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Autore: TearsOfDragon    24/08/2013    0 recensioni
Questa è la storia di un ragazzo come tanti. Di una ragazza bellissima e misteriosa. Di una guerra tra Dei. Di un mondo fatto di magia e creature mitologiche. Ci sono tutti i presupposti per la nascita di un amore destinato a diventare immortale. Questa è la storia di Georg e Freya.
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"Sono felice di averti conosciuto, tu sei la cosa più bella che mi sia mai capitata. Qualunque cosa succederà domani, l'affronteremo insieme. E insieme saremo vittoriosi. qualsiasi cosa succede, questi giorni insieme resteranno per sempre nel mio cuore."
Genere: Avventura, Fantasy, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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I

giorni successivi passarono in un lampo, alternandosi tra duri addestramenti e intensi momenti di tenerezza tra me e Freya. Dopo aver dichiarato i nostri sentimenti reciproci, in un modo o nell’altro, diventammo in fretta una coppia unita e affiatata. Passavamo le nostre giornate insieme, trascorrendole nel suo grazioso appartamento oppure in giro per Stoccolma a passeggiare nel parco e fare shopping come una qualsiasi coppia, innamorati persi l’uno dell’altra.

Ma la nostra vita aveva anche un altro rovescio della medaglia fatto di magia, allenamenti con le armi e indagini alla ricerca dei nostri nemici. Sembrava che dopo il fallito attacco nel bosco fossero spariti nel nulla. Avevano nascosto ogni traccia e ci fecero sperare che avessero abbandonato i loro piani di dominio. Ma sapevamo che era solo un’illusione, che stavano semplicemente agendo nell’ombra e che presto sarebbero tornati all’attacco. La conferma di questo arrivò fin troppo presto, il sabato successivo, esattamente una settimana dopo l’imboscata in cui ero stato ferito.

Quel mattino, appena svegli, Thor si presentò alla porta e, con una grande dimostrazione di tatto da parte sua, suonò il campanello invece di comparire dal nulla direttamente dentro casa. Questo suo inusuale gesto ci salvò da un certo imbarazzo, perché quando il trillo riecheggiò nell’appartamento io e Freya eravamo seduti sul suo letto, l’una nelle braccia dell’altro, impegnati a darci il buongiorno con un lungo bacio. Che dolce risveglio, stavo pensando beato quando sentii il suono di quel campanello che tanto avevamo atteso e al contempo temuto.

Mentre ci scioglievamo dall’abbraccio e accoglievamo il Dio, capimmo dalla sua espressione che l’idillio era finito. Presto, troppo presto, sarebbe giunta l’ora di combattere. Tuttavia nemmeno in quel momento desiderai che fossimo semplicemente una coppia di ragazzi normali. Ormai c’eravamo dentro, quella era la natura di Freya, la nostra natura, la nostra vita, nelle situazioni belle come in quelle brutte, e non l’avrei cambiata per niente al mondo. Con Freya al mio fianco sentivo che avrei potuto affrontare qualsiasi cosa, e insieme ne saremmo usciti vittoriosi.

Thor si sedette pesantemente su una sedia e ci guardò un momento in silenzio prima di spiegarci il motivo della sua visita. Sembrava esausto, provato dalla guerra che stava combattendo ad Asgard, ma al contempo appariva di buonumore. Probabilmente non ci aspettavano cattive notizie dopotutto.

«Allora…» esordì calmo, con la sua voce profonda. «Innanzitutto vi porto notizie della guerra nella mia patria, buone notizie direi. Tutto procede bene, nonostante tutti gli Dei siano provati e indeboliti dai continui combattimenti siamo riusciti a respingere le armate di Loki dal Walhalla e a farle ritirare fino quasi al Bifrost, il Ponte dell’Arcobaleno che collega i Mondi, infliggendo loro numerose perdite.»

«Ottima notizia!» esclamò Freya rallegrata, e io mi dichiarai d’accordo con lei.

«Già, ma non è l’unica. Anche per quanto riguarda i movimenti di Loki qui sulla Terra ho alcune novità. Hugin, il corvo di Odino, è riuscito a scoprire il nome del luogotenente in Svezia del Traditore.

