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Autore: Arte_P    08/08/2013    2 recensioni
"E cosa mi vieta, adesso, di farti fuori?" chiese Mick, l'unico che non aveva rinfoderato l'arma. A casa, Kaori era riuscita a convincere i suoi amici ad ascoltare ciò che l'uomo aveva da dire, ma l'unico che sembrava duro d'orecchi era proprio l'americano. Da quando erano partiti quella mattina, continuava a ripetere che non appena quel tizio gliene avesse dato la possibilità, gli avrebbe sparato un colpo in testa.
"Lei signor Angel? A stento riesce a non far tremare la mano, mentre mi punta la sua Desert Eagle addosso. Conoscendo le lesioni che ha riportato in quel tragico incidente, potrei senza dubbio affermare che, sì, forse potrebbe ferirmi, ma di certo non riuscirebbe ad uccidermi" fece un sorriso di circostanza "Ora la prego, posi la sua arma e mi faccia parlare. Immagino che nessuno di voi voglia restare a lungo in mia presenza. Tanto prima potrò esporre il mio problema, tanto prima potrete andarvene"
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori/Greta, Nuovo personaggio, Ryo Saeba/Hunter
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: City Hunter
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HEARTBREAK
Secondo Capitolo

"I cuori spezzati non fanno rumore, ma, il loro rompersi è disarmante. Non è come il correre ad alta velocità di un treno. Non sono come i cristalli che si infrangono né come il rumore delle botte di Capodanno. I cuori infranti sono qualcosa di talmente assordante che persino nel caos più totale riesci a sentirli. Chi crede che un cuore sia delicato, dovrebbe sentirlo esplodere o spezzarsi d’amore. Questo lo rende nulla di meno di un cannone." *




La busta conteneva rispettivamente cinque cartelle. Sopra ad ogni cartella c'erano dei nomi: Ryo Saeba, Kaori Makimura, Hayato 'Umibozu' Ijuin, Miki Ijuin, Mick Angel. I cinque fascicoli erano posati sul tavolo del soggiorno di casa Saeba. Erano presenti quasi tutti i protagonisti, mancava giusto un certo americano che non tardò ad arrivare. Una volta presenti tutti, ognuno prese la cartella con il proprio nome.
Kaori guardò tutti gli altri prendere la loro, seri. Ryo aveva raccontato tutto agli amici: dell'incidente con la pistola, del fatto che dentro alla busta aveva trovato delle cartelle con sopra il loro nome e che insieme a tutto questo c'era un cartoncino con data, luogo e l'orario di un appuntamento. Nessuno sapeva cosa contenessero questi file ed il collega ebbe la decenza di non aprirli. La donna titubava, un po' timorosa e per l'ennesima volta guardò gli amici: erano seri in volto, gravi. Non era un buon segno. Respirò a fondo e aprì la sua.
Dentro c'era la sua vita. Tutta. C'era la data del suo compleanno, il luogo di nascita, Maki, il fatto che non fossero parenti, c'era persino Sayuri... Non mancavano dettagli sulla macchina che guidava, l'arma che usava, le abilità che possedeva, la sua descrizione fisica – con altezza, peso e gruppo sanguigno – e la relazione che intratteneva con Ryo. C'era anche scritto della confessione dopo il matrimonio di Miki e del bacio sulla nave di Kaibara.
Alzò nuovamente lo sguardo verso gli altri, incontrò gli occhi di Ryo. Lui, la sua cartella, l'aveva posata sul tavolo. Miki e Umi bisbigliavano, mentre la donna avidamente controllava i fascicoli del marito. Mick, dal canto suo, aveva una mano nei capelli e continuava a leggere quelle righe, stupefatto.
Chinò la testa, iniziò a sfogliare i vari fogli in allegato: il suo diploma, il referto medico di quella volta che si era operata di appendicite, il necrologio di Hideyuki, articoli di giornali che si riferivano a casi che avevano risolto, la lista delle clienti che avevano aiutato, multe, conti in banca, fatture, foto scattate negli ultimi mesi...
