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Autore: Evanne991    05/08/2013    3 recensioni
Non sempre è tutto bianco o tutto nero. A volte in mezzo ci sono tutti i colori dell'arcobaleno. Una giovane donna e la sua ingenua convinzione che il nero sia solo il colore degli abiti da sera che indossa nelle lussuose feste organizzate da papà. Quel che nero che, appena riconosciuto, decide di strapparsi di dosso. A qualsiasi costo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Riattaccò il telefono. Dopo due settimane di silenzio Eva era ritornata e pretendeva che lui  sarebbe stato pronto ad accoglierla. Aveva ragione lei a dire che in passato non si sono sentiti anche per anni, e che due settimane non erano nulla. Eva non aveva ben chiaro, forse, che lui aveva deciso di darci un taglio. Era stanco della sua vita, del suo lavoro, delle notti in albergo o in grandi tenute in campagna. Nonostante la coerenza degli ultimi anni, il non essere scappato dalla sua vita, come era abituato a fare da adolescente, l’unica vera costante della sua vita era Eva. Eva c’è sempre stata. Fin da quando si sono conosciuti. Fin da quando hanno stretto amicizia sul serio. Lei era sempre seduta ai primi banchi, una secchiona inarrivabile per la bellezza acerba di quasi bambina ancora, ricca ed antipatica. Lui era il tipico alunno da ultimo banco, casinista, quello che i professori descrivono come intelligente che non si applica. Per anni sono stati compagni di scuola, di avventure. Si sono sempre provocati, sempre sfidati, fatti la guerra. Lui ha sempre gridato al diritto di proprietà su lei. Come se Eva fosse la sua bambola. Il suo giocattolo preferito. Ha sempre fatto in modo di creare delle situazioni scomode, le trovava più semplici che dirle semplicemente che l’amava. Avevano sedici anni quando lei gli fece una delle tante scenate di gelosia. Forse la più furiosa, considerati poi gli sviluppi. Christian frequentava una ragazza poco più grande, della loro scuola, Gaia. Era bruttina, troppo magra, nulla di speciale, ma aveva un seno prorompente e dava si parecchio da fare. Eva era gelosa, come al solito. Con gli anni ha poi iniziato a controllare e placare questo sentimento.
 
Christian le da le spalle. Eva si avvicina. Sono in un parco. Hanno appuntamento, lui le ha detto che ha trovato erba buona e lei l’ha subito raggiunto. Lo abbraccia da dietro e gli annusa i capelli. Sono alti più o meno uguali. Lui si gira e le ricambia l’abbraccio, appoggiandosi al corpo di lei più del dovuto. Eva imbarazzata si sposta. Lui fa un ghigno, accende lo spinello, tira qualche boccata e lo passa all’amica.
-Sono abbastanza di fretta.
Lei espira il fumo e gli ripassa lo spinello.
-Dove devi andare?-gli chiede.
-Da Gaia, ha casa libera.
-Non so come faccia a piacerti. E’ una vacca idiota.
Lui sorride.
-Scopa bene.
Lei rotea gli occhi. Lui inizia a parlarle di come Gaia sappia usare la bocca, di come Gaia sia disinibita. Fino a quanto non butta il mozzicone a terra e lo pesta con forza. Si morde un labbro e si avvicina ad Eva. Ha voglia di baciarla per poi andar via da Gaia. Eva si scosta.
-Perché non vieni a letto a con me?- gli chiede lei secca.
Christian rimane interdetto. Non si aspettava una domanda tanto esplicita. Perché ti amo. Non ha senso questa domanda , non ha senso la sua risposta. Hanno sedici anni, e si fanno la guerra tutti i giorni, giocano sporco, fino a farsi male. Se andassero a letto insieme non potrebbero che farsi del bene, e non possono farsi del bene. Sono l’uno contro l’altra.
-Che cazzo vuoi, Eva? Vedi di non rompere- preferisce fare lo stronzo. E’ più semplice che dirle che ha paura.
-Io non ti piaccio. Tu non sei attratto da me. E’ questo vero?
Christian la guarda. Eva è così bella. Lo è sempre stata. Immagina che da donna sarà ancora più bella. Crede che nuda sia splendida. Passa notti a fantasticare su di lei. Ogni volta che sono da soli vorrebbe poterla toccare, annusare, assaggiare. Il massimo che si permettono però è qualche bacio, veloce, pronto a sfoderare i denti, a farsi di nuovo male, a punirsi per aver abbassato le difese. Eva inizia ad alterarsi, a rinfacciargli tutte le volte che ha sopportato ed ascoltato i suoi racconti, le sue scopate con le ragazze della città, inizia ad urlargli in faccia che lei non lo merita, non capisce perché deve esserne informata, perché deve essere così stronzo, perché non va  a letto con lei, si vogliono, lo sanno entrambi.
-Io mi sono rotta il cazzo, chiaro? Sembra che tu voglia punirmi, di cosa, poi? Le punizioni non mi servivano da piccola, non ne necessito adesso, cos’hanno le altre? Le altre non sanno di te nulla, io ti conosco, io ti appartengo, lo rivendichi sempre, ma anche tu appartieni a me, io ti sento nella pancia, lo sappiamo entrambi, non riesco a credere che davvero preferiamo questo rapporto del cazzo al fatto di poter essere una coppia! Dimmelo, perché non vuoi venire a letto con me?
Eva sa che l’unica risposta, la vera risposta,  non l’avrà. Perché ti amo. Ma ci spera. Ci spera sempre. Spera che Christian lo dica. Magari che se ne penta pure, dopo. Ma che glielo dica. Christian sente le tempie pulsargli. Decide che farle del male sia più semplice.
-Perché sei vergine. Io non scopo con le vergini.
Va via camminando lentamente. Eva rimane basita, fredda. Si siede. Anche stavolta lui non le ha detto la verità. Si sente piccola. Forse la vede ancora come una bambina, per poterle dichiarare finalmente il suo amore. Christian forse vuole una donna.
Qualche sera dopo gli arriva un’e-mail. Non sente Eva dal pomeriggio al parco. Sa di essere stato indelicato, di averla fatta sentire male. L’e-mail è di Eva. Sorride. Pensa di telefonarle. Il testo dell’e-mail dice solo “Buona visione”. C’è in allegato un video. Christian lo scarica. Poi lo guarda. Non avrebbe dovuto, voluto, potuto. Nel video c’è Eva che fa sesso con un ragazzo della loro scuola. Christian si irrigidisce. La guarda muoversi lentamente nel suo letto a baldacchino, quello su cui tante volte hanno giocato a cuscinate. La guarda rivolgere uno sguardo malizioso all’obiettivo della videocamera, probabilmente nascosta. Dopo una ventina di minuti il ragazzo del video si alza, le carezza il viso, le chiede di poter usare il bagno. Lei gli indica la porta adiacente all’armadio. Si alza anche lei, completamente nuda, ed in un attimo di pudore afferra una vestaglia di seta e la indossa. Afferra le lenzuola e le scuote, le tira a sé per poi scenderle dopo in lavanderia. Christian intravede una macchia di sangue. Ha la nausea. Eva punta un telecomando verso l’obiettivo ed il video si blocca. Come si blocca il respiro di Christian.
 
