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Autore: LiduenKvaedhi    18/08/2013    6 recensioni
I problemi familiari spingono Gwen, una ragazza appena diciottenne, a fuggire di casa, sotto proprosta di un ragazzo del suo solito Boxing Club. Tutto sembra andare per il meglio, finchè Gwen scoprirà i segreti più oscuri della vita del ragazzo.
Dal testo:
“MA SEI IMPAZZITO?!” urlò inconsciamente Gwen verso ragazzo.
“A me sembra un'idea magnifica” protestò lui con un sorriso stampato in faccia.
One-shot trasformatasi in Short poi chissà, potrebbe addirittura diventare una long.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gwen, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Tirare pugni al saccone da box: ecco cosa la rilassava.
Su consiglio dello psicologo, Gwen si era iscritta in una palestra di box per sfogare la sua frustrazione e smaltire la rabbia accumulata dai problemi nella sua famiglia: un padre quasi del tutto assente, con cui gli unici rapporti che aveva erano botte immotivate, e una madre sempre depressa, totalmente sottomessa al padre, con cui litigava ogni volta che si incrociavano per la casa.
“Non fai mai niente; Sei un essere inutile; Come abbiamo fatto ad avere una figlia così io e tuo padre; I tuoi voti fanno schifo”.
Ecco cosa le toccava subirsi ogni santo giorno, aggiungendo gli schiaffi del padre di routine prima di andare a letto.
“Non ti meriti due genitori come noi!”.
Esatto, non merito due stronzi come voi pensò la ragazza quando quella frase emerse dai suoi ricordi. Sganciò un destro al saccone.
Grazie alla box aveva smesso di autolesionarsi, superando anche la rottura con suo precedente ragazzo.
“Non sei abbastanza per me” aveva detto lui, per poi andarsene con una bionda senza cervello.
Una goccia di sudore attraverso la parte destra del suo volto, nascendo dalla fronte, scavalcando il sopraciglio e scivolando dolcemente lungo lo zigomo, poi sulla guancia per poi arrivare al mento, dove si lasciò cadere nel vuoto.
– La tua lezione è terminata da un pezzo – le annunciò una voce conosciuta alle sue spalle, facendole comparire un sorriso sul volto.
– Lo so – si limitò a rispondere lei, non voltandosi. Preferiva non dare troppa confidenza alle persone, preferiva allontanarle da se per non soffrire, non volendo altri problemi nella sua misera vita.
– Allora vieni a prendere una birra al bar qua sotto – continuò lui, deciso a farla uscire da quel posto intriso dall’aroma di sudore.
– No grazie, preferisco continuare qui – declinò così l’invito del ragazzo.
– Come vuoi dolcezza – si limitò a rispondere lui, poi fece per allontanarsi.
Gwen pensava di poter riprendere in pace la sua lotta interiore con i fantasmi che le infestavano mente, scaricando cazzotti e calci a ripetizione sul quel saccone mezzo sfatto, il suo preferito perché sapeva di vissuto, ma il ragazzo ritornò sui suoi passi.
Le si avvicinò tanto da poterle sussurrare nell’orecchio – Ti aspetto giù, sarò lì fino a tardi se cambi idea. Non potrai stare qui per sempre, visto che fra un oretta la palestra chiude –.
Poi si dileguò nuovamente, lasciando senza fiato la diciottenne.
Per un secondo le venne in mente di correre negli spogliatoi, lavarsi e andare dal lui, ma liquidì immediatamente l'idea.
Continuò a picchiare il saccone fino alle nove meno un quarto, quando l’altoparlante annunciò a tutti i frequentatori rimasti che la palestra stava per chiudere e quindi di recarsi negli spogliatoi.
Il suo stomaco si fece piccolo piccolo, la sola idea di dover tornare in quell’inferno chiamato casa la distruggeva. Sarebbe voluta fuggire, il più lontano che avesse potuto.
