Anime & Manga > Alice Academy/Gakuen Alice
Segui la storia  |       
Autore: _Pan_    25/08/2013    4 recensioni
Mikan è al suo primo anno di superiori, ma niente si prospetta come lei lo aveva immaginato: tra l'amore, inganni, e addii, la sua permanenza nella Alice Academy si preannuncia molto movimentata.
La storia tiene conto del manga (a tratti da capitolo 51 in su), quindi ci sono spoiler disseminati un po' ovunque. Inoltre, sarà raccontata alternativamente sia dal punto di vista di Mikan che che da quello di Natsume, ma non ci saranno capitoli doppi, nel senso che uno stesso capitolo non sarà raccontato da entrambi.
Coppie principali: Mikan/Natsume, Hotaru/Ruka (accennata)
Genere: Comico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Hotaru Imai, Mikan Sakura, Natsume Hyuuga, Ruka Nogi
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Prima di cominciare, vi dico di leggere lentamente XD prendetevi le vostre pause... un giorno o due tra una parte e l'altra perché il capitolo è veramente lungo e pesante, avevo pensato di tagliarlo ma non riuscivo a capire dove, quindi è tutto intero. Buona lettura!

Capitolo 25 – Cambiamenti
(Mikan)


Avevo il cuore in gola. Mi ci era saltato alle parole di Kisaki-chan, forse perché avevo una vaga idea sul perché il Preside ci avesse convocato. L'unico rumore che avevo sentito per il corridoio più che buio, oltre a quello dei nostri tacchi sul pavimento, era proprio quello del mio battito accelerato, che mi rimbombava nelle orecchie come un tamburo.
I denti avrebbero anche iniziato a fare un rumore inquietante, come quelli degli scheletri, se non mi fossi sforzata di mantenere la mascella ferma. Lanciavo di tanto in tanto delle occhiate la mia accompagnatrice che aveva uno strano sguardo, quasi che stesse pensando a un piano geniale, che io speravo avesse. Insieme a tutto questo ci si mettevano anche i sensi di colpa, per aver derubato una ragazza innocente del suo potere, cosa per la quale avrebbe anche potuto essere espulsa dalla scuola, come gli studenti che lo perdevano in modo naturale, e io non riuscivo a trovare una giustificazione per ciò che era successo. Non mi ero nemmeno resa conto che stavo facendo qualcosa, in quel momento, avevo solo un totale black-out.
Arrivammo davanti alla porta dell'ufficio senza quasi che mi rendessi conto di quanta strada avevamo percorso. «Sei pronta?» mi domandò la mia amica, con un pugno già alzato a mezz'aria verso la porta. Io mi limitai a deglutire, così bussò.
«Avanti.» la voce del Preside era calma, ma dubitavo che, se anche fosse stato arrabbiato con noi, l'avremmo sentito gridare: sembrava una persona incapace di una qualunque manifestazione del genere. Mitsuki mi sospinse piano oltre la soglia, probabilmente perché non avevo nemmeno accennato un passo verso di essa. «Eccovi, accomodatevi.» non era solo, c'era Aki-san seduta su una delle due sedie di fronte alla sua enorme scrivania. Sarà stato perché era sera, ma mi metteva davvero una grande agitazione addosso.
Mitsuki mi cedette il posto sull'unica sedia rimasta e decisi che sedersi era la migliore tra le cose che potessi fare, data la tremarella che mi era presa alle ginocchia.
«Preside, perché siamo qui?» chiese la mia compagna di classe, appoggiandosi al bracciolo su cui non avevo posato il braccio.
Aki-san fece una smorfia. «Non dovresti nemmeno chiederlo.» disse, risentita. Ci guardò nello stesso modo in cui i poliziotti guardavano i sospettati nella sala degli interrogatori nei vecchi film polizieschi che avevo visto guardare al nonno molto tempo fa, e la cosa mi metteva ancora di più in soggezione, forse perché già sapevo di aver fatto qualcosa di male.
Il Preside sospirò. «Ho ascoltato la versione dei fatti della signorina Tsuruga, adesso gradirei sentire la vostra.» lanciai un'occhiata a Mitsuki, sperando che lei avesse qualcosa da dire che non fossero delle immagini confusionarie di tutta la scena. La mia unica certezza era quella pietra Alice nella tasca della mia gonna, che adesso pareva pesare come un macigno.
Le mie preghiere furono ascoltate: «La nostra è che... abbiamo avuto un problema durante una ricognizione su un... caso di bullismo che la signorina Tsuruga ha portato alla mia attenzione.»
Il Preside annuì, e sembrava assorto in qualche strano pensiero. «Problema di che genere?» chiese, allora.
«Mi hanno rubato l'Alice in qualche modo!» intervenne Aki-san, con uno sbuffo di sopportazione. «Gliel'ho già detto.»
«Non è stata una cosa voluta...» mugugnai, abbassando la testa. Mi sentivo così in colpa che avrei dato qualunque cosa per risolvere la questione. «Lo giuro...» trattenni a stento le lacrime, al pensiero che mi avrebbero rinchiusa in quelle famose prigioni sotto la sezione Elementare di cui mi aveva parlato Hotaru. «E allora perché l'hai fatto?» scattò lei. «Se non volevi farlo perché l'hai fatto?»
Non mi azzardai a guardarla in faccia, preferii rimanere a fissare il fermacarte del Preside, lui non mi avrebbe guardata in quel modo. «Non lo controllo.» spiegai. «Non sapevo nemmeno di poterlo fare sul serio.» era vero che mi era stato spiegato, ma non ci avevo mai creduto, avevo sempre sperato che si fossero sbagliati.
«Mikan.» fu il Preside a chiamarmi, prima che chiunque altro potesse dire qualunque cosa. «Ti avevo avvisata che dovevi venire a esercitarti qui da me, perché non ti sei mai presentata?» immaginai che avrebbe ritenuto una scusa, perciò non dissi nulla.
«Eri consapevole di avere un Alice del genere e non hai mai pensato di metterlo sotto controllo?!» sbraitò Aki-san scandalizzata e al tempo stesso terrorizzata. «Sai quante persone hai messo in pericolo?! Dovrebbero quantomeno sapere cosa sei in grado di fare, per potersi difendere da qualcosa per cui hai scelto di non fare nulla!»
«Mi dispiace...» sapevo che non era una cosa a cui si poteva mettere fine con le scuse, ma davvero non sapevo che altro fare. «Preside... posso...?» estrassi la Pietra Alice dalla tasca e la posai sulla scrivania. «Posso provare a restituirglielo?»
Lui annuì. «Devi.» guardai Aki-san di sottecchi, aspettando che mi desse il permesso di avvicinarmi, ma lei rimase ferma lì dov'era senza dare un segno che l'idea le andasse a genio o meno. Così, per riparare al mio sbaglio, feci la prima mossa e mi alzai.
«Adesso proverò a invertire ciò che ho fatto. Va bene?» chiesi, titubante. Anche lei si alzò, ma mi guardò con diffidenza prima di annuire. Speravo che invertire il processo fosse una cosa per cui non avrei dovuto impegnarmi più di tanto così com'era stato prenderglielo, perché davvero non sapevo come fare. Magari il mio desiderio di rimettere le cose al loro posto sarebbe stato sufficiente.
Sentii uno strano potere scorrere lungo le mani, non avevo mai provato niente del genere: forse era il mio Alice! Sorrisi e appoggiai la pietra Alice sulle mani di Aki-san.
Non successe nulla.
Mi voltai verso il Preside, improvvisamente terrorizzata. «Cosa...?» chiesi, confusa.
Lui era di nuovo pensieroso. «A volte restituire l'Alice non è così semplice.» io lanciai un'occhiata a Kisaki-chan, che aveva gli occhi fissi sul pavimento, in cerca di una spiegazione che non poteva darmi. «Così come rubare l'Alice non lo è. Te ne avevo parlato.»
Ricordavo vagamente qualcosa sul fatto che alcuni poteri non vengono mai risucchiati completamente, ma questo non rispondeva alla mia domanda: «Come posso fare, allora?»