"Oh mio Dio" commentò, senza nemmeno rendersene conto "Questo uomo sa tutto di noi" e ancora perplessa incontrò lo sguardo preoccupato degli altri. Sicuramente in quelle cartelle c'erano gli scheletri nell'armadio di tutti, a giudicare dalle loro espressioni.
"Ryo, ti sei informato su quell'uomo?" domandò Mick, che con disprezzo gettò i suoi file privati sul tavolo, insieme a quelli degli altri.
"Non avrà trovato niente. È furbo" proruppe Falcon.
"Ha usato un nome falso. Cercando Ryo Saeba sapeva che non avremmo trovato niente" finì Miki.
Ci furono minuti di assoluto silenzio. Nessuno osava parlare, ognuno era chiuso nei propri pensieri. Chi era? Cosa voleva? Come DIAVOLO faceva a sapere tutti i più inutili dettagli delle loro vite? C'era forse una falla nel sistema, una talpa?
"Quindi, cosa facciamo adesso?" parlò Kaori, non riuscendo più a sopportare quella tensione nervosa. Vide soltanto Ryo prendere il cartoncino con i dati dell'incontro. Lo gettò con il resto della carta straccia sul tavolino.
"A quanto pare abbiamo un appuntamento con lui..."

Il luogo dell'incontro era uno di quei grattacieli, dove le aziende davano in affitto uffici o piani interi ad altre aziende, principalmente straniere. Tokyo era una città grande e non sempre c'era spazio a sufficienza per trovare o costruire uffici a proprio piacimento.
Mentre salivano velocemente con l'ascensore, il gruppetto di amici si poté godere lo spettacolo che offrivano le pareti di vetro rinforzato. Ad ogni piano saltato nella cabina si espandeva un 'din' fastidioso. Più i 'din' passavano, più la tensione saliva. Ci fu il penultimo 'din' e l'ascensore si aprì al trentacinquesimo piano. Ad ogni porta c'era una guardia, total black, armata e con un auricolare bianco che contrastava evidentemente con il completo. Gli occhiali da sole neri non permettevano di capire le loro intenzioni. Si misero in guardia, contando tutti i 'nemici' presenti su quel piano e individuando in un batter d'occhio la rampa di scale. La loro principale via di fuga in caso di emergenza.
"Benvenuti, seguitemi" a distoglierli dai loro progetti fu un ragazzo giovane, sotto i trent'anni. Era vestito come gli altri: completo nero, camicia nera, cravatta nera, scarpe nere, pistola che si intravedeva sotto la giacca anche se lui, gli occhiali, li teneva nel taschino.
Procedevano lenti per il lungo corridoio, sentendosi osservati da tutte le guardie armate che fiancheggiavano le porte. La tensione salì e Kaori fu inghiottita dal gruppo dei suoi amici, che le fecero da scudo umano. Sapevano che l'unico elemento debole era proprio lei.
Il ragazzo si fermò davanti alla porta in fondo al corridoio. Bussò, la aprì, bisbigliò qualcosa e la richiuse.
"Prego, il signor Saeba vi sta aspettando" dicendolo si voltò e fece un gesto alle restanti guardie. Li videro muoversi all'unisono, spostandosi verso le uscite e lasciandoli completamenti soli. In pochi secondi il piano, che prima era stato sorvegliato, apparve completamente vuoto. Decisero di entrare senza bussare, ovviamente.
L'ufficio era ampio, ben illuminato e elegantemente arredato. Sul muro alla loro sinistra c'era un divano in pelle nera. Di fronte al sofà c'era un tavolo quadrato con un enorme vaso pieno di rose rosse e dal lato opposto due poltrone, sempre di pelle nere, girevoli. Davanti a loro c'era la scrivania in mogano, circondata da delle piante verdi che dava la schiena ad un enorme vetrata da cui si vedeva il centro di Tokyo, con tutti i suoi edifici e tutte le sue pubblicità. Seduto a quella costosa scrivania c'era il loro 'cliente', che se ne stava fermo a fissare lo schermo del computer. D'improvviso parve risvegliarsi e accorgersi della loro presenza.
