No! Fermi!!! Basta con i pomodori!!
Sono già prostrata in ginocchio e intenta ad auto-fustigarmi per il mio
clamoroso ritardo nel postare!! Seriamente, il lavoro mi ha impegnato molto in
questo periodo e in più avevo due progetti originali aperti che dovevo
assolutamente finire. Senza contare che Paolone (il mio neurone) è ancora sotto
carica ed è stato un gran casino sbrogliare la trama intricatissima di questa
storia! Perciò ho deciso per la soluzione migliore: un rozzo canovaccio e una
storia che si sviluppa a caso a seconda del mio umore e del mio livello di
pazzia…Beh, spero che continuerete a seguirmi, prometto che la storia arriverà
alla fine, e se Wild promette, state pur certi che mantiene. A costo di fondere
Paolone, l’unico superstite! ;)
Dedico
questo capitolo a Fre l’ultima recensitrice de “Le mani della vita, il tocco
della speranza” (spero ti piaccia anche questa storia!) e a Tullia89 che ha messo
FMR tra i suoi preferiti.
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Fullmetal Racing
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Sarò io la differenza!
-
«Sveglia, razza di perdigiorno! Che cavolo ci fai
ancora a letto? Si può sapere?!?>>
Ed
si rigirò nel letto, schiacciandosi un cuscino sopra la testa e borbottando
parole prive di senso.
Le
tende si aprirono, lasciando filtrare la debole luce del mattino, mentre un
improvviso freddo gli morse la schiena con i denti affilati.
«Alzati, sfigato! È ora di iniziare a lavorare come
dei vincenti! Ehi! Ma non te lo metti il pigiama per dormire??>> la
petulante voce femminile ebbe un secondo di esitazione. Edward mise in moto il
cervello e lentamente ricordò il suo nome, dove si trovasse e soprattutto chi si trovasse dentro la sua stanza
d’albergo.
E
alla fine collegò l’odiosa voce a ciò che aveva appena pronunciato.
Il
ragazzo si tirò su di scatto a sedere sul letto e cercò di afferrare le
lenzuola per coprirsi come poteva, ma notò che la ragazza bionda davanti a lui teneva
in mano il lembo della coperta e lo fissava con aria stupita e anche un po’
scocciata.
Ed
cercò di riprendere immediatamente il controllo sul mortale imbarazzo che lo
aveva colpito e sostenne lo sguardo azzurro di lei con fare arrogante: «Se non l’hai notato ho i boxer. E poi se la cosa
t’imbarazza puoi sempre andartene, non devo certo rendere conto a te di come
dormo… magari ti sarebbe piaciuto, eh?»
Winry
accusò la provocazione e arrossì violentemente, scagliando le coperte addosso
al ragazzo con rabbia e avvicinandosi pericolosamente a lui. Si chinò per poter
avere il suo viso dritto davanti al proprio: «Non pensare di poter avere il minimo effetto su di me. E ora alzati,
fagiolino, se vuoi davvero vincere la prossima gara».
«FAGIOLINO A CHI? Moscerino che non si vede nemmeno
con la lente d’ingrandimento!! Che c’è? vuoi morire giovane? Ripeti quello che
hai detto! Avanti!!>>
Winry
non lo considerò per niente, si voltò con aria di superiorità e si avvicinò
alla porta: «Ti voglio
pronto entro cinque minuti. Ti aspetto qua fuori». E così dicendo si chiuse la
porta alle spalle.
Rimase
in ascolto, ci fu solo un momento di silenzio in cui probabilmente il ragazzo
cercava di riordinare le idee, poi rise con aria estremamente divertita, non
appena Ed riacquistò tutta la sua voce: «Ma sono solo le
5 di mattina! MALEDETTA STREGAAA!!!>>
***
Winry non
poteva fare a meno di sorridere in maniera sadicamente divertita, mentre
scendeva al fianco di Edward le scale che li dividevano dalla sala-ristorante.
Ed le lanciò
una fugace occhiataccia, osservando la tuta da meccanico grigio-ghiaccio che le
copriva ogni sinuosità del corpo. Era decisamente infuriato con quella ragazza,
ma nonostante tutto non poteva dire che non avesse fascino: riusciva a farsi
rispettare come forse solo la sua Maestra era in grado di fare e nonostante
l’abbigliamento e i modi da maschiaccio, i lunghi capelli dorati e i dolci
tratti del viso la facevano apparire ugualmente aggraziata.
«Vuoi tenermi il broncio per tutto il
giorno?>> gli chiese con tono divertito.
«E tu? Vuoi continuare a rompere per tutto il
giorno?>> replicò a tono il ragazzo, fissandola accigliato.
Winry sospirò,
scuotendo il capo: quel ragazzo era decisamente una testa calda.
