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Autore: Cornfield    01/08/2013    3 recensioni
Siamo delle lune, delle lune apparentemente bianche, docili e candide come l'infanzia. Ma tutti hanno il proprio lato oscuro che non vogliono far notare a nessuno. Eppure questo misterioso lato oscuro è in realtà il nostro unico lato esistente.
Genere: Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa cosa. Che cos’è questa cosa? Ci credete che non lo so neanche io? E’ come se i Pink Floyd stessero raccontando Dark Side of The Moon a parole, ma ovviamente i pensieri sono miei. Ho cercato in qualche modo di andare oltre alla musica e ai testi, di comunicare altro, ma non so se la mia missione è stata compiuta. Non riesco bene a spiegarlo. Ecco, per capirlo basta darci un’occhiata. I capitoli saranno tre (Speak to me/Breathe, On The Run, Time per il primo; The Great gig in the sky, Money, Us and Them per il secondo;  Any Colour you like, Brain Damage, Eclipse per l’ultimo). Per un maggiore coinvolgimento vi consiglio di ascoltare le canzoni mentre leggete. Ah, dimenticavo, le frasi (leggermente modificate) qui sotto sono dei miei amici e conoscenti che hanno risposto alle mie domande. Ho cercato di fare ciò che ha fatto Nick per l’album. Bene, ho finito, spero vi piaccia e spero in una recensione c:









“Il lato oscuro della mente? La rabbia. Oggi avrò bestemmiato non so quante volte a causa del mio computer. E’ la rabbia, la maledetta rabbia.”


“Hai presente quella cosa che controlla fottutamente la tua vita? Si, la timidezza. Odio la timidezza mio Dio.”


“Forse il lato oscuro non esiste, forse è così scuro da non riuscire a vederlo. Fin troppo oscuro e misterioso.”



Speak to me.


Silenzio.
Silenzio penetrante.
Sei ancora immerso nella solitudine e nel grembo di tua madre. Lontano da tutto e da tutti, per fortuna lontano da tutto e da tutti. Viaggi in quella sottile striscia della finzione e della realtà, della prigione e della libertà, della sicurezza e della preoccupazione ossessiva, della vita e della morte. Non sai quale distinzione ci sia tra queste parole, forse tutte si mischiano per omologarsi e formare un unico interrogativo. Quale? Io non posso scriverlo perché ognuno di noi omologa un interrogativo diverso.
Ma ecco un rimbombo.
Un rimbombo pesante quanto la tua anima ancora in costruzione, l’anima che trascina con sé milioni di lacrime, che verrà frantumata, dissolta e nuovamente ricostruita.
Un cuore che pulsa pian piano rompe il silenzio che fino a quel momento ti ha illuso. Ricorda di non illuderti, ricorda di non sperare in niente e di vivere nel dubbio perché ferisce meno.
E’ il tuo cuore che piano piano comincia a divincolarsi e a scalpitare nel tuo petto gracile.
Una luce ti acceca i piccoli occhietti. Un foro, una voragine?
Un ticchettio di un orologio comincia a scandire il tempo, soppiantando così il tuo battito cardiaco. E non sarà l’unica volta che quel ticchettio soppianterà qualcosa. Perché in futuro soppianterà qualcosa.
Senti parole, frasi confuse. Rumori che non hai mai sentito fino a quel momento. Cosa succede? Cosa ne avete fatto del silenzio?
E poi la risata. Vorresti ridere ma non ci riesci. Vorresti piangere ma non ci riesci. Non sai cosa stia per accadere, forse lo sai ma non vuoi ammetterlo. Io so però che non c’è niente da ridere, perché sta arrivando l’inizio della fine. E non c’è niente da piangere perché ti inumidiresti gli occhi e perché non ne avresti più di lacrime, ti serviranno in seguito.
Ancora un altro rumore, come se già non ce ne fossero abbastanza di rumori. Il rumore che probabilmente sentirai più volte nella tua vita e che ti renderà schiavo, perbenista, avaro. Ti strapperà gli organi e ci infilerà dentro sorrisi e divertimenti falsi. Il male. Ma non ci dilunghiamo troppo su questo rumore ossessivo che sembra essere un registratore di cassa, perché tanto tu stesso lo proverai sulla tua pelle.
Tutto comincia ad essere confuso. Sarai confuso per sempre, fidati. I rumori cominciano ad accavallarsi l’un l’altro penetrandoti nella mente. E come se non bastasse anche un elicottero si aggiunge alla sfilza di costoro.
Ma un particolare grido straziante si staglia, un grido che anche tu incarnerai col tempo, un grido lacerante, simbolo di tutto ciò che dovrà avvenire. Quel grido scoppierà e i vermi mangeranno il tuo cervello.
E così l'orologio scandisce ogni cosa, le parole si fanno sempre più precise, la risata sempre più ossessiva, il registratore di cassa sempre più nitido e la gola dalla quale proviene il grido sempre più rossa e stanca.
Sta succedendo. Stai camminando sulla sottile striscia che fino a quel momento hai solo attraversato superficialmente e questa volta è tutto vero. Non sarai mai più protetto dal silenzio del grembo.
La luce è accecante.
Troppo accecante.
Ti sei ormai spogliato dell'illusione.
Perché sei nato.
Benvenuto.
Benvenuto nella macchina, per rimanere in tema.
Forse è solo realtà, regole rigide, preoccupazione e morte. Forse non imparerai mai a volare. Forse non scoprirai mai il lato oscuro della luna.
Ma prima prendi un respiro...



