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Autore: Locke    10/02/2008    7 recensioni
Bella è incinta.Bella è sola.Bella trascorre ore a scrivere lettere e a fissare il pianoforte del suo amato.
Edward se ne è andato.Non tornerà.Mai più.E Bella vive con la consapevolezza di dover crescere suo figlio da sola,aiutata soltanto dai membri della famiglia Cullen.
Una famiglia che la ama.Una famiglia che la soffoca di attenzioni e di premure.
Bella vorrebbe fuggire.Vorrebbe poter credere che un giorno Edward tornerà.Suonerà alla porta con un espressione raggiante,per poi gridare felice"sorpresa"
Genere: Malinconico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un grazie speciale a Giuggiolina e elyxyz che sono state così gentili da lasciarmi un commento
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2 capitolo

Caro Edward

 

Sono incinta.Questo lo sai gia,ma ora il mio pancione è diventato ancora più grosso,che trovo difficile persino camminare

Sono incredibilmente goffa.Credevo che non potessi peggiorare,ma mi sbagliavo.

Ora mi muovo come una papera.Con un andatura traballante,instabile.Inciampo ogni tre passi con grande divertimento di Emmett.

Il dottore mi ha consigliato di stare a riposo e di evitare qualsiasi fonte di stress.

Non che faccia molto a dir la verità.Trascorro tutto il giorno rintanata nella mia cameretta.

Guardo la televisione,leggo qualche libro,e attendo che un meteorite precipiti nella mia camera per liberarmi dalla mia noia.

E a volte spinta da un qualche desiderio di autodistruzione mi avvicino al tuo pianoforte.

Mi siedo sul tuo sgabello e attendo.Attendo lo squarcio insopportabile del dolore.

Dolore che mi diverto a stuzzicare e ad incoraggiare.Come una bimba che lancia incauta un pezzo di carne ad uno squalo ed aspetta di vedere le consequenze.

So di essere masochista.La maggior parte delle volte riesco a fare finta di niente.

Ma poi...Poi cedo.Inevitabilmente.

Mi permetto solo di sfiorarlo.Lievemente,per quache istante,per poi ritrarre la mano spaventata.

Non mi concedo più di questo.Qualche momento,qualche misero attimo durante il quale il mio dito entra in contatto con la superficie liscia e levigata del tuo pianoforte.

Un semplice contatto.Così forte,però da lasciarmi stordita per ore.

Non oso più di questo.A volte provo l’impulso di spingermi oltre.Di più.

So che ce la farei.Ce la potrei fare.Potrei premere il mio dito su un tasto.

Assaporare la dolce nota musicale che scaturirebbe da quel mio semplice movimento.

Potrei farlo.So che potrei.Ma poi avrei la forza di sopportare il dolore?

Quel dolore che inesorabilmente mi colpirà se mi spingerò a ricordare.

No.Sono debole.Troppo debole per questo.

Preferisco di gran lunga fissare per ore e ore il profilo del tuo pianoforte.

Mi concentro sulle venature del legno,che variano dal marrone rossiccio ad uno più scuro,color ebano,e le osservo come se a loro interno ci fosse racchiuso un intero mondo.Un mondo che mi permette di dimenticarti.

 

Alice non approva.Nessuno dei tuoi famigliari approva il mio comportamento.

La definiscono una cosa perversa.Perversa ti rendi conto?

Secondo me esagerano.O meglio non me ne importa più di tanto.

Li ho battuti.Per una volta ho avuto la meglio su di loro.

Volevano spostarlo,casomai farlo sparire completamente.Non glielo avrei mai permesso.

In fin dei conti il mio comportamento non nuoceva al bambino.Non sono riusciti a trovare una scusa medica,secondo la quale scriverti lettere o fissare il tuo pianoforte sia dannoso per la gravidanza.

Era stata l’unica volta in cui avevamo affrontato la questione.Di solito evitavano qualsiasi argomento potesse essere ricollegato a te.

Questo mi ha lasciata felice.Sono riuscita a minare il “sistema”come lo chiamo io.

Ho trovato una falla,un punto debole,e ho premuto,fino ad ottenere ciò che volevo.

Ho vinto.È infantile,lo ammetto.

Probabilmente stupido,inutile,oltre che controproducente.So che loro vogliono soltanto il mio bene.

Vogliono aiutarmi.Dovrei essere più matura,più adulta,sto per diventare madre.

Dovrei.Eppure non riesco a pensare ad altro.