Irresponsabile, testardo e a quanto aveva capito, decisamente suscettibile e
permaloso quando si sfioravano le corde legate alla sua altezza. Però non
poteva non ammettere che quel mix la divertiva non poco: sarebbe stata una
sfida anche lui. Lasciò che lo sguardo si fermasse per un attimo ad osservare i
suoi capelli biondi forzati nella treccia e si chiese se erano quelli a
donargli quel tocco ribelle che la intrigava così. Non si poteva dire che in
quell’abbigliamento sportivo Edward Elric avesse un fisico massiccio e un viso
da attore, ma certamente non era mingherlino e con la faccia da stupido, anzi…
Quando si trovò
improvvisamente davanti le sue iridi ambrate, Winry trattenne a stento dal
sussultare: che diavolo stava facendo? Quell’arrogante egocentrico non poteva
certo impegnare il suo tempo mentre lei cercava di capire cosa gli passasse per
la testa. Winry Rockbell aveva ben altro da fare.
«Ci siamo alzati male stamattina, eh?>> lo
canzonò, dopo aver ricevuto la sua risposta brusca.
«Ma guarda tu che tipo!>> disse Ed
arricciando il naso, «neanche ai
lavori forzati si alzano alle cinque di mattina! Ma si può sapere che cavolo
devi fare di così importante all’alba?»
A quelle parole
la ragazza s’infervorò. Si bloccò sull’ultimo gradino e sfruttò quell’altezza
per troneggiare indisturbata sul giovane pilota. Mai discutere del suo metodo
di lavoro.
«Senti un po’, ragazzino. Sia tu che la tua
macchina siete due casi disperati, e dico questo facendoti un complimento. Se
vuoi vincere il Campionato, e vuoi farlo in questa stagione agonistica, non
puoi permetterti di arrivare sesto».
«Sai che novità …» rispose acido l’altro.
«Ciò vuol dire che devi assolutamente arrivare tra
i primi cinque. Ad ogni gara.»
«Ehi! Ma mi hai preso per deficiente? So farli
anche da me i calcoli, tante grazie! E poi cos’è questa storia del ragazzino?>> chiese Edward
infiammandosi come benzina. «Perché tu
quanti anni avresti?>>
«Ne ho quanti te, stupido. Ho diciannove anni»
rispose Winry guardandolo dall’alto in basso.
«E allora non ti permettere più di chiamarmi
ragazzino. Capito, poppante?>>
La bionda alzò
gli occhi al cielo e superò il pilota, attraversando il corridoio che li
avrebbe condotti nella sala-ristorante: «Ma perché non
mi è capitato uno come Roy Mustang? Lui sì che è uno stratega…»
Ed scattò come
se avesse preso la scossa: «Zitta, strega!
Non nominare mai più quell’essere in mia presenza!>>
«Perché? Ti rode che abbia più classe e
arguzia?>> lo provocò la meccanica.
«Se ti piace tanto, perché non vai a lavorare con
lui e ti levi dai piedi? Nessuno ha chiesto la tua intromissione e tantomeno i
tuoi orari di lavoro… scommetto che nemmeno il grande Pilota di Fuoco si alza a
quest’ora per mettere a punto la macchina».
Winry sorrise,
appoggiandosi allo stipite della porta che faceva da ingresso alla mensa e
indicò dritto davanti a sé con aria canzonatoria.
Ed seguì
l’indice della ragazza e si trovò faccia a faccia con Mustang e il suo
co-pilota.
Riza stava
sorseggiando un tè, guardando assorta fuori dalla finestra, mentre i pungenti
occhi neri di Roy spuntavano al di sopra del quotidiano che stava leggendo e lo
fissavano con la sua solita aria da dominatore del mondo. Il Pilota di Fuoco
accennò divertito un saluto con la mano e Edward si trovò a ringhiare e a
voltarsi nella direzione opposta. Sbuffò, cambiando argomento: «E Al dov’è? Mi spieghi perché hai buttato giù dal
letto soltanto me?>>
Per la seconda
volta Winry sogghignò e indicò un punto della stanza, svelando Alphonse e
Paninya seduti vicino alla zona self-service e intenti a chiacchierare
allegramente.
Il ragazzo non
poté fare a meno di sospirare con rassegnazione e seguire Winry che lo invitava
a sedersi vicino a lei per fare colazione, sotto lo sguardo attento e divertito
di suo fratello.
«Certo che il tuo fratellone si fa notare quando
arriva, eh? È proprio un tipo confusionario» disse Paninya.
Alphonse rise,
prima di sorseggiare la sua cioccolata calda, ma non pronunciò parola, così la
ragazza capì che era decisamente una cosa a cui Al era abituato.
«Senti, mi stavo domandando una cosa…» disse il
minore degli Elric, appoggiando la tazza sul tavolo e cambiando sapientemente
argomento: «come mai sei
diventata una collaudatrice di auto? Ti ho vista un solo istante, ma guidavi
quella moto come se fosse un prolungamento del tuo corpo, beh, diciamo che mi è
sembrata una scelta strana».
Il sorriso di
Paninya si rabbuiò all’istante, mentre i suoi occhi si discostarono
dall’azzurro limpido di quelli di Alphonse.
«Scusami» si affrettò a dire lui «non è un argomento che mi riguarda, sono stato
indiscreto».