«Senza esserti esercitata dubito che potrai mai riuscirci.» fu la sua risposta, che mi gelò sul posto. Non potevo essere di alcuna utilità, se non prima di una certa quantità di tempo. «Certo, se non avessi lasciato passare dei mesi, adesso potresti anche farcela.»
«E io cosa farò?» fu il commento affranto di Aki-san che indietreggiò di un passo, per rimettersi a sedere, del tutto scoraggiata. Io sospirai e decisi anche io di ritornare al mio posto. «Come faccio a riavere il mio Alice? Io non voglio andarmene a causa sua!» e mi guardò, quasi con odio, come faceva Sumire quando dicevo che sarei uscita con Natsume.
«Scriverò una lettera dettagliata al nostro dottore all'ospedale Alice.» rispose il Preside, mantenendo la calma. «Spiegherò la situazione e cercherà un modo per aiutarti.» cercò di rassicurarla così, ma non le sue parole non sembrarono fare effetto su Aki-san che si agitò sulla sedia. «Comunque non c'è nessuna garanzia che possa funzionare. Probabilmente il tuo Alice stava già iniziando a scomparire quando Mikan te ne ha liberato inavvertitamente. Questo tipo di Alice è difficile da gestire, il tuo corpo potrebbe non riconoscerlo più, dato che sarebbe sparito comunque con la crescita.»
«Ma... ma...» balbettò lei, con le lacrime agli occhi, prima di guardarmi come se dubitasse della mia esistenza. Abbassai lo sguardo, sperando che mi venisse in mente un'idea geniale.
«Preside.» fu la voce di Mitsuki a rompere il silenzio che si era creato e che rendeva i singhiozzi di Aki-san ancora più forti. Avrei voluto consolarla, ma sapevo di non averne alcun diritto, sapevo solo che ognuno di essi mi faceva sentire sempre peggio. «Perché siamo qui?»
«Per la punizione.» e il suo tono ovvio non avrebbe dovuto stupirmi così tanto. «A Mikan perché ha deliberatamente saltato delle attività a cui l'avevo obbligata personalmente a partecipare e per aver, in conseguenza di ciò, fatto un danno potenzialmente irreparabile; e a te, perché un Presidente del Comitato Studentesco non dovrebbe comportarsi così: non si coprono i propri compagni, anche e soprattutto se sono amici. Mi aspettavo che mi riportassi la cosa, Kamiya Kisaki.»
Lei non rispose e io mi sentii in dovere di dire qualcosa. «Quali...» mi schiarii la voce. «quali sono le nostre punizioni?»
Lui mi rivolse la sua attenzione e per un attimo la sua calma glaciale mi ricordò Hotaru, solo che lei faceva molta meno paura. «Ho deciso che recupererai le lezioni perse e che...»
«Posso fare una proposta, signor Preside?» domandò Aki-san, asciugandosi le lacrime con rabbia. Spostammo tutti l'attenzione su di lei, completamente. «Direi che Sakura Mikan starebbe meglio tra le Abilità Pericolose! Non sa usare questo... questo suo nuovo Alice e non fa niente per cercare di controllarlo. Non sa usare nemmeno quello dell'annullamento, figuriamoci, quindi, quando imparerà a usare questo, che è... è un Alice terribile! Sanno tutti che è una maldestra, è famosa per questo! Non voglio che ad altri capiti quello che è capitato a me!»
«Mi sembra un po' presto per parlare di...» stava dicendo il Preside, quando una voce lo interruppe, e sembrava provenire da una profonda caverna a centinaia di metri dalla superficie.
Rabbrividii di terrore. «Io sono d'accordo.» era Persona, e lo scoprii non appena mi girai verso l'entrata dell'ufficio. Lui era sulla porta, come se fosse naturale per lui stare lì e senza farsi annunciare. «Dobbiamo tutelare i nostri studenti, dico bene?»
«Non credo sia una buona idea, invece.» ribatté il Preside, ma sapevamo tutti che aveva ragione. Io ero pericolosa. «Mikan non è...»
«Oh, sì. Lo è.» lo interruppe di nuovo Persona, con un sorriso stampato sul viso. Sarei scappata volentieri urlando se Kisaki non avesse avuto una mano sul mio polso. «Abbiamo già avuto una studentessa col suo Alice. Devo ricordarti com'è andata a finire? Qualcosa mi dice che non ne hai bisogno.» mi sembrava di aver già sentito una cosa del genere, forse quando ero stata in quell'ufficio mesi prima, ma allora non avevo pensato che avrei dovuto cercare delle informazioni in più su questa studentessa che possedeva il mio stesso Alice, magari potevo contattarla e farmi aiutare a controllarlo. Non che non mi fidassi del Preside, anzi, ma parlare con qualcuno che aveva il mio stesso problema – o l'aveva avuto – mi sarebbe stato sicuramente di grande aiuto.
Una cosa che sapevo non avrei mai dimenticato, dei minuti successivi, era lo sguardo del Preside in quel momento, sembrava che avrebbe potuto fulminarlo con il pensiero. Non disse nulla e io capii che ormai il mio destino era segnato.
«E che dire della nostra cara Kamiya Kisaki?» Persona studiò la mia amica da capo a piedi, con una smorfia di disgusto. «Dovresti avere a cuore gli interessi degli studenti, mia cara. Non i tuoi o dei tuoi amici.»
Kisaki-chan si irrigidì. «Io...» lui le fece cenno di tacere e lei ubbidì immediatamente.
«Ho in mente una buona punizione anche per lei, in modo che sia da monito anche per gli altri studenti.» proseguì, girando intorno alla scrivania per arrivare alle spalle della sedia del Preside. «Dimissioni.» «Sta scherzando!» fece incredula lei, portandosi la mano alla spilla che la designava come Presidentessa del Comitato Studentesco. Abbassai di nuovo gli occhi sul fermacarte: non solo avevo privato molto probabilmente in modo permanente dell'Alice una povera e innocente ragazzina delle medie, adesso avevo anche fatto perdere a Mitsuki la sua posizione nel Comitato. Tirai su col naso, sentendo che ora non potevo più trattenermi.
«Sono d'accordo.» il Preside stavolta sembrava non avere riserve, e la cosa mi colpì ancora di più.
«Ma... ma non è stata colpa sua!» intervenni, cercando di limitare il danno che avevo fatto. Era solo colpa mia, non avrebbero dovuto punire anche lei. Kisaki-chan mi mise una mano sulla spalla.
«Lascia perdere.» aveva una strana smorfia sul viso, ma potevo perfettamente capire che le desse fastidio dover rinunciare alla sua carica solo perché aveva cercato di farmi un favore. «Ha già il voto di due Presidi su tre, dato che Persona è il portavoce di quello delle Elementari. È deciso.» si tolse la spilla e la lasciò cadere sul tavolo. «C'è altro?»
«La chiave.» Persona sorrise di nuovo, in quel modo che gli era proprio caratteristico. Allungò una mano, come se la volesse in quel momento. Ma quale chiave?
«Ma certo.» fece lei, come se si fosse improvvisamente accorta o ricordata di qualcosa. Fece passare la mano dentro al colletto della camicia e ne tirò fuori una catenina con una chiave come pendente. Tirò e se la staccò di dosso. «Ecco qui.» lasciò cadere anche quella sulla scrivania, non accorgendosi o ignorando la mano che Persona le tendeva.
Il Preside completò le direttive per l'Ospedale Alice e Aki-san, appena più sollevata, uscì dalla stanza. Restammo in silenzio per un po'. «Alla prossima riunione della classe di Abilità ti unirai a noi, Sakura Mikan.» disse Persona, prima di andarsene anche lui.
«Grandioso.» commentò Kisaki-chan, ma sembrava che non parlasse con me e sembrava anche che non fosse seria. «Bel lavoro.»
«Mikan.» intervenne il Preside, facendo cenno verso la porta. «Ora puoi andare. Ti aspetto domani pomeriggio per fare esercizio, non mancare per nessuna ragione. Nel frattempo è meglio se ti tieni lontana dagli studenti, per non replicare ciò che è successo oggi. Non voglio che si spargano voci inutili sul tuo conto.» io annuii e guardai la mia amica, in attesa che facesse una mossa per raggiungermi.