Ho vinto.Vinto.Vinto.Vinto.L’euforia della vittoria è sempre meravigliosa.

Mi illude di avere una qualche forma di potere sulla mia vita.

Mi fa sentire forte,potente.Non sono alla mercè del mio nemico,sono ancora in grado di difendermi.

Oh voglio bene alla tua famiglia,non fraintendere.Si fanno in quattro per me.

Ma il loro affetto e la mia gratitudine non possono annebbiare la verità.

Siamo in guerra.Io contro loro.

Vogliono costringermi a fare cose che non voglio,ed io mi oppongo.

Che c’è di male?E tra l’altro è l’unico modo per riempire le mie giornate.

Sono stufa di leggere.Sono stanca.Mi alzo il mattino e mi sento esausta.

Non è una stanchezza fisica,ma morale.Sono spossata.Distrutta dalla noia.

E il desiderio di rimanere al letto e di non alzarmi più si fa sempre più forte che mai.

 

Mi osservo allo specchio e al solito faccio fatica a riconoscermi.Non mi riconosco.

Una ragazza pallida mi ricambia lo sguardo.Un ragazza con il pancione,un vestitino pre-mamam a fiorellini,e uno sguardo statico e penetrante,antico e giovane allo stesso tempo.

“E allora,cos’hai da guardare”sembra sussurrarmi.“Cosa vuoi?Perche mi fissi?”

Non sono io.Non posso essere io.

È un pensiero automatico.Non sono in grado di controllarlo.

Come non posso non provare disgusto ogni volta che osservo quella figura patetica.

Quella figura rattappita,con le guancie scarne e gli occhi incavati,raccolta su se stessa,come se avesse troppa paura persino per alzare lo sguardo.

Mi osservo e vengo assalita dalla nausea.

Il mio aspetto mi accomuna più alle persone anziane che alle ragazze della mia età.

Gli occhi fissi,bassi,la musculatura molle,un’apatia così assoluta che assomigia ad un buco nero nel quale rischi di precipitare.

Chi mi vede prova come minimo un senso di disagio.La mia sola presenza è capace di scombussolare le altre persone.

Emano come una sorta di vuoto,un vuoto che annichilisce chiunque lo incontri.

Ed io in questo vuoto ci precipito,continuamente.Giorno dopo giorno,ci cado all’interno.

Non sono impaurita.Sono semplicemente annoiata.

E allora?mi viene da urlare.

Cosa viene dopo?In quale strabiliante paese delle meraviglie mi risveglierò?

Sono stanca di precipitare.Stanca di quest’insensata caduta libera.

Sto ancora aspettando la mia ricompensa.

Come Alice.Alice che insegue il bianconiglio e ruzzola al’interno del paese delle meraviglie.

Perche in fin dei conti non si può cadere in eterno no?

Anche il buco più scuro ha pur sempre un fondo.

E io attendo.Non mi importa del dolore o delle consequenze.Attendo semplicemente.

Attendo di scoprire il paese delle meraviglie.

Oh non importa se si rivelerà un paese degli orrori.Purchè questo strazio finisca.

Nessun orrore può liberarmi dal lento ed inesorabile incedere della vita.

 

Il tempo ora come ora,sembra non trascorrere mai.All’inizio amavo la mia camera.

Ora mi disgusta.La odio come odiavo la mia cameretta asettica dell’ospedale.

Odio la carta da parati a fiorellini che ricopre i muri immacolati.È giallo splendente.

Forse Alice sperava che mi mettesse allegria.Ora più la osservo e più mi viene da pensare al vomito.

Detesto i mobili di legno antico e i soffici tappeti,e le montagne di coperte ammassate sul mio letto.

Dapprima trovavo tutto confortevole.Ora lo trovo asfissiante.

Sembra quasi che i muri della mia camera si restringano giorno per giorno.

Giorno per giorno tutto rimpicciolisce,fino a farmi apparire come un goffo e sgraziato gigante.

Addirittura inizio a pensare che se continuano così,una notte mi ritroverò soffocata.

 

Sto diventando paranoica.Calmati Bella,calmati.Respira.Pensa in positivo.

Ma l’unica cosa positiva che mi viene in mente è Charlie.Charlie.

Tre giorni fa sono andato a trovarlo.Sta bene.

Ovviamente gli manco,ma anni ed anni di esercizio,l’hanno abituato a sopportare bene la solitudine.

Ogni volta che vado a trovarlo,gli porto sempre un po’ di cibo,qualche piatto appositamente preparato per lui,anche se naturalmente non glielo dico.

