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Autore: Heaven_Tonight    24/08/2013    17 recensioni
“Ikkunaprinsessa”. La Principessa alla Finestra.
C’era lei, Lou, in quel ritratto. C’era lei in ogni suo respiro, in ogni cellula o pensiero.
La sua anima, il suo cuore, le sue speranze mai esposte, il suo amore e la sua fiducia in esso in ogni piccola e accurata pennellata di colore vivido.
C’era lei come il suo caro Sig. Korhonen la vedeva.
Al di là della maschera inutile che si era costruita negli anni.
I capelli rossi e lunghi che diventavano un tutt’uno con il cielo stellato.
L’espressione del suo viso, mentre guardava la neve cadere attraverso la finestra, sognante, sorridente.
Lei fiduciosa e serena. Col vestito blu di Nur e la collana con il ciondolo che un tempo era stata di Maili.
Lui aveva mantenuto la sua promessa: le aveva fatto un ritratto, attingendo a ricordi lontani.
L’aveva ritratta anche senza di lei presente in carne e ossa. Meglio di quanto potesse immaginare.
Cogliendo la sua vera essenza.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Ville Valo
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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testo.

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Capitolo venti

"Look at me... trust me"




Aveva un mal di testa feroce. Si massaggiò le tempie cercando di trovare sollievo.
Dopo la notte sul divano, il risveglio all’alba dopo un sogno che era a dir poco meraviglioso e lo shock di scoprire che era stato, appunto soltanto un sogno, non era riuscita più a prendere sonno.

Aveva tolto il vestito blu e lo aveva rimesso sulla sua gruccia.
Aveva conservato in freezer la cena che aveva preparato.
Aveva rimesso a posto le lenzuola di seta di Nur e le candele, ammucchiandole in una scatola di scarpe.
Il tutto senza batter ciglio.

La sensazione di qualcosa di strano, di un qualcosa che neanche lei riusciva a capire da dove venisse fuori non l’aveva abbandonata, per cui si era rifugiata come al solito nella sua efficienza fredda e metodica.
Aveva fatto colazione con la mousse alla vaniglia e ciliegia, bevuto un fortissimo caffè nero e si era guardata intorno.

Non aveva nulla da fare: la casa era in perfetto ordine ed era domenica.
Aveva voglia di urlare.
Ciabattò in corridoio e si ricordò del ciondolo del Sig. K.
Aprì la scatola di velluto consunto con un nodo alla gola.

Lou... smettila di fare le tragedie greche!”.

Sì, poteva anche ripeterselo fino allo sfinimento: quando sembrava che quella sensazione di un qualcosa di sbagliato stesse svanendo, quando si era convinta da sola che era tutto ok, che erano solo sue paranoie ecco che tornavano senza preavviso tutti i dubbi. Fissò lo sguardo all’interno della scatola.

Quanto le sarebbe piaciuto indossarla.
Per Ville.
Ma soprattutto per lei.

******



«Lou? Sei con noi?» 

La voce fredda di Matleena la riscosse dai pensieri.
La sua draghessa la guardava con un sopracciglio alzato.
I colleghi girarono come un sol uomo la testa nella sua direzione: molti di loro aspettavano un passo falso da parte sua, un qualcosa che la facesse uscire dalle grazie di Matleena.
Questa appunto la richiamò immediatamente all’ordine, senza però averle lanciato uno sguardo interrogativo, prima di tornare a parlare.
Aveva indetto una specie di riunione quel lunedì mattina, per assegnare i compiti delle successive esposizioni, mostre ed eventi della prossima stagione estiva e autunnale.

Lou tentava con tutta se stessa di prestare attenzione ma la sua mente era altrove.
Finalmente dopo un tempo che le parve interminabile, la draghessa li congedò tutti con un secco cenno della testa.
Stava per filarsela nel suo angolino quando Mat la bloccò.


«
Lou, rimani. Devo parlarti.»

Ahia. Ora le avrebbe dato una lavata di testa: se lo sentiva.
Certo negli ultimi tempi era stata spesso distratta, con la testa fra le nuvole più del solito... ma Mat non si era mai lamentata del suo operato.

Finora.
Attese che tutti i colleghi spioni fossero lontani prima di parlare.

«Va tutto bene?»- chiese Mat in fretta, diretta.
«
C-certo Matleena. Ho fatto qualcosa di sbagliato? Scusa, ho dormito poco e male in questo weekend...»

Si stava giustificando come una demente.
«
Sì, l’ho notato. Sei stanca, si vede. Da quanto non ti concedi una vacanza? E per vacanza intendo un lungo periodo, non il sabato e la domenica.»
Matleena batteva la penna ritmicamente sul tavolo: di solito lei non perdeva tempo a chiedere ai suoi dipendenti o collaboratori, notizie sulla salute o altro.
Lou sapeva di essere una privilegiata: Mat era sinceramente preoccupata per lei.