"Grazie per aver accettato il mio invito" si alzò, accarezzandosi la cravatta nel tentativo di lisciarla.
"Avevamo scelta?" eruttò Umibozu, sedendosi sulla poltrona più vicina alla scrivania. All'altra si accomodò la moglie, mentre Kaori fu praticamente accompagnata con forza al divano, sedendo al centro, circondata da Ryo e Mick. Lo videro sorridere e prendere la sua pistola, una Smith & Wesson modello 19-3. Le mani di tutti andarono a pescare le rispettive armi, ma l'uomo sembrava non avere nessuna intenzione bellica, anzi, aveva alzato le mani – nello stesso momento in cui aveva visto puntarsi addosso quattro canne – e poi posò lentamente la sua SW sulla scrivania.
"Volevo solo mettervi a vostro agio."
"E cosa mi vieta, adesso, di farti fuori?" chiese Mick, l'unico che non aveva rinfoderato l'arma. A casa, Kaori era riuscita a convincere i suoi amici ad ascoltare ciò che l'uomo aveva da dire, ma l'unico che sembrava duro d'orecchi era proprio l'americano. Da quando erano partiti quella mattina, continuava a ripetere che non appena quel tizio gliene avesse dato la possibilità, gli avrebbe sparato un colpo in testa.
"Lei signor Angel? A stento riesce a non far tremare la mano, mentre mi punta la sua Desert Eagle addosso. Conoscendo le lesioni che ha riportato in quel tragico incidente, potrei senza dubbio affermare che, sì, forse potrebbe ferirmi, ma di certo non riuscirebbe ad uccidermi" fece un sorriso di circostanza "Ora la prego, posi la sua arma e mi faccia parlare. Immagino che nessuno di voi voglia restare a lungo in mia presenza. Tanto prima potrò esporre il mio problema, tanto prima potrete andarvene" la mano gli tremò, ma non per lo sforzo, per la rabbia. Digrignò i denti, meditando se fare come diceva o se semplicemente 'ferirlo' come meglio poteva. La calda mano di Kaori, appoggiata sulla sua, gli fece prendere la decisione che più detestava. L'uomo dall'altro lato della canna sorrise.
"Bene, allora possiamo cominciare il nostro colloquio" premette un bottone su un telecomando. Contemporaneamente sulla parete destra scese uno schermo per videoproiettore completamente bianco, mentre la vetrata che dava sulla città veniva oscurata da dei pannelli meccanici. Iniziarono a scorrere delle immagini, raffiguranti campi, città, case...
"Questo è il paese X. La ragione per la quale da anni si combatte una guerra, che non ha portato nulla di più che morte e distruzione è... questa..." sullo schermo comparvero campi sterminati di papaveri da oppio.
"La principale fonte di guadagno dei boss della droga è la coltivazione dell'oppio, che poi smerciano in Giappone, America, Cina, Thailandia, Europa..." foto di file segreti, top secret.
"Il mio paese era rimasto in mano ai mercenari, a degli stranieri, con l'obbiettivo di coltivare droga, distruggendo tutti quelli che tentavano di ostacolarli. Ecco il motivo della guerra. Sembrava che questa smercializzazione non avesse una fine a breve termine. Oltre alla guerra tra l'esercito e gli spacciatori, c'erano anche fin troppe faide tra i vari clan. I morti non si contavano più..." immagini cruente. Bambini, donne, uomini ammazzati. Fori di proiettile nelle tempie, brandelli sparsi sulla terra, amputazioni, sangue.
"Poi..." foto di un uomo "Una decina di anni fa, l'ex generale dell'esercito del paese X, entrato in politica, iniziò una lotta mediatica contro la droga e ai vari boss. Nel corso degli anni riuscì a debellare la maggior parte dei clan, riuscendo a distruggere diverse piantagioni e sensibilizzando l'opinione pubblica mondiale su ciò che stava succedendo nel nostro paese" immagini varie, foto dell'uomo ai comizi, con vari presidenti di paesi stranieri, articoli di giornale...
