Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Alina Alboran    06/08/2013    3 recensioni
“Solo continuando a sperare, ciò che adesso ti sembrano sogni, domani diverranno realtà.”
L’amore a quindici anni è ossessione. A ventuno è passione.
Come Paolo e Francesca furono travolti dalla lussuria, anche Serena e Gabriele saranno tormentati dalla stessa perturbabile tempesta.
Il desiderio di raggiungere ciò che per anni si è smaniato di conquistare offuscherà la loro mente, trasportandoli verso un sentimento mai conosciuto.
Serena conoscerà la dolcezza, la comprensione e la devozione di un amore inaspettato.

«Basta con queste insinuazioni, Gabriele. Mi sono stancata di tutte le tue frecciatine e del tuo comportamento. Cresci».
«E me lo vieni a dire tu? Ma se da quando sono arrivato non fai altro che fissarmi!».
«Io… ».
«Io?».
«Oh, ma vaffanculo! Sei uno stronzo!».

«Scusa, prima ho esagerato, non dovevo risponderti così». È dispiaciuto. Riesco a sentirlo mentre le sue braccia mi avvolgono e mi accarezzano con dolcezza la schiena.
«Prometti che non mi parlerai più così?», gli chiedo imitando la voce di una bambina.
«Te lo giuro. Mai più».
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Image and video hosting by TinyPic

.

.

Conan Super Detective
con gli occhiali
Che dà la caccia ai criminali
Ogni segreto svelerà
Indagando ancora
Conan!

Sto studiando da cinque ore consecutive, la testa mi sta per scoppiare e sono comunque indietro secondo la mia tabella di marcia.
Non riuscirò mai a passare questo stupido esame.
Per la prima volta in due anni non dovrò presentarmi alla sessione successiva, me lo sento.
Mi viene quasi da piangere perché non è giusto che a me, che passo le giornate tra studio e lavoro, sia capitato il professore più stronzo sulla faccia della terra mentre Cristina, che trascorre più tempo ad ubriacarsi che a studiare, non solo ha già dato sia questo esame che quello successivo in una sessione straordinaria, ma li ha pure passati entrambi con ventisette.
Quando finalmente decido di prendere una pausa, noto che fuori sta piovendo a catinelle; spero che smetta finché tornerà Angelo, altrimenti passerò un’intera settimana a fargli da crocerossina come l’altra volta.