«Non ricordo: forse un anno o poco più...» – la voce le uscì strozzata.
Aveva improvvisamente voglia di piangere.

«Beh, allora è tempo che tu te ne prenda una. E non sto scherzando – la interruppe quando Lou cercò di protestare debolmente – sei un aiuto prezioso, ma mi servi nel pieno delle tue forze e facoltà e se continui così temo che diverrai un peso per tutti.»

Come sempre Mat era lapidaria e diretta.
Lei sapeva che era per il suo bene se le parlava in maniera così rude.

«Ho prenotato il viaggio per gli inizi d’agosto: torno a casa per un mese... pensi possa bastarmi come vacanza?» – chiese cercando inutilmente di sembrare spiritosa.
«
Bene: allora manca poco. Non so cosa stai combinando, – inarcò entrambe le sopracciglia perfettamente curate e disegnate – ma sei di umore ballerino. Un giorno sembri camminare sopra le nuvole, quello successivo ti trascini dietro il peso del mondo.»

Sostenne lo sguardo di Mat senza batter ciglio.
Stava migliorando nel nascondere i suoi sentimenti? Ne dubitava.

«Matleena... conosci un certo Aappo Korhonen?»- chiese Lou chiudendo lei per una volta il discorso.
Mat sbatté le palpebre rapidamente confusa dal cambio improvviso da un argomento all'altro.

«
Certo che sì: è stato famoso per un certo periodo, aveva amici importanti... Una volta, da ragazza, sono stata ad una sua mostra. Perché mi fai questa domanda?»
«
È il mio vicino di casa.» – rispose Lou con un mezzo sorriso.
«
Abiti in una zona affollata di artisti a quanto pare.»- ribatté Mat con un mezzo sorriso.
«
Sì... così pare.» – si morse l’interno della guancia e deglutì a vuoto.

Non osare metterti a piangere ora, brutta stupida!”.

«Sai, è sparito dall’ambiente molti anni fa... correva voce che fosse a causa di una delusione d’amore... o roba simile.»
Roba simile...”.- pensò Lou con una stretta al cuore.


*******



«Maili era la donna più bella e interessante con cui avessi mai parlato prima di allora. Era una di quelle donne piene di idee strambe, schietta e che prendeva la vita come se fosse ogni giorno l’ultimo.

Io al contrario ero un tranquillo topo di biblioteca: l’unica nota di colore della mia vita erano i miei quadri.
Era anche la donna più difficile con cui avessi lavorato prima.
Durante il primo giorno di lavoro in cui lei doveva semplicemente starsene al suo posto e farmi da modella, abbiamo discusso e litigato svariate volte.
Lasciava il suo posto sullo sgabello e veniva a controllare che le dessi le giuste proporzioni... – il Sig. Korhonen ridacchiò – mi deconcentrava non poco come puoi immaginare, poiché stava posando per un nudo. E lei aveva un corpo splendido.

E sapeva perfettamente che effetto mi facesse.
Ero innamorato di lei già a metà mattinata, ma ero orgoglioso e anche stupido all’epoca... lei era fidanzata con una specie d’attoruncolo di teatro e si divertiva a civettare un po'
con tutti.
Mi era stata presentata da un’amica in comune e ci siamo detestati immediatamente, a pelle.

La trovavo irritante, arrogante e troppo, troppo bella per i miei gusti.
La verità è che sapevo che mi avrebbe portato solo guai... – tornò a ridacchiare – sapevo che la mia vita non sarebbe stata più tranquilla come lo era stata fino a quel momento. Io volevo solo dedicarmi alla mia pittura, a viaggiare e conoscere le città europee.
Quando ero giovane, Helsinki non era quella che è ora: soltanto negli ultimi anni ci siamo liberati dall’influenza sovietica.

Quindi appena ho potuto permettermi di pagare il biglietto per il viaggio, sono andato a Parigi, per studiare e affinarmi “sul campo”.
Non immaginavo certo di trovare in Francia una donna finlandese.
Era l’ultima cosa che mi aspettavo.
»


Lou sorrise divertita al suo amico, che bevve un sorso del tè alla menta, fermandosi per un istante dal racconto.
Sedevano nel salotto di casa Korhonen, la domenica pomeriggio.
Lou aveva riportato al suo vicino di casa il ciondolo.

Lui lo aveva ripreso senza dire nulla o chiedere come fosse andata la cena della sera precedente.
Probabilmente per un innato sesto senso evitò di farle domande, limitandosi a sbirciarla di tanto in tanto curioso.
Ville non si era fatto vivo.

