, rispose lui incamminandosi. “E tu lo sai meglio di me”, concluse mentre le dava le spalle.

 
Si recarono nuovamente da Bailey, stavolta per saperne di più sul committente. La faccenda si rivelò più complicata del previsto. C’era una sorta di accordo silenzioso tra Kelham e il Capitano, per cui lui si sarebbe impegnato a chiudere un occhio, accontentandosi delle proficue donazioni annuali al C-Sec e della promessa di non combinare troppi guai. Shepard si passò una mano sul capo, innervosita. Non avrebbe rinunciato a trovare il Drell solo per uno stupido accordo tra un criminale e la polizia. Sfoderò tutte le sue armi migliori per convincerlo a indicare loro dove potevano trovarlo, e in cambio promise di tenerlo fuori da quella faccenda. “Fate presto, Kelham ha uno stuolo di avvocati pronto a difenderlo e io sono con le mani legate. Non costringetemi ad intervenire”, furono le parole di Bailey, altrettanto inquieto. “Il massimo che posso fare è mandare un paio di persone fidate a prenderlo e rinchiuderlo in una stanza. Potrete interrogarlo, ma dopo lo lascerete andare”.
Shepard non chiedeva di più. Accettò la proposta e si fece accompagnare ad una vettura d’ordinanza che li avrebbe condotti fino al luogo prefissato per l’incontro, lontano da occhi e orecchie indiscrete.
“Come vogliamo muoverci, Shepard?”, domandò Thane in attesa del via libera.
“Propongo un interrogatorio a due. Convincilo che non ti farai problemi a toglierlo di mezzo, spaventalo abbastanza da confessare subito. Io cercherò di essere diplomatica”.
“D’accordo”, annuì lui. “Non possiamo spingerci troppo oltre comunque, abbiamo bisogno di quelle informazioni più di quanto abbiamo bisogno di un cadavere”.
“Faremo in modo che parli alla svelta. Come te la cavi nel ruolo del poliziotto cattivo?”
Dio… non posso averlo detto sul serio.
Thane si lasciò sfuggire un sorriso sornione. “Non male, devo dire”, disse poi, portandosi compostamente le mani dietro alla schiena. “Ma so sempre quando è il momento di fermarmi”. Shepard decise di non rispondere, restando a fissarsi i piedi e a togliersi un’insolita immagine dalla testa. Fortunatamente, dopo una manciata di secondi, furono interrotti dalla chiamata di Bailey che li invitava ad entrare. Un cenno d’intesa, poi si avviarono verso la piccola stanza adibita per l’occasione. Trovarono Kelham disteso su un lettino parzialmente reclinato, gambe e braccia immobilizzate. “Che razza di scherzo è questo?”, esclamò l’Umano alla vista di quel duo sospetto. “E chi diavolo siete voi due?”
Shepard e Thane non risposero, si divisero andando a posizionarsi ai lati opposti del lettino e poi Thane fece un impercettibile cenno col capo in direzione di lei.
“Hai assunto un assassino. Ci dirai chi è che vuoi morto e poi uscirai da qui, niente ripercussioni”, disse Shepard posatamente, le mani appoggiate al materasso.
“Voglio il mio avvocato”, grugnì Kelham, stringendo i denti mentre tentava inutilmente di divincolarsi dalla morsa delle manette d’acciaio.
Thane gli voltò le spalle, camminando lentamente lungo il perimetro della stanza. “Non siamo dello C-Sec, come avrai potuto notare, e questo non è un processo”.
“E questo dovrebbe spaventarmi?”
Thane gli si avvicinò, sotto la luce fioca della stanza i contorni del suo viso spiccavano nell’ombra. Shepard, scioccamente, si ritrovò a pensare a un cobra che punta la sua preda con garbo ed eleganza, e poi si avventa senza pietà su di essa, in una mossa scaltra e letale.