Mi verso l’ennesima tazza di caffè quando qualcuno, con il suo citofonare fastidioso, non mi distrae facendomi scottare.
«Accidenti!», impreco mentre mi allontano con un piccolo saltello.
Ho combinato un disastro: i fornelli sono intasati di caffè e invece di accendersi producono uno strano gorgoglio. Se tra un’ora la situazione non cambia, chiamo Angelo perché ci dia un’occhiata. Sempre più persone muoiono a causa di incidenti domestici e non ci tengo proprio ad alzare la classifica.
Continuano a citofonare in modo frenetico e, infastidita, non chiedo neppure chi sia prima di aprire.
Quando l’odore di gas si fa sempre più accentuato, ritorno in cucina per spegnere quell’unico fornello funzionante che stupidamente ho lasciato acceso.
Mi guardo intorno smarrita per qualche secondo – sono alla disperata ricerca dello straccio da cucina – finché non lo vedo in un angolo del lavabo.
«Non credo che farle uno scherzo sia una buona idea», sento dire da una voce proveniente dal soggiorno.
Dio! Ho i ladri in casa!
Il mio primo pensiero va ad Angelo, e lo maledico perché proprio oggi, invece di godersi il suo giorno libero, ha scambiato il turno in discoteca con un altro barman, lasciandomi quindi sola e senza protezione.
«Non insistere. È stressata a causa dello studio». Strano. La voce del ladro mi sembra familiare.
Dimenticandomi del forte bruciore alle mani, prendo la padella che Angelo ha lasciato a mollo ieri sera e, lasciandomi dietro una striscia di goccioline, arrivo in soggiorno pronta a mettere al tappeto chiunque voglia rubare in casa mia.
«Serena, cosa pensi di fare?». Menomale. È solo Cristina.
«Pensavo ci fossero i ladri», spiego come se ciò dovesse giustificare la presenza della padella che volevo usare come arma.
«I ladri… Perché ora i ladri si fanno direttamente aprire la porta, vero?».
«E con quella in mano che volevi fare? Invitarli a cena?», sussulto, non aspettandomi che insieme alla mia amica ci fosse anche suo fratello.
Decido di ignorare la sua battutina e di continuare a parlare solo con Cristina. Non che questa alternativa sia tanto migliore, ma almeno non rincretinisco più del solito e non balbetto.
Da un po’ di tempo il rapporto tra me e la bionda sta peggiorando sempre di più: non riesco più a ignorare le sempre più frequenti battute che fa e il suo voler prendermi in giro.
Ammetto di non essere una ragazza con la testa sulle spalle, di perdermi spesso in chiacchiere inutili, di non pensare prima di aprire bocca e cose così, ma essendo lei la mia migliore amica, invece di prendersi gioco di me per queste cose, dovrebbe non farci più nemmeno caso.
In fondo sono passati tanti anni da quella volta in cui ci promettemmo che non ci saremmo mai separate, però… io ci credevo davvero.
Mi sembra quasi di essere in uno di quei telefilm in cui tutti fanno gli amici, ma in realtà non aspettano altro che pugnalare la protagonista alle spalle.
E poi, come se ciò non bastasse, ci si mette pure Gabriele con le frecciatine pungenti.
È in situazioni come questa che la loro parentela risulta ancora più evidente: non perdono mai occasione di punzecchiarmi.
Ora, con la padella ancora in mano e il cuore che non ne vuole sapere di rallentare i battiti, mi sembra di essere ritornata a sei anni fa.
A quindici anni non avevo nessun problema: niente bollette da pagare, niente paranoie sui chili di troppo e soprattutto niente imbarazzo quando mi beccava a fissarlo.
Sono passati anni, lui continua a infastidirmi e io continuo a non sapere rispondergli per le rime.
È proprio vero che certe cose non cambiano mai.
Dalla cena ho riflettuto molto su ciò che ho provato rivedendolo e, benché non sia più innamorata di lui, mi sono resa conto che non mi è del tutto indifferente.
Un suo sguardo è ancora capace di accelerare la frequenza cardiaca del mio cuore, un suo innocente bacio sulla guancia mi fa ancora sognare ad occhi aperti.
Dovrei non fare caso a ciò che mi provoca, ma come faccio a ignorarlo se sento la schiena prendermi fuoco solo perché sento il suo sguardo addosso?
«Che ci fate qui?», chiedo abbandonando i miei pensieri e ritornando nel mondo reale.
«Ti portiamo fuori, hai passato fin troppo tempo a studiare».
«Ma voi siete pazzi!», rispondo rifiutando il loro invito.
Anche se non avessi l’esame tra pochi giorni, non potrei comunque uscire perché il turno di Angelo finisce stasera alle undici e non si è portato le chiavi dietro.
Spiego la situazione ai due, sperando che capiscano e se ne vadano il prima possibile, ma vengo trascinata a forza fuori dall’appartamento.
«Aspetta che prenda almeno le chiavi, un po’ di soldi e che mi metta le scarpe», urlo dimenandomi tra le braccia forti di Gabriele.
È cambiato, me ne rendo conto solo ora, aggrappata a lui stile koala.
Quando se ne è andato era molto mingherlino e mai sarebbe riuscito a tenermi in braccio per così tanto tempo.
O porco cane!
«Stai bene?», mi chiede con lo stesso sorrisetto stronzo che mi rivolgeva quando gli sbavavo dietro.
«Benissimo». Non so da dove ho tirato la forza per rispondergli.
Mi sento così intontita che a malapena ricordo come si fa a respirare e lui, fissandomi con quei dannati occhi azzurri, non aiuta di certo.
Ho sempre avuto un debole per gli occhi chiari, perché sono insoliti e misteriosi.
Va bene, dico la verità: ho sempre avuto un debole per gli occhi chiari perché Gabriele li ha così.
È una cosa da bambine, da adolescenti con gli ormoni a mille, da bambine che sognano di essere notate dai loro idoli…
Insomma, il concetto è sempre quello.
«Dove tieni i soldi?», mi chiede ostinandosi a non farmi toccare terra.
Soldi? Che soldi?
Ecco la fregatura: vuole essere pagato!
«Quanto vuoi?».
«Cosa?».
Merda. L’ho detto ad alta voce.
«Niente. Lasciami andare, Gabriele». Sì, credo di essere stata abbastanza convincente.
Quando i miei piedi toccano nuovamente le mattonelle fredde, le gambe mi tremano e, se non fosse stato per il divano, sarei caduta a terra come una totale imbecille.