«No, tranquillo» disse lei abbozzando un sorriso «è che ancora non ho accettato l’idea. Vedi, io
fino a due anni fa correvo in moto, poi purtroppo ho avuto un brutto incidente
e mi sono lesionata malamente i tendini della gamba destra».
«Mi dispiace…» sussurrò Al, con occhi tristi.
«Ho una cicatrice che farebbe invidia ai soldati
che erano a Ishbar» disse lei ridendo, cercando di spezzare la tensione «Beh, diciamo che è da allora che non torno al
mare, mi sento gli sguardi di tutti puntati addosso»
«E io che farei i salti mortali per mostrare una
cicatrice di guerra!>> scherzò Al, nel tentativo di farla sorridere. Il
ragazzo sentì il cuore più leggero quando la vide sogghignare: «Comunque nessuna cicatrice potrà mai cambiare
quello che in realtà sei. Ti conosco da poco ma sei una bellissima ragazza sia
dentro che fuori».
Paninya lo
fissò con aria imbarazzata: «Ehi, adesso
capisco perché hai tutte quelle fan!>>
«Perché? Vuoi forse dire che non sono
affascinante?>> giocò l’altro.
Rimasero in
silenzio per un po’, ognuno col sorriso e perso nei propri pensieri. Poi fu Al il
primo a parlare: «Quanti anni
avevi quando è successo?>>
La ragazza alzò
su di lui gli occhi verdi come smeraldi: «Diciotto»
rispose. «Niente male eh?
Carriera stroncata a diciott’anni e collaudatrice di un team appartenente ad un
pazzo a venti! Beh, almeno sono con Win».
«Siete amiche da molto?>> chiese Alphonse.
«Lei era il mio meccanico di fiducia. Da quando ho
iniziato a correre con lei ho sempre vinto. Che stupida… continua a darsi la
colpa dell’incidente, ma non c’era niente da fare con l’asfalto così bagnato e
scivoloso. Ho preso in pieno una macchia d’olio in curva».
Al strabuzzò
gli occhi: «Scherzi? E te
la sei cavata solo con un danno alla gamba?>>
«In effetti c’era da rimetterci la pelle» disse lei «ma per fortuna ho avuto sangue freddo e l’assistenza
di qualcuno ai piani alti. Comunque non posso più correre, sono passata a fare
la collaudatrice perché amo troppo le moto e le auto, ma la mia gamba non
reggerebbe un intero campionato. Posso solo essere una riserva».
Al fece un
mezzo sorriso: «quasi quasi
azzoppo mio fratello, così prendi il suo posto…» disse con aria furba. «Ultimamente è più irascibile del solito, non mi
dispiacerebbe affatto correre con te…>>
Paninya rise e
guardò Al con aria complice: «stà tranquillo.
Dopo aver passato la giornata di oggi con Win non avrà più così tanta forza per
arrabbiarsi. Quella ragazza è un mago con i motori, ma è anche una che lavora
in maniera maniacale. Nessuno può fermarsi finché tutto non è a posto»
«Davvero?>> chiese Al.
«Ci sarà da divertirsi» disse Paninya,
sogghignando.
Alphonse volse
lo sguardo verso il fratello che stava per cadere dalla sedia alla vista del
latte che Winry voleva costringerlo a bere. La sala-ristorante era diventata
improvvisamente rumorosa da quando quei due erano entrati battibeccandosi.
«Sì,» confermò il giovane copilota mal celando un
mezzo sorriso «ci sarà
sicuramente da divertirsi…»
***
Il sole aveva
toccato la sua vetta più alta da tempo, tutti erano andati a pranzo. Tutti
tranne Winry e un esasperato Edward Elric, costretto a dominare i morsi della
fame e anche tutte le infuocate parole di minaccia nei confronti della bella
meccanica: era arrivato alla conclusione che quella ragazza fosse una
prestigiatrice, da dove diavolo tirava fuori tutte quelle chiavi inglesi? E
soprattutto: che cavolo di mira aveva?
«Per favore, non possiamo fare un pausa piccola-piccola?
Fammi solo dare un morso ad un panino!>> disse Ed premendosi l’ennesimo
bernoccolo sulla fronte, ormai rassegnato a doverla pregare.
«Ma sei sordo?>> disse lei legandosi
nuovamente la bandana rossa in testa e ficcando le mani nel motore sporco «finché non capisco cos’è che provoca quella brutta
vibrazione non si mangia!>>
«Ecco appunto, mentre tu cerchi di capire- »
«Edward è tua o no quest’auto? Se non mi dici di
preciso quali sono i problemi non so come e dove muovermi! E adesso stà zitto e
riprova. Forse ci sono riuscita» lo zittì Winry.
La portiera
rossa si aprì con un ruggito di sottofondo, non dovuto certo al motore, ma al
pilota che lo mise in moto poco dopo.
«Non forzare troppo, devo ancora lavorarci su »
disse lei, abbassando il cofano, coperta dal borbottio malato del motore.