«Ho due cose da dire al Preside, Mikan. Ti raggiungo dopo, va bene?» io annuii e decisi che l'avrei aspettata fuori, ma avevo paura che volesse mettersi a discutere con lui per causa mia, così non potei non rimanere fuori ad ascoltare per accertarmi che non fosse così.
«Perché il tuo voto è stato favorevole?» domandò lei, e mi stupii sinceramente di non sentirle usare nessun titolo onorifico e che si prendesse così tanta confidenza con lui. Non era mai capitato in mia presenza.
«Perché in quasi un anno non sei stata affatto utile, Kisaki.» replicò lui, ed ebbi la sgradevole sensazione che quella conversazione non fosse fatta per le mie orecchie, ma qualcosa mi impediva di allontanarmi per farmi gli affari miei.
«Cosa?» chiese lei, e suonò incredula. «Io non sarei stata utile?» ci fu una lunga pausa, ma non seppi dire cosa stava succedendo, pareva che niente si stesse muovendo all'interno della stanza ed ebbi paura che mi avessero scoperta, ma quando guardai dalla fessura che avevo lasciato per poter ascoltare, li vidi semplicemente l'uno di fronte all'altra.
«Già. Non abbiamo raccolto molte informazioni da quando sei nella classe di Abilità Pericolose né sappiamo molto di più da quando gestisci il Comitato. Era la scelta più sensata, inoltre, dato che per chiunque altro sarebbe stato così, non avrei avuto scuse per oppormi.»
«Già,» suonò amareggiata. «tu non hai mai scuse per opporti.» ed era strano che sembrasse avere esperienza a riguardo. «È quello che hai fatto fin dall'inizio, no? Cercare una scusa per fare qualcosa.» rise, eppure non era divertita. «O per non farla. Se non ci fosse stata Yuka saresti ancora lì dietro a quella scrivania a cercare la tua dannata scusa. E vieni a dire a me che non sto facendo niente.» si sporse verso di lui, appoggiando le mani sulla scrivania. «Forse è vero che non ho fatto il mio lavoro come avrei dovuto, ma non accetto che me lo dica l'uomo che ha lasciato suo fratello morire stando solo a guardare e che ancora guarda, nonostante la figlia di quel fratello, sua nipote, abbia un disperato bisogno del suo aiuto. Se lei non è venuta da te, spettava a te andare da lei, il resto è una giustificazione piuttosto sciocca.» si tirò di nuovo su. «Per me le tue scuse puoi infilartele su per il naso, Kazumi, perché non sono io quella che non sta facendo niente.»
Sembrava che la conversazione fosse finita, ma comunque non avevo il coraggio per ascoltare altro. Così scappai, perché non potevo più sentire altro, perché avevo troppe domande che non potevo porre a nessuno, perché mi sentivo in colpa per aver origliato e per aver creato tutto quello scompiglio. E perché anche se non avevo capito niente di ciò che si erano detti, sapevo solo che mi aveva messo lo stomaco in subbuglio, la stessa sensazione che avevo quand'ero terrorizzata, o quando il mio nuovo Alice stava per farmi perdere i sensi.

«Mikan.» quando Kisaki-chan mi chiamò ritornai alla realtà e mi accorsi di essere appoggiata a una colonna del corridoio che dava sul cortile. Sembrava felice di vedermi. «Ti ho cercata dappertutto.» Solo allora mi ricordai che cos'era successo fino a quel momento. «Oh...» fu tutto quello che riuscii a dire inizialmente.. «Mi dispiace.»
Lei scosse le spalle, come se non fosse stato granché importante. «Ho una cosa per te.» mi disse e aprì la cartellina che aveva in mano e che solo allora notai. «Me l'ha data Persona mentre venivo qui, quel simpaticone, no?» mi rivolse mezzo sorriso e mi passò un foglio tra i tanti che c'erano dentro.
«Che cos'è?» domandai, titubante. La sola vista di un foglio che sapevo mandato da quel tipo strano mi faceva venire i brividi.
«La prossima lezione di classe di Abilità e saltata, grazie al cielo.» spiegò lei, e allora presi il foglio dalla sua mano. «Immagino che debba impiegare il suo tempo in modo più proficuo... insomma, è la tua prima missione.»
«Mi-missione?» non ero pronta per una missione! Non ero nemmeno entrata nella classe di Abilità e subito avevo un compito da svolgere? «Mi stai prendendo in giro?»
«No.» rispose lei, e fu così seria che non potei dubitarne. «Non è niente di che, se vuoi saperlo.» queste parole mi convinsero a leggere gli ordini che mi erano stati dati: dovevo portare cibo e acqua a un prigioniero della scuola. Prigioniero?
«Abbiamo dei prigionieri?» volli sapere, costernata. Pensavo davvero che ci fossero delle prigioni sotto le Elementari, ma non credevo che qualcuno avesse potuto fare qualcosa di così sbagliato da finirci dentro, o almeno nessuna voce era girata per la scuola riguardo a una punizione esemplare.
«Mikan, piantala con le domande retoriche.» mi fece cenno con la testa di seguirla. «Ti faccio vedere da dove si entra, così le guardie ti faranno passare da domani.» avrei tanto voluto dirle di lasciar perdere, che me l'avrebbe mostrato in un altro momento, perché ero molto stanca e non mi andava per niente di vedere le prigioni, nemmeno da fuori, nello stato d'animo in cui mi trovavo. Avevo paura che fosse tutta una scusa per buttarmici dentro, buttare la chiave e dimenticarsi di me per i miei crimini.
«D-dobbiamo per forza?» lei non rispose e mi accorsi che potevo aver fatto di nuovo l'ennesima domanda retorica. «Okay...» avevo tanta voglia di chiederle un sacco di cose e perché riusciva a chiamare il Preside addirittura per nome, ma mi trattenni, per una ragione che non riuscivo a capire neanche io. «Mi dispiace, Kisaki-chan.»
Lei si girò a guardarmi, come se non avesse la minima idea di ciò di cui stavo parlando. «Per...?» chiese, infatti.
«Perché hai dovuto lasciare il Comitato.» chiarii, allora. «È stata tutta colpa mia, e alla fine ci hai rimesso perché hai voluto darmi una mano. Mi dispiace.»
Lei scosse le spalle. «Il Comitato non era niente di personale per me, anzi, era una seccatura inutile. Mi hanno dato quella carica pensando che potessi essere utile e ora che non lo ritengono più, se la riprendono. Tutto qui.» mi mise una mano sulla spalla, anche se avrei dovuto essere io quella che consolava lei, e non il contrario. «In realtà mi hai fatto un favore. Era tutto lavoro, tanta gloria, ma alla fine non avevo tempo per fare niente. Perciò, va bene così.»
«Davvero?» avevo bisogno di una conferma, forse per stare a posto con me stessa, o forse per sapere se era davvero la verità.
«Piuttosto,» mi disse lei, riprendendo a camminare. «pensa di più a te stessa, ora che sei dei nostri. Devi cominciare a imparare a nascondere le emozioni, in modo che nessuno possa usarle contro di te, mi spiego? Anche se non sarò più sola in mezzo a quelle teste calde, non mi piace molto l'idea.» la seguii, chiedendomi a che si stesse riferendo. «Li conoscerai la prossima settimana. Quelli delle Abilità Pericolose sono un po' strani, ma alla fine ti ci abitui. Anche Yahiro è dei nostri, lo sapevi? Quello nuovo che non si fa mai vedere in giro. Credo di averlo visto solo lì.»
«L'avevo sentito dire.» mormorai. «Ho sentito che ci sono anche dei bambini.» e alcuni li avevo anche conosciuti, tra cui Miyako-chan e Maika-chan, che se anche non avevano un Alice fisicamente pericoloso, venivano comunque usate nelle missioni.
«Ci sono sempre stati dei bambini.» mi ricordò lei, e sapevo che era vero, dato che Natsume aveva passato tutta la vita in quella classe. «Mi dispiace che proprio tu sia finita in mezzo a tutto questo.» proprio io?