Si chiama Daoc, ha l’aspetto di un normale essere umano ma è dotato di poteri spaventosi, compresa la capacità di cambiare forma e mostrarsi nel suo aspetto originale, quello di un mostro proveniente da uno dei Nove Mondi, anche se nessuno sa quale sia la sua forma mostruosa. Di certo si sa solo che è molto potente.

L’altra notizia è che Muninn è riuscito a intercettare un messaggero e scoprire una parte dei piani del nemico. Sappiamo che cercheranno di assassinare il Re Gustavo Adolfo e il resto della famiglia reale. Non hanno intenzione di andare tanto per il sottile, vogliono prendere il potere con un colpo di stato, e una volta che ci saranno riusciti si assicureranno il controllo incondizionato del Regno grazie alla magia di Loki.

E sappiamo anche dov’è il loro quartier generale. Si sono stabiliti in un vecchio magazzino abbandonato alla periferia occidentale di Stoccolma. A quanto pare Daoc si nasconde lì, insieme alla sua guardia personale, circa una cinquantina di guerrieri. L’edificio è protetto da diversi incantesimi, tra cui uno per tenere alla larga gli estranei, ma nulla che non siate in grado di affrontare.

Dovete andare lì e catturare Daoc, Odino lo vuole vivo se possibile. Gli altri uccideteli, non fate prigionieri.» Concluso il suo discorso Thor si rilassò sulla sedia, lasciandoci il tempo di elaborare quello che ci aveva detto.

Io fui il primo a prendere la parola.

«Beh, come sapete non sono esperto nel pianificare gli attacchi, quindi ti lascio campo libero sulle decisioni tattiche, Freya.»

Lei annuì e rifletté per qualche istante, poi espresse il suo piano.

«Bene, grazie per le informazioni, le sapremo sfruttare. Georg ormai è abbastanza addestrato per entrare in azione.

Agiremo domani, in mattinata faremo un sopralluogo per capire com’è l’ambiente e come sono disposte le guardie, poi torneremo qui, decideremo come muoverci, ci armeremo e sferreremo il nostro attacco domani sera verso il tramonto, per non attirare troppo l’attenzione dei cittadini sulla battaglia.» Affermò, poi mi guardò negli occhi e mi sorrise dolcemente, con aria decisa. «Insieme ce la faremo, Odino sarà fiero di noi, non è vero Georg?»

Io le risposi stringendola a me e rubandole la bocca in un tenero bacio, dimostrandole così la mia piena fiducia. Il calore mi avvolse, ma ci separammo presto, più di quanto avremmo voluto, consapevoli dello sguardo di Thor su di noi.

Il Dio appariva perfino un po’ imbarazzato, ma sorrise soddisfatto.

«Ahahah, a quanto pare avevo visto giusto su di te Georg! Sei riuscito a conquistare il cuore di una Valchiria, un’impresa di cui andare fieri.»

Grazie a lui l’atmosfera si rilassò e il resto della mattinata trascorse in allegria. Avere un Dio come ospite a pranzo non è una cosa che capita tutti i giorni ai comuni mortali, ma a noi non pareva poi così strano. Ormai per noi Thor era un amico.

Nel primo pomeriggio se ne andò, dopo averci dato le ultime indicazioni riguardo alla base di Daoc, e promise che ci avrebbe tenuti informati tramite i Corvi di Odino se avesse scoperto altro.

Non appena la sua figura svani nel nulla, Freya si volse verso di me e, dal luccicare malizioso del suo sguardo capii che aveva qualcosa in mente. Mi si avvicinò e teneramente mi abbracciò posando la testa sulla mia spalla. Iniziai a darle tanti lenti bacini tra i capelli, aspettando che mi dicesse cosa le passava per la mente.

«Stavo pensando che non sappiamo come andranno le cose domani, potremmo essere impegnati in questa guerra per diverso tempo una volta iniziato, e mi è venuta un’idea. Questa potrebbe essere l’ultima giornata normale per noi, almeno per qualche giorno, quindi che ne dici di sfruttarla al meglio e uscire a cena insieme stasera?» mi propose.

Inutile dire che accettai entusiasta.

Non sapevo che le sue parole sarebbero state profetiche, e che per noi non ci sarebbero state giornate normali nel futuro più prossimo. 

