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Autore: funklou    01/08/2013    24 recensioni
Al Norwest Christian College le cose vanno così: o sei popolare, o non sei nessuno.
Ma c'è anche chi, oltre ad essere popolare, è anche misterioso, quasi pericoloso. E nessuno sta vicino al pericolo.
Tutti sapevano quello che Luke Hemmings e i suoi amici avevano fatto.
Ricordatevi solo una cosa: le scommesse e i segreti hanno conseguenze.
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Dal secondo capitolo:
"A me, invece, non sembri un tipo così pericoloso. Forse strano" affermò Avril, senza distogliere l'attenzione dal suo libro.
"Due." Si guardò intorno, in cerca di un banco libero.
"Due?"
"Due."
"Cosa significa?" Alzò lo sguardo e lo guardò confusa.
"Sinceramente? Nulla. Quando non so cosa rispondere, o quando non voglio rispondere, dico due." Scrollò le spalle, come se fosse la cosa più ovvia e si allontanò.
"Questo conferma la mia teoria, Hemmings."
Doped!Luke
Scene di droga esplicite. Se ne siete sensibili, non aprite.
Il trailer di Two: http://www.youtube.com/watch?v=NE35nheHyZY
Genere: Drammatico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Calum, Hood, Luke, Hemmings, Michael, Cliffors, Nuovo, personaggio
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Dark green and light blue.

Luke, appena finita quella conversazione, lasciò lì inerme Avril. Senza dubbio, questa non sapeva cosa pensare. Aveva fatto la scelta giusta o era un totale sbaglio? D'altronde, voleva davvero sfidare Luke e dimostrargli di non avere paura, ma quando si era ritrovata con gli occhi incatenati ai suoi, non lo sapeva più nemmeno lei, se lo temesse o meno. 
Il ragazzo ormai era sparito da quel corridoio, e il cellulare di Avril prese a squillare. 
Merda, Vicky.
Prese il telefono e lo sbloccò, facendo partire automaticamente la chiamata.
"Pronto?" 
"Avril! Dove sei?"
"Sono ancora a scuola, puoi venirmi a prendere?" cercava di far nascondere dietro a quelle parole la normalità, come se non fosse accaduto niente. Non era mai stata una brava attrice, ma in questi casi doveva cimentarsi in quella parte.
"Ok, parto subito. Va tutto bene?" chiese Vicky, con un tono scettico.
"Certo. A dopo." 
Chiamata terminata.
Aveva le mani sudate e le gambe che potevano cederle da un momento all'altro.
E' tutto ok, continuava a ripetersi. 
Si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e iniziò a camminare, dirigendosi verso l'uscita della scuola, e proprio lì, su degli scalini, era seduto uno dei tre ragazzi che erano insieme a Luke quella mattina. Quello moro, precisamente. Sgranò gli occhi e si fermò di colpo.
Le coincidenze l'avevano presa di mira, sicuramente. 
Va tutto bene, sì.
Riprese ad avanzare facendo finta di nulla, e sentì uno sguardo bruciare su di lei. Avrebbe voluto guardarlo negli occhi e chiedergli se avesse voluto una foto. 
Un clacson bloccò i suoi pensieri. Era Vicky.
Si avvicinò alla macchina e si sistemò sul sedile, per poi chiudere la portiera, tutto rigorosamente senza guardare la cugina. Non che si sentisse in colpa, ma aveva disubbidito: non era stata lontana da Luke, anzi.
L'auto partì.
"Allora?" esordì Vicky.
Avril fece una faccia scombussolata.
"Che hai combinato?" la illuminò.
"Oh, certo. Ho risposto male alla professoressa, niente di che. Sta solo attraversando un periodo di menopausa, quella sclerata." Rise nervosamente.
"L'ho sempre detto anche io! Secondo me, tra qualche anno, dovremo andare a trovarla in un manicomio." E ora, risero entrambe.

"Eccoci qui, a domani" la salutò Vicky con un sorriso. 
"Okay, a domani splendore!" Scese dalla macchina ed entrò in casa.
Si chiuse la porta alle spalle e si accasciò sul divano. 
Fino alla fine di quella giornata, Avril continuò a ripensare al casino in cui si era messa. Restò per tutto il tempo in camera, sdraiata sul letto, e di certo non erano cose che faceva la vera Avril Mitchell. Così, decise di chiamare Jason, l'unico ragazzo che avesse mai amato così tanto. Non aveva bisogno di canzoni smielate per sentirsi bella, ci pensava già lui. C'era sempre per lei, in ogni ora del giorno, anche quella sera. Si parlarono per ore, raccontandosi di tutto, ma non accennò niente di Luke e dei suoi amici, non le sembrava il caso. Così, quella notte, Avril si addormentò felice.