§§§

Convincere Gabriele a passare la serata nella discoteca in cui lavora Angelo, piuttosto che andare in un’altra, è stato difficile. Cristina, invece, non ha minimamente opposto resistenza, anzi, sembrava persino esserne contenta.
Da un po’ di giorni credo che le piaccia Angelo. Non ne ho la conferma perché nessuno dei due mi ha detto nulla – sono certa che il mio amico sia all’oscuro di tutto –, ma le sempre più frequenti occhiate che lei gli lancia non lasciano molto spazio ai dubbi.
Finalmente riesco a capire perché ha insistito tanto che alla cena si sedesse vicino a lei.
Entrambi sono responsabili e nessuno dei due ha bisogno della mia approvazione, tuttavia se avessero una tresca e non me l’avessero detto, ci rimarrei molto male.
Loro sono le uniche due persone su cui posso contare senza condizioni, a ogni ora del giorno e della notte…
Dovrebbero assumermi come sceneggiatrice di qualche telefilm per adolescenti, avrei successo con tutte le banalità e le stupidaggini che mi ritrovo a pensare e a dire.
«Serena, ma sei arrabbiata perché ti abbiamo obbligata ad uscire di casa?». Ops. Mi ero quasi scordata della presenza di Gabriele.
Non che lui sia uno che si dimentica facilmente, ma attualmente ho così tante cose per la testa che mi dimenticherei persino di una cena con il re di Spagna.
«No, certo che no», rispondo guardandolo per la prima volta negli occhi da quando siamo arrivati.
La testa comincia a girarmi, complici i due Sex on the Beach che ho bevuto in questi quaranta minuti. Presa dallo studio mi sono persino dimenticata di cenare, e per me – che l’alcol non lo reggo quasi per nulla – due drink sono già troppi.
«Cri mi ha detto che da piccola ti piacevo». Che bello, ricomincia la fase “rendiamo ridicola Serena ricordandole di cose successe anni fa”.
E io che speravo che il suo cambiamento non consistesse soltanto nell’aspetto fisico, ma anche nel comportamento e nel suo modo di rapportarsi con me.
Non è mai stato un segreto che a quindici anni avessi una cotta per lui, ma parlarmene così… mentre siamo circondati da gente – e con “gente” mi riferisco a Luca, ragazzo di Tatiana, ma venti volte più fastidioso – che non aspetta altro di sentire qualche nuovo pettegolezzo.
Forse non dovrei essere così cattiva con la mia collega, in fondo è grazie a lei se Angelo ha trovato questo lavoro.
Ho deciso! Proverò a comportarmi bene con lei.
No. Se Angelo ha ottenuto il lavoro è stato solo per le sue capacità, non di certo per Luca, Tatiana o chicchessia.
«Non l’ho mai nascosto, ma non vedo perché tu ne stia riparlando adesso», rispondo risentita.
Noto, però, che non ha sentito nemmeno mezza lettera di ciò che ho detto.
Il suo sguardo è impuntato sul bancone e fissa ogni mossa di Angelo, intento a servire da bere a una cliente.
E se Gabriele fosse…
Nah, sono solo sciocchezze.
Però, se così fosse molte cose si spiegherebbero.
Io ho bisogno di sapere,‘fanculo la privacy.
«Dove è andata tua sorella?», gli chiedo scuotendolo con gentilezza per un braccio.
«Eh?», chiede riportando momentaneamente l’attenzione su di me.
«Tua sorella», ripeto, «dove è finita?».
«Boh».