Si fece una doccia veloce, eliminando i residui di sudore e l’odore per lei nauseabondo, ma confortante, che emanavano. Si mise un paio di pantacollant di simil pelle e una maglia smanicata nera che le arrivava fino ai ginocchi dietro e davanti formava un arco che le arrivava fino al cavallo dei pantacollant.
Si truccò e prendendo il suo borsone uscì dalla palestra.
Scese lungo le scale infilandosi le cuffie dell’I-Pod verde nelle orecchie e premendo il bottone per aprire la porta automatica.
– Alleluja, pensavo di dover aspettare qui con queste birre in mano fino a domani mattina – la stessa voce di prima fece eco nelle sue orecchie nonostante il volume altissimo della musica.
Scostò una cuffia dall’orecchio e spostò in suo sguardo negli occhi marini del ragazzo.
– Duncan, devo andare a casa. Se non torno subito mio padre me ne darà di santa ragione, peggio di quanto non farebbe altrimenti – si rimise la cuffia e si incamminò verso casa, che era a meno di un isolato di distanza.
– Non tornarci allora – Gwen si bloccò di colpo, incredula alle parole del ragazzo. Cercò di far finta di non aver sentito, ma la proposta era troppo allettante e tornò indietro.
– E dove dovrei andare allora? – chiese lei con un misto di curiosità e sfacciataggine.
Lui si appoggiò al muro, porgendole una bottiglia di birra che alla fine accettò.
Si grattò la nuca e, abbassando lo sguardo sul marciapiede e osservando tutti i dettagli di esso, rispose con un affermazione misto ad una domanda – Da me?! –
La birra le andò di traverso, quasi strozzandola e cominciò a tossire violentemente, poggiandosi al muro per non stramazzare per terra. Duncan fece una smorfia: non aveva tenuto in conto una simile reazione.
– MA SEI IMPAZZITO?! – urlò Gwen verso ragazzo.
– A me sembra un'idea magnifica – protestò lui con un sorriso stampato in faccia, per poi continuare – Siamo sulla stessa barca io e te, solo che io ho avuto il coraggio di andarmene. Ehi, non guardarmi così, non ho mica intenzione di stuprarti –.
La ragazza incrociò le braccia di fronte a se, pensosa.
Ok, di lui mi posso fidare, ma i miei che faranno? Anche se mi odiano, mi cercheranno giusto per riportarmi sotto le loro torture. E poi che faccio con le mie cose? Non posso mica ricomprare tutti i vestiti, non ho abbastanza soldi. La scuola la posso anche lasciare, tanto boccerò quest’anno e posso trovare un lavoro per i soldi. Ma come farò per un casa? Non ho intenzione di vivere per sempre con lui, non ci tengo sinceramente.
Rimase in quella posizione per cinque minuti, continuando a pensare.
– Ok – si limitò a rispondere.
– Ok – ripetè Duncan soddisfatto.
Poi lei iniziò a parlargli delle sue preoccupazioni al riguardo e lui le disse che sarebbe andato tutto bene.
– Andiamo a casa – disse lui, camminando in direzione opposta a quella che solitamente prendeva Gwen.
–A casa – sussurrò fra se e se lei, avendo per un momento dei ripensamenti sulla sua decisione.
Seguì il ragazzo al suo pick up rosso, dove caricarono le loro borse.
Il ragazzo mise in moto e, facendo inversione, si diresse verso la parte est della città, ovvero l'area moderna.

- I bla, bla, bla di Chiara -
Hello!
Inanzituttto mi chiamo Chiara (come se non lo avestre capito dal nome del mio angolo autore). Vabbè lasciamo perdere con le presentazioni.
Amo ATR, specilamente la DxG, infatti questa Short (o Long?!) parla di loro, ma non solo.
Boh, spero che questo capitolo vi abbia incuriosito e che molti di voi desidereranno leggerla ancora!
Via, mi dileguo :)
Chiara xx
  
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