Le dimostrai la mia felicità per quello che sarebbe stato il nostro vero e proprio “primo appuntamento” meglio che potevo. Mi lasciai cadere sdraiato sul divano, sempre stringendola in un caldo abbraccio, e i miei baci scesero dai capelli fino alla tempia e da lì fino al collo, mentre la sentivo fremere per il piacere, per poi avvicinarmi sempre più alla sua bocca in attesa.

Il resto del pomeriggio trascorse così nell’attesa che giungesse l’ora per uscire finalmente insieme.

 

*****

 

E così si fece sera e uscimmo nella fresca aria invernale, diretti al ristorante che avevamo scelto. Era un locale carino, vicino al centro e abbastanza distante dal nostro appartamento, così potevamo goderci anche la passeggiata tra la neve fresca che copriva le strade di un manto bianco e uniforme donando alla città un aspetto puro e pulito, molto diverso dal caos estivo.

Prendemmo posto in un tavolo per due appartato in un angolo della sala, a cui due piccoli separé concedevano una certa privacy, e ci godemmo l’atmosfera romantica delle candele, dei fiori e della leggera penombra mentre ci veniva servita una cena davvero squisita.

Ma in assoluto ciò che più apprezzai fu la compagnia della prima e unica ragazza che amavo con tutto il cuore.

Sfruttammo al meglio quella serata che potemmo trascorrere come una coppia normale, e non mancarono i baci, il tenersi per mano e tante altre piccole cose che rendevano quei momenti veramente magici.

Troppo presto la cena finì e uscendo dal locale decidemmo di fare il giro lungo attraverso la città per tornare a casa, per poter ammirare Stoccolma innevata, senza i rumori e le distrazioni di tutti quelli che la affollavano di giorno. Camminavamo lentamente nel buio spostandoci da una pozza di luce di un lampione alla seguente, mano nella mano, stringendoci l’uno all’altra per respingere il freddo. Il cielo sereno era uno spettacolo di stelle, ma nemmeno quelle riuscivano a distogliere la mia attenzione da Freya.

I suoi occhi che luccicavano per la felicità erano le mie stelle, molto più dolci e ammalianti di quelle sospese nel firmamento; il suo sorriso splendeva più della luna piena sopra le nostre teste, molto più tenero e affascinante; la sua mano nella mia mi dava una sensazione di sicurezza e di affetto in quel mare di neve; il suo corpo caldo stretto contro di me mi riscaldava più di un fuoco scoppiettante nel gelo nordico; il battito del suo cuore che sentivo accanto a me era un suono più bello e armonioso del canto dei grilli e delle cicale che proveniva dagli alberi intorno.

Perso in quei pensieri, mi resi conto che per me era davvero la ragazza più bella del mondo, e che niente avrebbe potuto cambiare questa mia opinione.

Ci trovavamo a pochi isolati da casa mia quando lentamente Freya si fermò, proprio nel cono di luce proiettato da un lampione, e si girò verso di me prendendomi anche l’altra mano e avvicinando il viso al mio.

«Ti amo Georg. Ti amo da impazzire e non vorrei mai al mio fianco nessun’altro che te.» sussurrò dolcemente, le labbra a un soffio dalle mie.

«Anch’io ti amo Freya. Più di quanto avrei mai potuto immaginare. Sono felice di poter essere al tuo fianco in tutto questo, e voglio passare il resto della mia vita insieme a te. Grazie per questa bellissima serata, avrei voluto che non finisse mai.»

Ci baciammo, e fu un bacio lungo e intenso, tanto che mi aspettavo che la neve attorno a noi non si sciogliesse per il calore che generavamo.

Dopo quella che sembrava un’eternità ci separammo e lei mi abbracciò posando la testa sul mio petto. La strinsi a me affondando il viso tra i suoi morbidi capelli e restammo così, avvinti l’uno all’altra. Dopo un po’ la sentii muovere le labbra.

«Sono felice di averti conosciuto, tu sei la cosa più bella che mi sia mai capitata. Qualunque cosa succederà domani, l’affronteremo insieme. E insieme saremo vittoriosi. Qualsiasi cosa succeda, questi giorni insieme resteranno per sempre nel mio cuore.»

«E anche nel mio. Vedrai, quando tutto questo sarà finito avremo ancora molti altri giorni come questi, una vita intera. E la vivremo insieme. Nessuno potrà mai separarci.» le risposi, commosso dall’amore che sentivo trasparire dalla sua voce.

