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Autore: Lulumiao    10/08/2013    3 recensioni
Una raccolta di One shot su Super Mario, di vario genere. Il pairing Peach x Daisy è sempre sottinteso, ma non sempre presente. Buona lettura :) Queste fanfiction non sono state scritte a scopo di lucro e i personaggi e i luoghi descritti nelle storie sono di proprietà di Nintendo.
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yuri, Crack Pairing | Personaggi: Bowser, Bowserotti, Daisy, Peach, Un po' tutti
Note: Lime, Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Una fanfiction introspettiva su Bowser… Buona lettura :)
 
Personaggi: Bowser, Peach (citata), Mario (citato), Koopa Troopa rosso, Kamek, Ocs (genitori e fratelli di Bowser, Clawdia Koopa) (citati), Bowser Jr. (citato), Bowserotti (citati)
Generi: Angst, Introspettivo, Malinconico, Sentimentale, Triste
Lunghezza: One shot (1247 parole)
Tipo di coppia: Het (citata): Bowser x Clawdia Koopa
Note: nessuna
Avvertimenti: Tematiche delicate
Rating verde
 
 
Malinconia
 
Bowser era particolarmente annoiato, quel giorno. Era una torrida giornata estiva e faceva un caldo infernale. Peach era stata salvata da Mario appena due giorni prima e lui, conoscendo gli impegni della principessa, non poteva rapirla di nuovo così presto. I Bowserotti stavano partecipando ad un campo estivo e la servitù era così accaldata da rimanere accasciata, mezza addormentata, alle spesse pareti di pietra del palazzo senza reagire agli stimoli. Bowser era seduto scompostamente sul suo enorme trono mentre uno sfortunato koopa sventolava un ventaglio più grosso di lui allo scopo di rinfrescare il sovrano. Era incredibile come non ci fosse assolutamente nulla degno di nota: nessun bowserotto che si lamentava, o che facesse saltare in aria un’ala del castello, nessun seccatore da affrontare, non c’era neanche la sua adorata principessa. Le uniche sue compagnie in quel momento erano il koopa spossato che sventolava e quel caldo tremendo; e certamente la lava che circondava la dimora non aiutava a refrigerarsi.
«Kamek!» ruggì il re, chiamando il suo aiutante mago. Il ruggito fece trasalire il piccolo koopa, che si nascose nel guscio. Bowser, vedendo che razza di fifoni aveva per soldati e notando che il magikoopa non si faceva ancora vedere, afferrò il piccoletto per il carapace rosso e lo scosse arrabbiato.
«Vieni fuori» ordinò, «o ti butto dalla finestra, ti ripesco e ti mangio cotto a puntino!». Difficilmente Bowser avrebbe mangiato un suo suddito, ma quelle minacce bastarono a far spuntare timidamente la testa gialla del koopa dal guscio.
«Visto che come sventolatore non vali niente, renditi utile e vai a cercare Kamek!» urlò Bowser. il piccoletto, desideroso di togliersi dagli artigli del drago, annuì velocemente e appena ebbe riguadagnato il terreno schizzò alla velocità della luce alla ricerca del mago.
 
Kamek, avendo capito dal tono del koopa terrorizzato che il suo padrone era molto irato, corse nella sala del trono sudando nella veste blu che non abbandonava mai.
«A-avete chiamato, vostra maestà?» chiese con il fiatone.
«Certo che ho chiamato, vecchio! Ho caldo, trova un modo per rinfrescarmi! Ora!» rispose Bowser asciugandosi il sudore con un fazzoletto ampio come una tovaglia.
«I-immediatamente, mio signore. Posso prepararvi una Crema Ghiacciolina, ma per intensificarne l’effetto e renderla più efficace per voi mi serve un vostro oggetto personale, possibilmente metallico…» rispose Kamek.
Il re sbuffò. «Quindi devo alzarmi e andare a prendere qualcosa che mi appartenga?» chiese.
«Esatto, eccellenza…».
Bowser, molto contrariato, grugnendo, si mise in piedi e si avviò a passi pesanti verso la sua camera da letto, ordinando al magikoopa di aspettarlo lì.
 