Christian guardò sorridendo lo sfondo del suo telefono. Eva. Nella sua vita c’è sempre e solo stata Eva. Nel pomeriggio aveva disdetto tutti gli appuntamenti della settimana. I suoi clienti avrebbero dovuto aspettare, poi avrebbe detto loro che non aveva più intenzione di continuare a lavorare per loro. Avrebbe mantenuto solo due o tre locali. Possedeva abbastanza soldi da parte per poter iniziare l’università. Aveva sempre messo Eva in secondo piano. L’aveva umiliata tante volte. Eppure lei c’era ancora. Si erano odiati al punto tale che non era più rimasto spazio alla rabbia. Lui aveva deciso di abbassare le difese. Aveva deciso che era arrivato il momento di dirle che l’amava. Di proporle quello che lei aveva sempre chiesto. Di essere una coppia, una coppia vera, nonostante i rispettivi genitori credevano che lo fossero da una vita. Quello che l’affliggeva, però, era un possibile rifiuto. Una continua sfida, un continuo dispetto. Solo per il gusto di fargli del male. Perché godevano nel distruggersi. Chissà come lei aveva passato le vacanze a Mykonos. Probabilmente avrà pensato tutto il tempo al suo sms. L’aveva fatto egoisticamente, Christian. Sapeva che l’avrebbe afflitta col pensiero, che lei sarebbe stata fedele a quell’attesa. Per quindici giorni si erano solo pensati, lo sapeva lui. Lei glielo disse a sedici anni. Io ti sento nella pancia.
Era arrivato il momento di fare una scelta. O bianco o nero. O tutto o niente. Non più i mille colori delle luci al neon, delle vetrine, dei locali. Voleva metterla con le spalle al muro. In realtà metteva se stesso con le spalle al muro.
Non ha mai ammesso le sue debolezze. Sua madre morì quando lui era solo un bambino, e crebbe con suo padre, un professore un po’ bizzarro, ma di grande cultura. Non è mai stato ricchissimo, ma non gli è mai mancato nulla. Subito dopo il diploma ha deciso di non iscriversi all’università, ed ha iniziato con il fare il facchino per una società di pr. Un giorno si è trovato a chiacchierare con il direttore della società, mostrandosi brillante e pieno di aspettative. Il direttore ne rimase affascinato. Nel giro di qualche tempo Christian ebbe diverse promozioni, fino a diventare il braccio destro del direttore. Ma Christian odiava dipendere da qualcuno, odiava essere gestito. Così lasciò il lavoro nella nota società e si mise in proprio. Da solo. Nessun collega, solo società pubblicitarie partner a cui lui stesso commissionava le parti burocratiche del lavoro. E queste stavano al suo gioco, Christian era il migliore. Ventitré anni, un impero, tutti si fidavano di lui. Un ragazzo di successo. Suo padre era molto orgoglioso di lui. Soprattutto quando organizzava serate a sfondo letterale. Christian aveva frequentato il liceo classico, ed amava mettere un po’ di sé in ogni evento che organizzava. Eva era solita frequentarne alcuni, quando proprio ne era presa emotivamente, altrimenti preferiva i Caffè o i Dinner americani. O semplicemente preferiva girare su tacchi altissimi e lunghi vestiti da sera nella sua villa, in occasione delle feste organizzate da papà. C’era un solo uomo in città che organizzava eventi tali da mettere in ombra quelli di Christian, ed era il dottor Sivi. Ovviamente Christian veniva invitato, ma lui prontamente, emulando Eva, andava solo a quelli che più potevano interessargli. Vale a dire quelli a cui partecipavano le personalità più influenti della regione. Eva invece andava agli eventi che mostravano elementi strappati alla sua storia con Christian e messi a fare da cornice a lustrini e paillette. Effettivamente erano quelle le serate che più riuscivano.  Ovviamente, lui ci metteva passione e rabbia nell’organizzarle, voleva che tutto fosse perfetto, che Eva cogliesse le sfumature.
Due anni prima aveva organizzato l’inaugurazione di una libreria. Ogni evento di Christian era esclusivo proprio perché vi si poteva partecipare solo su invito. L’invito consisteva il un passo di un libro famoso, e l’invitato sarebbe dovuto andare all’inaugurazione portando con sé almeno un oggetto che richiamasse l’opera usata per invitarli. Erano all’incirca 130 invitati, centotrenta oggetti diversi sarebbero stati il loro pass per entrare in libreria. Christian si occupò meticolosamente di formulare centotrenta invita diversi.
 