E fu allora che accadde. Forse fu perché eravamo stati incauti a fermarci lì, da soli in piena luce, o forse era semplicemente colpa del destino. Comunque fosse, non avrei mai più dimenticato quello che successe in quel momento.

Un rumore, come lo scricchiolio della neve ghiacciata che viene calpestata.

Un fruscio, come un’arma che viene estratta dal fodero.

Un tintinnio, come gli anelli di una cotta di maglia che battono gli uni contro gli altri.

Subito Freya scattò, sguainando rapidamente la spada nascosta che portava sempre con sé. Si pose tra me e la fonte di quei suoni per proteggermi, perché imprudentemente non avevamo pensato di uscire armati ed io ero inerme, indifeso di fronte a un attacco.

Che stupidi eravamo stati, eravamo talmente concentrati su di noi che non ci eravamo accorti di essere seguiti.

Cercò di sollevare l’arma tentando una parata, talmente veloce da essere quasi impossibile da seguire per l’occhio umano, ma era già troppo tardi.  Una figura uscì dall’ombra, un soldato in armatura, e un fendente del suo spadone fece volare la spada via dalle mani di Freya. La lama compì una parabola in aria e svanì nell’oscurità. Eravamo indifesi e inermi.

Indietreggiammo, fianco a fianco, schivando i colpi, ma non potevamo fuggire. Sapevamo di essere circondati. Freya si lanciò in avanti, tentando di passare sotto la guardia dell’avversario e colpirlo a mani nude, ma un altro enorme guerriero entrò nel cono di luce, intercettò il movimento con la sua mazza e la colpì a una tempia. Lei si accasciò a terra immobile, senza un gemito, mentre per la seconda volta in una settimana mi ritrovavo ad urlare disperato e impotente il suo nome.

«FREYAAAAA!» gridai gettandomi su di lei nel tentativo di proteggerla, ma il colosso mi colpì allo stomaco con la mazza, facendomi volare a diversi metri di distanza. Mentre il colpo mi scaraventava via, vidi qualcosa luccicare appeso al collo della Valchiria caduta. Sembrava una moneta d’argento appesa ad una catenella. Riuscii ad afferrarla e strappargliela dal collo, mentre la mazza mi colpiva.

Si! Esultai. Era l’amuleto che le aveva dato Thor, in modo che potessimo chiedergli aiuto in caso di bisogno. Lo strinsi forte tra le mani mentre atterravo sulla schiena, e sentivo tutta l’aria uscirmi dai polmoni per il tremendo impatto. Thor! Chiamai con tutte le mie forze.

La vista mi si oscurò, ma riuscii lo stesso a vedere uno dei soldati nemici sollevare il corpo esanime di Freya e allontanarsi nel buio.

«NOOOO!» urlai, e con uno sforzo immane riuscii a tirarmi in piedi e a cercare di seguirli.

Un guerriero mi si parò davanti nel tentativo di fermarmi, ma mi lanciai su di lui gettandolo a terra, gli strappai la spada che impugnava e gliela conficcai nel collo uccidendolo all’istante. Mentre il sangue sgorgava a fiotti dalla gola squarciata investendomi, scattai di nuovo in piedi e menai un fendente furibondo ad un altro avversario che si era avvicinato staccandogli di netto la testa che rotolò a terra. Insieme ad essa finì anche la spada che mi sfuggì dalle dita rese viscide dal sangue. Ripresi l’inseguimento nel disperato tentativo di salvare la mia ragazza, ma una mazza mi colpì con violenza alla nuca gettandomi di nuovo disteso nella neve.

L’ultima cosa che vidi fu l’immagine del Dio Thor, terribile nel suo assetto da battaglia, che compariva dal nulla con un enorme lupo al suo fianco e si gettava nella mischia facendo strage di nemici con il suo martello Mjollnir, spaccando crani e sfondando corazze.

Ma era troppo tardi.

I soldati erano morti, ma noi avevamo perso.

Era troppo tardi.

Eravamo caduti nell’imboscata come due sciocchi. Eravamo stati imprudenti a uscire praticamente disarmati, e ne avevamo pagato le conseguenze.

Era troppo tardi.

