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Autore: sososisu    13/02/2008    11 recensioni
Aveva un modo particolare di mangiare le fette biscottate, staccava con le piccole dita poco curate, la crosticina esterna, quella bruciacchiata, che le piaceva tanto. L'interno invece lo abbandonava a se stesso. Dimenticato.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Un tonfo riecheggiò nella hall dell’hotel.
Dannazione, non potevano essere un po’ più delicati, quelle valige erano delicate, peccato non gli fosse stato appiccicato sopra un adesivo rosso con su scritto a caratteri cubitali: FRAGILE.
Sbuffò, sbuffarono.
La testa gli pulsava così forte … si sentiva le meningi spinte da una forza centrifuga nata chissà dove. Lentamente si portò due dita alle tempie doloranti, Bill era isterico da circa … sei ore, o poco più. Non lo sopportava ormai da parecchio, aveva anche rischiato di strappargli tutti i capelli a morsi, ma grazie a dio si era trattenuto.
Erano tornati a casa, se cosi di poteva dire. Scesi dall’aereo, nelle loro narici, nei loro polmoni, si era fatta strada la pungente e fredda aria crucca. Quella che pizzicava il naso, che profumava di crauti e di birra, che ti faceva venir voglia di abbandonarti a peso morto su un morbido materasso e dormire per duecentoventitre ore di fila.
Erano di nuovo in Germania, ma di certo non per passare una felice vacanza.
Ormai erano anni che non ne facevano una decente. Accecati dal loro lavoro, dalle loro responsabilità, dai loro nomi, dai soldi, che, lentamente, li stavano sommergendo. Annegavano nel denaro, fino a soffocare. Era successo, nel passato. Tanti, ormai troppi, anni prima. Si erano abituati bene, loro.
Non conoscevano la parola quotidianità, era come l’aramaico.

… Continuò a premere l’indice e il medio contro le tempie, nel vano tentativo di massaggiare e rilassare il cervello.
Le urla che provenivano da fuori erano incessanti, penetranti, infinite. Nascosto dietro ai suoi occhiali formato ape-maia, come gli altri tre ragazzi, tentava di rendersi invisibile dietro ad ogni essere vivente e non. Dietro vasi, dietro fiori, dietro guardie del corpo … era indifferente.
Anni, solo lunghi anni.
Non che fosse stufo del suo successo, per carità. Il successo era la sua vita ormai. Però, qualche volta, quando era sotto le lenzuola, da solo, si metteva a riflettere. Pensava a come la fama era andata a sbattere a duecento all’ora contro la sua esistenza. La sua adolescenza.
E se non avesse incontrato quelle persone, quel giorno, in quel luogo? Cosa sarebbe successo? Cosa sarebbe ora? Chi sarebbe ora?

Nel bel mezzo delle sue riflessioni venne disturbato da una gomitata, che gli arrivò dritta nello stomaco.
-Bill, calmati- glielo disse con una tale tranquillità che lo stesso Kaulitz non proferì parola, si limitò a guardarlo in cagnesco e a bofonchiare qualcosa che assomigliava vagamente a un “stai zitto idiota”, dopo di che gli lanciò un mazzo di chiavi, che lui prontamente afferrò. Sognava il comodo materasso di quel fottutissimo e lussuosissimo hotel a duecentoventun stelle … e poi sognava un’aspirina.
Con la stessa andatura di un bradipo sotto sedativi si diresse verso l’ascensore di legno chiaro per poi pigiare il pulsante dorato che indicava l’ultimo piano del palazzo. Un bell’attico, tutto per lui.

Eccolo qua, uno dei quattro enfant prodige.
Bambini prodigio … insomma … lo erano stati, certo. Ma all’alba dei suoi ventotto anni, non si considerava più un poppante.
I Tokio Hotel. Cazzo, i Tokio Hotel. Chi non li conosceva? Nessuno. Ormai erano sulla bocca di tutti. Ed erano diversi dai vecchi nanerottoli. Parecchio diversi.

