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Autore: HoneyFLW    13/02/2008    2 recensioni
Cosa accade se Hazel, tranquilla diciassettenne di Belleville, si scontra letteralmente con cinque ragazzi fuori dal comune?.. Una serie di racconti dedicata al complicato rapporto fra Lei e i My Chemical Romance, raccontato a colpi di musica e.. caffè.
Genere: Romantico, Triste, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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DISCLAIMER:I componenti dei My Chemical Romance non mi appartengono(.. ç_ç .. uffi!); i loro gesti ed i loro pensieri espressi in questa Fan Fiction sono frutto della mia fervida e contorta immaginazione

 

 

CAP.1 – A Bleeding Girl On The Street

 

“Sei sicura di stare bene?” Mi chiede una voce. È agitata e sommessa, come se qualcosa le impedisse di giungere alle mie orecchie correttamente. Poi mi ricordo: probabilmente sto ancora indossando quegli stupidi paraorecchie di mia cugina, quelli a forma di cuore rosa e peloso.

Parlo senza sapere di farlo e non mi rendo conto di ciò che dico sino a che non ascolto le mie stesse parole, sbiascicate lì sull’asfalto “Uhm.. dove sono? Paraorecchie.. Logan.. freddo..”

“Non  è cosciente (gentile eufemismo per dire che è sbronza e strafatta).. dobbiamo portarla all’ospedale, ora!” si intromette una seconda voce; è un timbro che mi è familiare, ma non riesco ad associarlo a nessun volto in questo momento. “NO!” urlo, e ora so quello che dico. “Non.. in ospedale!” finalmente apro gli occhi, anzi, li spalanco, prima di trovarmi di fronte a due ragazzi. “Ha aperto gli occhi” afferma uno dei due. Sarà che sono mezza tramortita a terra, ma mi sembrano altissimi. Non riesco a vedere i loro volti. “Tutto ok? Stai calma, non è successo niente..” quello che tra i due mi pare il più alto si avvicina, prendendomi le mani e cercando di tranquillizzarmi. Perché dovrei agitarmi? Non ho idea di quel che mi stia succedendo; ciò che non sai non può ucciderti, non si dice forse così?

“Mamma mia, è proprio tanto sangue..” considera il più basso. “SANGUE?!” grido, tastandomi un po’ ovunque in cerca della tragica ferita. E poi lo sento: è sulle labbra. È dentro le labbra. “AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!” sputo via tutto, mi chino come se stessi per vomitare e mi accorgo che sull’asfalto ci sono anche dei minuscoli pezzetti di vetro. Fanali..

“Non dovevi dirglielo, cazzo! L’hai fatta agitare!” lo rimprovera lui, il primo dei due volti che ho visto poco prima. Tento di alzarmi e ci riesco, anche se sono un po’ traballante. “Cosa è successo! Cosa diavolo mi è..” mi fermo; non si può parlare e vomitare nello stesso tempo. “Maledizione..” impreca uno dei due, delle mani fredde mi cingono fronte e bacino per sorreggermi mentre finisco di vomitare l’anima. “Allora? Ospedale?” chiede l’altro. Smetto di rigettare e lo guardo di sbieco; ha un ciuffo strano che gli ricade sugli occhi, non ne capisco il colore, è troppo buio.  “Niente. Ospedale.” Sono secca e concisa, quasi minacciosa. Può una ragazza essere minacciosa se indossa dei paraorecchi di peluche rosa?

“Non ci servi coraggiosa. Ci servi viva” la mano che prima serviva da appoggio alla mia fronte mi ha preso per la guancia, costringendomi a guardare in faccia il suo proprietario.

Hai i capelli neri.. no, biondi.. o forse tutti e due, non ci capisco più niente, diamine. Sento il cuore che batte a mille, sento che mi manca il terreno da sotto i piedi. Come se il mio equilibrio non fosse già abbastanza precario. “Hey, che hai?” mi chiede. Non mi ero resa conto di quanto fosse bella la sua voce.. “Uhm?” sarà, ma non capisco tanto. Certo che se parlasse normalmente invece di sussurrare io.. “Così mi senti?” mi ha tolto i paraorecchi.

Sono. Una. Idiota. Totale.

“Tutto tranne l’ospedale, vi prego.. non lì..” imploro. I suoi occhi -credo siano verdi- mi perforano, sento che mi stanno esaminando in cerca di una motivazione, convincente quanto basta per non portarmi di peso al Moorside Hospital. “Hai paura degli aghi?” Oddio, perché dovrebbero usare degli aghi su di me?? “N-no.. ci lavora mia madre, all’ospedale..” sospiro. Mi gira la testa. Se non mi aggrappo a lui finirò per certo a terra, come prima. Il suo giubbotto è tiepido, ci affondo il viso senza inibizioni e lo stringo più forte che posso. “Non riesce neanche a stare in piedi.. ”

“La portiamo in un ospedale lontano da qui?” è l’altro. Ma lo vuole capire o no che io non ci metto piede in ospedale???

“Non sappiamo in quale lavori sua madre.. non dobbiamo correre rischi!”

“Ma sta male! Dove possiamo portarla?”

I timbri delle loro voci si mescolano, le parole si accavalcano sino a diventare indecifrabili bisbigli per le mie orecchie. “Portiamola a casa di Matt” propone il mio salvatore. Non so chi cazzo sia Matt, ma il nome non mi ispira niente di buono. “Ok..”

“Ripulisci tutto, io la sistemo nel retro” delle braccia mi sollevano. Ho la vista annebbiata e forse anche la febbre. Non è influenza -e la mia coscienza lo sa. Oh, se lo sa! Sento che il mio nuovo amico qui sta aprendo qualcosa.. un furgoncino? E sento che i sedili su cui mi sdraia puzzano terribilmente di tabacco. Si ritaglia un po’ di spazio e sbatte la portiera. Ogni suono si moltiplica nella mia testa sino al livello più critico dell’emicrania. “Uhm!” mugugno, premendomi le tempie ”Scusa, scusa!” si affretta a dirmi. No, la sua voce non mi fa affatto male “Prometto di stare molto più attendo per questa notte, ok?” mi stringe di nuovo. O forse sono io che ormai ho preso il vizio di accoccolarmi a lui, come un gatto su un cuscino di seta accanto ad una stufetta a legna. “Tu chi sei?” gli chiedo. Ho la voce rauca e bassa, non è la mia solita voce. Magari penserà che la mia voce sia così 365 giorni l’anno; mi piace e non mi piace preoccuparmi di cosa lui potrebbe pensare di me. “Gerard.. e tu? Ti ricordi il tuo nome?” la risposta arriva dopo un po’, come se avesse paura a rivelarsi. Potrei fare lo stesso solo per ripicca, giusto per fargli bramare quanto basta il mio nome. Ma non lo so. Cristo Santo, io non ricordo come mi chiamo!

“Non lo so..” tartaglio a metà tra l’imbarazzo e l’agitazione. Inizio a fremere e cerco ancora i suoi occhi pieni, profondi, calamitanti; magari spero che il mio nome sia scritto lì dentro. Mi stringe forte e mi inchioda con uno sguardo più che rassicurante. “In questo momento non è un problema.. ti va bene se ti chiamo Honey?”. Honey, dolcezza. Mi piace.

“Nessun problema..” bisbiglio, prima di crollare tra le braccia di Gerard.

  
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