Il sovrano aprì la solida porta cremisi ed entrò nella sua stanza. Qui fa ancora più caldo, pensò. Si avvicinò al cassettone in cui teneva diverse cianfrusaglie alla ricerca di un tagliaunghie che aveva rotto tempo prima; era proprio ciò che faceva al caso suo: era di metallo e non lo usava più. Aprì il primo cassetto, trovandolo pieno di ciarpame. Cominciò a rovistare disordinatamente nel vano, svuotandolo per metà. Del tagliunghie neanche l’ombra. Dove diavolo l’ho messo?, si chiese. All’improvviso le sue zampe afferrarono un voluminoso libro. Bowser lo guardò. Lo riconosceva, ma erano anni che non lo sfogliava più… non lo sfogliava più dal quel giorno. La copertina era di pelle rossa, molto impolverata. Stava per gettarlo via, poi pensò che gli sciocchi fantasmi del passato non potevano sopraffarlo, lui in fondo era il potente re del male, l’orgoglioso capo delle forze oscure… non poteva spaventarsi davanti a un libro. Lo aprì con sicurezza. L’oggetto era in realtà un album fotografico, intitolato Bowser e la sua famiglia. La prima foto ritraeva un esserino molto simile a Bowser Junior, ma non era lui: era Bowser appena nato. Spuntava sorridente dall’uovo e aveva già due dentini. Nella seconda foto il piccolo era tra le braccia dei genitori: la madre un koopa robusto con i capelli color arcobaleno e gli occhi rossi, il padre più mingherlino, capelli rossi e pelle rosa, con grossi occhiali da vista. Le foto successive mostravano il principino lanciare la sua prima fiammata, mangiare un grosso stinco di chissà quale animale, terrorizzare i koopa con i suoi primi ruggiti infantili e altre situazioni quotidiane. Una foto dopo l’altra il koopa cresceva e in un’immagine lo si vedeva ancora abbastanza giovane accanto ai fratelli minori e al padre, al funerale della madre. Un’ombra di tristezza passò sul muso di Bowser, e fu rinnovata davanti alla fotografia del funerale del padre, scattata alcuni anni dopo. Ma fu la foto successiva a riaprire una ferita ormai suturata nel cuore del re: rappresentava lui stretto in un candido abito elegante che teneva per mano una bellissima koopa, più bassa di lui, snella, con la pelle nera come il carbone, il viso allungato e grazioso, i capelli blu e un segno a forma di stella tra gli occhi azzurri. Era il giorno in cui Bowser aveva sposato la persona che aveva rubato il suo cuore: Clawdia.
 
Da piccolo Bowser aveva incontrato l’incantevole principessa Peach, si era perdutamente innamorato di lei ed era sicuro che la bambina ricambiasse, ma aveva scoperto che l’altra non provava per lui il minimo interesse. Aveva provato a conquistarla, ma non c’era verso di entrare nel suo cuore. Ogni fallimento incupiva Bowser, e giorno dopo giorno diveniva sempre più iracondo. Ma poi da adulto aveva casualmente conosciuto Clawdia: era una koopa speciale, esuberante e attraente, e finalmente Bowser aveva parzialmente dimenticato l’amore per Peach, totalmente preso dalla sua nuova fiamma. Clawdia ricambiava quell’affetto e rendeva Bowser più aperto e solare. Un bel giorno, dopo mille corteggiamenti, il sovrano aveva preso coraggio e aveva chiesto a Clawdia di sposarlo: la koopa aveva accettato entusiasta e ben presto si era celebrato il matrimonio, davanti ad una folla festante di gusci rossi, verdi e grigi.
 
Le foto successive mostravano i frutti del loro amore: gli otto bowserotti e la loro crescita; quei tartarughini accendevano di vita i loro genitori e l’intero castello, si parlava sempre di loro e della felicità che portavano a mamma e papà. L’ottavo, che aveva l’onore di portare il nome del padre grazie alla spiccata somiglianza che aveva con il genitore, era spesso rappresentato tra le braccia della madre, che adorava il figlio più piccolo.
Ma c’era qualcosa di strano nelle ultime foto dell’album: Clawdia era sempre più magra, i capelli erano sempre più bianchi, gli occhi erano privi della lucentezza che avevano quando era giovane… guardando la penultima foto, Bowser ricordò che all’epoca dello scatto la consorte non riusciva più a stare in piedi. Una brutta malattia si era impossessata del suo corpo e l’ultima foto dell’album testimoniava il triste addio alla regina dei koopa, accanto a una bara color del fuoco.
 
Bowser era rimasto dilaniato da quella perdita: Clawdia era l’unica che lo sosteneva e che gli mostrava il bello della vita; era l’unica che gli aveva fatto dimenticare la principessa del Regno dei Funghi. Perciò, dopo quell’infausto evento, l’affetto per Peach era tornato e aveva stabilito che doveva conquistarla: non poteva vivere senza amore, non dopo averlo provato.
 
C’erano ancora molte pagine da riempire, ma non ne aveva più avuto la forza, né l’aveva più sfogliate prima di quel giorno. lo richiuse con violenza: non voleva ricordare. Non voleva far trasparire il suo unico punto debole. Doveva farsene una ragione: Clawdia non sarebbe più tornata. Doveva conquistare Peach, per il bene suo e dei suoi figli.
 Continuò la ricerca del tagliaunghie, ma invano: doveva averlo buttato senza ricordarsene. Rabbuiato, si gettò sul letto: c’erano drammi peggiori del caldo.
  
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