Si preoccuperebbe inutilmente.

Anche lui è convinto che dato che sono incinta debba essere trattata come un invalida.

Anche se sono solo al quinto mese,guidare sarebbe come uccidere il bambino,dal suo punto di vista.

Non me lo ricordavo così intransigente.O meglio la mamma non me ne aveva mai parlato.

Aveva sempre avuto un talento unico per cancellare i ricordi negativi.Talento che io non ho affatto ereditato tra l’altro.

Se dal punto di vista fisico assomiglio molto a mia madre,il mio carattere malinconico ed introverso è sicuramente una prerogativa di Charlie.

Fatto stà che ora,per spostarmi a Forks mi faccio scarrozzare da Emmett.Mio padre approva.

Sono convinta che Alice gli abbia fatto il lavaggio del cervello.Magari anche Carlisle "ha aiutata con i suo parere da esperto”.

Mi viene da ridere.Sono tutti contro di me.Mi sembra di essere in trappola.

“Forza Bella,non comportarti come una ragazzina,fallo per il bambino”

“Bella non ti sforzare,affaticherai il bambino”

“Suvvia Bella fai questo piccolo sacrificio.Non mi sembra poi tanto grave no.Ricorda che lo fai per il bambino”

Il bambino,il bambino,il bambino.Ormai è diventato una presenza costante nella mia vita.

Una presenza quasi opprimente.In un certo senso mi sento tradita.

Sento come se il bambino ti avesse rimpiazzato.Nei loro cuori la sua presenza ha sostituito la tua.

È te che hanno tradito.È te che hanno abbandonato.

Dopo solo un mese è come se ti avessero dimenticato.Come fanno a non capirlo?

Come fanno ad essere così ciechi ed ottusi?

Mi fa star male.La loro perdita della speranza mi ferisce come una coltellata a cuore.

Sono l’unica che ancora crede che un giorno tornerai.Sono sola.

Non credevo che potessi provare un tale senso di solitudine.Cosi potente da lasciarmi frastornata.

Mi sento sola.Ma quello che fa più male,quello che proprio non posso sopportare è la consapevolezza di essere colpevole.

La consapevolezze che anch’io ti ho tradito.Anch’io ti ho dimenticato.

Io,che invecie di soffrire continuo ingiustamente a vivere.

Ti ho rubato la famiglia.Ora guardano me,cercano me,quando sentono la tua mancanza.

Cercano me e il bambino.Il tuo bambino.Il mio bambino.

Quel bambino che però non sarà mai nostro.

Non so se amarlo.Non so se posso amarlo.E questo mi terrorizza.

Il fatto che quest’ombra,questa paura sottorranea ogni tanto risalga in superficie mi fa sentire un mostro.

Non sono una brava persone.Le brave persone gioiscono alla nascita del loro figlioletto.

Le brave persone sono delle mamme allegre e dei papà sorridenti.Le brave persone sanno come comportarsi.Le brave persone non pensano certe cose,non provano certe cose.

Non so se amare mio figlio.Non so cosa provo per lui.Una parte di me lo odia.

Lo odio perche lui è vivo,dentro di me,mentre tu mi hai abbandonata,mentre te,di cui avevo un disperato bisogno mi hai lasciata.Mi hai lasciata quando non potevo fare a meno di te.

Come hai potuto Edward?Edward,Edward,Edward.

Di chi è la colpa?Di chi è la colpa di tutto quello che ci è successo?

Mia,tua,di Jacob?A volte me lo chiedo,ma per la maggior parte del tempo me ne frego.

Appiccicare alla fronte di qualcuno una medaglia con su scritto“colpevole”non ti riporterà da me,ne renderà la mia vita migliore.

È anche per questo che sopporto le bizzarrie dei tuoi famigliari.

Riversare su di loro il mio dolore e il mio disprezzo non lenirà ne il mio dolore ne cancellarà il disprezzo che provo per me stessa.

Dire loro che sono degli stupidi non servirebbe a nulla.

Alla fine finirei soltanto per sentirmi un verme.

Ognuno ha la sua porzione di responsabilità e di colpe.Tutti noi siamo responsabili.Responsabili per quello che è successo.Io più di tutti.

E non posso permettermi di criticare il loro modo di affrontare il dolore.Non ne ho il diritto.

E neanche il tempo.

