Come sempre in ritardo, ma
eccomi. =D
Dunque...innanzitutto grazie mille a tutti per i commenti, e soprattutto per
aver risposto ai dubbi che mi assillavano. Ve ne sono grata, mi avete tolto un
grosso peso!>***<;; Grazie a Xendor, a Don Natsumi per i
commenti sul foro. ^__^;; Per quel che riguarda le recensioni su EFP:
@Lady_parody: Ti ringrazio per averla letta tutta! Fa sempre piacere
avere nuovi lettori. ^**^;; Spero che seguirai anche i prossimi capitoli. ^.-
@Hilarysan: Scusami se non ti ho ancora commentato la tua fic.é_è;;;
Rimedierò al più presto!! Come si evolveranno le cose in futuro? Beh, come dice
il caro vecchio Murphy... "sorridi, domani sarà peggio". =D
@Anansy90: Mancano pochi capitoli perché...perché...beh, ho già provato a
fare una fanfic di 50 capitoli, ma è finita male. xD Quindi non voglio
dilungarmi tanto, o finirò per abbandonare tutto. Tanto più che ho il finale già
che spinge nella mia testa per uscire. xD E poi... ehi, fra qualche mese questa
storia compie un anno!! E tu l'hai sempre seguita, fin dall'inizio. Ti ringrazio
infinitamente. ç***ç;; Ah, il momento che tanto aspettavi....magari si sta
avvicinando. ^.-;;
@Randa89: Grazie davvero anche a te per le tue osservazioni!! E'
che...adoro Death note, non sopporterei di 'rovinarlo' con una pessima fanfic.
Se un giorno dovessi scrivere un capitolo disgustoso e totalmente OOC, vi prego
fermatemi. xD
@Shiraime88: Matsuda XDD Io lo adoro, mi è simpaticissimo! Ed infatti in questa
sede gli ho dedicato un po' di spazio in più. ^__^;;
@Marghe88: Eh si, descrivere L innamorato è una tortura! Anche se -
intelligenza a parte - sto diventando come lui, non sono adatta
a ragionare dal suo punto di vista. >_< Ma tu sei la
migliore lettrice che abbia mai avutooohh ç***ç;; Grazie di tutto Marge-chan!!
Accarezza il bel visino di B sulla copertina di Another Note anche per me, ti
raccomando. ç***ç;;;
Sarò logorroica, ma voglio
aggiungere delle note:
- Schopenhauer non me ne voglia, nei primi periodi l'ho citato. xD
- Penso che questo ed i prossimi capitoli potranno dare fastidio a
qualcuno...eventualmente me ne dolgo, ma purtroppo la trama che vi presento è
questa, non posso farci altro. >_<;; Se proprio non dovesse piacervi, non posso
far altro che dirvi: non leggete. ç__ç;;
- Non sono buona a lavorare in photoshop, ma questa era la mia ultima occasione
per mostrarvi un colorize di Sayo che avevo fatto qualche tempo fa:
kuriku.
La base è
questo personaggio di Negima (che io in teoria dovrei doppiare
al CAD xD), che tra l'altro si chiama...Sayo. OòO; Anche se dovrebbe essere un
po' più grande.°ò°;
- Parlando di Sayo, in tema di colorize: quando ho iniziato a scrivere di lei,
le ho dato questo aspetto 'fuori dalla norma' principalmente per sottolineare il
fatto che...non appartenesse al mondo degli umani. xD
- Per anticipazioni sul prossimo capitolo, appena possibile aggiorno il mio
profilo.
That's all. =*
Jun
Piece XVII ~ Ukita
Matsuda fissava L in modo stranissimo.
"A-Allora Sayo-chan ti piace davvero?" gli domandò stupito. Era come se dopotutto non
riuscisse a credere che L potesse provare dei sentimenti per qualcuno.
Da parte sua, il detective arrossì impercettibilmente, ma non rispose.
In realtà, si sentiva davvero uno stupido.
Semplicemente, L non aveva mai preso in
considerazione l'idea di potersi innamorare: compreso come andava il mondo,
aveva vissuto la sua vita guardandolo da spettatore esterno, ed aveva concluso che l'innamoramento
non era altro che un bisogno fisiologico legato alla procreazione.
Poiché partiva da un impulso dettato dall'istinto verso la psiche aveva concluso
che, avendo realizzato questa verità, le possibilità che lui potesse innamorarsi
erano appena del 2%.