«Non capisco.» ammisi, e avrei voluto intuire una minima parte di ciò che stava accadendo, perché mi sentivo confusa e spaesata, era come se fossi stata catapultata in un altro mondo, dal quale Natsume mi aveva sempre pregato di tenermi lontana. Io non l'avevo mai fatto, ma non ne avevo mai fatto parte così tanto.
«Capirai.» tagliò corto lei, scrollando di nuovo le spalle. «Capiscono tutti quelli che fanno parte di quella classe, prima o poi.»
La sua risposta mi lasciò una vaga inquietudine che mi seguì fino all'ingresso delle prigioni, che si trovava vicino alla Sezione Elementare e che, nonostante fossi passata da quelle parti migliaia di volte quando ero più piccola e quel portone fosse sorprendentemente sotto gli occhi di tutti, non l'avevo mai notato. Kisaki mi aveva costretta a disegnare una mappa della strada da seguire dalla sezione delle superiori a quella elementare, anche perché con la memoria bacata che mi ritrovavo avrei sicuramente perso l'orientamento. Dovette ripetermi le cose tre volte, ma alla fine scrissi tutto correttamente. Quando fu soddisfatta, tornammo indietro, ma io sentivo che non avrei mai più dimenticato quel percorso, così come avevo capito che la sensazione di inquietudine non mi avrebbe abbandonata. Mi accompagnò, infatti, per tutto il resto del giorno, fino al dormitorio e perfino nel letto, tanto che, quella notte, faticai ad addormentarmi.

La sveglia interruppe il mio incubo: stavo rubando incontrollatamente l'Alice a tutti e perfino Hotaru non poteva più starmi vicino. Avevo così tanta voglia di vederla, anche se il Preside aveva proibito qualsiasi contatto con gli altri studenti per non ripetere la scena di ieri, e io avevo intenzione di rispettare il compito.
Così mi lavai e mi vestii abbastanza in fretta, per essere la prima ad arrivare in mensa, ma anche la prima ad andarsene, e non avrei incontrato Hotaru né Ruka, sicuri che sarei andata più tardi a mangiare. Non volevo che mi stessero lontani, ma non volevo nemmeno che mi guardassero come mi aveva guardata Aki-san il giorno prima. Solo Kisaki-chan sembrava non aver cambiato atteggiamento nei miei confronti dopo averlo saputo, ma era piuttosto normale visto che lei conviveva in prima persona con un Alice pericoloso e ne era circondata nella classe di Abilità. Mi avviai verso la mensa, da sola, ma i corridoi della scuola erano già pieni. Tutti bisbigliavano tra loro come se un pettegolezzo particolarmente interessante avesse fatto il giro della scuola. Mi sentivo osservata come quella volta in cui tutti avevano scoperto che io e Natsume stavamo insieme: tutti lanciavano occhiate nella mia direzione e poi riprendevano a bisbigliare, per poi smettere quando mi avvicinavo. Sembravano ritrarsi al mio passaggio, o forse era solo qualcuno dietro di me che era vittima dei pettegolezzi, ma non volevo girarmi per non farlo sentire più in imbarazzo di quanto non fosse già.
Solo quando entrai nella mensa e calò un silenzio tombale mi accorsi che c'era qualcosa che non andava in me: forse ero scesa con metà pigiama, ma quando mi guardai non trovai niente di strano nel modo in cui avevo messo la divisa. Era impossibile che sapessero ciò che avevo fatto, chi mai avrebbe potuto diffondere la voce in tutta la scuola?
«E sembrava così innocente.» sentii dire qualcuno. «Rubare l'Alice è qualcosa di disgustoso.» mi girai di scatto verso le voci, ma quando guardai sembrava che nessuno avesse aperto bocca, e per un attimo credetti che fosse la mia immaginazione a giocarmi brutti scherzi. Ma anche altri stavano facendo commenti simili.
«Ho paura che possa farlo anche con me. Ho sentito dire che la ragazza a cui ha rubato l'Alice è finita all'ospedale perché è impazzita.» corrugai la fronte: era una cattiveria, Aki-san non era impazzita! Stavo per dirglielo, quando li vidi allontanarsi non appena mi avvicinai di un passo. Sembravano tutti terrorizzati. «Stai indietro!» mi disse qualcuno che non vidi, isterico. «Sei un pericolo per la scuola, dovrebbero espellerti!»
Feci vagare lo sguardo tra i miei compagni di scuola, ma nessuno di loro sembrava provare qualcosa di diverso dalla paura o dal disgusto. Mi salirono immediatamente le lacrime agli occhi e mi voltai per andarmene: volevo scappare e basta, non volevo più vedere quello sguardo negli occhi di qualcuno. Ma andai a sbattere contro un altro studente. Subito mi allontanai. «Mi dispiace...» mormorai, mortificata. Pensavo che potesse avere paura di aver perso l'Alice.
«E di che?» era Ruka-pyon, che mi salutava col suo solito sorriso. «Non mi hai fatto niente, stai tranquilla. Ho affrontato dei ragazzi più grossi di te e sono uscito solo con un braccio rotto, non dimenticarlo.»
«Ruka-pyon...» piagnucolai, e lui mi guardò stranito.
«Frigni già di prima mattina?» era Hotaru, ovviamente. Spinse di lato il suo ragazzo e mi guardò come mi guardava tutte le mattine. Sembrava che non fosse cambiato niente per loro. «Cos'è questo mortorio?»
Deglutii, forse a loro la voce non era ancora arrivata. Ed egoisticamente volevo che non lo sapessero mai, così rimasi in silenzio, ma solo per un momento. «È colpa mia.» ammisi, e scoppiai a piangere perché sapevo che li avrei persi, una volta che avessi spiegato come stavano davvero le cose.
Hotaru sbuffò. «Piantala.» mi disse, solo. «Stai dando uno spettacolo molto poco richiesto.» mi afferrò per un braccio e mi condusse all'area dove ritiravamo i nostri vassoi. «Dovresti imparare a dare meno soddisfazione a quelli che vogliono vederti ridotta così.»
«Ma Hotaru...» mi lamentai, asciugandomi le lacrime prima di prendere la mia colazione, anche se non avevo molta fame. «Hanno ragione ad aver paura di me. Tu sai cosa posso fare?»
«Lo so dalla prima volta che sei svenuta, scema. Me l'ha detto mio fratello che c'era questa possibilità.» scrollò le spalle e liquidò la cosa come se fosse stata l'ultima tra le notizie meno importanti di un giornale trovato spiegazzato in un angolo. «E non capisco perché tutto questo panico, ho sentito che puoi fare anche il contrario.»
Sospirai, sconsolata. «Non sempre.» ammisi, contrita. «Ieri non ce l'ho fatta con quella ragazza. Il Preside ha detto che a volte non funziona, dipende dall'Alice con cui ho a che fare e anche dal suo proprietario.»
«Non ha nessuna importanza.» mi rassicurò Ruka-pyon, sistemandosi vicino a Hotaru, di fronte a me. «Siamo amici al di là dei nostri Alice.»
«Se non riesci a restituirmelo, dopo avermelo preso, pretendo un risarcimento per tutti i soldi che perderò irrimediabilmente a causa tua.» mise in chiaro la mia migliore amica, con tono serafico, mentre infilava le bacchette nel suo amato cervello di granchio. «Questa è la mia unica condizione per restare amiche.»
Sorrisi: Hotaru era sempre Hotaru! «Certo!» assicurai, con convinzione. «Dovessi anche coprirmi di debiti per mantenere la promessa!»
«Guarda che ti prendo in parola.» suonava quasi come una minaccia, ma non ci feci caso: avrei fatto tutta l'attenzione possibile a non usare il mio potere su di loro. Il Preside aveva promesso di insegnarmi come fare anche se avevo saltato tutti gli appuntamenti.
«Smettila di scherzare.» fu ciò che disse Ruka-pyon, accennando a me con la testa. «Non mi sembra il momento per fare dell'umorismo.»
Lei scrollò le spalle. «Anche ammesso che scherzassi,» rispose lei, in tono pratico. «ha smesso di piangere.»