Avevano preso Freya.

Poi tutto fu nero, e svenni.

 

*****

 

Aprii gli occhi e per la seconda volta in pochi giorni mi ritrovai in un luogo sconosciuto. Freya!  Fu il mio primo pensiero. Hanno preso Freya! Poi mi costrinsi a ricompormi e cercai di capire dove fossi.

Era una camera da letto, ma le pareti sembravano scolpite direttamente nella roccia, erano nude e lisce, senza alcuna decorazione. Il letto in cui ero sdraiato era morbido e circondato da un baldacchino aperto, e nella stanza c’erano solo un comodino e un piccolo tavolo con una sedia fatti di legno scuro e decorati da elaborate incisioni. Non c’erano finestre, e la luce proveniva da alcuni globi appesi alle pareti che emanavano un intenso chiarore bianco-azzurrino. Ero completamente disorientato, sembrava la stanza di un castello medievale.

Questa volta non avevo ferite né dolori, e i miei vestiti ripuliti dal sangue erano accanto a me. Mi alzai e mi vestii intenzionato a cercare qualcuno che mi spiegasse dove mi trovavo, quando fu quel qualcuno a venire da me. Thor entrò improvvisamente nella stanza, e parve sollevato di vedermi.

«Georg, sei sveglio finalmente. Come ti senti?» chiese subito. Ignorai la sua domanda e diedi voce al mio quesito più importante.

«Dov’è Freya? Come sta? È ferita?» domandai a raffica.

L’espressione di Thor si rabbuiò mentre si lasciava cadere pesantemente sulla sedia.

«L’hanno presa Georg. Gli scagnozzi di Daoc l’hanno fatta prigioniera.» mi confessò brutalmente ma con sincerità. «Li ho inseguiti, ma si sono nascosti nell’oscurità e non sono riuscito a ritrovarla. Mi dispiace.

Dopo avere perso le loro tracce sono tornato da te, eri svenuto e avevi bisogno di riprenderti, ma non potevo portarti a casa tua né all’appartamento di Freya perché erano sorvegliati dal nemico. Quindi ti ho portato nell’unico posto sicuro che conoscessi, nel mio mondo, ad Asgard.»

E così ero nel Valskjalf, il Palazzo di Odino al centro del Walhalla, la città-regno dei morti degli antichi Vichinghi.

In quel momento mi sembrava un’informazione assolutamente insignificante.

«Dobbiamo salvarla.» affermai deciso.

«E come pensi di fare?» m’interruppe subito. «Odino mi ha proibito di tentare un salvataggio, dice che non avrei possibilità di farcela. Tutte le altre Valchirie sulla Terra sono troppo lontane per arrivare a Stoccolma in breve tempo, e gli Dei sono impegnati a combattere la Guerra. E poi non sappiamo dove la tengano prigioniera.»

«Non m’importa. Andrò da solo se devo, ma la salverò. Non posso lasciarla nelle loro mani, devo farla fuggire, a qualunque costo. Indagherò, scoprirò dove si trova e la libererò. Quanto tempo è passato dall’attacco?» domandai.

«Un giorno. L’hanno catturata ieri sera. Non hai idea di quello che stai dicendo, come farai a sconfiggere i guerrieri di Daoc per liberarla? È un’impresa persa in partenza.» La mia mente lavorava a ritmo frenetico, pensando a come potevo salvare Freya.

«Ho un piano. Ce la farò, ma ora mi serve il tuo aiuto.» dissi quando finalmente mi venne un’idea.

«E quale sarebbe questo piano, sentiamo?» fece scettico. «Credimi Georg, anch’io vorrei aiutare Freya, ma non ci sono speranze. Devi rassegnarti.»

«No, non mi arrenderò senza prima aver fatto tutto il possibile per salvarla. Il piano lo saprai a tempo debito. Per ora devi portarmi da Odino, ho bisogno di parlare con lui.» ordinai.

«Non posso portarti da lui. È rischioso, ho già dovuto faticare per convincerlo a tenerti qui mentre ti riprendevi. Otterresti solo di farlo infuriare, e allora niente e nessuno potrebbe salvarti dalla sua ira.»

«Non m’importa, il rischio è mio, mi assumo ogni responsabilità. Portami da lui.» pretesi imperiosamente. La preoccupazione per la mia ragazza inibiva qualsiasi timore potessi provare nel rivolgermi in quel modo ad un Dio.

