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Autore: MrsCrowley    09/08/2013    2 recensioni
Ognuno di noi ha un modo diverso di reagire alle situazioni. C’è chi semplicemente sprofonda in un oceano da dove non riesce più a risalire, chi cerca di vedere il lato migliore di tutto e poi ci sono quelli della peggior specie, chi contraccambia ogni cosa con la stessa moneta.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Lime, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1.

La droga t’inganna. La droga ti spegne. La droga t’uccide.

Tu la consumi, lei ti consuma. Ne vale davvero la pena?

 

 
E pensare che proprio lui, un tempo, aveva tutto dalla vita.
A guardarlo in questo momento probabilmente non si direbbe.
Rampollo di una famiglia della neo borghesia inglese, avrebbe potuto ereditare una grande fortuna e sposare una delle ragazze più ambite di tutta Londra. E invece, con gli occhi fuori dalle orbite, cammina per la stazione reggendosi a stento in piedi. Gli occhi un tempo grigi, adesso sono così scuri che l’iride sembra aver inghiottito ogni pigmento di colore. Il nero lo divora e lo acceca, il nero acceca ogni parte della sua anima. Nero e grigio si fondono, in quelle che sono diventate grandi pozze antracite. Tra le vene non gli scorre più sangue, ma un misto di vari tipi di veleno che solo stesso ogni giorno si somministra. Continua a trascinarsi in giro e a farsi vedere dalla gente, fumando la sua sigaretta che di tabacco non ha nulla e lasciandosi dietro una scia di oppio. I poliziotti ormai lo lasciano stare, considerandolo innocuo. Ogni tanto qualcuno gli si avvicina, e gli chiede come ha fatto a ridursi così. Solo in quei momenti il nero che lo corrode sembra andare leggermente via, lasciando traboccare tutto il suo dolore. Ma il nero è più forte del dolore ormai, si è arreso da tempo. Non ha più voglia di vivere. Tutti dicono che è stata la droga a dargli al cervello, lui lo sa cosa pensano i ragazzi quando gli passano accanto, sa cosa dicono di lui e non gli piace affatto. Più volte gli ha lasciato contro le sue bottiglie di birra, precedentemente scolata, come se fosse un antidoto. Ma non esiste nessun antidoto alla morte che incombe su di lui, e quando si specchia negli occhi fissi della gente, gente ignara che gli si avvicina nella speranza di dargli una mano, solo in quei momenti lui riesce a combattere il nero. In quei momenti esce fuori tutto il suo dolore, tutte le sue lacrime.
Quelli sono i suoi unici momenti in cui torna ad essere lucido. Ricorda ancora come se fosse ieri la sua prima volta. Si trovava in quella maledetta città, in compagnia di altri tre ragazzi come lui. Aveva perso le tracce di loro, non sapeva più neanche se fossero vivi o morti. Magari loro erano ancora vivi e sani, e lui invece ci stava per lasciare le penne. Dio solo avrebbe potuto sapere quanta paura aveva lui di morire. Christian però non credeva in Dio e non ci crede tutt’ora, per questo non trova rifugio nella preghiera. Lo considera ancora un gesto per deboli, per persone che hanno bisogno di una chimera a cui appigliarsi.
Non ha paura di morire perché teme l’Inferno, fin da adolescente la sua più grande paura è stata il vuoto, il nulla, l’indecisione. Per lui la vita era fatta di bianco o di nero, non esisteva nessun altro dolore. E adesso tutto intorno a lui invece era diventato grigio, solo la sua anima continuava ad essere nera. Si era ridotto allo stato di spettro, anche la sua pelle era diventata grigiastra. Tutto in lui era grigio. Sarebbe morto di una morte grigia, lo sapeva.
La droga t’inganna. La droga ti spegne. La droga t’uccide. Troppe volte gliel’avevano detto.
***
La droga t’inganna.
- Dai muoviti, cosa vuoi che sia infondo? Si tratta di uno spinello! – i due ragazzi seduti davanti a lui, con lo spinello già in bocca, lo guardavano commiserando la sua debolezza. Con audacia aveva allungato la mano e inspirato profondamente, lui che non aveva fumato mai neanche una sigaretta. Era come se qualcosa gli fosse entrata dritta nel cervello. Si sentiva carico ed esplosivo. Era questo che si provava?