Sono totalmente elettrizzata da questa cosa: mi sento quasi come Conan quando scopre chi sia l’assassino. Perché si sa, ogni volta che Conan arriva in un nuovo posto – sì sto parlando proprio del “detective ritornato bambino” – qualcuno muore.
Se Gabriele fosse veramente gay ci rimarrei male perché, anche se mi ripeto continuamente che non era così che doveva andare, mi piace ancora.
Mi piace guardare le sue labbra che si increspano mentre beve.
Mi piace guardare le fossette che gli si formano ai lati della bocca mentre sorride.
Mi piace vedere il suo perfetto sedere fasciato dai jeans.
Saranno pure pensieri da ragazzine, ma ho ventuno anni e il sedere è una tra le prime cose che guardo in un ragazzo.
Quando l’ho detto ad Angelo – ancora mi chiedo perché io gli abbia confessato una cosa del genere – mi ha detto che sono una pazza ossessionata.
Lui può fare la radiografia alle ragazze senza essere giudicato, mentre io – solo perché sono una donna – devo affrontare degli stupidi pregiudizi unicamente perché guardo il sedere dei ragazzi che mi attraggono?
Maledetto mondo maschilista!
Avete presente la voce di Shinichi? Quello di Detective Conan per intenderci…
Se solo Gabriele avesse la sua voce, giuro che farei follie per lui. È così sexy che passerei oltre qualsiasi altro difetto, persino sopra la sua inspiegabile voglia di prendersi gioco di me.
Ritornando a Detective Conan…
Io mi chiedo: perché diamine hanno dovuto cambiare doppiatore? La voce del piccolo Conan era perfetta – certo, niente a che vedere con quella di Shinichi, ma era accettabile – e loro che fanno? La cambiano dopo così tante puntate?
E le sigle poi! Le ultime due – lo dico senza peli sulla lingua – fanno schifo!
È un po’ strano che a quest’età stia ancora seguendo un cartone animato, ma è da quando ero piccola che aspetto di veder finalmente concludere Shinichi e Ran! Cosa per cui, a parer mio, nemmeno i miei figli vivranno abbastanza a lungo.
Capisco il successo, capisco la necessità di fare sempre più puntate per intascare soldi, ma almeno qualche speranza per noi poveri appassionati che da anni desideriamo un bacio, un misero e innocente bacio tra i due protagonisti, ce la devono dare!

«Angelo, hai visto Cristina?», gli chiedo dopo averlo raggiunto dietro il bancone per dargli una mano con i clienti.
«No, a che ti serve?».
«Credo che Gabriele sia gay», sussurro attenta a non farmi sentire da nessuno. Ci mancherebbe solo che uno dei clienti, incapace di farsi gli affari suoi, andasse a spifferare tutto in giro.
«Ma se non faceva altro che fissarti il seno», ribatte. Sorrido per il suo tono infastidito. È sempre stato molto protettivo nei miei confronti, quasi come se io fossi una delle sue sorelle e avessi bisogno di protezione.
«Se lo dici tu», mi limito ad un’alzata di spalle. Anche se dentro sto ballando la samba, davanti ad Angelo è meglio fingere indifferenza.
«È meglio se ritorno al tavolo, ho lasciato Gabriele da solo».
Prima di raggiungere il biondo mi alzo sulle punte –in qualche modo dovrò pur raggiungere i suoi centottantadue centimetri – e gli do un bacio sulla guancia ruvida.