Thor sospirò sconfitto, poi si alzò e mi fece strada conducendomi alla sala del trono. Durante il breve tragitto ebbi appena il tempo di osservare il maestoso palazzo, e lentamente capii che l’immenso edificio era stato interamente scolpito da un gigantesco blocco di roccia delle dimensioni di una montagna.

Thor spalancò le porte e mi annunciò a suo padre mentre avanzavamo. La sala del trono era sicuramente enorme e magnifica, ma in quel momento non la degnai nemmeno di un’occhiata, ero troppo in ansia per Freya e per quello che stavo per fare.

Sull’imponente trono d’oro era seduto Odino, un uomo ancor più alto e massiccio di Thor, con i capelli biondi leggermente ingrigiti, il corpo possente di un guerriero e una cicatrice che gli sfigurava il viso là dove un occhio gli era stato strappato da un colpo di spada. Sulle sue spalle era posato un corvo, Hugin o Muninn probabilmente, e accanto al trono si trovava un enorme lupo, forse lo stesso che aveva accompagnato Thor la sera prima.

Il giovane Dio aprì la bocca, probabilmente per spiegare a suo padre il motivo della nostra apparizione, ma non gliene diedi il tempo e mi rivolsi direttamente a Odino.

«Mio signore.» esordii cauto. Meglio mostrarmi un po’ deferente, dopotutto sono al cospetto di un Dio potentissimo. «Ho una proposta da farvi. Mi rendo conto che può sembrare arrogante da parte mia, ma vi prego di ascoltarmi. Si tratta di Freya, la Valchiria che è stata catturata da Lord Daoc.»

«Avanti parla, ti ascolto.» rispose, e fortunatamente non sembrava nemmeno troppo seccato. Solo a sufficienza da frantumare una roccia con lo sguardo.

«Thor mi ha spiegato che non c’è nessuno disponibile per tentare di salvarla. Capisco che siate tutti molto impegnati, ma non è giusto lasciarla nelle loro mani. Freya ha combattuto per voi e vi ha servito lealmente, e non potete abbandonarla.» continuai, e come avevo previsto Odino si arrabbiò.

«Chi sei tu per dirmi cosa posso o non posso fare, umano?» domandò freddamente.

«Sono il suo ragazzo.» risposi semplicemente. «Voi non potete abbandonarla, non dopo quello che ha fatto per voi. Ma comprendo che avete i vostri problemi, con la Guerra in corso, per cui mi offro volontario per una missione di salvataggio. Troverò Freya e la libererò.»

«E come credi di fare? Tu sei un semplice umano, e sei solo, mentre loro sono centinaia. E non sai nemmeno dove la tengano prigioniera.» Capii che non vedeva l’ora che me ne andassi, e se non l’avessi fatto alla svelta mi avrebbe cacciato fuori lui. E non con le buone maniere. Ma non potevo mollare. Non ora, dovevo convincerlo a qualsiasi costo.

«Avete ragione mio signore, da solo non posso salvarla. Per questo sono qui, per chiedere il vostro aiuto. Vi prego, concedetemi dei poteri speciali come quelli delle Valchirie. Concedetemi la forza e la velocità di cui ho bisogno, datemi l’abilità di individuare e spezzare gli incantesimi del nemico, ed io salverò Freya.» Ecco, avevo osato, avevo fatto la mia richiesta, ora potevo solo pregare che Odino non mi fulminasse lì dov’ero.

«Io dovrei concedere dei poteri semi-divini a un semplice umano? Come osi farmi una richiesta simile? Dovrei ucciderti immediatamente per la tua sfacciataggine. La Valchiria ha fatto solo il suo dovere, e se è stata catturata è stato solo per la sua negligenza, quindi dovrà cavarsela da sola!» tuonò il Dio furibondo. Adesso il suo sguardo pareva quasi infuocato. Abbastanza da frantumare una montagna, non una roccia, mi corressi.

Il mio cuore sprofondò. Se non fossi riuscito a convincerlo Freya sarebbe morta. No! Non potevo permetterlo. Decisi di osare ancora di più. Dovevo tentare il tutto per tutto. Senza quei poteri non sarei mai stato in grado di salvarla, e non potevo sopportare di vivere senza di lei, quindi tanto valeva che mi uccidesse adesso.