-Eva tesoro, il postino ha lasciato qualcosa per te.
Sophia raggiunge la figlia in terrazza, dove stanno facendo colazione, leggendo il giornale.
Eva si protrae verso la madre che le passa una busta bianca dai bordi in filigrana. Aprendo la busta è come se sentisse in un secondo il profumo di Christian. Sente una morsa allo stomaco. Avevano litigato furiosamente qualche settimana prima. Erano entrambi ubriachi, stavano facendo sesso. Non era la prima volta che lo facevano, anche se la loro prima volta insieme ci mise molto ad avverarsi. Eva ricorda che durante l’atto gli chiese di dirglielo. Christian finse di non capire a cosa si riferisse. Alla Eva, stordita dall’alcol, iniziò col dire “Io… Ti…”. Christian uscì immediatamente da lei, come se lei gli avesse detto le peggior cose. Lei si sentì ferita. Sgranò gli occhi quasi terrorizzata dall’avergli provocato una reazione simile. Lui le intimò di non farlo mai più, di non dire cazzate, di smetterla, loro non erano fatti per quelle parole. Lei d’istinto gli scaraventò l’abatjour, poi iniziò a lanciargli qualsiasi cosa si trovasse a portata di mano. Lui schivò i colpi, ma rimase in camera, non andò via. Sentiva gli occhi bruciargli. Lui sapeva che sarebbe potuto scoppiare a piangere dalla rabbia di averla umiliata ancora. Lei gli si avvicinò. Erano di fronte l’uno con l’altra. Fu allora che lei gli sputò in faccia. “Mi fai schifo. Giustifica il viso umido per un mio sputo che per le lacrime che non tratterrai”. Fu l’ultima cosa che gli disse. Poi passarono i giorni e non si sentirono.
Ora Eva sorrideva leggendo il contenuto della busta. Sentiva gli occhi di Sophia puntati addosso.
-E’ un invito per un’inaugurazione di una libreria, organizzata da Christian- spiega a sua madre.
L’invito spiega le regole dell’inaugurazione. Dietro è riportato un passo de Il Piccolo Principe, il suo libro preferito. La descrizione della Rosa.
Dieci giorni dopo Eva arriverà all’inaugurazione fasciata da un tubino nero, poggiata su tacchi altissimi, con i capelli raccolti in uno chignon ed una rosa rossa nei capelli. In molti la guarderanno ammirati. Sanno che è Eva Sivi, la figlia del dottor Sivi e dell’architetto Calì. Si guarderà intorno, sorseggiando champagne. Poi Christian le fascerà i fianchi con un braccio e le dirà che è bellissima. Lei lo guarderà divertita e gli chiederà perché proprio la rosa.
-Tu sei la mia rosa- le dirà carezzandole il viso. Lei sosterrà che allora lui rappresenta le sue spine. Lui le sussurrerà che la difende dal mondo. Lei abbasserà gli occhi e poi gli chiederà, triste:
-Chi mi difende da te?
 
Christian decise di telefonarle. Non aveva senso ostentare ancora autocontrollo. Non aspettava altro da tredici anni.
-Mi sono liberato, passo a prenderti?- le disse tutto d’un fiato senza darle modo di dire “Pronto”.
Eva sorrise, scendendo dalla sua Mercedes ed avviandosi verso l’androne del palazzo.
-Sono sotto casa tua. Preparami un caffè.
  
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