Di quella sera ricorda due cose: lo spinello era incartato in una carta vergata grigia. Grigio antracite. E quella sera Christian nel pieno dell’ebbrezza andò a letto con una ragazza la prima volta. Di lei non ricorda neanche il nome, tutto ciò che gli rimane di quella ragazza sono grandi occhi grigio freddo, freddo come la sensazione di vuoto che aveva provato lui davanti al suo stesso liquido biancastro.
***
Quella era stata la sua prima volta. Non solo sotto le coperte, no, anche con le sostanze stupefacenti. Da allora Christian aveva due buoni amici, e soprattutto una potente alleata: la droga. Erano passati solo un paio di mesi, e lui aveva provato di tutto. Sgranò gli occhi sorpresi, il giorno in cui i due amici piombarono davanti a lui con un sorriso più largo del solito e lo trascinarono dietro la stazione.
- Che diavolo avete in mente? – chiese lui preoccupato, ma nessuno sembrava preoccuparsi di dargli una risposta.
- Ti abbiamo voluto così tanto bene da lasciare anche uno schizzo per te, stronzo, e tu così ci ripaghi? – chiese Adrian con quel ghigno che non gli lasciava mai il volto, piuttosto stizzito. Gli strinse un laccio sul braccio sinistro, sulla pelle morbida che divenne in quel momento tesa. Sentiva la vena pulsare violentemente contro quel laccio, sentiva il sangue che affluiva più veloce del solito e il braccio dolergli lentamente. Aveva stranamente la salivazione pressoché nulla.
- Sei proprio un pezzo di merda – concluse Oliver divertito, prendendo un ago. Una strana sostanza all’interno, precedentemente disciolta. Christian deglutì a fatica, guardandola rapito, senza muovere neanche un muscolo. Anche il cuore pareva essersi fermato. Era grigia.
Lui non apriva bocca, non aveva forza di farlo. Fu un secondo. Adrian gli punzecchiò la vena violacea già ben evidente, e Oliver gli piantò la siringa all’interno dell’avambraccio. Christian chiuse gli occhi emettendo un gemito di dolore, che si trasformò subito in piacere. La testa gli vorticava. E quella sostanza grigia rendeva tutto il suo corpo vivo, come mai si era sentito. Era pronto a qualsiasi cosa.
- Il grigio è il mio colore preferito – farfugliò buttandosi a terra disteso, gli occhi grigi spalancati, la bocca semi aperta, quasi in trance. Estasi. Pura e sana estasi.
***
La droga ti spegne.
Odiava il grigio e qualsiasi cosa lo riguardasse. Le pareti della sua camera erano grigie. I suoi denti, a furia di tabacco e sostanze varie, erano grigi. La sua pelle era grigia. L’eroina era grigia. La sua vita era grigia. Ma il grigio non gli piaceva più, non riusciva più ad accenderlo. Lo aveva reso smorto e quasi malaticcio, adesso, si sentiva strano e non aveva forza di muovere neanche un passo. Si tirava in piedi solo per andare a prendere dell’altra ero e potersi di nuovo bucare.
Quando ti droghi è un poco come quando sei innamorato. Non capisci nulla, e non esiste nulla al di fuori di lei. Lui era un bravo amante, fedele, non come tanti stronzi che se ne facevano una dietro l’altra. Lui si faceva solo di ero. Esisteva solo lei. E diciamocelo, qualcuno avrebbe potuto volere di meglio?
Dolore. Dolore lancinante. Dolore all’interno. Un dolore che non sapeva placare. Le palpebre gli calavano pesanti sugli occhi, chiudendosi da sole. Non riusciva a prendere sonno da tre notti di fila. Era stano, era infuriato, e aveva bisogno di un altro schizzo se non voleva impazzire. Come un televisore rotto, si alzò a scatti e andò a prepararsi il necessario. Si addormentò sul pavimento ormai sporco e sudicio, non lavava a terra da secoli. Sporco, grigio. Tutto era grigio. Tutto era spento.
Lui era spento.
***
La droga t’uccide.
Che fine avesse fatto non avrebbe saputo spiegarlo neanche a se stesso. Ricordava a stento il suo nome. Chi era? Cos’era? Non avrebbe saputo farlo. Una donna si china davanti a lui. Si trova in una stazione ferroviaria ma non sa come vi è giunto. In bocca l’odore amaro di chi ha vomitato l’anima, l’odore di alcool bevuto in precedenza. Le gambe pesanti, la testa indolenzita. Deve essersi preso una sbornia. La donna si china ancora di più, squadrandolo. E in quel momento nota qualcosa che gli fa prendere piena consapevolezza di sé. In quella coltre di capelli scuri che le scendono arruffati sul viso, spiccano due occhi grigi che la frangia svolazzante tenta quasi di coprire. Due occhi che però lottano per essere visti. Due occhi che gli fanno perdere forse dieci anni di vita, come se lui ne avesse tanta ancora davanti.