“Quello no, ma forse questo sì”, disse lui, estraendo la Predator della fondina e portandola direttamente alla sua tempia. Il malcapitato chiuse gli occhi d’istinto e digrignò i denti. “Bailey non ve lo permetterà!”, sibilò con rabbia.
“Vedi per caso qualcuno che si chiama Bailey in questa stanza?”, domandò sarcasticamente Shepard a Thane, portandosi avanti a fronteggiarlo con un ampio gesto del braccio. Adesso si trovavano entrambi su di lui, in una morsa fatale. Un paio di occhi verdi come smeraldi e un paio di occhi neri come l’ossidiana che non lasciavano scampo. “No, non vedo nessuno di nome Bailey qui. Pare che dovrai vedertela solo con noi”, rispose Thane con fare canzonatorio.
“Chi diavolo sei tu, ranocchio? Il suo tirapiedi?”. Un millesimo di secondo dopo, Kelham si ritrovò con il labbro inferiore spaccato dal calcio della Predator, Shepard sussultò in risposta al gesto inaspettato e capì che Thane aveva intenzione di interpretare il suo ruolo fino in fondo. Per quanto lo spettacolo non le dispiacesse, era il momento di farlo ragionare con le buone, adesso.
“Hai mai sentito parlare della divisione Spettri, Kelham?”, chiese, avvicinandosi pericolosamente al suo viso per regalargli uno dei suoi sguardi più penetranti. “Ne hai uno giusto di fronte”.
“Provalo!”, abbaiò quello, incapace di resistere all’istinto naturale di divincolarsi. Thane premette a fondo la pistola sulla sua tempia e gli si avvicinò di rimando. “Gli Spettri sono sopra la legge, non lo sapevi? Non ha nulla da provarti”. Kelham strizzò gli occhi, sotto il dolore pulsante dell’arma premuta contro il cranio. “Dannazione”, imprecò, mentre Shepard e Thane si scambiavano un altro sguardo d’intesa. Avevano capito di esserci riusciti.
“Il nome che state cercando è Joram Talid. Un Turian in corsa per le elezioni sulla Cittadella”.
Thane ripose la Predator e incrociò le braccia sul petto. “Dove possiamo trovarlo?”
“Vive negli 800 blocchi”.
“Ringrazia che non siamo venuti qui per te, razza di imbecille”, concluse Shepard. Poi, lei e Thane lasciarono la stanza lasciandolo inebetito a divincolarsi come un pesce fuori dall’acqua.

 
Appena fuori dalla porta, un agente dello C-Sec fece loro cenno di seguirli. Svoltato l’angolo, Bailey li aspettava irrequieto. “Allora, avete le risposte che cercavate?”, domandò, squadrando i loro volti.
“Conosci un certo Talid, Turian?”, incalzò Shepard.
“Chi non lo conosce… puoi vederlo nei manifesti elettorali di cui è tappezzata la Cittadella. Promette di eliminare il crimine dalle strade ed è apertamente anti-Umano”, rispose, scuotendo il capo.
“Al momento il suo schieramento politico non è la mia priorità. Dobbiamo trovare il figlio di Krios al più presto”.
“Sergente, accompagnali agli 800 blocchi”, ordinò immediatamente Bailey. Shepard gli diede una pacca sulla spalla in segno di ringraziamento e poi si avviarono verso il mezzo.
Era notte ormai e i palazzi illuminati svettavano sulle strade grigie della Cittadella, stagliandosi sotto il cielo scuro. L’astroauto d’ordinanza trasmetteva di continuo le chiamate d’emergenza e gli aggiornamenti sulle altre pattuglie mentre viaggiavano a sirene spente, per non attirare l’attenzione.
“Stai bene?”, quella domanda sorse spontanea a Shepard, che prendeva coscienza del fatto che l’assassino era sempre più lontano dall’idea iniziale che si era fatta di lui.
“Apprezzo l’interessamento Shepard, ma finchè non troverò Kolyat…”, rispose lui, accarezzandosi il mento mentre gli occhi rincorrevano le luci della stazione sotto di loro. “C’è un dettaglio di cui non ti ho parlato… Ho saputo che mio figlio ha ricevuto un pacco, qualcosa che avevo preparato per lui dopo la mia morte. Non so come abbia fatto a riceverlo e non so a quali conclusioni può essere giunto”.