Aveva preso in mano il cellulare innumerevoli volte per chiamarlo.
Cosa diavolo gli era successo?
Possibile che non avesse trovato il tempo di mandarle un messaggio, di chiamarla?
Perché poi si preoccupava tanto neanche lei lo capiva: era già capitato che lui sparisse per intere giornate e a volte, anche più di una.

Lo sapeva.
Era stata avvertita.
Per Ville c’era sempre la sua musica al primo posto, e lei non voleva che fosse diverso da com’era.
Ma poi Ville tornava sempre da lei... sempre.


«Era una rompipalle senza eguali. Quando decideva una cosa non c'era verso di farle cambiare idea... s'incaponiva come una bambina capricciosa!
Ma era fantastica il più delle volte... non mi sono mai annoiato con lei.
»

Lou era felice che il suo vecchio amico stesse raccontandole la sua storia con Maili: la distraeva dal pensiero costante di Ville.
Stranamente quel giorno non aveva voglia di stare in casa da sola.
Pioveva ancora, fuori c'era una nebbia fitta tanto da poterla tagliare con un coltello.
Di solito le piaceva passeggiare con il cattivo tempo; poteva in quel modo starsene con i suoi pensieri, ma era proprio quello che voleva evitare quel giorno: che i pensieri prendessero il sopravvento.


«Dopo quel primo giorno disastroso non l'ho più rivista per mesi.
Lei era fatta così: entrava ed usciva dalla vita delle persone quando e come le pareva.
Io non approvavo questo modo di fare: ero... sono – precisò - uno metodico, noioso forse.
Ricomparve come se nulla fosse nel cuore della notte, bussando alla porta della soffitta dove vivevo.

Non avevo soldi, ovviamente come tutti gli artisti: mi arrangiavo come potevo ma ero felice perché facevo esattamente quello che avevo sempre sognato.
La mia accoglienza non fu affatto calorosa: sono pur sempre finlandese, per di più ero stupidamente orgoglioso, come solo i giovani sanno esserlo – le lanciò uno sguardo sibillino – ed ero assurdamente arrabbiato con lei per essere sparita.

Come se dovesse darmene conto! Non era neanche la mia donna... e forse era questo che mi rendeva assolutamente rabbioso nei suoi confronti.
La cacciai via rimandandola dal suo attoruncolo da strapazzo.
Non volevo avere rogne a causa sua.
Lei mi mandò a quel paese, entrò nella stanza senza tante cerimonie sbattendo la porta dietro di sé e mi baciò. - gli occhi azzurri del Sig. Korhonen lampeggiarono – non sono più riuscito a liberarmi di lei, da quel giorno in poi.
»

Lou scoppiò a ridere. «Accidenti! Una donna che sapeva quel che voleva, sicuramente...»

«Puoi dirlo forte... - il vecchio rise con lei – ma al di là di questo suo modo di fare così diverso dal mio e da chiunque avessi mai conosciuto prima, era una donna dolcissima.
Sapeva creare intorno a sé un'atmosfera piacevole: chiunque entrasse in questa bolla ne rimaneva coinvolto, sentendosi amato. Sapeva accogliere le persone, accettarle così com'erano, nei loro difetti così come nei pregi. Era unica. Gli anni con lei sono stati magici.
»

Il Sig. Korhonen tornò a sorseggiare il suo tè e lei attese che continuasse il racconto.

«Abbiamo viaggiato tanto, visitato posti meravigliosi: dopo Parigi, abbiamo vissuto per qualche tempo a Roma, sai? Si era messa in testa di fare il bagno nella Fontana di Trevi come la Ekberg, ma nuda... se non fosse stato per il mio buonsenso l'avrebbero arrestata in diverse occasioni!
Era piena di vita, completamente pazza...
» - sospirò.


«
Quanto tempo siete stati insieme? Vi siete sposati?» - Lou si trattenne dal chiedere altro, mordendosi la lingua.

«Siamo stati insieme quindici anni e nessuno dei due credeva nel matrimonio classico e religioso... se scambiarsi un anello nel posto che più amavamo al mondo, da soli, può essere considerato come un impegno per la vita, allora sì... lo eravamo.»

Il suo amico la fissò negli occhi scandagliandola a fondo.
«
Tu pensi che il vero legame fra due persone possa essere sancito solo davanti ad un altare? Non pensi che amare qualcuno e legarsi a lui sia qualcosa che vada al di là della fede in una religione? Non credi che non ci sia bisogno che qualcuno ti dichiari che appartieni a quella persona per renderlo ufficiale? Quando scegli qualcuno, lo fai con il cuore e con l'anima... da solo.