«Pensavo ti fossi dimenticata di me», mi ammonisce Gabriele quando riprendo posto accanto a lui.
«Scusa. Volevo chiedergli solo se ha visto tua sorella ma, avendo tanti clienti da servire, ho preferito dargli una mano».
Non so nemmeno io perché ho sentito il bisogno di giustificarmi con lui.
«Prima che te ne andassi stavamo parlando della tua cotta per me». Dio, cosa darei per togliergli quel sorrisetto dal viso!
Non ha senso che insista ancora con questa storia: lui è Gabriele Festini e non sarà mai interessato a una come me.
Perché alimentare le mie fantasie quando entrambi sappiamo che resteranno solo ciò? Desideri che mai si realizzeranno.
Pur essendone consapevole, non riesco a trattenere un sorriso quando le sue labbra si posano sulle mie, facendo diventare realtà uno dei miei sogni adolescenziali.
Il cuore aumenta in modo vertiginoso i battiti mentre le guance, già rosse per il caldo opprimente, si colorano ancora di più.
«Ora vado, Serena», dice alzandosi e lasciando dei contanti sul tavolo, «ci sentiamo domani».
Mi ha… baciata.
Dio santissimo onnipotente, Gabriele mi ha baciata. Lui ha baciato me!
Stranamente, dopo aver smesso di saltellare come una cretina, l’unico pensiero che mi viene in mente è che non è gay, affatto.
Quando Cristina riappare sono già passati una trentina di minuti da quando Gabriele se ne è andato, ma il sorriso – immagino di sembrare ancora più demente del solito – è ancora sul mio volto.
I vestiti della mia amica sono stropicciati, il rossetto è pressoché inesistente e l’ombretto è sbavato.
«Dimmi che non hai fatto sesso nei bagni, ti prego».
«E perché dovrei mentirti?», risponde sedendosi sulle mie gambe.
La puzza d’alcol che emette è inconfondibile: si è ubriacata ancora una volta.
Mentre mi assicuro che non scappi da nessuna parte – in queste condizioni non mi fido a lasciarla da sola – chiamo Gabriele.
Prendo il suo telefono dalla borsetta e, dopo averlo avvisato delle condizioni della sorella, gli dico di raggiungerci il prima possibile.

«Andiamo a darti una ripulita, tra dieci minuti arriva a prenderti tuo fratello».
I bagni sono un disastro: c’è acqua da ogni parte, e non mi meraviglierei di trovare tra questo schifo anche qualche preservativo usato.
«Perché devi sempre conciarti in questo modo, Cristina?», chiedo rivolta più a me stessa che a lei.
«L’ho visto come ti guarda, sai?». Le scosto i capelli dal viso e, bagnando dei fazzoletti, le tampono la faccia, sperando che la facciano risvegliare dalla sbronza.
«Vi metterete insieme prima o poi, è solo questione di tempo».
Non le chiedo neppure di cosa stia parlando: è troppo ubriaca per fare caso a ciò che esce dalla sua bocca.
Quando Gabriele arriva, Cristina è un po’ più lucida e riesce a portarla in macchina senza problemi.
«Fammi sapere quando arrivate».
Prima di aprire la porta mi fa cenno di sì con la testa.

§§§

Ma questi non dormono mai? Da quando si sono trasferiti scopano come ricci ad ogni ora del giorno e della notte.
Non l’avranno mica trasformato in un bordello l’appartamento del piano superiore?
«Basta!», grido non potendone più dei loro gemiti continui.
E che cacchio! La gente vuole dormire, non assistere in diretta a un video porno di cui funziona solo l’audio.
Dopo il mio urlo – mi meraviglio che Angelo non si sia svegliato spaventato – i miei due adorati vicini interrompono la loro performance e posso finalmente ritornare nel mio comodo ed esageratamente caldo letto.