E chiaramente
Edward Elric, il Pilota d’Acciaio, fece esattamente il contrario: schiacciò con
violenza il gas facendo ruggire il ferrovecchio con una prepotenza che non
credeva gli appartenesse. I suoi occhi si dilatarono con una meraviglia
compiaciuta, ma pochi secondi dopo l’auto iniziò a tossire fino a spegnersi del
tutto.
Inutile dire
quale fosse l’espressione di Winry: prese Ed per la maglia e lo trascinò a
forza fuori dalla macchina. In quel momento il pilota fu certo che non avrebbe
mai portato a termine la promessa fatta a sua madre. Sarebbe sicuramente morto
prima.
Winry l’aveva
schiacciato contro il telaio dell’auto e se la sua espressione non fosse stata
così dannatamente terrificante la vicinanza del suo viso sarebbe perfino potuta
essere imbarazzante.
«Si può sapere quale parte di “non forzare troppo”
ti sarebbe sfuggita?>> gli chiese con voce gelida e calma.
Ed sorrise con
aria terrorizzata: «Il motore ha
coperto la tua voce, non ti ho sentita…»
Silenzio.
Ed scrutò il
volto trasfigurato della meccanica fissarlo senza espressione.
Immobile.
La scena rimase
sospesa per qualche infinito secondo, poi Ed pensò che dopo tutto, forse il
pericolo era scampato e accennò un sospiro di sollievo.
Non poteva
sbagliarsi di più.
«BRUTTO DEFICIENTE!!!!>> tuonò all’improvviso
la ragazza, «Non ho mai
conosciuto uno come te! Ma sai almeno come funziona un’auto? Sai che
cos’è?>>
Ed si sentì
offeso nel profondo da quelle parole, guardò Winry con occhi duri e si avvicinò
ancora di più a lei per averla faccia a faccia, neanche due centimetri a
separarli: «Ripeti quello
che hai detto» le disse con espressione paurosamente seria.
Winry non si
lasciò certo intimorire dalla scena e gli restituì lo stesso sguardo infuocato:
«Se proprio ci tieni a sentirtelo dire… Tu non sei
un pilota. Sei soltanto un ragazzino che gioca con un’auto ed ha la fortuna di
avere un padre famoso. Tu non sai nemmeno cosa vuol dire correre. Come si
chiama la tua auto?>>
Ed rimase
spiazzato per un secondo. «Che?>>
«Ho detto: come si chiama la tua auto?>> ripeté
lei. « Scommetto che non passi mai a
vederla prima delle gare, quando non c’è più nessuno nel garage. Le hai mai
parlato?>>
«A chi, scusa?>>
«Alla tua auto, cretino!>> rispose la
ragazza, infervorandosi.
«Ma tu sei fuori di brutto! Speri davvero che mi sussurri
all’orecchio cos’ha che non va? Tutto! ecco quello che non va!>> disse
Ed, infuriandosi di nuovo per le follie che aveva appena sentito.
Winry non
rispose. Si limitò a guardarlo con espressione dura e, Ed si sorprese a
scoprire, perfino triste.
La vide girare
sui tacchi e allontanarsi.
«E ora dove vai?>> le gridò dietro.
«Vado a pranzo. Non vale la pena continuare»
rispose secca lei.
Il Pilota
d’Acciaio si sentì stranamente in colpa osservando i lunghi capelli dorati
ondeggiare e brillare al sole, mentre la figura di Winry si allontanava senza
voltarsi indietro. Non voleva ammetterlo, ma l’espressione sul viso di quella
ragazza l’aveva ferito, la sua mente continuava a ripetergli che non gli
importava niente dell’opinione di quella pazza isterica, ma il suo cuore non
voleva togliere dalla sua vista l’immagine di quel viso. Edward riusciva a
leggerci soltanto una cosa: delusione.
***
La giornata
trascorse senza che nessuno dei due ragazzi prendesse l’iniziativa per
riappacificarsi. Winry aveva continuato a lavorare come un’ossessa facendo
affidamento su Al e Paninya, ma il suo stato d’animo non le faceva combinare
niente di buono. Paninya eseguiva alla perfezione i suoi ordini e Al suggeriva
pazientemente ogni problema che aveva riscontrato fino a quel momento durante
le corse. Ma non era la stessa cosa: forse aveva esagerato dicendo a Ed di non
essere un buon pilota. Quel ragazzo aveva un talento naturale per le auto, il
problema era che lui lo sapeva benissimo e questo gli impediva di affinarsi:
sarebbe rimasto per sempre un diamante allo stato grezzo.
Winry
sbatacchiò il cofano dell’auto con violenza facendo sussultare il copilota e la
collaudatrice.
«Basta. Oggi non riesco a combinare niente di
buono» disse a denti stretti.
«Non c’è bisogno che tu faccia tutto oggi, Win»
disse Paninya.
«Sì» la appoggiò Alphonse, «perché non vai a riposarti? Mi sembri piuttosto
stanca».
Winry lo
guardò, il suo sorriso rassicurante fu in grado di calmarla e di farla ragionare
freddamente.
«Forse avete ragione» ammise «Avviatevi pure in albergo, spengo le luci e vi
raggiungo».