Da solo con lei. Siete solo voi due. Voi due e il resto del mondo è fuori.»


******


«Maledizione!» – strattonò la zip della borsa incastrata.

Aveva fatto gli ultimi 500 metri fino a casa sua di corsa, perché aveva iniziato a piovere forte e ovviamente lei non aveva nessun ombrello con sé.
Si stava inzuppando.
Finalmente riuscì a trovare le chiavi e aprì in fretta precipitandosi in casa, all’asciutto.

Katty le venne subito in contro miagolando festosa, strusciandosi contro le sue gambe.
«
Ciao bella... sei di buon’umore oggi? Beata te...»

Scalciò le scarpe da ginnastica nel corridoio, togliendo i vestiti bagnati con Katty che le trotterellava dietro.
S’infilò la sua vecchia tuta sbrindellata ma calda e si occupò di Katty dandole i suoi croccantini al pesce.
Scaldò un pezzo di pizza, che fissò truce prima di addentarla: doveva essere la cena per lei e il suo finnico scomparso.
Una fitta le ricordò che doveva prendere qualcosa per far passare quel mal di testa che si portava dietro dal giorno prima.
Si versò un bicchiere di latte freddo e ingoiò una compressa, prese Katty con sé e s’infilò a letto, coprendosi anche la testa con il copriletto.
Finse per tutto il tempo che andava tutto bene e non stava pensando a Ville.


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******

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«Maili è morta in uno stupido incidente.
Stava tornando a casa in bicicletta ed è stata sbalzata via, tamponata da una macchina.
Non si è accorta di nulla. Non ha sofferto. Ma io sì.
» – il Sig. Korhonen sospirò rigirandosi tra le mani nodose la foto nella cornice d’argento.

«Sai, mia cara... era uscita per farmi una sorpresa: era il nostro quindicesimo anniversario e stava preparando qualcosa di speciale. Non ho mai saputo cosa stesse combinando in gran segreto: lei era fatta così. Dopo di lei non ho avuto mai un’altra compagna.
Oh, sì certo: non mi mancava la compagnia femminile. Ma tutto si riduceva a bisogno fisico e basta. Il mio cuore è stato sbalzato via, insieme a quello di Maili.
»


******



Un bussare insistente alla porta la svegliò.

Aveva sognato l’ultima parte del racconto del Sig. K.: solo che nel suo sogno Maili non era morta e lei e il suo amore, vivevano ancora insieme nella casetta di fronte alla sua.
Bussarono ancora, battendo con maggior forza.
Non aveva nessuna intenzione di andare ad aprire, chiunque fosse.
Si tirò decisa il piumone sulla testa.

Non voleva vedere nessuno.
Forse.

Katty miagolò dal corridoio richiamandola e lei seppe chi era al di là della porta.
Si alzò con un sospiro, marciando a passo di carica verso l’ingresso: Valo le doveva delle spiegazioni.
Aprì di scatto la porta trovandosi un paio di occhi verdi che la fissavano allarmati, per passare poi ad un’espressione decisamente truce.


«Hai intenzione di farmi prendere un colpo? Perché diavolo non rispondi al cellulare? Ti ho chiamata un centinaio di volte: dov’eri?! Per non parlare del fatto che mi sono attaccato al citofono per un tempo infinito! Ora tutti quanti nel quartiere sanno di noi.»

Lou ricambiò lo sguardo truce, incrociando le braccia sul petto.
Fermi tutti! Ora LUI le stava facendo una piazzata perché LEI non gli aveva risposto al cellulare?!” .

Ebbe improvvisamente voglia di prenderlo a calci.
Se solo non fosse stato così bello e sexy, mentre la bocca morbida si piegava in un sorriso ironico.
Se solo non l'avesse amato da morire.

«Ho come l’impressione che tu non abbia nessuna voglia di farmi entrare.» – disse infilando le mani nelle tasche dei jeans.
Guardandolo, le sembrò passata un’infinità di tempo dall’ultima volta che si erano visti.

Lou rimase chiusa nel suo mutismo, non muovendo neanche un muscolo.


«
Sì, sei decisamente arrabbiata. Cos’ho fatto stavolta?»
Non provare a fare il furbo facendomi quella faccia, Valo! Non osare ridacchiare!”.
Ville abbassò gli occhi a terra, ma non per imbarazzo: stava reprimendo l’impulso di riderle in faccia.
Lou sentì le orecchie fumare.

«'Prinsessa', non vuoi farmi entrare?» – le chiese tornando a guardarla dritto negli occhi, causandole un momentaneo black out alle sinapsi.
Si spostò di lato rimanendo in silenzio; lui le passò vicino sfiorandola appena tornando a ridacchiare sotto i baffi.