Aveva concluso che l'amore era un qualcosa di perfettamente controllabile ed
evitabile.
Ma ora si rendeva conto di non aver capito niente.
Non era ricaduto in quel misero 2%, aveva sbagliato tutti i calcoli. Se l'amore fosse
stato un qualcosa di controllabile, lui non avrebbe mai provato dei sentimenti
per Sayo. Lei era il suo totale opposto, ed era l'opposto della persona che L
avrebbe dovuto avere al suo fianco: lui stava benissimo da solo, ma se proprio
avesse dovuto scegliere una compagna, avrebbe preferito una persona forte,
seria, al suo livello; se proprio avesse dovuto dividere la sua vita con
qualcuno, avrebbe scelto una persona che fosse stato in grado di controllare
e prevedere, in modo da essere sicuro di non porre la sua incolumità a rischio,
dandogli la sua fiducia.
Sayo non era nulla di tutto ciò. Innanzitutto... non era una persona normale,
sotto fin troppi aspetti. E poi non solo era ingenua, ma tendeva a fare
ogni cosa di testa sua, anche se ciò metteva a repentaglio la sua stessa
vita. Una persona del genere non era affatto prevedibile, ed anzi era persino pericolosa.
Ma d'altra parte... lei aveva dimostrato di essere molto forte e decisa.
A differenza di lui aveva dei sogni, e lottava per essi. Non
importava quanto fosse impossibile, né che fosse sola, e neanche che gli altri la giudicassero per questo. Lui stesso l'aveva
creduta infantile e superficiale, ed invece si era visto sbattere in faccia
da lei cose di cui neanche lui si era mai neanche reso conto.
Era questo il punto.
Per quanto questo pensiero fosse spaventoso, lei lo capiva. Nonostante
lui avesse sempre tenuto nascosti i suoi veri pensieri, lei aveva
letto nella sua anima. Aveva visto che era nera, ma nonostante ciò aveva continuato a
provare sentimenti per lui.
Almeno, finché lui non aveva rovinato tutto.
Il fatto era che tutto questo l'aveva spaventato. Non avrebbe mai immaginato una
cosa del genere. All'inizio aveva pensato che Sayo fosse come tutte. Aveva creduto che
fosse innamorata di L. Non di Lawliet. Non di lui. Il pensiero che
qualcuno potesse provare sentimenti per uno come lui era persino ridicolo. Ed il
pensiero che lui potesse ricambiare era ancora più ridicolo.
Nel bene o nel male, lui era diverso da ogni altro essere umano; aveva
pensieri completamente differenti da quelli che una persona media aveva, ed un
quoziente intellettivo tre volte superiore ad essa. E questi che potevano
sembrare doni, si erano rivelati essere in realtà una vera e propria
maledizione, che lo aveva allontanato dal mondo intero, e gli aveva fatto
perdere del tutto interesse e fiducia in esso, sprofondandolo in un baratro che
giorno dopo giorno, ora dopo ora, lentamente oscillava fra noia e irritazione.
Sapendo tutto ciò, come aveva potuto lei continuare a provare sentimenti per
lui?
E soprattutto come poteva causargli ogni volta una tale confusione di pensieri, ed una tale agitazione di
sentimenti?
Aveva creduto che ignorandola avrebbe risolto il problema, invece…nonostante
tutti i suoi pensieri e le sue elucubrazioni... nonostante non riuscisse a
trovare alcuna logica in ciò...
...lei gli piaceva.
Già... Watari e Matsuda avevano ragione.
Gli piaceva, e non potevano immaginare quanto, poco prima, lui si era dovuto trattenere dal prenderla fra le braccia
e baciarla.
Ed il solo pensiero che Light avrebbe potuto fare una cosa del genere in
qualunque momento gli faceva ribollire il sangue. Perché Light non amava. Light
era Kira.
Per quanto pensieri del genere non fossero da lui, L si ritrovò a considerare
l'assurda eventualità che Sayo, delusa da lui, potesse innamorarsi di Light.
E cominciò a credere che potesse realizzarsi.
In fondo, loro due avevano trascorso giorni e giorni insieme, e Light le aveva sempre
mostrato solo il suo lato migliore. Sapeva che lei non si sarebbe mai lasciata
ingannare da lui, ma nonostante questo aveva paura che alla fine sarebbe andata così.