Al fece per
replicare, ma Paninya gli sfiorò una spalla facendogli capire con lo sguardo
che era maglio andare avanti. La meccanica li osservò uscire nel tramonto della
sera e poi sospirò, con rassegnazione.
Sfiorò il
cofano dell’auto: «Mi dispiace,
non dovevo trattarti così, non te lo meritavi» inconsciamente sorrise tra sé e
una lieve punta di rabbia la assalì di nuovo, «ma credo che ormai Ed ti abbia abituata a questo genere di
comportamento, eh?>>
La polvere
sull’auto rimase immobile come la sua proprietaria. Winry passò lo straccio
sporco che aveva in mano e rivelò una strisciata di rosso brillante. Sorrise
dolcemente alla vista di ciò che in realtà c’era sotto al “ferrovecchio” di
Edward e con molta pazienza e delicatezza pulì tutto il telaio, fino a farlo
brillare.
Una volta
finito, la ragazza si sentì come svuotata dalla rabbia e dal peso della
litigata che aveva fatto col pilota del Team Huges. Si avvicinò agli
interruttori e guardò per l’ultima volta il suo lavoro.
«Beh, so che è del tutto sprecato per ora, ma così
sei proprio una bellezza. Buonanotte…» e così dicendo, spense le luci e uscì
nell’aria notturna chiudendosi la porta alle spalle. Purtroppo non poteva
chiudere. Quel cretino di Ed se n’era andato con le chiavi. Winry sperò che se
ne ricordasse, anche se il suo disprezzo per la macchina era evidente.
Come se fosse
stato richiamato telepaticamente, Edward emerse dal boschetto che si trovava ai
lati dell’albergo. Aveva gironzolato senza meta per tutto il giorno e alla fine
si era deciso a tornare indietro solo perché era calata la notte e c’era il
rischio di perdersi.
Aveva avuto
modo di pensare molto ed era arrivato alla conclusione che forse quella maniaca
dei motori non era del tutto dalla parte del torto. Lui non si era mai
interessato più di tanto alla sua auto: ci correva, pretendeva che desse il
massimo, ma lui non aveva mai fatto granché per renderla “sua”.
Ficcò le mani
in tasca sospirando e rabbrividendo per un attimo sotto l’aria umida e stellata
della notte. Il contatto con qualcosa di metallico fece interrompere la sua
marcia verso l’albergo e con aria curiosa sfilò di tasca un paio di chiavi che
tintinnarono di un suono argentino, quando lui le lasciò penzolare davanti ai
suoi occhi, attaccate soltanto al portachiavi ad “H” della squadra.
Consapevole di
essere l’unico in possesso delle chiavi del garage, s’incamminò verso lo
stanzone, pregando nella sua mente che fosse vuoto: non aveva per niente voglia
di spiegare alla squadra dove fosse stato, tantomeno a lei. I suoi passi avanzavano silenziosi sul vecchio asfalto di
periferia fino a fermarsi di fronte alla meta: per fortuna le luci erano
spente, era il segnale che tutti erano andati via.
Si accovacciò
davanti all’entrata e fece per infilare la chiave nella serratura, ma qualcosa
lo fece bloccare: guardò con aria assente la porta di metallo di fronte a lui e
poi a sollevò.
La stanza era
come l’aveva lasciata poche ore prima: attrezzi, pneumatici, stracci… non c’era
l’ordine consueto del Signor Garfiel, era abbastanza facile notare che gli era
stato concesso un giorno di riposo.
Ed non si curò
di accendere le luci, non voleva che qualcuno si accorgesse che era là dentro.
Avanzò verso il centro della stanza e per la prima volta in più di un anno, fu
attratto dalla sua auto: era là, rossa fiammante, in mezzo alla stanza, mentre
un pallido e magico raggio di luna la illuminava, filtrando dall’alta finestra
come se fosse un riflettore montato solo per lei.
Il ragazzo
sfiorò il cofano e sorrise, vedendo com’era stato tirato a lucido. Si sedette
su una cassetta degli attrezzi e passò lo sguardo sulle lunghe strisce nere che
abbracciavano i lati dell’auto e la rendevano più aerodinamica.
«Pensi anche tu che sia un fallito?>> chiese
Ed abbozzando un sorriso malinconico.
Nessuna
risposta riecheggiò per la stanza, c’era solo un’auto rossa che per un secondo
parve brillare ancora di più, come a voler rassicurare il suo pilota.
Ed rise,
stavolta con rassegnazione: «ma tu guarda…
magari alla fine me lo sussurri davvero all’orecchio cos’hai che non va».
«Adesso ti metti anche a parlare alla
macchina?>> una voce sinuosa e profonda scivolò all’interno del buio del
garage. Ed si alzò in piedi di scatto e avanzò dando le spalle al rosso del
telaio.
«Sei messo proprio male, Acciaio. Non pensavo fossi
arrivato a questo livello di disperazione».
«Che diavolo ci fai qui, Mustang?>> chiese Ed
riacquistando subito la parte più sgarbata del suo carattere.