"Avril, svegliati, per la miseria! Sono le 7:40!" Sua madre stava spalancando le finestre mentre cercava, invano, di svegliare la figlia troppo sbadata per ricordarsi di impostare la sveglia. Dopo altri dieci richiami, finalmente, si alzò dal letto con la bocca impastata dal sonno. Con gli occhi ancora socchiusi, aprì il guardaroba e prese dei vestiti a caso. 
"Chi se ne frega" farfugliò.
Si recò poi in bagno per lavarsi i denti e truccarsi leggermente. Si guardò allo specchio e fece una smorfia. Si faceva davvero schifo, quella mattina. Si pettinò i capelli lisci lasciandoli ricadere sulle spalle. Amava le sue punte azzurre.
"Muoviti! Vicky è già qua!" sua madre l'avvertì dal piano di sotto.
Avril indossò velocemente le scarpe e in un batter d'occhio era già davanti alla porta.
"Ciao mamma!"
"Ciao tesoro, buona scuola." 
Vicky era come sempre sorridente ad aspettarla. Ad Avril automaticamente spuntò un sorriso e salì sulla Range Rover.

"Io alla prima ho inglese. Tu?" domandò Avril.
"Matematica" rispose sbuffando. 
"Auguri, allora." Rise. "Oggi non ci vediamo neanche una volta?" 
"Credo di no. Va beh, ci si becca alle 14 fuori dalla scuola, okay?"
No. Avril doveva stare con Luke e i suoi amici, quel pomeriggio. Iniziò a crescere un'ansia assurda in lei e prese a fissare un punto indefinito di fianco alla cugina. 
"Pianeta Terra chiama Avril!" 
Avril sembrò riprendersi dal suo stato di catalessi e guardò sua cugina.
"Si, si. Scusa." Pensa, pensa, pensa. "Oggi mi accompagna a casa mia mamma, dopo abbiamo da fare." Era stata abbastanza convincente?
"Uhm, come vuoi. Ora sbrighiamoci, ho la strega alla prima ora!" 
"Hai ragione!" affermò ridendo.
Dopo essersi salutate, andarono entrambe nelle rispettive classi, ed Avril osservava ogni singolo volto che le si presentasse attorno, ma di Luke nessuna traccia. Forse, quel giorno non sarebbe venuto a scuola e ancora forse, la scommessa era annullata. 
Fece un lungo sospiro ed entrò in aula. Era ancora mezza vuota, era abbastanza in anticipo. 
Che tristezza questi muri grigi, pensò. Si sedette in un posto vuoto in ultima fila e sistemò un quaderno e una penna sul banco. Si accorse, dopo poco, che qualcuno la stesse osservando. O meglio, fissando. Automaticamente, si girò in direzione di quel qualcuno e il cuore perse un battito. Un ragazzo con cui Luke era l'altra mattina era lì, nella stessa aula di Avril, con le iridi puntate addosso a lei. 
Uno sciame di pensieri le stava trafiggendo completamente la testa. Pensava a quanto fosse bianca la sua pelle, a quanto i suoi capelli fossero strani, tinti di un biondo platino; quanto le sue labbra fossero rare, ma belle; a quanto il suo sguardo facesse paura, poiché non tralasciava nessuna emozione. E Avril si ritrovava a fare i conti con quegli occhi tanto inespressivi, ma un istante dopo sentì il cuore rimbombarle incessantemente contro il petto: quel ragazzo le aveva sorriso, ma non era un sorriso di felicità: era pieno di malizia. Smise di guardarlo, e solo in quel momento si accorse che la classe fosse ormai piena e che una professoressa fosse già davanti, seduta dietro alla cattedra. 
Loro non potevano farle paura, lei era sempre stata forte e coraggiosa. Doveva essere lei a vincere quella scommessa, ne era convinta.
I sessanta minuti passarono, così come le altre ore. Quando andò a mensa, controllò fra i volti della gente, ma non trovò né quello di Luke, né quello dei restanti due ragazzi. Meglio così.