Lo avrebbe strozzato, decise.
Avrebbe usato quella maledetta sciarpina nera che faceva risaltare ancora di più gli occhi verde chiaro.
Katty fece le feste al ‘
figliol prodigo’ e non si curarono più di lei e del suo broncio.
Lou sentiva le orecchie sempre più calde.

Prego, fai come se fossi a casa tua!” – pensò acida Lou vedendolo mettersi comodo togliendo le scarpe, allineandole vicine e precise accanto al divano verde; lo vide togliersi la sciarpina e la giacca di pelle leggera e metterle ordinate sulla sedia.

L’occhio destro di Lou tremò leggermente all’angolo.
Maledetto traditore: faceva così ogni volta che le saliva la pressione improvvisamente.

«La nostra 'Prinsessa' è di cattivo umore?» 
Ville tubava e parlava con Katty come se lei non fosse presente e la felina gli rispondeva con un
“maooo” diverso da quello che usava con lei.


Bagascia di una gatta!”.

Lou rimase rigida sulla soglia del salotto, sentendosi un’intrusa.
In casa sua!
Ville alzò gli occhi per un momento e la guardò a lungo.
Lei non muoveva un muscolo e avrebbe fatto un’ottima figura di impassibilità e freddezza... se il suo maledetto occhio destro non avesse iniziato a battere furioso!

Lui alzò l’elegante, affusolata, enorme mano bianca e le fece cenno di avvicinarsi.

Manco morta!”.

Lou ignorò lui e la sua mano tentatrice e si diresse verso l’isola cucina: lo sentì sospirare e sussurrare qualcosa a Katty.
Aprì il frigorifero in cerca di qualcosa che avrebbe raffreddato i suoi bollenti spiriti, le orecchie fumanti e l’occhio magari avrebbe smesso di agitarsi.

Prese il cartone del succo d’ananas e lo sbatté violentemente sul ripiano, mentre cercava un bicchiere pulito, lo trovava, sbatteva anche quello (rischiando di mandarlo in pezzi) e vi versava il succo.
La sua rabbia e la preoccupazione, nonché la delusione della sera prima, di tutti i preparativi andati a monte, il vestito, la cena, il ciondolo, le candele... ora le sembravano futili.

Ora che lui era lì, che si alzava felino dal divano per raggiungerla nello spazio ristretto tra il lavello e il frigo.
Le si piazzò di fronte sovrastandola.

«Guardami.» – le ordinò a bassa voce.
Fottiti.” - pensò fissando il bicchiere.

«Lou? – ripeté inclinando la testa di lato, sbirciandola – che succede? Avanti so che sei arrabbiata, ma non ne so il motivo: parliamone. Ti va?»
Perché deve essere così calmo, così dolce, così... così Ville?”.

E perché lei era sull’orlo del pianto dirotto?
Maledizione a lui.
Ville la abbracciò improvvisamente, con un sospiro.

«Ecco, ora va meglio....uhmmm, mi sei mancata.»

Il suo occhio destro avrebbe fatto un triplo salto mortale se avesse potuto.
«
Posa quel bicchiere, 'Prinsessa'... o hai deciso di romperlo sulla mia testa? E... pensi di parlarmi prima o poi?
Le mani calde le accarezzavano piano la schiena rigida.
E lei rinsaldò la presa intorno al bicchiere, valutando per un istante l’idea di tirarglielo dietro sul serio.

«Sai, ricordo una situazione simile, in questo stesso posto... con te arrabbiata e una tazzina in mano... sono sotto il costante tiro nemico, a quanto pare...» – ridacchiò lui baciandole piano i capelli.

«Piantala di baciarmi!» 
La voce le uscì un po' più dura di quanto avrebbe voluto, tanto che lui si bloccò per qualche secondo.

«
Ok, dimmi che cosa c’è che non va.» – le alzò il mento con un dito, obbligandola a guardarlo.


La scrutava serio ora, quasi preoccupato.
E lei si sentì ancora più stupida per essersela presa per una cosa che non era così importante.
Faceva sempre lo stesso errore.

Stavolta però non poteva dirgli che aveva pensato a cose assurde come era già successo la volta precedente con Amy.
Lui le aveva chiesto di fidarsi e lei lo aveva promesso.
Le aveva detto che ci sarebbero stati giorni difficili, in cui non avrebbe potuto essere con lei.
Lo sapeva.


«
Sono stanca. Ho avuto una pessima giornata al lavoro.» – mentì con voce piatta, svincolandosi dal suo abbraccio.
«
Ok, lo capisco... posso fare qualcosa per farti stare meglio?»