L’altro avanzò
verso di lui, celandosi perfettamente nelle tenebre, quasi fosse una silenziosa
creatura della notte. Sorrise, il suo solito sorriso pieno di superiorità,
sensualità e mistero: «potrei
chiederti la stessa cosa Ed. Che ci fai a quest’ora da solo con la tua auto? Non credo di ricordare una scena del
genere in quasi due anni che ti conosco».
Il Pilota
d’Acciaio non perse la sua nota di spigliata sicurezza e gli lanciò un’occhiata
accompagnata da un sorriso arrogante: «Io invece credo
di sapere fin troppo bene cosa fai a quest’ora… non mi spiego solo perchè sei solo, non è che ti hanno dato buca
stavolta?>>
Le pupille
d’ebano di Roy ebbero un guizzo di rabbia: «Roy Mustang non viene mai
bidonato. Sappilo, ragazzino».
Il sorriso di
Ed divenne ancora più impertinente: «Ah, davvero? E
allora come mai questa reazione esagerata?>>
Il Pilota di
Fuoco trattenne a stento di scagliare addosso a Ed il pugno che stava
stringendo con violenza. Il buonsenso riuscì a farla da padrone e gli fece
sfoderare la stessa espressione del rivale. Si avvicinò ancora di qualche passo
a quella treccia dorata che risplendeva in maniera quasi innaturale sotto i
raggi lunari e si avvicinò di più ai tratti di quel viso reso misterioso dalle
ombre sfumate create dalla notte e dalla luna.
Ed fu costretto
ad alzare lo sguardo a causa dell’altezza che li differenziava. Gli angoli
della bocca si abbassarono verso il basso. Odiava dover guardare le persone dal
basso, soprattutto Roy Mustang.
«Qui l’unico che mi sembra abbia ricevuto un due di
picche sei tu, Edward. Cos’è? cercavi di fare la pace con la tua fidanzatina?
Peccato che non possa risponderti…» lo canzonò.
«Stà zitto! Io non stavo parlando affatto con la macchina,
cosa vuoi che m’importi di questo catorcio! È solo ciò che mi serve per vincere
il campionato!>>
Roy rise, gli
angoli degli occhi mostrarono un’espressione più matura di quella a cui era
abituato Ed e questo lo fece infuriare ancora di più. Si sentiva preso in giro,
stavolta non erano i soliti scambi acidi di battute, sentiva che effettivamente
Mustang gli era superiore.
«Che cavolo ridi! Voglio vedere se farai la stessa
espressione quando ti soffierò via il titolo di campione, caro il mio Finocchio
di Fuoco!>>
«Ed, finiscila».
Il ragazzo
rimase spiazzato per un attimo da quell’imperativo: Roy aveva cambiato
completamente espressione. Era estremamente serio e lo guardava come se avesse
di fronte a sé non più un ragazzino, ma un rivale degno del più grande
rispetto. Ma Ed non poteva lasciare che gli tappasse la bocca così: fece per
replicare, ma il Pilota di Fuoco fu più veloce.
«Sei troppo impulsivo, e lo sai. Hai un talento
enorme, ma non puoi fare tutto da solo. Devi avere fiducia in chi ti sta intorno:
rispettali».
Edward lo fissò
aggrottando le sopracciglia e domandandosi se quello fosse il vero Roy: «Ma che dici! Lo sai benissimo anche tu che mi fido
ciecamente di Al, non faccio tutto da solo!>>
Di nuovo gli
occhi di Roy sorrisero con una strana carica di saggezza: «In una squadra non c’è solo Al… devi iniziare a
fidarti anche di “lei”» e così dicendo picchiettò affettuosamente sul cofano
rosso.
Ed arricciò il
naso e guardò storto il rivale: «ma cos’è? Vi
siete messi tutti d’accordo?>>
«Il mio era solo un consiglio, Acciaio. Ma
ovviamente sappi che il tuo sogno di vincere resterà comunque irrealizzabile»
replicò Mustang riacquistando il suo solito tono canzonatorio e la sua abituale
espressione da conquistatore.
«Tks, lo vedremo, caro il mio pallone gonfiato»
replicò il ragazzo, mentre l’altro si stava già avviando verso l’uscita.
«Le sfide non mi spaventano, fagiolino».
Roy marcò
volutamente l’ultima parola, sapendo che questo avrebbe fatto imbestialire Ed e
non poté fare a meno di voltarsi con un sorriso compiaciuto non appena sentì le
parole di replica: «Allora
considerati ufficialmente sfidato, dongiovanni
fallito».
Occhi scuri,
come la notte che imperversava, e dorati, come le stelle sparse nel cielo, si
scontrarono in uno sguardo d’intesa, finché il Pilota di Fuoco non fece uno
scherzoso saluto militare a Ed e uscì, sapendo benissimo che l’altro aveva
replicato il gesto.
Roy girò
l’angolo del garage e continuò a camminare per un altro po’ nella strada
deserta e priva di luce che conduceva alla sua auto. I passi sicuri e cadenzati
si fermarono non appena lo sguardo scorse una sagoma nera appoggiata al muro
del proprio garage chiuso.