Bill Kaulitz, che voi dovreste conoscere molto bene, era cambiato, assai.
Non aveva mai dichiarato di essere omosessuale. Ma ormai era chiaro al mondo intero. Tutti lo avevano capito e questo non aveva fatto altro che aumentare la popolarità della band, oltre che i gossip che giravano intorno ad essa. Il novantanove per cento delle fan rimaneva però convinta che il piccolo Kaulitz fosse sempre e comunque il loro uomo virile, il loro futuro amante, il loro ragazzo perfetto, il loro principe azzurro, viola, magenta, porpora, nero a pois bianchi …
La sua chioma leonina era svanita, insieme alle provocanti ciocche biondastre.
Era cresciuto, ormai venticinquenne quasi stentava a riconoscersi alla vista dei vecchi scatti che mostravano un pivellino appena diciottenne, con una lungha chioma appena uscita da un trattamento elettroshokkante.
Ora, finalmente maturo, sfoggiava corti capelli completamente neri, con l’aggiunta di un ciuffo ribelle che copriva leggermente l’occhio sinistro.
Niente di particolarmente eccentrico o, più semplicemente, folle.
Finalmente aveva capito che forse esagerava un po’ anche col trucco, e aveva quindi preso la fatidica decisione di diminuire la dose di kajal scurissimo e affini.
Gustav Schäfer aveva rafforzato il suo carattere, si era fatto spazio, sgomitando fra le due figure dei due gemelli.
… Certo, restava sempre il ragazzo biondo e dal viso angelico che era a diciannove anni, però anche lui aveva fatto i suoi cambiamenti e le sue cazzate. Era stato innamorato, tanto, forse troppo tempo. Tempo durante il quale aveva vissuto in un mondo tutto suo, dove esistevano solo loro due, piccoli piccioncini. Si era tatuato sulla spalla destra il suo nome, le aveva anche comprato un anello per chiederle di sposarlo. Ma come tutte le storie d’amore, era finita. Tragicamente.
Classico: lei se la fa con il migliore amico del futuro maritino. E il bello è che in questo caso, il migliore amico era, niente popò di meno che il nostro amato Kaulitz. Tom Kaulitz.

… Gli aumentò ancora di più il mal di testa quando i suoi pensieri caddero sulla crisi che avevano avuto. Brutta cosa il tradimento. Eccome.
Per colpa di quei bicchierini di troppo, i Tokio Hotel erano andati a farsi fottere per circa un anno e mezzo. Morti. Deceduti.
… Ma poi resuscitati. Il gemellino cattivo aveva passato sedici lunghissimi mesi a implorare Gustav di perdonarlo. “Ero ubriaco, non ragionavo, è stata lei …” Eccetera, eccetera.
Ma si sa che il nostro Schäfer ha gli addominali di ferro, ma il cuore di cioccolato al latte. E, come un dolce gianduiotto, si era sciolto, lentamente.
… Il tatuaggio sulla spalla però rimaneva, eccome.
Un Julia, che non se ne sarebbe mai andato.

… C’era, per l’appunto, chi diceva che Tom Kaulitz non fosse mai cambiato e che fosse rimasto il solito maniaco che ragionava con ciò che aveva fra le gambe e non con il cervello, che -stentiamo ancora tutti a crederci- in fondo esisteva –molto in fondo- .
Ma, invece, maturato anche lui, aveva abbandonato i suoi cappellini della Sox e gli amati dread …
… la sua testa era rimasta pelata per molto poco.
Aveva dichiarato più volte che senza tutti i suoi bambini si sentiva nudo.
Quindi ben presto, il suo crapone, si era ritrovato nuovamente ricoperto di serpenti aggrovigliati, anche se, molto più corti rispetto a quelli dei vecchi tempi da diciottenne arrapato.

E Lui?
Beh, ormai credo abbiate capito chi sia il misterioso ragazzo, afflitto da un lancinante mal di testa. Ebbene sì. È lui. Il famigerato Georg Listing.
Bassista dei Tokio Hotel ormai da più di dieci anni. Ventottenne palestrato e perennemente piastrato. Semplice –si fa per dire- ragazzo, disteso su un semplice –si fa per dire- materasso in un semplice –si fa per dire- hotel. Ecco, lui forse era quello che era cambiato meno. Fisicamente era identico, certo, magari una ruga in più, ma rimaneva sempre lo stesso tedesco doc. Psicologicamente –che parolona- restava il bassista misterioso, che era per metà nascosto nell’ombra. I suoi occhi verdi erano forse un po’ più limpidi, più stanchi, ma, tutto sommato, era contento della sua vita.
… Ovviamente vi erano anche i pomeriggi come quello appena trascorso. A sentire una checca isterica sbraitare contro il proprio gemello e a sopportare ore e ore di urli isterici da parte di fan il quale scopo era solamente quello di strapparti una ciocca di capelli per poi venderla su Ebay e diventare miliardaria, oppure di portarsi a letto Bill Kaulitz. Entrambi desideri assurdi e ASSOLUTAMENTE non realizzabili.
Ma il bello doveva ancora venire.