Light, cinico e spietato, avrebbe potuto fare di lei tutto ciò che voleva, mentre lui
che l'adorava non avrebbe avuto neanche il diritto di sfiorarla.
Il giovane si voltò verso Matsuda: "L'amore è una fregatura," concluse
amaro.
Il giovane commentò quell'osservazione con un odioso sguardo commiserevole.
L divenne rosso, per il nervosismo e l'imbarazzo. Non gli piaceva quella
situazione. Non era assolutamente da lui. Si morse le labbra, odiandosi per come si stava comportando.
Ma insomma, che diavolo ci faceva ancora lì con Matsuda? Perchè non era da lei a dirle tutto?
*
Era ormai passata un'ora da quando Watari aveva riaccompagnato Sayo nella sua
stanza. Per tutto quel tempo lei era stata nel soggiorno, seduta accanto
alla vetrata che dava sulla città. Fissava con occhi vuoti l'orologio a pendolo appeso al muro
lì di fronte.
Misa era di nuovo sul divano, con una babydoll rosa addosso e una tazza di té
alla ciliegia fra le mani. Ogni tanto lanciava un'occhiata che si poteva
definire di pietà, ma nessuna delle due ruppe il muro di silenzio.
Forse Misa era ancora convinta che a lei piacesse Light,
pensò Sayo. Chissà se avrebbe
mai capito che lei aveva stretto amicizia con Kira solo per fargli credere di
essere inoffensiva, e per collezionare più informazioni possibili su di lui?
Sospirò. Credeva che in questo modo avrebbe avuto un vantaggio su di
lui, e che avrebbe potuto aiutare il suo L. Ma erano state tutte illusioni; alla fine, non
era riuscita a fare nulla. E quando L era uscito dalla cucina, lei non aveva avuto la forza di seguirlo. E lui non si era più fatto rivedere da allora.
Sayo si strofinò gli occhi, nuovamente lucidi. Perché se ne sorprendeva ancora?
Non poteva aspettarsi altro da lui: gli aveva fatto capire già fin troppe volte che
lei gli era più dannosa che altro. Non c'era motivo di dispiacersi per questo: dopotutto
aveva sempre saputo che il suo era un amore impossibile.
Forse doveva davvero andarsene, tornarsene a casa. Sarebbe bastato un attimo, in fondo. Chi se
ne importava se l'avrebbero vista sparire? Una volta
tornata di là, l’avrebbero punita e nella migliore delle ipotesi non sarebbe più potuta tornare
nel mondo degli umani. Così non avrebbe neanche visto quello. Si, magari doveva
andare via. In fondo, della sua presenza non importava più a nessuno ormai.
Chiuse gli occhi.
”Allora addio a tutti,” pensò. Ma un istante dopo li riaprì di scatto.
No, no, un attimo! Che cosa diamine le stava prendendo?!
Non poteva andarsene ora! Era arrivata fino a quel punto, dannazione! Aveva
contribuito a combinare tutto
quel casino, ed ora che si era accorta che era più grande di lei rinunciava e
scappava come una bambina?!
No. Non poteva farlo. Quando tempo fa era scesa nel mondo umano aveva preso una
decisione, ed ora doveva mantenerla, qualunque fosse il prezzo da pagare.
Si alzò in piedi, stringendo i pugni.
Misa si sollevò appena dal divano per guardarla dirigersi verso l'ingresso.
"Dove vai?" le chiese curiosa.
"Devo vedere Ryuzaki," rispose lei.
"Mi spiace, è troppo tardi," si intromise una voce.
Sayo si sentì afferrare malamente per le spalle: spaventata, si voltò indietro,
incrociando due occhi
rossi e brillanti che conosceva molto bene.
"Non odiarmi per questo," sogghignò Ryuk, spingendola di nuovo nella stanza. "Ha
detto che mi avrebbe regalato una piantagione di mele se l'avessi aiutata. E poi
è divertente".
"E-EH?!" mormorò lei, senza capire. Cadde a terra, mentre Ryuk con ben
poca grazia prendeva in braccio Misa, che dopo i primi secondi di stupore iniziò
a strillare per la paura.
Ryuk la ignorò: sembrava un ragazzino che attende l'apertura di un negozio di
giocattoli.
