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Autore: Edsvoice_    20/08/2013    1 recensioni
Grace's Hospital.
Harry è solo. Si sente solo. Ha tentato il suicidio e ora si ritrova ricoverato in questa clinica, che odia. Ma, un giorno fa un incontro strano. Louis, un ragazzo curioso, con il sarcasmo come unica difesa e via di fuga.
Poi ci sono Liam, Zayn, Ed e Niall, ad incorniciare il tutto e rendere la storia più movimentata, risolvendo casini e creandone il doppio.
Dal primo capitolo:
Sento una risata dietro di me. Mi volto di scatto. Un ragazzo con i capelli castano chiaro e gli occhi cristallini mi guarda divertito. La barba di un giornio segue le rughette che si formano intorno alla sue labbra. La cosa più impressionante è la magrezza di questo ragazzo.
***
-Sai, sono qui da due mesi e mezzo e ancora mi stupisco delle stupide posate che ci propongono in mensa: forchette di metallo e coltelli di plastica smussata. Capisco il motivo, ma se non riusciamo a tagliare un pezzo di carne, come possono pensare di riuscire a farci mangiare?-.
Aggiornamento: Martedì
Spudoratamente Larry.
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: Lemon | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Let me be your reason to fight_5 Secrets.

Mi alzo di scatto a sedere, passandomi più volte le mani tra i capelli e facendo profondi respiri. I miei occhi controllano automaticamente il polso, non più fasciato. Il mio sguardo corre sulla lunga e sottile cicatrice rossa che campeggia sul mio avambraccio. Ai lati è leggermente livida, segno che non è ancora guarita del tutto. Ci passo sopra un dito, prima leggero, poi spingendo sempre di più fino a farmi male. Poggio i piedi nudi sul pavimento freddo della stanza, cercando di scrollarmi la brutta sensazione che l'incubo mi ha lasciato. Mi alzo, avendo sùbito un piccolo capogiro. Mi appoggio sul comodino, aspettando che le vertigini passino. Controllo l'ora, non vedendo nessuno spiraglio di luce passare dalle serrande. Sono circa le cinque di mattina. Mi siedo di nuovo sul letto, voltandomi verso il letto di Liam. Un particolare mi salta subito agli occhi: Liam non c'è.
Allarmato, mi alzo di nuovo, avvicinandomi al letto e accertandomi che non ci sia veramente nessuno. Raggiungo la porta e la socchiudo leggermente. Anita, la deliziosa portoricana perennemente mestruata che fa il turno di notte nel nostro reparto, dorme serenamente sulla sedia girevole dietro il bancone. I vestiti personali buttati su una poltroncina logora.
Sgattaiolo fuori e mi richiudo la porta alle spalle, controllo che Anita stia ancora ronfando e che per il corridoio non ci sia nessuno, e comincio a girovagare per il piano. I primi cinque minuti sono così carico di adrenalina che mi sembra quasi una caccia al tesoro. Poi, però, mi accorgo che non ho idea di dove cercare il mio compagno di stanza: potrebbe essere ovunque.
Rinuncio, tornando sui miei passi, ciabattando lentamente verso la mia camera.
Poco prima di svoltare l'angolo, sento delle voci e mi appiattisco contro il muro, origliando.
Anita sta borbottando contro qualcuno, spiegando, con il suo accento spagnolo ridicolmente finto, che questo qualcuno non può visitare i pazienti, se non durante i giorni di visita o per urgenze. L'altra voce, una maschile, dal timbro profondo, supplica la donna di indicargli gli ascensori e di informare l'infermiera di turno al quarto piano, una sua amica, che era arrivato. Aggrotto le sopracciglia nel buio.
Quando sento i passi dell'uomo allontanarsi rapidamente, mi permetto di dare un'occhiata ad Anita: si è seduta di nuovo sulla poltrona e borbotta nervosa qualcosa. L'adrenalina è ormai sparita e cerco in tutti i modi di trovare una scusa per essere alzato e fuori dalla mia stanza a quest'ora.
Mi dipingo sulla faccia l'aria più stupida che possa avere e svolto l'angolo con disinvoltura, non curandomi di essere visto da Anita, che, infatti, mi raggiunge e, afferrandomi rudemente il braccio, mi fa voltare.
-Tu che ci fai qui, fuori dalla tua stanza?- ringhia avvicinando pericolosamente il suo naso adunco al mio mento.