Lei dovette frenarsi dal tendere una mano verso di lui, per cercare la sua e rassicurarlo. Era sempre stata una persona molto fisica, che non teneva a distanza la gente, ma quel gesto, adesso, le sembrava sbagliato. Era un estraneo, eppure il suo istinto la spingeva a cercare una connessione, lo stesso istinto che aveva combattuto sin dal primo momento ponendosi in modo severo nei suoi confronti. Si allontanò, invece, appoggiandosi al portellone della parte opposta e costringendosi a guardare fuori dal finestrino.
“Lo scoprirai presto, non devi pensarci adesso”, rispose piano.
“Immagino sia così”.

 
Una volta giunti al luogo prestabilito si misero sulle tracce di Talid, parlando a stento fra di loro. Erano tesi, consapevoli che ritardare anche solo un paio di minuti avrebbe potuto fare la differenza. Thane sapeva che il momento migliore per muoversi era proprio quell’ora della sera, quando c’è poca gente in strada ma abbastanza da passare inosservati. Ipotizzò che Kolyat potesse essere già sulle sue tracce, proprio nel medesimo istante.
Tirarono un sospiro di sollievo quando finalmente il Turian che cercavano entrò nel loro campo visivo. Stava parlando con un altro Turian ed era in compagnia di un Krogan, probabilmente la sua guardia del corpo. Nessun Drell sembrava essere nei paraggi.
“Quando vuoi”, disse Shepard, incontrando i suoi occhi.
“Seguilo a distanza, dalle passerelle di manutenzione”, rispose Thane indicando dei corridoi sopraelevati che percorrevano tutta la zona.
“Tu dove sarai?”
“Nell’angolo più buio, con la visuale migliore”. Pronunciò quelle ultime parole con un’enfasi particolare, poi riunì le mani in preghiera e mormorò qualcosa in una lingua che non poteva essere tradotta. Shepard teneva un occhio fisso sul Turian e quando si voltò, Thane si era già dileguato nel nulla.
Si mise anche lei sui suoi passi, raggiungendo la prima passerella disponibile e aggirando i controlli con astuzia, poi attivò il factotum e controllò che la comunicazione non desse problemi. Iniziò a sentire l’ansia crescerle dal fondo dello stomaco, mentre percorreva quegli stretti corridoi metallici man mano che Talid avanzava, sotto di lei. Perderlo di vista equivaleva a mandare all’aria l’intera missione e non era una cosa che voleva rischiare. Perché le interessava tanto? Probabilmente perché anche lei aveva a cuore il destino di un figlio abbandonato dal padre, un destino che nessuno al mondo dovrebbe subire, e lei conosceva bene il peso di una tale perdita. Non aveva fatto domande riguardo alla madre, ma non era stato difficile indovinare, visto com’erano state poste le cose. Tuttavia, non riusciva a biasimare Thane come persona; era abbastanza matura da comprendere i motivi di certe scelte e da astenersi dal dare giudizi troppo affrettati, soprattutto perché lui non era Umano. Non conosceva bene gli usi e i costumi dei Drell e, per quanto ne sapesse, l’allontanamento dal nucleo familiare poteva essere visto diversamente per loro, alla luce anche dei rapporti con gli Hanar. Sapeva qualcosa del Contratto, quella sorta di clausola per cui i Drell tentavano di ripagare come possibile i loro salvatori, compiendo mestieri a cui gli Hanar, per via delle loro caratteristiche fisiche, non erano portati. Un giorno, forse, le sarebbe piaciuto affrontare l’argomento, magari di fronte a una tazza di thè. Continuando a pedinare Talid, si sorprese di quell’ultima considerazione spontanea e le venne naturale ripensare a quella mattina, quando aveva sperato fino all’ultimo momento che Kelly le desse un buon motivo per sbarazzarsi di lui. Adesso, quel sentimento, sembrava svanito nel nulla.