E io ora come faccio a riprendere sonno?
Accidenti a chi ha una vita sessuale attiva, accidenti a chi vive sopra di me e accidenti a chi dorme!
No, non sono suscettibile. Semplicemente non mi va a genio che nel giro di tre isolati dormano tutti, mentre io, che darei di tutto per ricominciare il mio bellissimo sogno da dove è stato interrotto, non ci riesco.

Dopo aver tentato inutilmente di riaddormentarmi, lanciato il cuscino per terra perché troppo morbido, riprenderlo con uno sbuffo perché, senza, il collo cominciava già a dolermi e scalciato come una bambina indemoniata di cinque anni, mi decido ad andare da Angelo
Il contatto con il parquet mi provoca un piacevole brivido di freddo che contribuisce a migliorare un poco il mio instabile umore.
Non ho bisogno di accendere la luce per arrivare in camera sua, dato che mi basta chiudere la porta della mia stanza e allungare la mano per trovare la maniglia.

Il mio amico dorme indisturbato a pancia in su: una mano sullo stomaco e l’altra abbandonata sul materasso.
Ma come fa?
Va bene avere il sonno pensate, essere troppo stanchi per far caso a qualsiasi rumore, ma cacchio! Fino a pochi minuti fa i nostri vicini – di cui non conosco né nome né volto – urlavano come se fosse arrivata la fine del mondo, e lui dorme?
«Angelo», lo chiamo cercando di farmi spazio nel suo letto a una piazza e mezzo.
Continuo a chiamarlo e a scuoterlo, prima leggermente poi sempre con maggior vigore, ma nulla: non sembra aver intenzione di svegliarsi.
Imbronciata e con le braccia incrociate, mi siedo sul bordo del letto e aspetto che cambi posizione.
Passano i minuti ma niente, non vuole saperne di spostarsi nemmeno di mezzo millimetro.
Delusa e sempre più incazzata, mi alzo decisa ad andarmene.
«Sai, ero proprio curioso di vedere quanto avresti resistito».
La sua voce per niente impastata dal sonno e la superiorità nelle sue parole mi fanno saltare i nervi e, stizzita, sbatto la porta ritornando in camera mia.
Nel giro di qualche minuto, mentre faccio a mia volta finta di dormire, sento il rumore di passi incerti e il materasso piegarsi sotto il peso del mio amico.
«Scusa», mi sussurra scostandomi una ciocca di capelli dal viso. Menomale… mi stava dando un enorme fastidio, ma non posso muovermi, capirebbe che non sto dormendo.
«Mi perdoni?». Ma dove ha imparato a fare la voce tanto dolce?
E io che pensavo di fregarlo sbattendo un po’ le ciglia…
Se usa un’altra volta quel tono di voce, sarei capace di dirgli di sì a tutto.
«Sbaglio, o anche quando mi hai chiesto di affittarti l’appartamento hai usato lo stesso tono da cucciolo abbandonato per strada?», chiedo.
Ormai la mia copertura è saltata. Tutta colpa del naso che prude nei momenti peggiori!
“Cucciolo abbandonato per strada”?
Serena, è arrivato il momento di dire “Ciao” ai telefilm per teenager arrapate e sostituirli con qualche documentario ché male non ti farà.
«Quindi sono perdonato?».
«No», gli rispondo fintamente stizzita, girandomi e dandogli le spalle.
Pochi attimi dopo appoggia le mani sui miei fianchi.
Sorrido intenerita dal suo gesto.
Ricordo quando nelle prime settimane di convivenza non andavamo per nulla d’accordo e, dopo l’ennesimo litigio, si era intrufolato nel mio letto e mi aveva sussurrato “Perdonami” all’orecchio.
Da quel momento il nostro rapporto è cambiato giorno per giorno, fino a trasformarsi in ciò che abbiamo ora.
Per qualche mese ho creduto di aver provato per lui più di una semplice amicizia ma più io mi facevo avanti, più lui si allontanava.
«Ti ho mai detto quanto ti voglio bene?». Tra lui e Cristina non so chi sia più ruffiano!
«Non riesco a dormire, ho caldo, fame e mi fa pure male la pancia», mi lagno rigirandomi e nascondendo la testa tra le sue braccia.
«Hai mica il ciclo?», mi chiede con una certa nota di terrore che mi infastidisce notevolmente.
«Sì!», confermo con un piccolo urletto.
«Vuoi che ti faccia qualcosa da mangiare?».
«No!», dico perentoria, «Sono a dieta».