Maledizione!”.

Fece spallucce girandogli le spalle, trafficando con il cartone del succo d’ananas.
Sentì le braccia magre di Ville abbracciarla da dietro, la fronte che poggiava sui suoi capelli.
Sentì il suo corpo premerle contro, caldo e rassicurante.

«Ti fidi di me, Lou?» – sussurrò piano vicino al suo orecchio.
Lei rimase senza fiato.
La sua perspicacia la lasciava senza parole.

«
Vorrei provare a farlo... ho solo paura di non... di non riuscire ad essere quello che tu vuoi, quello che ti aspetti da me.»

Gli fu grata che continuasse a tenerla stretta a sé, senza provare a girarla per guardarla in viso.
«
Cosa pensi che mi aspetti da te?»
«
Non lo so... penso di non esserlo e basta. Qualunque cosa tu voglia, io non lo sono.»
«
Di non esserlo e basta? Di cosa stiamo parlando?»
La cullava, sì la cullava tra le braccia, mentre avrebbe voluto scuoterla probabilmente.

«Di non essere abbastanza per te.»
Ecco.
Si maledisse per la propria linguaccia, per la propria debolezza, per la sua stupidità e capacità di complicare anche le cose più semplici.

«Lou...»
Non 'Prinsessa'”.

«Lo so, Ville... so quello che stai per dirmi.»
«
Cosa sto per dirti?»
«
Che mi sbaglio: che non sono io a sapere cosa tu voglia.»
«
Hai ragione: ti sbagli. E ancora di più sbagli a dire che non sei abbastanza per me. Sei anche troppo... Lou, tu mi dai qualcosa che non speravo di avere più.
Ho amato tante donne nella mia vita, sono stato a letto con molte più donne di quante avrei mai pensato di poter avere; con qualcuna di loro ne è valsa la pena, con qualcun’altra no; poi ci sono state quelle per le quali ho scritto canzoni.
E poi ci sei tu. Che non sei uguale a nessun’altra. Che non potevo immaginare.
Che mi fai entrare nella tua normalità, che mi tratti come uno qualunque, che mi fai tornare ragazzo e avere voglia di qualcosa che non sapevo di volere.
»

Lou trattenne il respiro per un tempo indefinito.
SE muoio è per colpa tua.”.

Lui strinse le braccia ancora di più attorno a lei, sfiorandole l’orecchio con la punta del naso.
«
E cosa vuoi?» – impiegò molto più tempo del dovuto per articolare quelle tre parole.
«
Questo... io e te... così, come ora... per tutto il tempo che mi vorrai.»


******


Le mani scorrevano lungo le braccia, fermandosi sulle spalle nude e tornavano indietro lentamente fino ai polsi di Lou.
«
Mi avresti tirato il bicchiere?» – le chiese ridacchiando.
Lou era incuneata fra le gambe di Ville, che la stringevano alla vita e lei lo guardava seria, con il viso appoggiato sulla pancia di lui.

«No. Avevo in mente di strozzarti con la sciarpina.»
«
Ahia. Preferisco una morte rapida e violenta che una lenta agonia.»
«
Non è quello che canti.»
«
A voi donne piace immaginarmi così...» – sospirò teatrale alzando gli occhi al cielo.
«
Umpfh.»

Ridacchiò nuovamente, prendendole i capelli in entrambe le mani.

«Amo i tuoi capelli che danzano intorno a noi, amo sentirli sfiorarmi quando sono dentro di te, creando una cortina magica, dorata tra noi...»
«
Già, già Valo, ma non attacca: non mi freghi sempre con questi versi poetici, come fai con tutte le tue prede.»
«
Vero. Tu non hai bisogno di chiacchiere. Tu vuoi i fatti. Sei una donna materialista...» – spinse provocatorio il bacino contro di lei.
«
Fottiti, Valo.»
«
Siamo diventati sboccati, eh?»
«
Già: sai, frequento cattive compagnie.»
«
Vero anche questo...»
La guardò negli occhi continuando a giocare con i suoi capelli, intrecciandoli alle mani.

«Sei seria. Più del solito, intendo.»
«
Non sono mai stata l’anima della festa se è per questo.»
«
E siamo anche acidi, vedo... la mia cura non ha avuto esiti positivi.»
«
Forse la tua cura fa cilecca.»
«
Cilecca, eh?»

Lou alzò un sopracciglio come faceva lui.
Ville rise con la sua risata a singhiozzi.
La sua
“Lambretta”: ricordava la prima volta che l’aveva sentita, la notte che avevano trovato Katty.
La notte che era cambiata la sua vita.

