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Autore: atassa    24/08/2013    0 recensioni
Siamo nel futuro. Cento anni avanti. La nostra società è stata sostituita dalla società delle città che si basa su dieci regole che non possono essere trasgredite. Chi le trasgredisce finisce su un'isola misteriosa con lo scopo di diventare un cittadino migliore, ma nessuno fa mai ritorno. Azzurra non ha mai trasgredito nessuna regola fino a quando dovrà scegliere tra l'amore e il suo futuro nella società. Indovinate cosa sceglierà?
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO NOVE.
Il mio sogno era a colori. No, non era il sogno ad essere a colori, solo Alessio lo era: vedevo i suoi capelli biondi scompigliati dal vento mentre correva. E io lo inseguivo, lo chiamavo a squarciagola ma lui non mi sentiva perché dietro di me c’erano milioni di funzionari grigi che ci inseguivano. Non sapevo dove andavo, sapevo solo che stavo seguendo Alessio; mi accorsi che stavo correndo sopra un ponte, quando questo si aprii in due all’insù come se una nave dovesse passarci sopra e io caddi in quel vuoto. Caddi per un millesimo di secondo e atterrai sull’asfalto, ma non morii perché nel mio incubo avevo torture ben peggiori da passare. Da dove ero sdraiata vedevo Alessio correre via da me e scomparire nella nebbia, anch’essa grigia.
“NO! Alessio fermati!”. Urlai così forte che non avevo più fiato in gola, ma lui era ormai lontano e non mi sentiva.
Lo scenario cambiò.
Un funzionario mi sedeva davanti, aveva l’abito nero e la faccia bianca, da morto. Era a colori la foto che aveva in mano e mi mostrava. Ma non era una foto: era un ritaglio di giornale. Ma non riuscivo a leggere cosa ci fosse scritto. Mi dolevano gli occhi per lo sforzo ma proprio non riuscivo a distinguere le lettere come se fossi cieca o come se non sapessi leggere. Intanto il funzionario sogghignava e parlava, ma io non riuscivo nemmeno a sentirlo. Udivo solo qualche parola di quello che diceva: udii il nome di Alessio e che ormai era morto.
“Ora tocca a te”. Quello lo udì e mi raggelò il sangue, un dolore mi travolse come se tutte le ossa mi si stessero spezzando contemporaneamente e mi stessero staccando denti e unghie, ma tutto il dolore si irradiava da un solo punto, dal mio braccio; l’io che governava il mio corpo nel sogno me lo fece guardare e fu la cosa più stupida che feci in tutta la mia vita. C’era Alessio che con occhi neri senz’anima e corpo scheletrico e incolore mi stringeva il braccio con la forza che gli restava in quel corpo da morto.
“Perché?”. Chiesi con la voce strozzata dal dolore. Mi guardò come se volesse stringere a morte.
“Perché mi hai lasciato andare? Sei stata tu! Meriti tu di morire! NON IO!”. Scoppiai a piangere e lui a stringere ancora di più. Sapevo di meritarmi quel dolore.


Al mio risveglio la sensazione di morte non mi abbandonò. Mi svegliai con il sudore freddo che mi imperlava la schiena. La convinzione di meritarmi quel dolore che avevo nel sogno ora era sfumata. Non capivo: cosa avevo fatto io? L’avevo forse mandato io sull’Isola? No! L’avevo dimenticato? Nemmeno! E allora perché una parte di me sapeva di meritarsi quel dolore? Sperai di non scoprirlo mai, non so se avrei potuto reggerlo. Bip-Bip. Presi un profondo respiro e mi feci forza per alzarmi dal letto e non crollare al primo passo, andai verso il cellulare e lessi il messaggio. Era da parte di Daniele. Daniele, era forse lui la causa dell’odio di Alessio nei miei confronti? Un altro respiro profondo. “Era solo un sogno Azzurra”, dissi a me stessa. E allora perché non avevo la forza di leggere il messaggio? “Sono una debole, dovrei esserci io sull’isola, sono inutile alla società”. Bip-Bip. Un altro messaggio che non avrei avuto il coraggio di leggere. Mi buttai di nuovo a letto, non avevo la forza di fare nient’altro. Ma poi qualcuno suonò al campanello di casa e sentii la voce di mia madre che lo invitava a salire nella mia camera e gli dava il permesso di svegliarmi, che puttana che era cercava di appiopparmi subito un altro fidanzato ora che Alessio non c’era. Rumori di passi vicino alla mia porta, non ebbi nemmeno la forza di ricompormi, di sistemarmi la maglia del pigiama che lasciava poco all’immaginazione o  di sistemarmi i capelli con le dita: ero sfinita e per di più era vacanza oggi. Daniele entrò da quella porta, più bello che mai. Io sfiguravo a suo confronto, lui era raggiante entusiasta del nostro nuovo piano d’azione mentre io ero svuotata dentro. Appena mi vide il suo viso perse luminosità e si precipitò all’istante al mio capezzale.
“Azzurra stai bene?”. Era visibilmente preoccupato ma io non riuscivo a dirgli di si, sarebbe stata una bugia. Scossi debolmente la testa.  Lui mi scrutò e devo ammettere che fu davvero bravo a non far cadere il suo sguardo sulla mia maglietta tirata tutta da un lato.
“Cosa ti prende?”. Mi chiese dolcemente mentre mi accarezzava i capelli.
“Alessio mi odia”. Cominciai a singhiozzare come una bambina e così mi sentivo. Era irragionevole piangere per un sogno ma mi sembrava così vero, il dolore e la perdita di Alessio era tangibile nell’aria che respiravo.
“Perché dici questo?”.
“L’ho visto nel sogno! L’ho sognato che voleva uccidermi e oh, era tutto così vero! Il dolore e il suo disprezzo! Ha detto che dovevo pagare io e non lui! Mi odia! Lo giuro era tutto così vero”. Farneticai tra un singhiozzo e l’altro quella che doveva essere una spiegazione o un motivo per mandarmi in qualche gabbia per malati mentali. Daniele mi guardò con quei suoi grandi occhi verdi e mi abbracciò così forte che mi trasmise un po’ della sua energia e del suo ottimismo. Vidi un po’ più a colori. Tirai su col naso come una bambina e mi sistemai la maglietta, mi tirai su e mi sedetti sopra di lui per abbracciarlo meglio. Poteva essere frainteso quel gesto ma ne avevo bisogno. Mi strinse a sé e mi sentii al sicuro, protetta da spalli possenti e caldi sorrisi.
“Perché dici che ti odia?”. Scossi la testa, lui non avrebbe dovuto saperlo il motivo.
“Andiamo, sai che di me ti puoi fidare e se non mi dici il perché non potrò aiutarti”. Continuò lui mentre mi lisciava i capelli con una mano e mi teneva stretta a sé con l’altra.
“Non ti piacerebbe”. Lui sospirò.
“Entrare nella tua camera e trovarti ridotta a un vegetale non mi piace! Parlami Az…”. Sospirai.
“Nel mio sogno Alessio odiava il nostro rapporto”. 












----------- SCUSATE PER L'ATTESA! MA NON AVEVO INTERNET IN VACANZA, SPERO DI NON AVERVI LASCIATO TROPPO CON IL FIATO SOSPESO, BEH UN BO SI... COSì ALMENO SO CHE VI PIACE LA MIA STORIA. MI RACCOMANDO CONTINUATE A LEGGERLA! E RECENSITE SE VOLETE! 
baci baci -Atassa
  
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