Avrei voluto ricordargli che c'ero anch'io e che non mi piaceva che parlassero di me come se non ci fossi, ma qualcuno che prese posto accanto a me mi impedì di aprire bocca. «Non è che posso sedermi qui?» era Yahiro-kun, e sembrava che avesse bisogno di una risposta affermativa.
«Buongiorno.» lo salutò Ruka, gioviale. Lui rispose al saluto con la bocca piena, mentre Hotaru si limitava a rivolgergli uno sguardo privo di interesse. «Oggi vieni a lezione con noi?»
Yahiro-kun annuì. «Ho notato che c'è molto scompiglio tra gli studenti... cioè tra gli altri. Che è successo?» domandò, curioso. Io abbassai lo sguardo, di nuovo. «Sembra che sia arrivato il lupo cattivo delle fiabe per divorarli tutti.»
«Sono solo dei pusillanimi.» fu il commento di Hotaru. «Hanno paura che Mikan possa portare loro via i loro preziosi Alice. Almeno fossero utili...»
Lui si girò verso di me, improvvisamente interessato. «Davvero?» domandò, molto più euforico di quanto mi aspettassi. «Puoi rubare l'Alice alle persone? Forte.» non mi stupii granché che lo trovasse “forte” perché anche lui era nelle Abilità Pericolose, anche se io non l'avrei definito esattamente così. «Mi hanno dato un partner di tutto rispetto.»
«Mi dispiace di non essere stata molto utile, in questo periodo.» dissi io, invece, perché in effetti non mi ero affatto presa cura di lui, anzi, l'avevo lasciato al suo destino, a dirla tutta. Pensavo che Nonoko sarebbe stata molto più felice di farlo al posto mio, ma ora che ci pensavo non l'avevo vista per niente, e forse non mi avrebbe più avvicinato in vita sua.
«Preferisco osservare e imparare da solo.» confessò, con un'alzata di spalle. «Ma adesso che incuti terrore è d'obbligo farsi vedere in tua compagnia. Hai un grande potere, Sakura-san.»
«E il potere attira tutti quelli come te, giusto?» fu Hotaru a dirlo, e aveva un sopracciglio inarcato, come tutte le volte che qualcosa non le andava a genio. «Cosa c'è di tanto interessante nello spaventare gli studenti stupidi?»
«Nel fatto che ti liberi degli stupidi?» domandò lui, in tono retorico. «È un gran buon metodo, e poi Sakura-san è la mia partner, dovrei passare più tempo con lei, specialmente ora. Tra partner ci si aiuta a vicenda.» si girò verso di me. «Giusto?»
Trovai strano il fatto che si interessasse a me solo per via del mio Alice quando il resto dell'Accademia mi teneva alla larga per lo stesso motivo. «Se lo dici tu.» sembrava che stesse per giocare qualche partita a un gioco da tavolo e avesse appena pescato la pedina vincente. Scoprii quanto il mio partner era un buon chiacchierone solo durante il tragitto verso la classe, Hotaru era salita sulla sua papera gigante e ci aveva salutati in modo freddo, in particolare il nuovo arrivato, mentre Ruka-pyon era rimasto a piedi insieme a noi. Sembravano avere una strana sintonia, come se si conoscessero da tempo, ed ero felice che Ruka-pyon avesse trovato un altro amico, dopo che Natsume aveva lasciato l'Accademia. Sapevo che un po' si sentiva solo, anche se Hotaru passava del tempo con lui.
«Ehilà, buongiorno.» ci salutò Kisaki-chan, di fronte alla porta della classe. «Ragazzo nuovo, sei sorprendentemente tra noi...»
«Già...» commentò lui, con una smorfia. «Grazie a te che hai segnalato che non partecipo alle lezioni.» lei sorrise, e lui sembrò tornare calmo. «Sei la Presidentessa più puntigliosa che abbia mai conosciuto.»
«Ti farà piacere sapere che ho dovuto dare le dimissioni ieri sera.» gli comunicò, con tutta la nonchalance di questo mondo, ma lui non parve sorpreso. «Piuttosto, Mikan, come stai? Ho sentito degli studenti parlare della questione di ieri che a quanto pare ha già fatto il giro della scuola. Quella Tsuruga Aki ha la bocca più larga di quanto credessi.»
Cercai di scrollare le spalle, per farle capire che non mi importava, anche se ci ero rimasta molto male, ma non era il caso che iniziasse a preoccuparsi anche per me. «Mi ci abituerò presto.» ma non sapevo se era una promessa che potevo mantenere o meno.
«Lo spero per te.» fu il commento di Hotaru, accennando ai nostri compagni di classe che formavano un semicerchio intorno a noi, sembravano indecisi se avvicinarsi o meno alla porta dell'aula. Lei era appoggiata alla porta, quasi che non le importasse nulla di loro. «A quanto pare siamo circondate da idioti.»
Io abbassai lo sguardo: non credevo che sarebbero entrati prima che mi facessi da parte. «Mi accompagnereste un momento al bagno?» domandai, allora, a Hotaru e Kisaki. Hotaru sbuffò, borbottando qualcosa sulla ritirata strategica, mentre Kisaki-chan rideva sotto ai baffi. «Anche il Preside ha detto che dovevo tenermi lontano dagli altri.» cercai di giustificarmi così, perché la mia migliore amica pareva non approvare la mia scelta di non mettere gli altri in totale imbarazzo per il non sapere se credere o meno al fatto che gli avrei rubato l'Alice. Magari io al loro posto avrei fatto lo stesso.
«Come se non ti conoscessimo.» fu ciò che disse Hotaru, quando esposi il mio pensiero di fronte alla porta del bagno. «Quasi otto anni fa, ti hanno detto tutti che stare vicino Natsume era pericoloso per i più svariati motivi, per tutti tranne che per Ruka e Youichi... e buttarsi tra le sue braccia è stata la prima cosa che hai fatto.»
«Sì, ma Natsume non mi avrebbe mai rubato l'Alice.» osservai, pensierosa: chissà se le cose avrebbero potuto andare diversamente se lui fosse stato qui.
«Certo, avrebbe solo potuto ucciderti.» ribatté lei, alzando gli occhi al cielo. «Hai ragione, non c'è proprio paragone che tenga.»
«Dai, Mikan...» Kisaki-chan mi mise una mano sulla spalla, sembrava comprendere la mia posizione. «Vedrai che prima o poi imparerai a controllarlo e non sarà più un problema. Se poi vedono che non ci sono effetti collaterali per noi che ti stiamo vicine, presto passerà del tutto il terrore che hanno nei tuoi confronti.»
«E se...» cominciai, ma Hotaru mi rifilò un grosso pugno sulla testa, sparato da una pistola costruita appositamente per momenti come questo. O almeno così pensavo, dato che lei aveva un'arma per ogni situazione immaginabile.
«Piantala.» disse, solo. «Tanto non è che se ci ripensi di continuo le cose cambiano. E poi non dobbiamo necessariamente socializzare perché siamo in una scuola.»
«Ma, io...» tentai, di nuovo, ma una sua occhiata mi fece desistere dall'esporre le mie preoccupazioni. Non sapevo se mi stava chiedendo di fare finta di niente con i nostri amici, ma come potevo?
«Adesso torniamo in classe, o ci puniranno.» osservò Kisaki-chan, rivolgendo lo sguardo alla parte di corridoio che avevamo appena percorso. «E credo che né a me né a te, Mikan, serva. Tantomeno a Hotaru, che detiene il record della studentessa più tranquilla della scuola.» in effetti, lei non aveva mai ricevuto una punizione in tutto il tempo che aveva passato all'Accademia. Ma lei era Hotaru ed era formidabile.
Proprio mentre stavamo per girarci, la porta del bagno si frappose tra noi e la strada per la nostra classe. Mi fermai di scatto, trattenendomi a stento dal gridare come un'ossessa per lo spavento: mi posai una mano sul cuore, che batteva all'impazzata. Otonashi Yura fece il suo ingresso nel corridoio.