-Sono sonnambulo, Chris non ti ha avvertito?- chiedo con aria spaesata e sciocca. La donna mi squadra con gli occhietti maligni, ma poi mi lascia il braccio e mi ordina di tornare in camera.
Quando apro la porta per poco non mi prende un colpo.
Liam, seduto sul suo letto rifatto, guarda lo schermo del portatile con attenzione, prima di togliersi gli occhiali dalla montatura rettangolare e accorgersi della mia presenza.
-Ehi, Haz. Dove sei stato?- esclama raggiante, alzandosi e dandomi un pugnetto sul braccio.
Allibito, prima cerco di incenerirlo con lo sguardo, poi ci rinuncio e mi butto sul mio letto.
-Dove sei stato te, piuttosto. Sono uscito a cercarti.- dico, osservando il viso del castano davanti a me. Lo vedo scrollare le spalle e chiudere il portatile con un gesto secco.
-Non avevo sonno.- risponde semplicemente, dipingendosi un sorrisetto sulle labbra. Pensa davvero di avermi fregato? Liam, il mio primo amico dopo tanto tempo, mi sta nascondendo qualcosa. Nonostante questo, però, gli sorrido di rimando.
-Liam, ti posso domandare una cosa?- chiedo, incrociando le gambe. Il castano annuisce e io proseguo.
-Come mai hai sempre in mano il portatile?- lo dico in modo innocente, addolcendo la voce e sorridendo lievemente.
-Ehi, lo sai cosa succede questa mattina?- dice invece lui, lasciandomi interdetto. Scuoto la testa e lui continua -La tua cotta esce dal reparto intensivo, verrà spostata su questo piano.- afferma sghignazzando. Involontariamente, la mia espressione si apre in un sorriso tutto fossere che fa ghignare Liam, poi cerco di controllarmi e ridurre la grandezza del mio sorriso ad una smorfietta.
-Ah, ok.- minimizzo, sperando di sembrare convincente. Ovviamente non lo sono, e la cosa fa ridacchiare il mio compagno di stanza. Scuoto la testa, buttandomi sul letto e incrociando le braccia dietro la mia testa.
La scena del nostro primo incontro e del nostro particolarissimo secondo incontro mi offuscano la mente, mentre questa, masochista, crea filmini mentali così teneri dal far venire il diabete.
Caccio il piccolo regista dalla mia mente, focalizzandomi su altre cose, facendomi domandi quali: dov'è andato Liam questa mattina? Oppure: chi è la ragazza nuova della quale Niall, il piccolo e innocente Niall, si è preso una cotta?
Cotta.
Ancora questa parola. Il piccolo regista fa capolino, e riesco quasi a immaginarmelo: un piccoletto baffuto, vestito di mimo fracese, braccetto con Tim Burton alla sinistra e Helena Bohem Carter alle sinistra. Disperato da una parte, perché incapace di reprimere quelle che sono illusioni, e sognante dall'altra, chiudo gli occhi, abbandonandomi a quel solletico alla bocca dello stomaco.

Dopo un'oretta dalla conversazione con Liam, entrano Chris e la sua bolla di tristezza a dirci di svegliarci. Ovviamente non si mostra sorpreso neanche un po' quando scopre che siamo tutti e due perfettamente svegli. Come le altre volte, non dice nulla riguardo il portatile di Liam in bella vista. Si limita a guardarci con aria vuota e dirci di andarci a preparare con un tono di voce spento e neutro.
Mi vesto velocemente, tanto da scatenare l'ilarità di Liam. Sbuffo, e una volta finito mi fiondo oltre la porta.
Vado in mensa, certo di trovarlo lì. Mentre faccio la fila per il self service, mi do dello stupido. E' ovvio che non stia nella mensa. Nonostante tutto, però, continuo a fare la fila e prendere un muffin, sbocconcellandolo velocemente.
Saluto distrattamente Niall intento a mangiare una brioche da cui cola tutta la marmellata che sta sporcando la sua maglietta.
Mi dirigo in cortile. Fa freddo e addosso non ho che un leggero maglioncino di cotone senza niente sotto, ma continuo a girovagare nella nebbia mattutina. L'aria gelata mi pizzica gli occhi e mi calma. D'un tratto mi rendo conto di sembrare un idiota. Sto andando in cerca di un ragazzo che ho visto due volte, che mi ha baciato la seconda volta che ci siamo visti, e che pergiunta non conosco.