Per quanto tenti di ammassare tutte le emozioni,i pensieri,le sofferenze in un unico piatto non posso scegliere l’opzione“una botta e via”

Non posso abbuffarmi fino a sentirmi male,ne vomitare tutto quello che provo.

No,sono costretta a sopportarlo.A sperimentarlo sulla mia pelle e ad imparare a convinverci.

Devo conviverci.Convivere con il dolore,convivere con me stessa.

Quella me stessa che tutte le mattine si risveglia accanto a me.Quella me stessa che mi rammenta il perche mi odio.

Devo convinverci.Come devo convivere con la tua famiglia,che ormai è divenuta la mia famiglia,con la spiacevole sensazione di averti derubato di qualcosa e di averti tradito.

E con Jacob.

Jacob.Questo è un altro tasto dolente.

Non riesco a pensare a Jacob senza provare il desiderio di distruggere qualcosa o di prendere il muro a testate fino a sanguinare.

Anche Charlie se ne è accorto.

Non sa perche,ma ogni volta che sento il nome di Jacob inizio a tremare convulsamente.

Dopo un paio di volte non ne ha più parlato.Come non affronta mai l’argomento bambino.

È felice di diventare nonno,ma non osa domandarmi niente sull’identità del padre.

Non so che scusa abbia inventato Carlisle.Una scusa che giustifichi la tua improvvisa sparizione e al contempo il fatto che io mi trovassi in ospedale in coma ed incinta.

Vorrei saperlo.Ma non chiedo.Traggo un piacere malsano nel’ignorare il mio bisogno.

L’unica cosa che desidero me la nego.Peggio,mi diverto a negarmela.

Questo è il mio personale modo di punirmi.

Comunque Charlie deve aver saputo per forza qualcosa,qualche assurda bugia.

Oppure ha imparato a sopportare l’ignoranza.Non so.Neanche io gli chiedo molto.

Quando lo vado a trovare non so mai come comportarmi,ne di cosa parlare.

Di solito ci sediamo al tavolino della cucina e ci osserviamo con circospezione,mentre lui mangia le cose che gli ho portato e mi domanda qualche futilità.Non scendiamo mai nel personale.

Ci sono troppi tabù.Cose che non vanno dette,di cui è pericoloso parlare.

Nessun accenno ad Edward,Jacob,La Push,Renee(che forse non è neanche a conoscenza della mia gravidanza).

Tutti i nostri incontri sono basati su un delicato gioco di equilibri.

Come il domino.Una mossa falsa e il sistema va in pezzi.

Camminiamo sospesi su una corda,con le mani e gli occhi bendati.

Quasi impossibile ma noi ci riusciamo.

Io non dico troppo per non smascherare le bugie di Carlisle e Charlie non chiede niente per paura di ferirmi.

Le nostre conversazioni sono false.O meglio non sono mai vere.Niente è vero tranne l’affetto che ci unisce.

Solo una volta dall’incidente Charlie mi ha parlato con assoluta sincerità.

Ero distesa sul lettino d’ospedale.Mi ero da poco risvegliata dal coma e ancora non si sapeva se ce l’avrei fatta.

Avevo il corpo ricoperto da cicatrici non completamente rimarginate e i numerosi farmaci,antidolorofici e le dosi di morfina mi avevano annebbiato il cervello.

Ero mezza morta.Ma non così morta per non accorgermi della sua presenza.

Per non sentire le calde mani di Charlie che mi stringevano tenaci e il suo volto arrossato dalle troppe lacrime.Era distrutto.Probabilmente dentro era rotto tanto quanto me.

C’è una quantità precisa di sofferenza e di dolore che possiamo sopportare.Io l’avevo superata.E anche mio padre.

Vedermi ridotta così,ha frantumato la soglia della sua sopportazione.

Non lo meritava.Non era giusto.

Lui era una brava persona.Certo non andava in chiesa tutte le domeniche,si dimentica i compleanni degli amici e preferiva di gran lunga giocare a carte o guardare la partita anziche lavorare o parlare con la figlia adolescente.

Ma amava i suoi figli.Era buono,ergo non potevano succedergli certe cose.

Le tragedie non potevano capitargli.

I figli morivano dopo i genitori,non rischiavano di rimanere paralizzati o in coma per il resto della vita.

Le figlie andavano al’università e diventavano persone famose,futuri premi nobel,non si trasformavano in ragazze madri.

Era sbagliato.E guardandolo negli occhi,capiì che dovevo aver distrutto ciò in cui credeva.

Ero stata in coma per quasi un mese.Avevo rischiato di morire.