Non posso crederci. Hanno ricominciato a fare sesso!
Perché? Perché proprio mentre Morfeo stava venendo a prendermi?
«Angelo, alza il culo dal letto e accompagnami dai nostri vicini».
Cerco qualcosa per coprirmi nell’armadio, ma essendo messo sottosopra, non riesco a trovare la vestaglia.
Sì, ho una vestaglia di seta. Mia madre me l’ha comprata per il mio ventesimo compleanno e, essendo così morbida, ho deciso che l’avrei indossata nonostante l’orrendo color fucsia.
Neppure con tutti i suoi soldi, mia madre ha mai saputo vestirsi alla moda.
«Che stai facendo?», chiede lui ancora spaparanzato sul letto.
«Sto cercando quella cosa che mi ha regalato mia madre».
«È a lavare».
Poco male, andrò direttamente in pigiama.
«Forza, Angelo, andiamo a dire a quei due di darsi una calmata o di insonorizzare l’appartamento».
Con una lentezza che mi urta il sistema nervoso, si alza dal letto e cerca di farmi ragionare – più che altro ci prova, sa bene che non lascerò perdere –.
«Non mi importa che sono le tre del mattino, che tutti hanno diritto di fare ciò che vogliono in casa propria e che io sto facendo più rumore di loro», ribatto decisa a porre fine a quei maledetti gemiti del piano superiore che non mi fanno dormire.
Senza voglia, il mio amico decide di assecondare il mio capriccio: non so se abbia più paura per me o per i vicini.
Suono ripetutamente il campanello, ma nessuno si degna di aprire. E ci credo, con quelle urla come fanno a sentire?
«Serena, andiamo via. Ci parli domani con loro».
«No! Devono sapere quanto sono fastidiosi e devono saperlo ora!».
«Alle tre di notte?».
«Sì, alle tre di notte», ripeto più per prenderlo in giro e per dare enfasi alla frase, che per vera necessità.
«Non mi muovo di qui finché non aprono questa cavolo di porta. Sono solo dei cafoni maleducati. Si sono appena trasferiti e pensano già di dettar legge? Ma chi si credono di essere?». No, non sono arrabbiata. Sono furiosa.
«Serena», mi scuote Angelo.
«Sì?», chiedo senza alzare lo sguardo.
«Hanno già aperto». La sua voce è così bassa che a malapena sono riuscita a sentirlo.
Alzo gli occhi sui vicini, pronta a dire loro tutto ciò che penso.
«’mazza che figo».
«Desidera?». Eccola! È questa la voce di cui parlavo prima. È lui il mio Shinichi.
«Io…».
«Sì?». Il ragazzo mi guarda divertito, ma cavoli! Come faccio a trovare la giusta concentrazione per parlare se lui mi sta di fronte mezzo nudo e imperlato di sudore?
«Amore, chi è?». Dopo qualche attimo una seconda figura si accosta all’altro.
Dio, fammi morire ché morte più bella di questa non esiste.
Il secondo ragazzo abbraccia l’altro da dietro e gli posa un delicato bacio sul collo, proprio dietro l’attaccatura dei capelli.
«Allora, cosa desidera?». Diamine, che sorriso!
«Che dentifricio usa?». Sento le mani di Angelo posarsi sui miei fianchi e provare a trascinarmi via.
«Mi scusi?». Scivolo dalla presa salda del mio amico e ritorno nella mia posizione precedente.
«N-niente. Volevo solo darvi il benvenuto».
«A quest’ora?».
Annuisco, incapace di riprodurre alcun suono.
«Scusatela, ha il ciclo», risponde Angelo al posto mio.
«E scusateci anche per il disturbo. Ho provato a dissuaderla, ma quando si mette in testa una cosa, è difficile farle cambiare idea».
«Io sono Andy», dice il più alto indicandosi, «Mentre lui è Sam, il mio compagno».
«Noi siamo Angelo e Serena. Il nostro appartamento è quello sotto al vostro», esita per un istante, ma poi – come se ci avesse ripensato – riprende a parlare.
«Potreste fare un po’ più piano? Io ho il sonno pesante, ma la mia amica non riesce a dormire, e se non dorme diventa intrattabile».
«Scusa, non credevo che le pareti fossero così sottili».
Angelo saluta i due che, tenendosi per mano, richiudono la porta.
«Hai visto che denti bianchi che aveva?», chiedo mentre stiamo scendendo le scale.
Angelo si passa una mano sul volto, esasperato, mentre io continuo a pensare a come quel tizio faccia ad avere dei denti tanto bianchi.