 
“Shepard, mi ricevi?”, la voce profonda dell’assassino giunse alle orecchie di lei attraverso il comunicatore, tornandola a far concentrare sull’obiettivo non solo con gli occhi, ma anche con la mente.
“Affermativo”, rispose lei, abbassandosi per evitare un tubo metallico mentre non si arrischiava a distogliere lo sguardo dall’obiettivo, neanche per un secondo.
“Lo hai bene in vista?”
“Non lo perdo, Thane”.
Shepard continuò il pedinamento senza farsi scoraggiare dai numerosi corridoi chiusi che era costretta ad attraversare prima di tornare ad una visuale migliore. L’istinto le venne in aiuto, facendole prendere sempre la strada corretta, aiutata anche dagli aggiornamenti costanti di Thane. Passarono circa quaranta minuti prima che lei, finalmente, si accorse di un movimento sospetto, ad una ventina di metri da Talid. Il suo cuore accelerò i battiti; se aveva visto bene, c’erano quasi. Attivò il comunicatore con un gesto rapido della mano e si mise in contatto con Thane.
“Credo di averlo visto”, disse, “tieniti pronto”.
“Ho visto anche io”.
Non passarono neanche dieci secondi da quell’ultima frase, che un Drell apparve all’improvviso sotto di lei. Puntava una Predator vecchio stampo contro Talid, che non si era ancora accorto della sua presenza. Shepard si sporse dalla passerella all’istante. “Kolyat!”, urlò, senza pensarci due volte, facendolo voltare verso di sé. Quello era il segnale. Il Drell sparò d’istinto un colpo in direzione del Krogan, ferendolo ad una gamba, Talid iniziò a scappare e Kolyat scattò per inseguirlo a ruota. Lo stesso fecero Thane e Shepard, sapendo che quella sarebbe stata la loro personale corsa contro il tempo. Corsero fianco a fianco per qualcosa come un centinaio di metri, poi giunsero all’appartamento del Turian. Trovarono Talid, in ginocchio su un tappeto d’un bianco immacolato, col capo chino, e Kolyat subito dietro di lui, con la pistola puntata alla sua nuca, la mano tremante e incerta. Shepard estrasse la Phalanx dalla fondina, togliendo la sicura e puntandola automaticamente verso Kolyat, una precauzione necessaria. Thane, invece avanzò, incurante di quell’arma che, volendo, avrebbe potuto anche colpire lui. “Kolyat”, disse.
“E’ uno scherzo, vero? E’ adesso che ti presenti? Togliti di mezzo”, esclamò il figlio, trattenendo a stento la rabbia che increspava il suo volto.
“Vi prego, aiutatemi”, gemette il Turian in ostaggio, sull’orlo delle lacrime.
“Figliolo, abbassa quell’arma”, anche Bailey fece irruzione nell’appartamento, accompagnato da un agente. Kolyat adesso aveva tre pistole puntate addosso. Shepard si augurò che non facesse mosse false, in quella posizione ben poco adesso dipendeva da lei.
“Toglietevi tutti di mezzo. Io me ne vado, e lui viene con me”. Kolyat pronunciò quelle parole con la voce che gli si spezzava in gola, senza trovare il coraggio di guardare il padre neanche per un secondo.
“Ci sono dei cecchini qua fuori, fossi in te io ascolterei il Capitano”, intervenne Shepard.
“E tu chi diavolo sei? Lasciatemi in pace!”. La Predator tremò nella sua mano e lei dovette intervenire. Sparò un colpo in direzione di una lampada, talmente preciso da centrarla in pieno. Kolyat sussultò, e l’attimo dopo si ritrovò a massaggiarsi una guancia, colpita duramente da un destro di Shepard che, veloce, gli sottrasse l’arma dalle mani. Non le piacque, ma andava fatto. Si voltò, sapendo che la sua presenza non era più necessaria e raggiunse Bailey, mentre Talid scappava via da qualche parte e Thane affrontava finalmente il figlio.