«Che cosa hai fatto di bello in mia assenza?»
Lou strinse gli occhi soffocando la rabbia per la cena mancata e la sorpresa.

«Sono stata qui, poi ho fatto visita al Sig. Korhonen; non mi sembrava in forma il giorno precedente e volevo assicurarmi che stesse bene.»
«
E ora sta bene?»
«
Sì, sta bene.»
«
Non hai molta voglia di fare conversazione, eh?»
«
Tu parli troppo, Valo... te lo dico sempre.»

Lou si alzò a sedere sul letto sfuggendo alla presa di Ville.
«
Ehi, dove vai?»
«
In cucina, ho sete.»

E prima che potesse aggiungere altro, lei scivolò via lesta.

Aveva stranamente bisogno di qualche minuto da sola.
La presenza dell'uomo alterava sempre il suo modo di vedere e approcciarsi alle cose.

Doveva impegnarsi a non dar troppo peso alle parole, a godersi il momento e non lasciarsi andare eccessivamente.
Mara aveva ragione. Con lei o era tutto o niente.

Doveva imparare a gestire le cose con maggior consapevolezza, senza negarsi la gioia di avere Ville nella sua vita.
Bevve un bicchiere d’acqua, sperando che facesse chiarezza anche dentro la sua testa e rinfrescasse i pensieri confusi, dopo le parole dolci di Ville.
Prese al volo la bottiglia portandola in camera, pensando che anche lui potesse aver sete.

Ville non era più sul letto disfatto, ma curiosava guardando la cornice in plexiglas che raccoglieva tutte le sue foto dei ricordi.
Una bella visione anche per lei, dato che era con le sue beltà al vento.

Si girò sorridendole, nel sentirla tornare in camera.
«
Raccontami di queste foto.»
«
Cosa vuoi sapere? Sono solo foto di ricordi...»
«
So cosa sono, voglio che mi dici cosa significano per te. Avanti, non fare la scontrosa... vieni qui.» – la tirò via dal letto, piazzandola davanti a sé e tenendola stretta.

«Questa – indicò una foto di lei e Mara in bianco e nero - Qui dove sei? Con chi eri e cosa stavi facendo?»
«
Lei è Mara, la mia più cara amica. Siamo a Roma, durante il primo anno di Accademia; non ricordo cosa stessimo facendo di preciso... la foto l’ha scattata Simone. È un ottimo fotografo se decide di stare dietro la macchina e non davanti...»

«Sei molto carina con i capelli corti.»
«
Erano corti perché Simone, voleva giocare all’Allegro Hair-Stylist Gay e sbagliò la tinta, su di me. Ovviamente. I capelli diventarono di un colore giallognolo tendente la verde. Così fui costretta a tagliarli.»

Le strinse le braccia intorno alla vita, distraendola.
«
E qui? Chi sono loro?»
«
I miei genitori e mio fratello Livio, manca l'altro mio fratello in questa... e questa è casa mia...»
Indicò la sua famiglia, immortalata nel piccolissimo giardino dietro casa. La foto era piena di sole e ridevano tutti. Suo fratello faceva come al solito il buffone e aveva detto una delle sue baggianate. Lou non ricordava cosa disse in quell’occasione.

«Tu non ci sei.»
«
Ero io a scattare: è una foto di qualche anno fa... ora mio fratello è cresciuto, ma è ugualmente idiota...»
«
Ti somiglia in qualche modo. Ha i tuoi stessi occhi, ma tu somigli a tuo padre.»
«
Sì, come da manuale le donne somigliano di più al papà e i maschietti alla mamma, di solito; tu a chi somigli?»
«
A mia madre, per i tratti del viso... per il resto, a mio padre.»

Si chiese come dovesse essere bella la madre di Ville se il figlio aveva preso da lei.
Il pollice di Ville disegnava ghirigori sulla pancia di Lou.

«
Questo è Simone e lui chi è?»
Ville indicò una foto dell'ultima volta che era stata in Italia.

«
Karl, il marito di Mara... affascinante, non trovi?»
«
Ummmm, se ti piacciono gli spilungoni biondi ti presento qualche mio amico.»
«
No, preferisco i mori.»
«
Buongustaia.»

«E questa?» - indicò l'ecografia di Mara con tono interrogativo e preoccupato.
«
Tranquillo, non è mia. Mara me l'ha mandata ieri.»
«
Io sono tranquillo, tu molto meno... - aprì la mano sulla pancia – Non vuoi avere bambini?»
Lou si gelò immobile e si staccò da lui bruscamente.

«Non è la mia priorità, ora.» - disse seccamente infilandosi la t- shirt.
«
Com'eri da bambina?» - Ville cambiò rapidamente discorso, buttandosi sul letto.
«
Piccola.»