"Era costantemente nel centro del mirino. Combatteva a volto scoperto e sapeva i rischi che correva, ma come diceva sempre: 'La nostra causa deve avere un volto, senza un volto non sarebbe altro che un articolo sbiadito, tra le ultime notizie del giornale' e nonostante tutti gli sforzi della sua scorta – nella quale, in seguito, scoprimmo ci furono delle talpe – proprio nell'ultimo incontro politico che si svolgeva in Giappone... è stato assassinato" foto del generale morto, del luogo dell'attentato, degli articoli sul giornale.
"Cosa ci faceva veramente in Giappone?" chiese Umibozu, mentre lo sweeper, dall'altra parte del tavolino, sbadigliava e guardava il vuoto. Ricevette una dolorosa gomitata alle costole da Kaori che lo riportò alla realtà. Decise di partecipare alla conversazione.
"Ho seguito gli avvenimenti del paese X e so per certo che nonostante gli sforzi per allontanare i mercenari o comunque per eliminare tutte le piantagioni di oppio, il problema persisteva. Ad ogni gruppo eliminato ne comparivano altri due, a ogni ettaro di terra ripulito, la produzione si triplicava..."
"Ha ragione signor Saeba."
"E nonostante questo, il generale Kent venne a fare una visita turistica, perché questo era quello che era, in Giappone? Cosa non ci sta dicendo?"
l'uomo premette il bottone del telecomando, sullo schermo apparve la foto di un altro uomo.
"Non ha tutti i torti signor Saeba. I problemi nel nostro paese, nonostante i tanti passi avanti, sembravano peggiorare. La principale causa di tutto questo è... lui: Hiro Tsuda. Il capo della yakuza di Shinjuku, che sta man mano allungando i tentacoli alle altre regioni del paese. Il più grande clan – e l'ultimo rimasto – presente sul nostro territorio era capeggiato proprio da lui. Il generale Kent non era venuto in Giappone solo per questioni politiche, ma per passare delle informazioni alla polizia di Tokyo. Purtroppo non è riuscito a fornirle, essendo caduto, per l'appunto, in un agguato. L'omicidio è stato ordinato proprio da Hiro Tsuda" ci fu un attimo di silenzio, dove i presenti cercavano di filtrare le informazioni ricevute e cercando di trovarvi un senso. Cosa voleva quell'uomo? Vendetta? Era l'unica cosa che, dalle poche informazioni ricevute, si poteva pensare.
"Però l'omicidio è avvenuto qualche anno fa, o sbaglio?" chiese Miki. Vide il riccio appoggiarsi alla scrivania, stringendo le dita sul duro legno. Sembrava perso in chissà quali pensieri. Poi alzò la testa e andò ad osservare ognuno dei suoi ospiti.
"Quello che ora mi appresto a dirvi, dovrà rimanere strettamente personale" e dicendolo, prese dalla tasca un piccolo aggeggio, con sopra un bottone blu. Lo schiacciò e un rumore acuto perforò i timpani di tutti i presenti.
"Per le possibili microspie..." spiegò e fece passare altre foto di diverse donne. Sembrava sempre la stessa, ma il colore e il taglio dei capelli cambiava. Indossava sempre gli occhiali, cappelli e sciarpe che le coprivano il volto. Identificarla era difficile.
"Il generale Kent, per il rischio che correva portando avanti la sua battaglia, ha reso nota l'esistenza di una figlia a pochi. Io ero uno tra quelli, ero la sua guardia del corpo" altre foto.