"Tre...due...uno..."
*
Erano passati pochi secondi da quando L, senza
dire neanche una parola, aveva abbandonato Matsuda nella sala dei monitor, ma a
lui erano sembrati anni. Aveva fatto una fatica enorme per raggiungere
l'ascensore e farlo partire, e per tutto il tempo era stato preso da dubbi tanto
sciocchi quanto inutili.
Alla fine, era davvero sicuro di voler andare da lei a parlarle? E se sì, che
cosa le avrebbe detto? E se lei non avesse più voluto ascoltarlo? Dopotutto, non
lo aveva più cercato da quando lui l'aveva lasciata.
Si portò una mano alla fronte, cercando di pensare in modo razionale, ma
di colpo sentì uno, due tonfi sordi, attutiti dalle porte insonorizzate
dell'ascensore. La cabina tremò così forte che L dovette aggrapparsi alla
tastiera per non cadere.
"Eh...?" mormorò infine, quando la breve scossa cessò.
Ebbe l'accortezza di premere subito il tasto di emergenza dell'ascensore per
cui, quando pochi istanti dopo la luce oscillò e saltò, le porte si erano
già aperte quasi del tutto a metà del primo piano. Riuscì ad uscire fuori con
poca fatica, mentre intorno a lui una serie di luci di emergenza rossastre si
accendevano a blocchi.
In quel momento, un preoccupato Matsuda sbucò dal fondo delle scale, raggiungendolo
di corsa:
"Ryuzaki! Che sta succedendo?!" chiese trafelato.
Lui lo guardò fisso: aveva impiegato troppo poco tempo per raggiungerlo.
"Matsuda-san, lei mi stava seguendo?"
L'altro arrossì:
"I-Io, ecco...!"
"Vada ad assicurarsi che le ragazze stiano bene. Ora!" gli
intimò L, con un tono basso ma decisamente minaccioso.
Il moro rabbrividì:
"Si, si, certo!" farfugliò, iniziando a correre su per la rampa lì
accanto.
Continuando a salire senza mai fermarsi, Matsuda raggiunse l'appartamento di Misa e Sayo
in meno di due minuti: trovò la porta completamente sfondata e
ribaltata, ma non sentì alcuna voce al suo interno. Deglutendo, si arrischiò ad
entrare. Percorse l'ingresso, e quando infine giunse nel salotto sgranò gli
occhi: a quanto pareva, qualcuno aveva fatto irruzione dall'alto in quella
camera, sfondando le vetrate, che ora giacevano ridotte in migliaia di a pezzi
appuntiti sul pavimento. Tutta la stanza era completamente devastata, come se
fosse passato un terremoto. Probabilmente erano arrivati a bordo di un
elicottero, ed in effetti gli pareva di sentire il rumore lontano di un motore e delle pale che
tagliavano l'aria.
O forse, erano allucinazioni dategli dalla paura.
Si guardò intorno: non vedeva Misa, ma al centro della stanza scorse Sayo riversa a terra.
Non si intendeva di ferite, e questo fece aumentare il suo nervosismo. Vide che
la ragazza aveva schegge di vetro conficcate in
più punti del corpo, ed una brutta ferita alla testa. Si era formata una pozza
di sangue attorno a lei. Non osando toccare nulla,
si limitò a tentare di tastarle il polso.
Per un attimo credette che fosse morta. Poi si sentì afferrare il braccio di
scatto dalla sua mano insanguinata.
"Matsuda, deve aiutarmi," sibilò Sayo, gli occhi rossi e il viso
sfregiato.
Per tutta risposta, lui iniziò a gridare terrorizzato.
*
La luce soffusa della lampada, la voce monotona di un giornalista alla TV.
Light, seduto alla scrivania nella sua stanza, sorseggiava una tazza di caffé, senza fretta.
Era certo che quella notte sarebbe stata
impegnativa per lui: se tutto andava come pianificato, entro un'ora suo padre sarebbe
stato contattato dalla polizia, e loro avrebbero dovuto precipitarsi nella base
di L. In quel frangente, Light avrebbe dovuto tirar
fuori tutta la sua abilità recitativa ed il suo sangue freddo: e per questo, doveva
mantenersi ben sveglio. Finì il caffé e poggiò la tazzina accanto ai libri
universitari, chinando poi il viso su di essi. Rem, accanto a lui, lo fissava immobile: era stata costretta a seguirlo in quanto possessore del Quaderno, ma Light ancora non si era abituato
all'impressionante presenza di quello shinigami. Non parlava, non si muoveva,
non faceva nulla. Stava solo lì ferma come un orrendo attaccapanni. Ryuk, per quanto irritante, sotto quell'aspetto era più...di compagnia.