.

.

.

Note:

Grazie di cuore a tutti coloro che hanno letto, recensito e messo tra le preferite/seguite/ricordate la storia.
Sapere che c’è qualcuno che legge ciò che scrivo mi aiuta a continuare a farlo.
Quindi grazie mille a tutti quanti.

Ho avuto un po’ di problemi a scrivere questo capitolo perché avevo paura che anche questa storia andasse a finire come tutte le altre: abbandonata dopo il primo capitolo.
Però, presa dai sensi di colpa, ho passato un’intera nottata a scriverne tre quarti.
Avevo paura che non fosse all’altezza delle aspettative di chi legge – ne ho ancora paura – , ma sono soddisfatta di ciò che è venuto fuori.

Passiamo ora all’infinita lista di note della mia beta.
Grazie per tutto il lavoro che fai, per sopportarmi e per non chiudermi il telefono in faccia quando mi metto a ridere per battute stupide e senza senso.

Note:

-Okay, non ci credo… Hai veramente messo la sigla di Conan?! Non so se esultare perché adoro Conan o pensare che tu sia veramente pazza!
-Non vorrei essere pignola, ma… sono tutte bionde?
-Ah sì, per il capitolo successivo puoi inserirci l’amica dell’università. Non azzardarti a chiamarla Martina o Marta!
-Dillo che con questa cosa della “gente” mi hai voluto indirettamente prendere in giro:(
-Uffah, ma io volevo che la fossetta ce l’avesse Angelo, non Gabriele!!!
-Non ci credo, invece che “molto” hai scritto “molo”.
-Alina, veramente? Hai veramente dato a Gabriele un cognome del genere? Festini?!? Era meglio il mio suggerimento a questo punto!
-Sicura che certi errori di battitura non siano voluti? Scrivere “vista sessuale” invece che “vita sessuale” è una cosa piuttosto ambigua XD
-Vedo che ora ti stai affezionando ai due punti… Vedi di non farla diventare una fissazione.
-Puoi fare qualche riferimento sul letto dei vicini che cigola.
-Va be’, dai, come altro poteva reagire Serena di fronte a due fighi del genere? Però povero Angelo, prima o poi avrà una crisi di nervi :)
-Dai, questa volta non hai esagerato tanto con le ripetizioni.
-Poi vedi di trovare un sinonimo di “cacchio” senza cadere nel volgare.
-Ore 2:59 del 05/08/13: ho finito di correggere il capitolo! Non posso garantirti che non ci siano più errori, ma non ti preoccupare, lo riguarderò con attenzione :)

   
 
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Alina Alboran