"Il generale aveva sempre protetto la figlia, in ogni modo. La fece studiare in Europa, lontano da casa e per non rischiare di coinvolgerla e mettere la sua vita in pericolo, ha sempre negato la sua esistenza. L'unica cosa che voleva era la sua felicità e la sua salvaguardia. Diede precisi ordini: se fosse morto, Sanja, la figlia, doveva espatriare, prendere una nuova cittadinanza e rifarsi la vita altrove. Purtroppo non mise in conto il carattere della figlia. Dopo la morte del padre ebbe la brillante idea di continuare il suo lavoro e di conseguenza, esporsi. Nel corso dei mesi riuscì a recuperare le informazioni che il generale doveva alla polizia giapponese. Lo fece, passò alla polizia di Tokyo tutte le notizie che servivano per bloccare i traffici di Tsuda nel nostro paese. Ci riuscì, in parte. Ovviamente anche lei era ferma sostenitrice del potere del volto pubblico e allora cominciò a fare propaganda nel nostro paese, attirando purtroppo l'attenzione. Nonostante tutte le precauzioni prese..." foto di parrucche, travestimenti "per mantenere la sua identità il più possibile nascosta – per non fare vedere al nemico il suo vero volto – la settimana scorsa, durante una festa privata, è stata assalita dagli uomini di Tsuda..."
"I media non ne hanno parlato" si lamentò Ryo.
"E di questo sono lieto" sorrise tristemente "è stato mio preciso compito insabbiare tutto."
"Perché?" chiese Miki "È triste da dire, ma un fatto del genere avrebbe avuto una grande risonanza nell'opinione pubblica. Non era questo il vostro scopo?"
"Ho fatto di tutto per non far trapelare nulla e per far credere agli esecutori dell'attentato che non avevano portato a termine il loro lavoro. Che avevano fallito... " altro silenzio, alcuni minuti di disorientamento, poi, di colpo, il significato di quelle parole li colpì, a uno a uno. Tutti puntarono lo sguardo verso il cliente, ancora appoggiato alla scrivania, che continuava a guardare il vuoto.
"È rimasta in coma per quarantotto ore, poi il medico ha decretato la morte cerebrale" nessuno osava parlare, non sapendo nemmeno cosa dire. Tutti rimasero chiusi in religioso silenzio: Falcon, con le braccia incrociate, fissava il muro di fronte a sé. Miki e Kaori si guardavano, come se riuscissero a parlare solo con gli occhi. Mick, a gambe divaricate, era appoggiato con i gomiti sulle ginocchia e osservava un punto a terra. L'unico che mostrava apparente noia era Ryo. Gambe accavallate, braccio che reggeva la testa, sguardo annoiato che zigzagava da un amico all'altro. Sapeva che come storia era triste, ma in vita sua aveva visto cose anche peggiori.
"Nessuno sa della sua morte. Gli unici a saperlo siamo noi sei e altre poche persone" li guardò, uno ad uno, con l'implicita richiesta di non farne parola con nessuno. Trovando conferme nei loro sguardi, continuò "Bene, ed ecco che arriviamo all'incarico che vi voglio proporre" fece il giro della scrivania, aprì il primo cassetto e tirò fuori tre fascicoli belli spessi. Ne diede uno a Miki, uno a Ryo e l'ultimo a Mick. Tutti rimasero immobili, quasi a non voler curiosare tra quei referti in sua presenza.
"Spero che accettiate il mio incarico. Verrete lautamente ricompensati. Ma la cosa che vi chiedo maggiormente è quello di pensarci seriamente. Non vi impongo niente, le mie minacce sono servite solo a farvi riunire tutti e cinque in mia presenza. Vi prometto che non userò le informazioni in mio possesso contro di voi in caso di un rifiuto, ma l'unica cosa che vi chiedo e quella di pensarci e di prendere in considerazione l'incarico."
"Ma di cosa si tratta?" chiese Kaori, curiosa. Lo vide sorriderle tristemente, allungare il braccio affusolato verso lo schermo del pc – schermo che aveva fissato intensamente quand'erano entrati – e girarlo verso di loro.
"Questa è Sanja..." c'era una foto, di una donna. Capelli scuri, corti, rasati. Kaori sgranò gli occhi, sentendosi puntare d'improvviso tutti gli occhi addosso. L'unica differenza tra lei e quella donna erano i capelli, per il resto... erano due gocce d'acqua.


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* Alessia Auriemma

Ringrazio tutte le persone che seguono questa fan fiction e quelle che l'hanno messa tra quelle da ricordare (ricordate, vi spio. MUAHAHA).
Al prossimo capitolo.

Arte_P
  
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