Mi do una pacca in fronte. Non si potrebbe essere più stupidi. Rientro nella clinica a passo lento, cercando di calmare i brividi di freddo.
Vado in camera mia, vuota. Guardo di sfuggita il calendario. Il giorno di domani è stato cerchiato in rosso da Liam. Ha scritto 'Loren, 15.45'. Fisso spaesato la data, prima di ricordarmi che domani è il giorno delle visite. Una tristezza mi assale, ripensando a mia madre.
Mi distendo supino sul letto, incrociando le braccia dietro la testa. Sbatto velocemente le palpebre, sentendo la vista offuscarsi dalle lacrime. Le ricaccio indietro. Mentalmente mi dico che non sono pronto per affrontare l'argomento, seppur nella mia testa, tra me stesso.
Io e Jenna ancora non ne abbiamo parlato, nonostante le numerose sedute.
L'unica cosa che posso pensare, che mi concedo di pensare, è che mi manca. Come una madre può mancare a un figlio. L'unico pensiero che riesce a farmi reprimere la rabbia che al contempo provo nei suoi confronti.
Lentamente mi metto a sedere e comincio a camminare per la stanza, avanti e indietro. Decido di uscire e dirigermi verso la sala comune, sapendo che a quest'ora dovrebbe essere deserta.
Saluto distrattamente le persone che incontro per i corridoi. La maggior parte non sono che le infermiere e i più rari medici o psicologi.
A passo spedito entro nell'ampia sala. Il tempo di aprire la porta e sento la stessa voce maschile di questa mattina. Mi blocco dinanzi alla scena davanti a me.
Un ragazzo dai capelli scuri, che reputo abbia tre o quattro anni in più di me, è voltato di spalle e sta parlando con qualcuno. O meglio, stava parlando. Appena la porta dietro di me ha sbattuto, si è girato, infastidito e mi ha guardato interrogativo. Nel voltarsi, però, ha rivelato l' identità del suo interlocutore.
Louis.
Indietreggio. Sento le mie guance imporporarsi e la gola seccarsi. Comincio a squadrare il ragazzo davanti a me. Gli occhi scuri ricambiano straniti il mio sguardo. E' alto, poco più di me e molto più di Louis. Le gambe slanciate sono fasciate da dei jeans scoloriti e stretti, indossa una polo grigia che cade perfettamente sui fianchi stretti. E' un bellissimo ragazzo.
-Harry.- mi sento chiamare. Louis ha quasi l'aria colpevole, del tutto diversa da quella che aveva durante il nostro primo incontro. L'idea del ragazzo spavaldo e pieno di iniziativa, e di coraggio, che mi sono fatto si sta distruggendo davanti ai miei occhi. Ha la voce inferma, e ha sul viso un'espressione allarmata.
Il moro si gira verso Louis, che però non accenna a rispondere alla domanda silenziosa del ragazzo.
-Senti,- dice guardandosi distrattamente l'orologio -io devo andare a lavoro, ti vengo a trovare tra due settimane.- dicendolo, si avvicina a Louis, stampandogli un piccolo bacio a fior di labbra. Mi fa un cenno col capo ed esce velocemente dalla sala.
Solo dopo dieci secondi la mia mente elabora la scena. Louis si passa una mano sul viso, stirando la pelle che fine si tende sugli zigomi.
-Porca troia..- lo sento borbottare.
Muovo un paio di passi verso di lui.
-Lui è..- comincio titubante. Ho paura di quello che mi risponderà.
-Sì, Harry.- afferma con voce stanca, quasi addolorata -Lui è il mio fidanzato.-.

Wah.
Buonsalve gente! Allora, premetto che l'ultima parte di questo capitolo, l'ho scritta vedendomi Pretty Little Liars e visto che sono in ritardo non me la sento di riscriverla e aggiornare domani. Pigrizia 1 Buonsenso di Edsvoice 0.
Anyway, spero che la pausa non si sia fatta sentire e ringrazio tutte le persone che la seguono, che l'hanno messa tra i preferiti e ricordata e chi ha recensito. Sappiate che ogni volta che vedo una recensione mi metto a salterellare per casa. Lo giuro.
Detto questo vi saluto, sperando che entro giovedì riesca a postare un capitolo decente. Ricordo che dopo quest'eccezione del giovedì i capitoli verranno pubblicati come sempre ogni martedì.
Baci, Edsvoice.
  
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