Dovevo essere sincera, Yura-san mi aveva sempre messo un po' d'agitazione addosso, forse per quella strana danza che doveva ballare tutte le volte che guardava nel passato o nel futuro, ma anche il fatto stesso che potesse fare delle predizioni mi metteva i brividi, o forse era solo la voce che assumeva quando doveva dire ciò che aveva visto. Non credo di averlo mai saputo con certezza.
Si voltò verso di noi, con sguardo vacuo. «Scusatemi.» disse, prima di richiudersi la porta alle spalle con uno strattone, sempre con lo sguardo puntato su di noi, anzi, su di me. Io deglutii quando ridusse gli occhi a due fessure e sembrò piombare in uno stato di trance.
«C-cosa c'è?» balbettai, indietreggiando di un passo. Non appena tentai di allontanarmi, lei allungò il braccio e strinse la presa sul mio polso così forte da farmi un po' male. «Yura-san...»
«Sta' calma e ferma.» mi consigliò Kisaki-chan, guardando Yura-san con una certa inquietudine. «Sta facendo una predizione e non ti lascerà andare finché non avrà finito.» sperai che non durasse a lungo, non solo perché avevo paura che le ginocchia non potessero reggere per molto, ma anche che mi sarebbe caduta la mano.
«Pare che abbia perso l'abitudine di fare quella stupida danza.» fu il distaccato commento di Hotaru, che non sembrava affatto preoccupata. Kisaki-chan si limitò ad annuire, e io pensai che probabilmente non aveva bisogno di ballare per usare i suoi poteri.
«Tu,» Yura-san alzò l'indice della mano libera per indicarmi. «se vuoi le risposte che cerchi, devi oltrepassare la soglia del ponte e quando la luna non è in cielo.» poi mi lasciò andare il polso e smise di guardarci in quel modo strano. «Penso di avervi tagliato la strada.» e, detto questo, se ne andò.
«Che cos'è che ha detto?» chiese Kisaki, confusa, ma io lo ero almeno quanto lei. Hotaru rilesse dal suo blocchetto la strana frase che aveva pronunciato Yura-san, e forse avrebbe dovuto stupirmi di meno il fatto che se la fosse segnata. «Cosa diavolo è la soglia del ponte?»
«Forse Mikan inciamperà in un fiume di giorno.» ipotizzò la mia migliore amica, poi mi indirizzò un'occhiata. «Sarebbe da te, ma dubito che sia di così facile interpretazione, nonostante tu sia così maldestra.»
«Le sue predizioni di solito si avverano?» chiesi, preoccupata. Kisaki-chan alzò le spalle e spostò lo sguardo verso Hotaru, la quale ripose il suo blocchetto in tasca e si diresse verso la classe senza darmi una risposta.

Sospirai stiracchiandomi, prima di alzarmi dal letto. Per una volta, ero grata alla sveglia che mi aveva strappato dal mio incubo fatto di porte con strane chiavi. Erano quasi le dieci e trenta di sera, tra poco ci sarebbe stato il coprifuoco e dovevo sbrigarmi prima di non riuscire a portare il pasto al prigioniero di cui Kisaki-chan mi aveva parlato. Oggi all'ora di pranzo ci aveva pensato lei, dicendomi che ero stata strapazzata anche troppo per quel giorno, ma anche lei mi sembrava piuttosto tesa, e non aveva smesso un secondo di raccomandarmi di ricordare di portare il cibo a quella persona.
«Forza e coraggio!» cercai di tirarmi su in questo modo, ma avevo ancora paura di incontrare qualcuno nei corridoi che potesse avere paura di me. All'inizio non avevo capito bene quanto poteva essere pericoloso il mio Alice, forse per questo avevo saltato le lezioni con il Preside, anche se adesso me ne pentivo più di ogni altra cosa. Hotaru mi aveva detto, a riguardo, di non piangere sul latte versato, ma non riuscivo a non pensare che se fossi stata più responsabile, nessuno si troverebbe nel guaio in cui io ho messo tutti, Aki-san per prima.
Mi infilai le scarpe e mi incamminai a passo svelto verso le cucine. Sapevo che prima del coprifuoco non potevo entrare nelle prigioni, per paura che qualche studente di passaggio potesse vedermi, o almeno quelle erano le regole che Kisaki mi aveva spiegato brevemente, inoltre mi aveva disegnato una specie di mappa abbastanza accurata dell'interno delle prigioni per trovare la cella. Più volte mi aveva ovviamente ricordato, quel pomeriggio, che avrei potuto perdermi se non fossi stata attenta, anche se c'erano uscite in più punti del corridoio, ma mi sarebbero servite delle chiavi, anche ammesso che le avessi trovate, e avevo dei dubbi su questo, dato che riuscivo a perdere i miei nastri per capelli in un cassetto.
Avrei preferito non andarci da sola, ma lei aveva insistito sul fatto che prima o poi avrei comunque dovuto cominciare, ed era sempre meglio farlo dall'inizio. Sembrava che avesse qualcos'altro di urgente da fare, almeno dal modo frettoloso in cui mi aveva salutato ed era corsa via. Mi domandai se avesse qualcosa a che fare col fatto che doveva portare a termine le questioni in sospeso che aveva lasciato come ex Presidentessa del Comitato. In realtà, non sapevo nemmeno se dovesse farlo, o se rimanesse in carica finché non ne veniva scelto uno nuovo... non gliel'avevo nemmeno chiesto.
Quando arrivai al retro della mensa, il vassoio era già pronto perché lo portassi via. Gli inservienti della cucina non si azzardavano nemmeno a guardare chi lo portasse via, forse perché, nonostante la mia nuova classe di Abilità fosse meno ricoperta di segretezza rispetto a un paio d'anni prima, ancora i suoi componenti venivano temuti da tutti. Coperto parzialmente dalla ciotola di zuppa, c'era un foglietto:

La prigioniera si chiama Yui, ha assoluto bisogno di mangiare. Se per caso trovassi qualcun altro, prigioniero o meno che sia, durante la strada, passa avanti senza parlare con loro, meno tempo rimani lì sotto meglio è, o potrebbero venire a cercarti le guardie. In più, stai attenta, perché c'è stato un problema all'impianto di illuminazione lì sotto, perciò non dimenticarti una torcia, le troverai dietro la porta che ti apriranno.
Ho il dubbio che Persona non veda l'ora di trovare una scusa per punirti, perciò non fare niente di avventato.
Buona fortuna con la tua prima missione!
Kisaki.

Ancora più sotto c'era un tesserino con un piccolo gancio in modo che potessi attaccarlo al taschino della divisa senza problemi, c'erano il mio nome e cognome e la mia classe di Abilità. Lo agganciai, stando attenta a non far cadere il vassoio e mi diressi verso la mia prima missione.
Il cuore mi martellava nel petto, al pensiero che quelle specie di guardie che avevo visto fuori dalla porta potessero farmi delle domande o potessero anche solo parlarmi, perché sapevo che sarei scappata via urlando per il terrore. Con i loro completi scuri e gli occhiali da sole perfino di notte, non mi trasmettevano alcuna tranquillità. Anzi, non sapevo nemmeno se avessi dovuto salutarli o meno, o cos'avrei dovuto dire. “Buonasera”? Come si salutano degli uomini loschi al servizio di Persona?
Mandai giù della saliva, al pensiero che poteva torturarmi per una parola sbagliata. Però scossi la testa, avevo visto più volte Natsume ridotto male, ma soltanto quando tornava dalle missioni. O almeno speravo, anche se l'avvertimento di Kisaki mi aveva messo più agitazione addosso di quanto avrebbe potuto farlo una scossa elettrica.
Arrivai al luogo che mi aveva mostrato la mia amica in meno tempo di quanto avessi sperato, anche se, ormai, erano quasi le undici e trenta. Mi stupii di averci messo tanto tempo, anche se il tragitto dalla mia camera alla mensa e dalla mensa alle prigioni, non era brevissimo.
Non appena gli uomini in nero entrarono nella mia visuale, le ginocchia iniziarono a tremarmi, e da dietro quegli occhiali non riuscivo neanche a capire se mi stessero fissando o meno. Non sembrava che mi stessero degnando di uno sguardo, ma quando fui abbastanza vicina mi aprirono la porta pesantissima con una chiave enorme.