 
 
 
Quella notte, Shepard si prese del tempo per riflettere, avvolta in una morbida coperta sul divano dell’Osservatorio. Una cioccolata calda in mano e il factotum aperto su Extranet nell’altra. “Thane Krios”, aveva digitato sul motore di ricerca, senza trovare risultati degni di nota. “Drell”, era stata la seconda parola chiave, e le si era aperto un mondo. Aveva passato almeno un paio d’ore a leggere della storia di quella Specie, spaziando dalle origini, alle tradizioni, alla situazione politica dei giorni attuali. Aveva appreso che si trattava di una specie molto interessante, caratterizzata da uno spiritualismo innato e da una profonda sincerità. Quell’elemento, le parve di capire, derivava dal fatto che i loro flash improvvisi di memoria avrebbero potuto causare situazioni imbarazzanti o fraintendimenti, perciò erano nati come un popolo senza peli sulla lingua e senza inutili tabù, al contrario degli Umani che si nascondevano sempre dietro maschere d’ipocrisia. Era bello, pensò, dando un sorso alla cioccolata ormai fredda. Molti strani comportamenti che aveva notato nell’assassino, trovavano finalmente una spiegazione. Stava per cercare “Anatomia Drell”, quando il portellone davanti a lei si aprì e apparve l’oggetto di tanta curiosità. Se avesse potuto lanciare il factotum nel vuoto cosmico attraverso il finestrone, l’avrebbe fatto senza pensarci due volte. Si limitò a chiudere la schermata con un gesto quasi violento e pregò di non essere arrossita troppo vistosamente.
“Shepard”. Thane abbozzò un inchino col capo e fece due passi verso di lei. “Disturbo?”
“No, affatto”, rispose lei mantenendo una certa parvenza di compostezza. “Vuoi parlarne? Di tuo figlio, voglio dire…”
“Prima volevo ringraziarti, dal momento che non l’ho ancora fatto. Il tuo aiuto, oggi, è stato fondamentale”, disse, prendendo posto accanto a lei.
“Nessun problema, sono contenta di aver dato una mano”. Shepard ritrasse i piedi scalzi sotto la coperta, rannicchiandosi maggiormente nell’angolo.
“Hai fatto più di questo, ti sono debitore”.
“Sbagli. Hai accettato di salire su questa nave senza volere niente in cambio, il minimo che potevo fare era questo”.
“Le tue parole mi confortano, Shepard. Se devo essere sincero, non pensavo avresti accettato dopo l’episodio di Sidonis”.
“A proposito di quello”, sorrise lei, deponendo completamente le armi, “avevi ragione. Se c’è una cosa che mi sono sempre ripromessa, è quella di riconoscere i miei sbagli. Mi hai detto che hai visto una debolezza… e c’è stata, da parte mia. Non ti autorizzava ad agire come hai fatto, ma… se quella fosse stata una situazione di vita normale e io non fossi stata il tuo dannato Comandante, credo sarei stata felice di avere a fianco qualcuno in grado di aprirmi gli occhi in un momento così delicato”.
Complimenti, Shepard. Hai toccato il fondo adesso.
Si massaggiò la testa, mordendosi distrattamente le labbra dopo quella confessione. Era troppo stanca, probabilmente, e la cioccolata l’addolciva sempre troppo. Thane sorrise, un sorriso ampio che era l’essenza della sincerità e che non sapeva di soddisfazione. Era il suo modo di dirle che era felice di essere stato compreso, così come lui aveva compreso lei.


 

Ho sempre adorato questa missione, specialmente la parte dell'interrogatorio, e spero di essere riuscita a darle la giustizia che merita senza annoiarvi troppo.
Grazie a tutti coloro che leggono e recensiscono, grazie anche a chi l'ha fatto già tempo fa su DeviantArt <3
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Mass Effect / Vai alla pagina dell'autore: andromedashepard