Ero incinta,il padre del mio bambino era ignoto,o meglio non mi avrebbe aiutato a crescerlo e avevo da poco compiuto i diciotto anni.

Charlie era sconvolto.La sua espressione diceva chiaramente“Non può succedere a me.Non può”

Ma nonostante tutto,appena mi ero destata mi aveva abbracciata e mi aveva sussurrato la sua promessa.Mi aveva preso il viso tra le mani e mi aveva fissato dritto negli occhi.

“Ti voglio bene Bella.Ricordati,qualsiasi cosa farai io sarò sempre fiero di te.

Starò sempre dalla tua parte.Non esitare mai a chiedere il mio aiuto.

Ti voglio bene Bella.Non esiste niente di più importante di te nella mia vita.

Io starò sempre con te Bella,per sempre.”

Con il senno di poi credo fosse preoccupato della reazione di Renee e delle dicerie che gia iniziavano a circolare su mio conto.

Forse voleva rassicurarmi.Farmi sapere che lui non mi avrebbe voltato le spalle.

Avevo infranto i sogni di mia madre.E forse anche i suoi.

Non sarei mai andata all’università.Ne sarei divenuta una scienziata o il prossimo presidente degli stati uniti.

Voleva dirmi che potevo contare su di lui.In qualunque caso.

Ma non mi importa.Tengo quelle parole come il dono più prezioso.

Le tengo strette al mio cuore,perche so che mio padre mi ama,e che non sarò sola,o almeno non del tutto.

 

Ho quasi terminato.Le mie ore di libertà stanno volgendo al termine.

Ho promesso ad Alice di non dedicare più di un ora per scrivere le lettere.

Certo potrei infrangere la promessa ma preferisco di no.Sono ostinata.

Trovo adorabile impuntarmi nelle cose e far impazzire i tuoi famigliari.

L’altro giorno per esempio dallo studio di Carlisle è saltato fuori un vecchio giradischi.

Un pezzo unico,risalente agli inizi dell’1900.

Appena l’ho visto me ne sono completamente innammorata.

Gli altri volevano buttarlo ma io mi sono rifiutata.Dicevano che era troppo vecchio.

Io invecie lo trovo meraviglioso.Irresistibile nel suo scintillante color nero,con quell’aria antica,vissuta.Lo adoro.

Ho riesumato dalla vostra soffitta vecchi cd ed ora passo gran parte del tempo ad ascoltare musica strana proveniente dal 1950 o da tempi ancora più remoti.

Esme mi ha procurato anche delle enormi cuffie da dj.

Ed Alice quando ha visto che ormai ero decisa a tenerlo ha acquistato alcuni cd moderni.

Assurdo.Ci sono tutte le canzoni più famose dell’ultimo anno.

Questa scoperta mi ha migliorato l’umore.

Non so come ho fatto a resistere per così tanto tempo senza musica.

Anche le note classiche di un clarinetto o la musica pop degli anni sessanta e il jazz di New Oreans per me sono delle melodie stupende.

Stavo per spegnerlo,quando il disco si gira ed inizia una nuova canzone.

Non una semplice canzone.

La nostra? canzone.Ma dopo tutto quello che abbiamo passato tutte le canzoni dovrebbero essere la nostra canzone.

È stupido.Infantile,inutile.Eppure le lacrime mi scivolano sul viso senza che me ne accorga,e iniziano a cadere sulla confezione del cd bagnando le scritte colorate.

Piango.Incredibile.Trovo ancora la forza per piangere.

“Baby what did you expect?......Baby what did you expect?”

Baby che ti aspettavi?

Non lo so Edward.Francamente non lo so.

Forse ingenua com’ero,nutrivo la speranza che sarebbe stato diverso.

Non avrei mai immaginato di ritrovarmi ridotta così:sola,a parlare con un vecchio giradischi e a scrivere lettere che non sarebbero mai state spedite,dato che non conosco neanche l’indirizzo del destinatario.

Che mi aspetto Edward?Mi aspetto che le mie lettere,come per magia arrivino a te,e tu che in un giorno di gelida pioggia,ti presenti raggiante all’uscio della mia porta e che felice mi abbracci gridando“sorpresa”,tenendo in mano un grosso pacco colorato contenente le chiavi magiche per cambiare la mia vita.

“Baby what did you expect?......Baby what did you expect?”

Sinceramente Edward,non mi aspettavo questo.

 

Per sempre tua,

con amore

 

Bella

  
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