Breathe.
…Respira. Respira aria. Respira e nutri i tuoi polmoni di ossigeno, fai penetrare dalle tue indecorose narici aria. Perché non c’è niente di meglio di un respiro profondo, come se dovessi inspirare tutto l’oro del mondo e infine aspirarlo, ma non lasciarlo scappare. Respirare e inspirare ancora, per rendere pieno il tuo corpo vuoto.  Sei stanco. Le palpebre sono di cemento, le gambe molli ti tengono a malapena in posizione eretta. Annuisci vagamente a tua moglie che si lamenta della bolletta del gas troppo alta, saluti con un sorriso accennato tuo figlio e il suo amico. E poi? E poi ti lasci abbandonare sul divano. E respiri.
Oggi hai fatto tutto. Hai fatto tutto quello che un uomo può fare. Hai ubbidito al tuo capo senza lamentarti, hai fatto la spesa e sei ritornato in negozio perché avevi dimenticato la maionese, hai dato un passaggio a quell’ubriacone, hai portato il cane dal veterinario. Si ammala sempre quel bastardo.
Pensi che forse siamo nati per uno scopo preciso, rilassarsi dopo quel dannato lavoro. Dannatissimo lavoro. Ecco, siamo nati per respirare. E i conigli che non sanno respirare, che hanno i polmoni chiusi continueranno a scavare e scavare inutilmente, incessantemente, senza uno scopo preciso… rovinandosi gli artigli, scavando la propria tomba.
Il crepitio del fuoco appena acceso, il calore, il tessuto morbido del divano non fanno altro che farti scivolare nelle braccia tranquille del sonno. Le tue palpebre si chiudono in un secondo, il tuo battito rallenta, la tua anima si rilassa, il respiro si fa sempre più intenso e conciso. Dormi profondamente, scandendo gli attimi del sonno semplicemente col tuo respiro.