«Freya non è stata catturata per la sua negligenza, è stata catturata perché tu l’hai mandata allo sbaraglio da sola e senza alcun aiuto contro nemici molto più forti di lei! È colpa tua se ora è prigioniera, e se la uccideranno sarà solo perché sei troppo arrogante per ammettere di avere sbagliato e aiutarla! Dammi quei poteri dannazione, ed io la salverò!

Ma se non me li darai allora ti conviene uccidermi all’istante, altrimenti giuro che non avrò pace finché il tuo cadavere non sarà ai miei piedi e il tuo palazzo non sarà raso al suolo!» lo minacciai urlando selvaggiamente in faccia al Re degli Dei. Il suo viso divenne paonazzo per l’ira, e pensai che forse avevo commesso un errore, e che dopotutto mi avrebbe davvero ucciso seduta stante. Con la coda dell’occhio vidi Thor impallidire vistosamente alle mie parole. Brutto segno quando perfino un Dio ha paura della persona che stai minacciando.

Odino respirava affannosamente, e rimase in silenzio mentre con lentezza il suo viso tornava del colore normale. Infine, inaspettatamente, scoppiò in una sonora risata.

Sospirai sollevato, sorpreso di essere ancora vivo, mentre il Dio si ricomponeva e sorrideva.

«Nessuno mi aveva più parlato in questo modo da millenni ormai, non ricordo nemmeno più quando sia stata l’ultima volta. Hai coraggio Georg, lo devo ammettere. La ami tanto da aver rischiato di provocare l’ira del Re degli Dei pur di salvarla, e sei pronto a mettere la tua vita in pericolo per lei. E io apprezzo il coraggio, quando qualcuno ne dà prova in modo così sconsiderato. Le tue parole, per quanto irrispettose, sono veritiere, in parte è colpa mia se è prigioniera. Per questo ho deciso di concederti i poteri che mi hai chiesto, e potrai andare a cercarla.»

«Ti ringrazio mio signore.» dissi inginocchiandomi davanti al trono. Il Dio fece un gesto con la mano, provocando un lampo di luce verde.

«Ecco, ora sei dotato di forza e velocità superiori a quelle degli umani, di un udito più fine e di una vista più acuta. Potrai indossare qualsiasi armatura e portare qualsiasi arma senza che gli umani siano in grado di vederle, a meno che non sia tu a volerlo. Potrai guarire più in fretta dalle ferite e con la tua presenza sarai capace di neutralizzare gli incantesimi di Daoc e dei suoi seguaci.»

«Grazie, Sire.» mi alzai lentamente e mi guardai intorno, e inizialmente non mi parve di notare nulla di diverso dal solito. Lentamente però mi accorsi di suoni che prima non avevo sentito, mormorii di voci nelle stanze adiacenti, il suono del vento tra i merli del castello e una miriade di altri rumori altrimenti impercettibili per l’orecchio umano. E i miei occhi erano senza dubbio più penetranti, tutto mi appariva più nitido e definito, gli angoli della stanza che prima erano nascosti nell’ombra ora mi apparivano meno oscuri e riuscivo a intravedere le sagome di oggetti che prima erano celati. Odino mi aveva davvero concesso i poteri di una Valchiria. Ora sono in grado di salvare Freya. Presto sarà libera e di nuovo al mio fianco! Pensai esultante.

Poi il Dio parlò di nuovo, e la notizia che mi diede mi risollevò ulteriormente il morale.

«Ho anche un altro dono per te, che ti sarà molto utile. Il mio amico Hugin…» e indicò il corvo appollaiato sulla sua spalla. «…mi stava dicendo, prima che tu facessi selvaggiamente irruzione qui, che ha scoperto il nuovo nascondiglio di Daoc in cui la tua amata è prigioniera. Sono accampati in un bosco poco distante da Stoccolma. Ora vai a dormire, recupera le forze. Domattina ti sarà concesso di armarti nella mia armeria qui ad Asgard, e poi Thor ti condurrà alla base nemica. Addio, umano.» annunciò congedandomi. Lo ringraziai di nuovo e poi, al fianco di Thor, mi avviai verso l’uscita. Mentre le porte si chiudevano alle nostre spalle, con il mio nuovo udito, mi parve di sentire il Re degli Dei sussurrare qualcosa che somigliava a un: «Buona fortuna Georg.»