«Ci hai parlato?>>
Il pilota
sbuffò, mostrando tutto il suo disappunto: «Sì, certo» rispose con aria seccata.
«In effetti è stato un bel discorsetto» disse la
voce di donna, mentre la figura a cui apparteneva si staccò dal muro e avanzò
verso di lui. I capelli biondi come l’oro grezzo, solitamente raccolti dietro
la testa
con un
fermaglio, adesso erano liberi come il vento che li faceva danzare. Roy si
trovò davanti due occhi nocciola da falco e li osservò compiaciuto, come se li
avesse davanti per la prima volta.
«Non ho capito perché diavolo dovevo fare una cosa
del genere» rispose serio, non tradendo nella voce la nota di ammirazione che
aveva nei confronti del copilota.
Riza sorrise:
il suo tipico stendersi di labbra, tenue, risoluto e dannatamente femminile.
«Ho visto che Ed ha avuto una brutta litigata con
la giovane meccanica, oggi»
«Chi? Quel bocconcino che era con lui
stamattina?>> chiese l’altro con una nota da maniaco nella voce.
«Esatto». Rispose lei, asciutta.
«Sicuramente lei avrà avuto tutte le sue ragioni»
disse Roy, subito in difesa di Winry.
«Non è questo il punto. Di certo non vorrai perdere
il divertimento di batterti con lui, sbaglio?>> Chiese Riza. Sapeva che
Roy avrebbe voluto aiutare l’amico in difficoltà, ma non lo avrebbe mai ammesso
apertamente. Ormai Mustang e Edward erano ufficialmente “nemici”. Che poi
ognuno vedesse nell’altro una delle persone per cui provava più rispetto, ammirazione
e perché no, affetto, beh, quello era un discorso che doveva rimanere tabù.
«Quel piccoletto e suo fratello non potranno mai
competere con noi. Comunque hai ragione: il pivellino aveva proprio bisogno di
una strigliata»,
Riza gli
sorrise e Roy le indirizzò il suo tipico mezzo ghigno furbo. Erano davvero in
pochi quelli che riuscivano a capirsi senza parole come loro.
«Andiamo a bere qualcosa?>> chiese lui.
«È tardi, domani dobbiamo alzarci presto, lo sai»
rispose la donna.
«Offro io» rilanciò lui con uno dei suoi migliori
sguardi seducenti.
«Niente da fare» replicò l’altra, senza farsi
ammaliare.
«Neanche se ti offro una notte di sesso
selvaggio?>> le domandò il Pilota di Fuoco, avvicinandosi pericolosamente
al suo orecchio.
Riza non mutò
espressione, si limitò a voltarsi verso i suoi occhi scuri e a sorreggerne lo
sguardo che aveva già fatto strage tra decine di donne: «Dubito che poi avresti le energie per fronteggiare
la giornata di domani. Ishbar è lontana e la gara è fra meno di due settimane.
Dobbiamo rimettere a punto tutto l’assetto».
Roy rise e
rivolse uno sguardo rassegnato alla luna: «Ok, ho capito.
Agli ordini, mia principessa» disse, cingendole la vita e avviandosi con lei
verso l’albergo.
***
Winry era
appena entrata sotto le coperte. La soffice luce vicina al comò la stava già
cullando tra le braccia di Morfeo, ma la sua mente ancora non voleva
rassegnarsi a smettere di pensare a quella strana giornata. Sua nonna le aveva
detto che collaborare con Hoheneim non era stata una passeggiata, ma forse
adesso si sarebbe ricreduta: Edward Elric era sicuramente peggio di lui. Come
poteva avere un fratello talmente dolce e sensibile? Era proprio vero che la
natura era troppo generosa solo con alcuni. Al era sempre così mite, solare, il
suo sorriso era in grado di dare speranza e di far vedere ogni situazione da
un’altra prospettiva; Ed invece aveva sempre stampato in faccia un sorrisetto arrogante,
degno del suo carattere ribelle. Riusciva a farle saltare i nervi solo come in
pochi erano in grado di fare.
Un lieve
bussare alla porta la destò dal torpore dei suoi pensieri.
«Winry… Ehi, Win! Sono Ed!>> bisbigliò il
ragazzo dal corridoio.
La meccanica
sussultò e inspiegabilmente il suo cuore iniziò a pompare nel petto come
indomato. Non si aspettava una situazione del genere, non sapeva cosa fare.
«Dai, Win! Lo so che sei sveglia!>>
Winry si morse
il labbro inferiore con ferocia: non aveva voglia di affrontare Ed dopo tutto
quello che gli aveva detto e poi la rabbia non le era ancora sbollita del
tutto, avrebbero finito per litigare di nuovo.
Rimase immobile
sotto le coperte, come incapace di alzarsi.
Ed doveva
essersi convinto che stesse già dormendo, perché non la chiamò oltre.
La ragazza tese
le orecchie, ma non udì alcun rumore provenire dal corridoio, ci fu solo un
breve frusciare di carta e il rumore dei passi di Ed che si allontanavano.