Passai senza dire niente, evidentemente non esisteva una parola d'ordine come in un film di spionaggio che ho guardato insieme al nonno, mentre lui e i suoi amici cercavano di imitare le spie durante una delle sere che avevo passato con lui in quella settimana che mi aveva regalato Natsume. Richiusero la porta dietro di me subito dopo che passai, con un tonfo, seguito da un silenzio di tomba. Riuscivo a sentire nelle orecchie i battiti del mio cuore e sperai ardentemente che lì sotto non ci fossero ratti.
Appoggiai il vassoio su un braccio per tirare fuori dalla tasca della gonna le indicazioni che Kisaki mi aveva lasciato: la strada era quasi tutta dritta, in discesa per quelle scale buie, ma per fortuna lì c'erano un sacco di torce elettriche che avrei potuto usare per non rischiare di rompermi l'osso del collo – proprio come Kisaki mi aveva detto, poi il mio percorso curvava sulla destra verso la fine. La prigione era proprio la prima di quel corridoio. Ero stata abbastanza fortunata, se non per il fatto che non potevo correre oppure avrei rovesciato tutto il contenuto del vassoio.
Mi imposi di calmarmi, prendendo alcuni respiri profondi, prima di scendere le scale ripide. Camminai piuttosto lentamente per non rischiare di cadere, dato che non avevo nemmeno una mano libera per appoggiarmi al corrimano. Comunque mi consolò parecchio che, nonostante stessi continuando a scendere, non sentissi nessun rumore inquietante di zampette di ratto. Controllai più volte, cercando di illuminare la mia unica guida, a che punto dovessi girare a destra prima di sbagliare svolta, ma quando giunsi in fondo a un corridoio che si diramava dalle scale, mi resi conto che era l'unica svolta che c'era e che non potevo assolutamente sbagliarmi.
La mia torcia illuminava gran parte del corridoio, ma non c'era segno di vita, il che era strano... insomma, non lasciavano ai prigionieri nemmeno un po' di luce?
Mi affacciai alla prima cella. «Yui-san...» mi sporsi un altro po', quando non riuscii a vedere niente, cercando di illuminare l'interno. «sei sveglia?» attesi un altro attimo che mi rispondesse, ma non lo fece. «Scusa se sono arrivata tardi, ma non ho potuto portarti prima da mangiare.» quando ancora non disse nulla, cercai di alzarmi sulle punte, ma con la luce sotto al vassoio non potevo fare granché per vedere. «Stai... stai bene?»
Solo allora mi giunse una flebile risposta: «Sì...» ci fu un'altra pausa, durante la quale mi preoccupai un po' per le sue condizioni, dato che non riusciva a parlare. «Ma non ho molta fame...»
«Ma...» rimuginai sul messaggio che mi era stato lasciato. «Kisaki-chan ha detto che avevi assoluto bisogno di mangiare...» cercai di allungarle il vassoio attraverso la fessura, ma per poco non lo rovesciai sulla lampada, così la spostai un po', in modo da riuscire a sistemare per bene a terra il cibo. Mi sforzai per riuscire a vedere qualcosa, ma quasi subito qualcuno venne più avanti, ma non aveva la corporatura che mi sarei aspettata da una donna.
«Mikan?»
Sulle prime non capii. Pensai ad un'allucinazione o qualcosa del genere. Mi dissi che mi ero sbagliata, che la paura mi faceva brutti scherzi. Poi pensai che l'Alice di Yui-san potesse comprendere l'imitazione delle voci, ma quando mi concentrai per guardare meglio capii che non era così.
Sgranai gli occhi alla vista del mio ragazzo: non lo vedevo da quelli che mi sembravano anni, e forse non era passato che qualche mese, ormai avevo perso del tutto la cognizione del tempo. Venne più vicino alla luce, e la torcia mi sfuggì di mano, cosa che avrebbe sicuramente fatto anche il vassoio se non l'avessi posato a terra poco prima. Le forze mi erano mancate improvvisamente e inspiegabilmente, c'era una sola cosa che avrei voluto fare: abbracciarlo forte fino a stritolarlo, ma era anche una delle cose che dovevo assolutamente evitare, per questo indietreggiai verso il muro, in modo che non riuscisse a toccarmi nemmeno se avesse allungato il braccio oltre le sbarre. Poi si aggiunse un'altra persona a lui e rimasi scioccata.
«N-Natsume...» riuscii a dire, nonostante la lingua impastata. Non riuscivo ancora a credere che si trovasse lì, a dieci centimetri da me, appoggiato a una cella dov'ero sicura di trovare una prigioniera, e poi c'era anche una delle amiche di Mitsuki, la ragazza che si prendeva cura del nonno e dei suoi amici. Cosa c'entravano loro in tutto questo? «Cosa ci fai qui?»
Lui emise uno sbuffo quasi divertito, forse incredulo. «Non pensi che dovrei essere io a chiederlo a te?» mi domandò, e mi salirono le lacrime agli occhi al suono della sua voce e alla sua espressione quasi intenerita. Distolsi lo sguardo per impedirgli di accorgersene, anche se di solito riusciva a farlo anche al buio.
Sentii qualcuno lamentarsi, e Mitsuki comparve alla debole luce della lanterna, con le mani sui fianchi, particolarmente contrariata. «Tanto ormai la segretezza della missione è andata a farsi benedire.» esordì, con un sospiro. «Piuttosto, come mai voi due vi conoscete?»
«Non mi sembra il momento di fare conversazione.» intervenne Yui-san, che doveva per forza essere la prigioniera iniziale, a giudicare dal suo aspetto malandato. Come si fossero triplicati, non ne avevo idea, ma facendo vagare lo sguardo nella cella immaginai che fosse per via del buco sul tetto. «Sai che in un altro momento lo farei, ma...»
Natsume era rimasto come paralizzato con le mani intorno al metallo delle sbarre, quasi che dovessi scomparire sotto al suo naso. «Mikan?» fu di nuovo Mitsuki a parlare e io le rivolsi di nuovo l'attenzione. «Devo proprio chiedertelo... come mai sei qui?»
Abbassai lo sguardo sul pavimento, sentendo gli occhi degli altri puntati su di me. In realtà la risposta era molto semplice, ma non mi sentivo in grado di pronunciare nemmeno una parola: avevo una terribile paura che mi avrebbero guardata nello stesso modo in cui avevano fatto i miei compagni di classe non appena avevano saputo che avevo cambiato classe di Abilità e che il mio Alice era incontrollabile.
«Sei entrata nelle Abilità Pericolose?» la domanda di Natsume sembrava più un'affermazione, e non potei fare altro che annuire, ma senza avere il coraggio di osservare la sua reazione. Mi aveva sempre pregata di tenermi lontano dalle faccende di quella classe e di Persona, ma non avevo potuto accontentarlo, anche se avrei tanto voluto farlo. «Perché non mi hai detto niente nella lettera?» sembrava risentito, e io mi sentii in colpa.
«È successo da poco...» borbottai, ma non fui certa che mi avesse sentito. Presi un bel respiro e ricacciai indietro la voglia di piangere, per cominciare a seguire il consiglio di Kisaki-chan e cioè iniziare a nascondere le emozioni. Mai niente di più difficile. «Dovreste sbrigarvi ad andare via, il prossimo giro di ronda è poco dopo mezzanotte.»
«L'uscita da dove sei arrivata è ancora sorvegliata, vero?» chiese Mitsuki, gettando uno sguardo al corridoio, e quasi mi aspettavo che comparisse qualche scagnozzo di Persona e un brivido di terrore mi salì su per la schiena, ma per fortuna non arrivò proprio nessuno.
«Sì, mi hanno fatta passare solo perché faccio parte delle Abilità Pericolose.» confermai, senza staccarmi dal muro, nonostante loro si preparassero a risalire dal buco che avevano creato. Deglutii, senza sapere bene cosa fare, e soltanto per dare un po' di sollievo alla mai gola completamente secca. Presto sia Mitsuki che Yui-san scomparvero su per la corda, senza mostrare nessuna particolare sorpresa o reazione, diversamente da ciò che mi ero aspettata. Le aiutò Natsume, che era rimasto per ultimo. Mi ci volle un po' per realizzare che stavano scappando sotto ai miei occhi, sembrava che la mia mente fosse impantanata nel fango. Natsume era ancora a una decina di passi da me e non riuscivo nemmeno a concepirlo, nonostante ce l'avessi davanti agli occhi.