- Posso esserti utile? – gli chiede quella voce gentile. Cauta. Lui la guarda incuriosito, solo i ragazzini di solito gli si avvicinavano. Quei due occhi grigi gli avevano fatto tornare a mente chi era e perché si trovasse lì.
- Sì signora. Lei ha figli? – domanda quasi disperato. La donna pare non capire, ma annuisce senza chiedere spiegazioni.
- Li tenga lontani dalla droga. La droga t’inganna. La droga ti spegne. La droga t’uccide. – è tutto quello che riesce a dirle, a quella bella donna. Lei si siede a terra, lasciandosi scivolare di fronte a lui.
- Mio figlio è scappato di casa un mese fa. Ha iniziato a farsi e i..io.. Io gli ho vietato di avere s-s-soldi. E l-lui è an-an-andato via. – dice la donna piano, come se temesse anche di farsi sentire. Qualcosa mi si stringe contro il petto.
- Gli dica allora, che qui in stazione ha conosciuto un quarantenne. Un ragazzo un tempo bello e piacente, ricco – continua lui, tirando fuori una foto di sé da giovane e porgendola alla donna. I suoi occhi grigi erano un tempo splendenti come quelli della creatura di fronte a sé. Anche se non avevano il dolore che c’era adesso in quegli occhi gentili. Quegli occhi gentili avevano lo stesso dolore di quelli di Christian in quel momento, ma non erano ancora divorati dal nero. Non erano ancora antracite. Christian parve assorbire un poco della loro purezza, e si fece forza.
- Iniziai a drogarmi dieci anni fa, glielo dica. Era tutto un gioco per me, e all’epoca la droga mi era sembrata una grande amica, una potente alleata contro il perbenismo della mia famiglia. Dica a suo figlio che adesso non ho più lucidità, se non brevi momenti. Gli dica che mi trascino avanti per non affrontare la morte. Gli dica che l’HIV mi sta portando via lentamente, e che la droga mi ha spento così tanto che non ho neanche la forza di lottare. La prima persona a cui dico di essere malato è proprio lei.- le sue parole sono sentite, dette con il cuore. Sussurra l’ultima frase quasi a non volersi far sentire. Ammettere la malattia non è il primo passo per lottarla, non per lui. Quello è solo l’ultimo passo verso la morte.
Christian ha scelto di annegare, in tutto quel grigio. E’stato stretto dalla sua morsa e non è più riuscito ad andare oltre. Christian ha scelto di non reagire, di lasciarsi uccidere. Ma le ultime parole che pronunciò a quella donna, furono le ultime che disse in vita sua, e quelle più vere.
- Non è stata la malattia a uccidermi, è la droga a portarmi via. È sempre stata colpa sua.- e con un ultimo sospiro, la grigia vita uscì via dal suo grigio e stano corpo. La sua anima era grigia. La donna che aveva incontrato quel giorno, riuscì a recuperare suo figlio parlandogli di Christian. E per sdebitarsi con quell’uomo, il suo Salvatore e il suo eroe, aveva fatto scrivere delle parole sulla sua tomba.
Un ragazzo giovane, dai ridenti occhi grigi, camminava sotto braccio con sua madre. La donna portava in mano dei fiori, bianchi. Fu il ragazzo a posarli su di una bara.
- Quello era tuo padre. E tuo padre è morto, ucciso dalla cosa che ti ha fatto nascere. Dalla cosa che ti stava per portare via da me. - sussurrò la donna.
Non è stata la malattia ad uccidermi, è la droga a portarmi via. Il giovane lesse e rilesse quella frase. Sua madre gli aveva raccontato dell’incontro con quell’uomo e di come era nato. Per lui era stato solo sesso, o forse solo destino. Il destino aveva voluto che suo padre gli avesse salvato la vita, senza forse neanche saperlo. Suo padre era morto per mano della droga, ma lui non lo avrebbe potuto fare. Lui aveva lottato. E anche se non l’aveva mai conosciuto, sapeva che quell’uomo sarebbe stato fiero di lui.

 
 
  
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