On The Run.
Ti svegli improvvisamente.
Sei in un aeroporto. No, sei vicino a un treno, o forse in macchina, in una gabbia di pazzi o forse sei nell’inferno. Dove sei? Sei lì e non sei da nessuna parte. Il respiro calmo, dov’è il respiro calmo? Dove siete finiti tutti? Il respiro non esiste. L’ossigeno non c’è, perché stai respirando a fatica? L’angoscia diventa la tua unica cosa che puoi respirare. Frammenti di ossigeno riesci a malapena a catturare ma che si dissolvono subito. Vuoi prendere un altro respiro ma non ci riesci, non c’è più tempo, non c’è mai stato tempo.
Sei in ritardo.
Sei in apnea.
Forse sei morto.
Devi andare. Ti alzi velocemente dal divano e afferri la giacca frettolosamente.
Corri. Devi correre. I tuoi passi riecheggiano nella mente altrettanto vuota. Scappi perché potrebbe prenderti. Scappi e non sai perché ma devi sempre scappare. Scapperai finché i tuoi piedi non si consumeranno, ti affannerai finché vivrai. Non puoi fermarti, non puoi più prendere un solo respiro dilaniato ormai dal ritmo frenetico che ti circonda. Cos’è un abbraccio? Uno stipendio ben speso. Cos’è il calore? Il calore non esiste, è solo una lama ghiacciata e arrugginita. Cos’è la soddisfazione? Un bel mucchietto.
 Ma non puoi più porti queste domande perché devi correre e puoi fare solo questo.
Per poco non finisci sotto una macchina, ma non importa e non ti può importare, non importa a nessuno. Perché sono facce vuote che devono solo correre, perché saranno sempre in ritardo anche quando non saranno in ritardo. Facce vuote. Non hanno occhi, bocca, naso, orecchie, anima. Hanno solo un mare di maschere nel loro capiente armadio. Quale maschera mi metto oggi? Cosa faccio credere alla gente oggi? Farò finta di essere felice, cucendomi quella bella maschera? Siamo solo zombie in realtà e ci comportiamo come gli altri zombie ci manipolano. E nessuno potrà mai notare il tuo velo di finzione perché troppo indaffarato. E allora si convinceranno loro stessi della maschera altrui e della maschera che loro stesso indossano.
Ma tu non sei quella maschera. La maschera nasconde ed illude. Nessuno noterà il senso di vuoto più grande dell’egocentrismo umano. Forse neanche tu la noti, perché lo specchio rifletterà ciò che vorresti essere e non ciò che sei realmente.
Sono le 8 e mezza.
Sei troppo in ritardo.
La tua testa è esplosa in mille pezzetti non più ricongiungibili.
Il tempo. E’ passato via troppo velocemente.
Oppure qualcuno probabilmente avrà spostato le lancette dell’orologio per farti un dispetto.



Time.
Provi a ricongiungere i pezzi della tua testa, ma invano. Eppure ci riprovi ancora, perché il tuo essere testardo prevale sempre. E ci riprovi, tanto il tuo lavoro è andato a farsi fottere ormai. Alla fine, ci rinunci, ma soltanto perché la noia è diventata opprimente.
Ti annoi. Gironzoli per la città seguendo la tua ombra e ti mischi tra la gente, quasi come se volessi mandargli un messaggio per informarli che la tua pazienza ha un limite.
Rientri a casa e cominci a fissare le gocce di pioggia che si rincorrono fra di loro e scivolano via verso un posto remoto. Tu invece rimani semplicemente lì. Perché tanto tu sei giovane, potrai esplorare grotte e castelli nascosti un’altra volta, potrai cercarti un hobby un’altra volta, potrai vivere la tua vita un’altra dannatissima volta. Rimandi sempre tutto. E rimanderai sempre tutto finché le promesse fatto a te stesso non si accumuleranno.
Oggi è un giorno perfetto per buttare via il tempo, ma mai riciclarlo visto che tanto il tempo è infinito, giusto? Che fretta c’è? Ed ecco che un cumulo di promesse diventa sempre più grande con l’avanzare dell’età. Ogni promessa, ovviamente sempre infranta, per ogni compleanno festeggiato. Cerchi la tua giovinezza nel cumulo ma non trovi niente di niente. La tua faccia è solcata dalle rughe, le tue gambe così come le braccia sono molli, viscide, prive di vitalità. Provi ad avverare tutte le promesse ma non ci riesci perché la schiena ti duole e semplicemente è troppo tardi. Perché il sole è sempre lo stesso? Perché anche lui non mostra i segni dell’età?
 C’è stato troppo poco tempo pensi, non è colpa tua. Perché dovrebbe essere colpa tua? Non hai fatto niente. Esatto, non hai fatto niente durante gli anni fiorenti.
Il respiro si sta facendo sempre più corto. Non potrai mai più respirare come una volta, con l’oro che trasudava dalle tue narici. Le punte delle lancette dell’orologio sono ferme, immobili, inermi verso un’unica tua destinazione: la morte. Provi a spostarle, con la tua solita testardaggine, ma capisci che hai già sprecato troppo tempo e non puoi far altro se non incamminarti nel viale dell’eternità.
 Da giovane ti è piaciuto buttare via il tempo, ora il tempo butterà te.
Ed  il tempo se ne è andato, il capitolo è finito… pensavo di dover dire qualcosa di più, ma non c’è stato… tempo.
  
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