Come
risvegliata da una trance, Winry scese dal letto e si avvicinò alla porta
chiusa che la separava dal ragazzo. Si accorse solo dopo qualche secondo di un
foglietto di carta fatto scivolare sotto la fessura della porta. La ragazza lo
raccolse e lo spiegò, rivelando una calligrafia inaspettatamente ordinata e
minuta:
Ehi, Win,
stasera ho parlato con Trisha…
Ha detto che sarei stato proprio
un cretino
se non ti avessi chiesto scusa
immediatamente.
Purtroppo stavolta aveva ragione
lei…
-
Edward
-
P.S. mi ha anche chiesto di
ringraziarti per averla lucidata.
Gran bel lavoro!
Winry lesse il
biglietto tre volte prima di obbligarsi a credere che lo avesse veramente
scritto Ed. Fu in quel momento che un sorriso di gioia le solcò il viso e gli
occhi le si illuminarono come il giorno che le fu regalata la sua prima chiave
inglese. Strinse il biglietto al petto e lo portò con sé sotto le coperte.
Allungò una mano verso l’interruttore della luce e lasciò che il buio
avvolgesse la stanza e la conducesse per mano in un dolce riposo.
«Forse non è senza speranza come pensavo…» disse al
soffitto. Poi si voltò su un fianco e lasciò che il sonno la rapisse, mentre il
pensiero si rivolgeva ai giorni che avrebbe dovuto trascorrere insieme al Team
Huges.
CONTINUA…
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Eccoci
arrivati alla fine di questa seconda parte. Beh, vi ho fatto penare un po’ per
questo secondo capitolo, ma almeno è stato lungo, no? A dire il vero la
situazione è diventata più seria di quel che volessi, ma come ho detto, i
personaggi ormai fanno tutto da soli, non ce la faccio neanche a seguirli o_O’
Che
dite? Vi fa schifo? Per favore lasciate un commento, mi fa molto piacere
condividere le opinioni su una storia, soprattutto se è un mezzo esperimento
con risvolti incerti come questo!
Aspetto
le vostre recensioni!
WILD
;)
…
…
… …
Pensavate
mi fossi dimenticata? GIAMMAI!!! Come potrei dimenticare di rispondere a chi
commenta le mie storie?
Hila92: Grazie
per aver apprezzato FMR, spero che anche in questo capitolo i personaggi siano
rimasti abbastanza fedeli… Sinceramente sono un po’ preoccupata sotto questo
aspetto, fammi sapere che ne pensi, ok? Starò qui in ansiosa attesa XD
FAITH:
Yep! Intanto grazie per la super-analisi! Mi dispiace, in questo capitolo
niente Izumi, senza volerlo è stato molto Ed/Winry-centrico, in effetti la
stesura procede molto a “braccio” anche se ormai sai che i colpi di scena
fondamentali sono già stati programmati! Davvero sono ok le descrizioni? Spero
non siano male nemmeno qui ;) Per Al, non so, diciamo che mi viene naturale. In
questo Cap mostra ancora un’altra parte di personalità, diciamo quella un po’
più tosta, quella che finora solo Paninya è riuscita un minimo ad acciuffare.
In effetti Al è molto bravo ad osservare e deviare i discorsi come più gli fa
comodo… A proposito: e Paninya? Qui interagisce per la prima volta, com’è
venuto come personaggio? Ah, e chiedo scusa a tutti, ma ho tirato a caso
sull’età, a idea mi sembrava più grande di tutti ^^’
Diablo: Vi
ho dedicato il primo capitolo solo perché siete stati il “Mustang” della
situazione che mi ha fatto ragionare, facendomi capire che anche volendo non
sarei mai riuscita a smettere di scrivere, perciò Grazie!!!!
Oltre
al prevedibile Ed-Win qui si sviluppano altri rapporti tra i personaggi, sono
molto curiosa di sapere che ne pensi, credi che i dialoghi a questo giro siano
troppo artificiosi?
fullmetalQUEEN: Ciao!
Anche te appassionata di motori? Io diciamo che stravedo per le moto e il
mitico Valentino Rossi, comunque i motori in generale mi piacciono, infatti ho
preso la patente a tempo di record, non vedevo l’ora di guidare senza gente tra
i piedi! ;) Sono contenta che Winry ti sia piaciuta, in effetti Faith ha un po’
ragione: ho cercato di mantenermi più fedele possibile al manga, ma ci è
scappato anche molto del mio carattere ^^’
Siyah: Intanto
grazie per gli auguri! Ovviamente te li rifaccio (anche se in mega ritardo x_X).
Sono stata davvero contenta di vedere il tuo nome nelle recensioni, sai che mi
piace molto come scrivi e un tuo commento è sempre super-gradito. Come dicevo a
FullmetalQUEEN in Winry ho finito per metterci anche un po’ di quello che sono
io, ma a dire il vero è successo un po’ con quasi tutti i personaggi: Riza, Al,
Ed, Roy… @_@. Sentir dire che la storia appassiona ovviamente è uno dei più bei
regali che potessi farmi, spero che il lungo ritardo nell’aggiornare non ti
abbia fatto perdere le speranze per il seguito, aspetto una tua recensione!