Ma forse era solo la mia immaginazione.

«A quanto pare sei riuscito a intenerire il cuore di mio padre, i miei complimenti. In pochi sono riusciti a tenere la testa attaccata al collo dopo essersi rivolti a lui come hai fatto tu.» rise Thor sulla soglia della mia camera, prima di darmi appuntamento per la mattina dopo e allontanarsi.

Raggiante per il mio successo nella sala del trono ma preoccupato per la riuscita della mia impresa dell’indomani, mi misi a letto e cercai di dormire, ma il sonno tardò a venire, e quando giunse fu popolato per gran parte della notte da incubi alternati a visioni di Freya torturata o ferita. Perfino nel mondo dei sogni ero certo di una cosa: non avrei permesso che le facessero del male, non fin che avevo fiato in corpo per impedirlo.

 

*****

 

Mi svegliai e seppi immediatamente che era mattino, anche se non c’erano finestre per potermene accertare. Mi alzai trepidante per l’attesa e mi vestii mentre Thor, puntualissimo, bussava alla porta. Gli aprii e insieme ci dirigemmo verso l’armeria reale, un enorme stanza piena di armi di qualsiasi tipo, forma e dimensione. Il Dio mi disse di prendere pure qualsiasi cosa volessi, poi si mise a girovagare a sua volta per la stanza.

Mi guardai intorno per bene prima di scegliere. Per prima cosa indossai un leggero giubbotto antiproiettile, sopra il quale mi infilai una cotta di maglia completa di bracciali, schinieri ed elmo a forma di testa di drago.

Mi strinsi una pesante cintura in vita a cui appesi un’ascia bipenne da combattimento e una spada a due mani che, mi resi conto sorpreso, grazie alla mia nuova forza ero in grado di impugnare con una mano sola.

Mi misi un paio di pesanti stivali in stile militare, dentro i quali infilai due pugnali affilatissimi. Mi assicurai una fondina sulla coscia, in cui misi una pistola automatica con silenziatore, e m’infilai una bandoliera carica di proiettili di traverso sul petto, dalla spalla destra al fianco sinistro.

Sulla schiena assicurai una faretra piena di frecce e un lungo arco ricurvo. Terminata la mia preparazione mi guardai riflesso in uno specchio e quasi non mi riconobbi. Sembravo in tutto e per tutto un guerriero, terrificante quanto il Dio Thor, e così armato somigliavo a un arsenale vivente, carico di letali armi da combattimento antiche e moderne in un mix letale.

Mi volsi, sorridendo alla vista della mia immagine, e mi diressi verso il Dio che mi aspettava. Contrariamente a tutte le mie aspettative l’armatura non sferragliava con un baccano infernale come avrebbe dovuto, non produceva il benché minimo suono. Magica, pensai, contento di quella piccola ma utile sorpresa. Quando fui abbastanza vicino vidi che anche Thor era armato di tutto punto.

«Come mai sembra che anche tu ti sia preparato per una battaglia?» domandai incuriosito.

«Ma perché vengo con te a salvare Freya, mi pare ovvio.» affermò lui convinto.

«Ma… e tuo padre? Odino non ti aveva proibito di venire?»

«Oh, al diavolo, non me ne importa un accidente dei suoi ordini, io sono un Dio e farò come mi pare, non oserà impedirmelo. Ha bisogno di me, non può permettersi di farmi infuriare.» esclamò con una risata mentre mi faceva strada.

«Dopotutto se sei stato in grado di sfidarlo tu, perché non dovrei poterlo fare anche io? Non ho intenzione di obbedire ai suoi comandi, non se a pagarne il prezzo è una ragazza che ha reso fedelmente dei grandi servigi ad Asgard. Una Valchiria. E un’amica.» aggiunse dopo un po’.

Usciti dall’armeria mi afferrò per un braccio e, senza alcun preavviso, sentii come uno strappo mentre mi mancava la terra sotto i piedi e il Dio ci teletrasportava nel bosco a pochi chilometri a Nord-Est di Stoccolma di cui aveva parlato Odino.


   
 
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