"Toc toc! Fratellone? Posso?"
Sayu fece capolino nella stanza. Light sospirò.
"Uhm... mi
aiuteresti con la matematica?" chiese lei, speranzosa.
Light, visibilmente contrariato, sfogliò una pagina del suo libro di Legge:
"Non stasera, Sayu".
"Grazie, fratellone! Lo sapevo che mi avresti aiutata!" esclamò sorridente la
ragazza, e gli si accomodò vicino, spostando con un gesto della mano i libri del
fratello.
"Perché questa faccia? Tanto tu non hai niente da fare!"
"Giusto..." mormorò lui, stringendo gli occhi. "C'è chi fa tutto per me,"
concluse internamente, sorridendo.
*
Il fatto che si fossero attivate le luci di
emergenza poteva significare una cosa sola: Watari aveva cancellato ogni singolo
dato dai sistemi della base, compresi i programmi che regolavano i collegamenti
telefonici, elettrici, termici o di aerazione interni. Ciò non sarebbe accaduto in
condizioni normali: la cancellazione totale dei dati era una procedura da effettuare in
casi di emergenza, in cui non c'era tempo di dare al sistema i comandi per discernere i dati da cancellare.
In parole povere, chiunque avesse fatto irruzione, aveva raggiunto Watari prima
che lui potesse chiamare aiuto.
L avrebbe voluto precipitarsi da lui per verificarne le condizioni, ma la sua
razionalità glielo impediva. Se da una parte c'erano buone probabilità che Watari fosse stato
preso, dall'altra c'erano le vite di Matsuda, di Misa e di
Sayo da preservare. Oltretutto, era probabile che il nemico si aspettasse una
simile reazione.
Si era ritrovato in una situazione simile in passato. Esattamente
simile.
E fu proprio quello che gli fece pensare al peggio.
Ritornò nel bunker, dove c'era l'unico telefono che connetteva all'esterno. Li trovò Ukita che lo aspettava.
Per un attimo, rimase perplesso: credeva che fosse tornato
alla centrale. Poi capì.
"Ryuzaki, eccoti, finalmente. Ti ho cercato dappertutto," disse Ukita.
L non tardò ad accorgersi che l'agente aveva portato con sé degli amici.
D'altronde, se qualcuno aveva fatto la spia, era naturale che avrebbe rivelato
l'ubicazione del
cuore della sua base.
Degli uomini vestiti di scuro si fecero avanti dal buio. Dietro di lui, altri
bloccarono le porte. Erano tutti armati, e i volti erano coperti da spessi
occhiali.
L si voltò verso l'agente: "Ukita-san...le ho mai detto che odio le feste a
sorpresa?"
Lui non replicò; la sua espressione era pressoché vuota.
"E' lui L?" chiese una voce alle spalle dell'uomo.
Ukita annuì. Uno sparo, e l'agente sbarrò gli occhi.
Si udì uno strillo. Quando Ukita cadde a terra senza vita, dietro di lui
comparve Misa, che piangendo si stringeva saldamente alla persona che aveva
appena sparato.
Era una donna sulla trentina, di razza orientale. Il suo fisico era ben formato,
ma nascosto da un ostentato abbigliamento maschile: un paio di pantaloni neri ed una
giacca dello stesso colore, che copriva una camicia bianca ora schizzata di
sangue; al collo, una cravatta lucida leggermente allentata. Indossava inoltre
un lungo mantello nero. Portava i capelli
corti, i lineamenti del viso erano delicati e risaltavano grazie al forte trucco
nero. Con una mano, stringeva al petto un quaderno dalla copertina nera. Sarebbe stata una bellissima ragazza, se
non avesse avuto quella pistola fumante nell'altra mano e la faccia devastata da una
felicità quasi folle.
Dilatò le pupille di un celeste quasi irreale, focalizzandole sul ragazzo sconvolto di fronte a lei:
"Piacere di conoscerla, signor L. Il mio nome è Takada Hirano. Il suo?".