Acidissima. Limone. Pompelmi a vagonate.”.

Ville ridacchiava dal letto.
«
Lou? Sputi bile da ogni poro stasera... vieni qui.»
«
Non ci penso neanche. Sono stata a letto tutto il giorno, voglio sgranchirmi le gambe.»
«
Ci sono molti modi per sgranchirsi le gambe...» - sussurrò allusivo.
Lei si girò con un sopracciglio alzato.

Ormai aveva affinato la tecnica: le veniva benissimo.
«
Di nuovo? Non farà male alla tua età strafare?»

Niente da fare. L'allieva non poteva superare il maestro.
Le sopracciglia di Ville fecero quasi il giro mortale all'indietro.

Entrambe.
Contemporaneamente e con eleganza.

«Male? A me?!»
Condensò tutto il suo sdegno in due parole e tre sillabe.
Aveva dimenticato il :
“Come osi, tu... plebea!?”.


Lou si appoggiò mollemente alla scrivania guardandolo con aria sufficiente.
Le veniva da ridere e sotto sotto anche a lui.
Prese la foto che Livio le aveva inviato e la mostrò a Ville, sedendosi lontana quanto basta da lui.
Meglio non sfidare troppo la sorte.

«
Ecco, ero così.»

Ville la prese e le sorrise con gli occhi, sbirciandola al di sopra della foto.
«
Sei uguale: stessa espressione incavolata, stessa smorfia, stessi capelli... marmellata a parte, non sei cambiata molto...»
Sarebbe bello, Ville... ma non sono più quella bambina.”
«
Posso tenerla?»

Lou annuì, lusingata che lui volesse la sua foto da bambina... era così... dolce. E intimo.

«E comunque... - continuò avvicinandosi a lei inchiodandola sul posto con la giada – ti vedo bene con un bambino. Saresti un'ottima madre.»
Lei tornò ad irrigidirsi.

«
E come fai a dirlo?»
«
Perché vedo come sei premurosa con il Sig. Korhonen: sei premurosa con tutti e lo saresti ancora di più con un bambino.»

Lou mordeva nervosa l'interno della guancia, massacrandosi la carne.
«
E tu? Tu ti vedi come padre?» - si pentì immediatamente di quella domanda.
Non voleva saperlo. Non voleva una risposta.
Qualunque cosa avesse detto lui, non avrebbe cambiato la realtà dei fatti.

Doveva dirglielo? Cosa avrebbe cambiato? Nulla.
Ville ponderò bene la risposta non staccando gli occhi da lei.

«
Potrei vedermi bene, sì. Penso che sia la conseguenza normale se trovi la persona giusta, no?»
«
Giusto.»
«
Uhmmm...»
«
Che mugugni?»
«
Devo assolutamente trovare un modo per farti tornare di buonumore. Adesso.»

La bloccò con le lunghe gambe magre sotto di sé.

«Valo...» - iniziò a borbottare.
«
Zarda, te l'hanno mai detto che a volte parli troppo?»



*******



"Angolo dell'autrice:
Ciao a tutti! Sono salva! Dopo aver rischiato di brutto per la fregatura dello scorso capitolo eccoci qui con un altra dose di Pippe's Lou! ^^
Valo è tornato e come sempre la nostra amica non ha saputo resistere al fascino del secco... u,u
Gli basta davvero poco per farla capitolare, ma è innamorata: bisogna capirla, poraaaa stella!!
E nnnniente... spero che anche questo capitolo vi tenga compagnia per un pò e vi piaccia... e spero anche che tutti i fantasmini ( e sono tanti) che leggono, prima o poi, lascino un loro commentino.
Tranquilli: non mordo! (forse) xD

Come sempre un grazie speciale alla mia Beta che si è persa momentaneamente tra i trulli della Puglia:
Deilantha.
Spalla e roccia della mia vita insieme all'apinacuriosaEchelon. <3

Ringrazio tutte le affezionate lettrici che hanno lasciato un segno del loro passaggio nel capitolo precedente:
katvil, _TheDarkLadyV_, cla_mika, arwen85, Daelorin, Lady Angel 2002, LaReginaAkasha, Enigmasenzarisposta, IlaOnMars6277, Gone with the sin, renyoldcrazy, LilyValo, _Venus_Doom_ , FrancyValo, Izmargad, Emp_MJ.
Inolte un grazie ad Ary per la lettura a tempi di record che sta facendo!
E un grazie anche ad Alessandra S., sorella dello "zoccolo duro"da lunghissimo tempo che ha scoperto da poco Ville e gli HIM (per la disperazione di Reny!XD).


:*
Alla prossima!

*H_T*





   
 
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