La campanella dell'ultima ora era appena suonata. Avril era in preda all'agitazione e ne aveva tutti i diritti: tra poco avrebbe scoperto se la scommessa fosse ancora aperta o meno, e sperava davvero che Luke se ne fosse dimenticato. 
Ma non fu così.
Lui era lì.
Loro erano lì. 
Tutti e tre in macchina. La stavano aspettando.
Dal finestrino vide Luke farle un gesto con la mano, che significava di salire in auto. 
Niente paura, si ripeteva. Niente paura.
Si scambiò uno sguardo con il ragazzo alla guida e si avvicinò, per poi aprire lo sportello. Si sedette nel sedile posteriore di fianco al ragazzo che quella mattina la fissava, ma che al momento era intento a scrivere un messaggio. 
"Ciao Avril" esordì Luke con una voce che la fece tremare.
"C-ciao." Si sistemò meglio sul sedile. Si sentiva piccola, in quel momento.
Vide una testa girarsi in sua direzione e subito riconobbe quel viso.
"Calum." Le porse una mano.
"Avril." Gliela strinse. 
Calum si rigirò, guardando la strada e riprese a parlare.
"Sei nuova?"
"Sì" rispose, osservando fuori dal finestrino, per cercare di capire dove stessero andando.
Il silenzio che c'era le metteva una certa suggestione.
"Michael, non ti presenti?" chiese ad un certo punto il moro.
Avril era spaesata. Michael?
Come risposta si sentì solo un verso strozzato. La ragazza si girò per la prima volta a guardarlo, lo stesso fece lui.
Azzurro chiaro nel verde scuro.
E un altro sorriso bastardo comparve sulle sue labbra. Avril fece una smorfia e riguardò fuori dal finestrino.
"Dove stiamo andando?" chiese.
"Avril, per favore, stai zitta" disse, con un tono troppo calmo, Luke.
"Simpatico" sbottò ironica. Che maleducazione.
Vide dallo specchietto un'occhiata assassina di Luke e si maledisse da sola. Per il viaggio tutti e quattro non parlavano. Luke guidava, anche se non era convinta che avesse la patente, Calum aveva un paio di cuffie alle orecchie e Michael continuava ad usare il cellulare. 
Dopo un quarto d'ora, la vettura si fermò in un cortile enorme. Avril si guardava in giro e ciò che vedeva le sembrava più un castello che una casa: era enorme e sembrava di un'altra epoca. 
I tre, seguiti dalla ragazza, entrarono in quella struttura. Luke aspettò che entrasse anche lei e chiuse a chiave la porta. Deglutì spaventata. Probabilmente questa azione fu catturata anche dagli occhi di Luke, poiché la guardò ridendo.
"Tu hai paura" constatò, continuando a tenere quel sorriso che la infastidiva.
Avril prese coraggio e "No," rispose. "io non ho paura proprio di nessuno. Tanto meno di te, Hemmings" disse quel nome con una tale cattiveria che anche lui ne rimase sorpreso. 
Si guardarono negli occhi, come per cercare di intravedere l'uno le paure dell'altro. Entrambi, in quel momento, avevano le iridi piene di rabbia, e il compito dei due era di passare oltre quel velo di odio e scovare tutte le loro vulnerabilità. Era una sfida, forse. Ed Avril, di paure, negli occhi di Luke, ne vide eccome. 
"Sono finite le birre, Luke!" urlò Calum dalla cucina. Fu ciò che bastò per far distogliere lo sguardo ai due, che erano ancora davanti alla porta d'entrata. Nessuno aveva detto niente, solo sguardi. E proprio in quell'istante, l'iPhone di Avril cominciò a suonare. 
Lo chiamavano tempismo. 
Lo recuperò e, leggendo sullo schermo il nome Veronica, le si dipinse un sorriso in volto. Era una delle sue migliori amiche, le mancava tantissimo la sua voce.
Il ragazzo davanti a lei la guardò per un'ultima volta e se ne andò in un'altra stanza.
"Pronto?" 
"Ascoltami, Avril. Non sono qua per chiederti come stai o com'è Sydney. Ho una cosa da dirti, ed è importante. Sono ad un bar vicino a Melbourne, ma non sono sola. C'è anche Jason." Bum. Il cuore di Avril, al sentire quel nome, balzò. Pensò subito al peggio.
"E...?" la incitò a continuare.
"E sta baciando una ragazza che non sei te." 
Il telefono cadde a terra, così come la lacrima che aveva già percorso la sua guancia. Iniziò a piangere, appoggiandosi al muro, e non gliene fregava niente se di là ci fosse stato Luke con i suoi amici. In quel momento, in realtà, non gliene fregava niente di nessuno.
Provava compassione per se stessa. Lacrime, mani tremanti, trucco sbavato, un cuore spezzato. 
"Avril, stai piangendo." Non lo sapeva neanche Luke se quella fosse una domanda o una conferma a ciò che aveva visto. Era lì, vicino allo stipite della porta, ed Avril non lo aveva nemmeno sentito. 
"No" affermò questa, senza guardarlo. Si asciugò una lacrima che minacciava di scendere e "Va tutto bene. Ora devo andare a casa, però." Sistemò la ciocca che le impediva la visuale e la sistemò dietro l'orecchio. 
"A casa? Ora?" le chiese, confuso.
Sospirò. "A casa, ora. Ciao, Hemmings." E uscì da quella maledetta casa.
A Luke non fregava per niente di ciò che era successo ad Avril. L'unica cosa a cui pensava era che aveva perso la scommessa, e che ora si sarebbe divertito. Eccome.




Hei people!
Partendo dal presupposto che questo capitolo l'ho scritto quando ero in viaggio tornando a casa dalle vacanze e l'ho finito stanotte alle tre, ma okay, lol.
Sinceramente, rileggendolo, non mi piace per niente. Sono abbastanza pessimista e sminuisco sempre ciò che scrivo, ma mi sembra di essere sempre banale e troppo scontata.
Boh, fatemi sapere cosa ne pensate voi con una recensione, se vi va. 
AH, stavo dimenticando: siamo ottavi nei popolari, oh shiiiit. Vi amo.

 il mio twitter: funklou
quello di Martina: danswtr

  
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