Afferrò il telecomando e iniziò a fare zapping. Non era un’idea molto intelligente constatando che aveva l’emicrania da circa due ore, ma se ne fregò e accese la tv lo stesso. Tanto sapeva che entro pochi secondi si sarebbe addormentato stecchito, come un bambino. Era stanco morto, ma aveva anche una gran fame, tuttavia la pigrizia gli impediva di alzare quelle sue belle chiappe dal materasso e andare fino giù al ristorante. Pazienza, avrebbe ordinato qualcosa in seguito.
Prima voleva riposare. Come vi dicevo prima, il bello doveva ancora venire. Il giorno seguente sarebbe stato il primo di una lunghissima serie di mattina-pomeriggio-sera INTERAMENTE dedicati ad OGNI tipo di impegno lavorativo. Concerti, servizi fotografici, interviste, ma soprattutto comparse televisive. In ogni secondo della giornata sarebbe stato circondato da centinaia di altre persone: dai fotografi ai giornalisti, dai fan ai cameraman, dagli addetti al catering a quelli per le luci.
Ma d’altronde questo era il suo lavoro.
Un flebile quanto scocciato -Fanculo- uscì dalle sue labbra, prima di cadere in un sonno profondo.

Esattamente tre ore, ventitré minuti e tredici secondi dopo che ebbe abbassato le palpebre stanche, Bill entrò nella sua lussuosissima camera, come un tornado, spalancando porte e finestre. Georg fece un salto di due metri per lo spavento prima di rendersi conto che non era una pazza-fan-assassina-che-voleva-stuprarlo quella che aveva appena interrotto il suo sonno in un modo cosi brusco, bensì Bill-checca-Kaulitz.
Cercò di assumere una posizione autoritaria per convincere il suddetto fanciullo a sloggiare, ma con pochi risultati. Più rimbambito di una tartaruga centenaria ricadde sul materasso non appena tentò di sollevarsi in piedi.
-Bill … ti prego- lo implorò con una vocina flebile flebile –Io stavo dormendo, lo capisci questo?-
A questa EVIDENTE richiesta di tregua, il Frontman, con la sua solita scaltrezza, rispose con un sorriso a tremiladuecentoventisei denti tutti brillantissimi e con una patetica esclamazione fatta per l’appunto con vocina stridula e acuta.
-Ma è ora di cena!!-
Georg, capì che non era il caso di mettersi contro l’uragano-Kaulitz, specialmente quando questultimo era sotto l’effetto di tonnellate di caffeina pura ingurgitate durante il viaggio aereo del pomeriggio. Cosi si arrese e si alzò dal suo comodo letto a quattro piazze, pronto per una lunga, lunghissima serata, a capotavola insieme a tutta la troupe dei Tokio Hotel.

* * *

Note Dell’Autrice: Con calma. Inspiro, espiro. Chiedo-perdono-per-l’altra-fanfiction!! Ok, l’ho detto. No, seriamente, sono davvero dispiaciuta per il fatto che non ho più aggiornato, ma ho avuto un blocco e non so davvero come continuarla. Quindi mi sa che per un bel po’ rimarrete fermi al primo capitolo. Allora per farmi perdonare ho deciso di postare questa nuova fanfiction, che, rullo di tamburi, avrà come protagonista il nostro Georgino!
Silvietta tu sarai contentissima! :D
Ringrazio ancora tantissimo tutti coloro che hanno recensito e messo le mie storie fra i preferiti!^__^
Vi attendo ansiosa al prossimo capitolo di questa ff!
Mi raccomando, ricordate che le recensioni sono sempre ben accette :)))

Lo so che mi state tutti linciando perché ho messo Bill gay, ma non scrivetemi recensioni del tipo: “PERCARITAAAAA il mio Billuccinoinoino! Non sia maiiii vade retrooo!”
E’ tutta una decisione meditata e frutto di un MIO ragionamento personale, io ho le mie idee e i miei pensieri :DDDD quindi non dite nulla riguardo al Bill-checca-Kaulitz! Ehehe

Apro solamente l’ultima parentesi, questa volta per quanto riguarda il titolo della fanfiction. Non è che abbia un significato cosi importante e significativo, però mi piaceva molto. Capirete in seguito :))) Ci tenevo comunque a farvelo sapere!

Grazie ancora!

Un bacione

G.

  
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