Girò di nuovo la testa per guardarmi e io mi sentii ancora più inchiodata contro la parete. «Ora posso sapere perché non mi hai detto niente?» mi chiese, con gentilezza, ma con fermezza, anche se io avevo creduto che fosse arrabbiato con me per averglielo taciuto.
Se possibile, questo mi fece sentire ancora peggio. «Non volevo che...» deglutii, e poi mi morsi il labbro inferiore. «Non volevo che ti preoccupassi per me. E avevo paura, perché mi avevi sempre detto di cercare di evitare più possibile quel lato della nostra scuola.»
«Mikan...» cominciò lui, ma una voce dal buco nel soffitto lo interruppe, ordinandogli di darsi una mossa. Per un attimo, mi venne l'istinto di fermarlo, perché non volevo che andasse via così presto, ma le parole non mi uscirono di bocca, proprio come quella stessa mattina, in cui non avevo saputo difendermi da tutte le cose che mi erano state dette. Potei solo osservarlo sospirare, prima di lanciarmi l'ennesima occhiata frustrata, per poi vederlo salire su per la corda, come poco prima avevano fatto Mitsuki e Yui-san.
«Natsume...» bisbigliai, prima di riprendere il vassoio, e fissare il cielo oscuro che riuscivo a intravvedere dal soffitto. Decisi di svuotare la zuppa in un tubo che probabilmente serviva per lo scolo dell'acqua insieme al resto, così i sorveglianti non avrebbero fatto domande, e io avrei potuto giustificare in qualche modo tutto il tempo che avevo perso lì sotto. Gioii intimamente al pensiero che perfino Hotaru sarebbe stata fiera di me per questa trovata geniale.
Superai le guardie con successo, mentre il cuore mi batteva furioso nel petto per il terrore che potessero capire che qualcosa non andava, ma erano impegnati a chiacchierare tra di loro, e non fecero quasi caso a me. Uno di loro si limitò semplicemente a richiudere la porta alle mie spalle, con due giri di chiave, in uno schiocco metallico che mi mise i brividi e che mi spinse a camminare più velocemente verso il dormitorio.
Invece di entrare, però, pensai di dare un'occhiata a quello che stavano facendo i miei amici fuggitivi, ero un po' in pensiero per loro, così svoltai dietro al primo albero e tornai indietro passando per il boschetto. Avevo sentito dire a Ruka-pyon che era lì che andava a nascondersi quando il suo fanclub riteneva che fosse ora di una riunione straordinaria alla quale lui doveva assolutamente presenziare, forse potevo fare lo stesso per nascondermi ai sottoposti di Persona. Fu tra i cespugli che abbandonai il vassoio.
Quando arrivai in prossimità del luogo in cui pensavo fossero risaliti, notai che Natsume mancava all'appello, e mi chiesi dove potesse essere andato a finire. Yui-san aveva appena tappato il buco nel terreno, con un semplice gesto della mano. «Fantastico...» commentai, a bassa voce, anche se non potevano sentirmi da quella distanza. «Chissà se è il suo Alice.»
«Non lo è.» confermò una voce alle mie spalle, che mi fece sobbalzare quasi fino ai rami dell'albero. Mi voltai e mi ritrovai il mio fidanzato davanti al naso. Indietreggiai di un passo, istintivamente. «È solo una Pietra presa in prestito.» fece una smorfia strana, guardandomi dalla testa ai piedi, e io mi chiesi se avessi qualcosa che non andava. «Piuttosto, raccontami un po' che è successo... evidentemente, mi sono perso dei passaggi importanti.»
Io all'inizio non dissi niente: ero troppo occupata a cercare un modo per evitare che mi toccasse anche involontariamente, dato che non potevo permettere che anche Natsume iniziasse a trattarmi come i miei compagni, non avrei potuto sopportarlo. Sarebbe stato corretto dirglielo, in fondo stavamo insieme, ma avevo un assoluto bisogno di tenermelo per me, anche se mentirgli era la cosa peggiore che potessi immaginare di fare, dopo privarlo del suo potere. «Scommetto che...» lanciai un'occhiata a Mitsuki e Yui-san che si stavano dirigendo proprio verso di noi. «non hai tutto questo tempo... magari... un'altra volta...»
«Quante volte pensi che possa tornare a fare gite in Accademia?» mi domandò, abbassando la testa per guardarmi dritto negli occhi. Cercai di evitare i suoi occhi, ero davvero vicina allo scoppiare a piangere, perché pensavo al disagio che avevo provato qualche ora prima davanti a tutta la scuola, e perché temevo che lui avrebbe potuto rivolgermi lo stesso sguardo disgustato. Non facevo altro che pensarci. «Mikan, che hai?» il tono passò da scocciato a preoccupato, ma io mi limitai a tirare su col naso.
«Credimi...» biascicai, e non sapevo se aveva davvero intuito cos'avevo detto. «non è niente.»
Lo sentii sospirare, ma non capii se era rassegnazione o se si era di nuovo arrabbiato. «Lo sai che non sei capace a mentire.» disse lui, con pazienza. «E se non fosse davvero niente non ti staresti trasformando in una fontana da giardino.» mi mise le mani sulle spalle e mi scosse leggermente. «Ti hanno fatto qualcosa nelle Abilità Pericolose?»
Scossi la testa. «Ti prego,» mi scostai, facendo un passo indietro. «non toccarmi.» e avrei voluto scappare via al suo sguardo ferito e confuso. Stava per dire qualcosa ma fu interrotto dall'arrivo di Mitsuki e Yui-san, che si avvicinò a me con aria preoccupata.
«Stai bene?» mi chiese, infatti «Quei tizi ti hanno fatto qualche strana domanda?» mi si avvicinò ancora e io feci un passo indietro, cosa che fece fermare anche lei. «Non ti daranno la colpa, vero?»
«Dubito seriamente che lo faranno.» fu Mitsuki a rispondere. «Dato che dai sotterranei è uscita da sola.» fece un cenno con la testa verso l'edificio delle Superiori, alle mie spalle. «Diamoci una mossa. O arriveremo troppo dopo la mezzanotte. Yuuko dovrebbe trovarsi già lì.»
«Le hai detto di prendere la chiave?» domandò Natsume, raggiungendomi. Avrei voluto nascondermi dietro un cespuglio, ma già sapevo che non sarebbe servito a niente. Quella sera sembrava pronto a inseguirmi perfino in capo al mondo. «Non credo che ci abbia pensato da sola.»
«Tranquillo, so già chi ha la chiave e non è un problema. Ho organizzato la fuga meglio di quanto credi.» fu la risposta di Mitsuki e sentii Natsume borbottare qualcosa sul fatto che tutto il piano fosse riuscito da schifo, ma dovevo aver capito male. «Andiamo.»
Natsume riportò lo sguardo su di me. «Vieni anche tu.» nemmeno stavolta era una domanda. «Ci sono alcune cose di cui ancora dobbiamo parlare.» annuii e cominciai a seguirli. Le mie due amiche erano un po' più avanti di noi di una decina di passi, e io mi sentii stranamente in imbarazzo: non sapevo da dove cominciare per rispondere alle sue domande. «Come mai sei così strana?»
Cercai di sorridere. «Niente di preoccupante.» sapevo di non essere stata convincente, come aveva detto lui non ero in grado di mentire, nemmeno a me stessa. «Piuttosto, hai detto che hai letto la lettera, mi dispiace di non aver pensato prima a poter comunicare con te in questo modo.»
Natsume sbuffò, forse spazientito, e mi afferrò per un gomito. «Piantala di sviare il discorso.» il tono che usò era duro e io mi sentii di nuovo gli occhi bruciare. «Se ti è successo qualcosa a causa di Persona, voglio saperlo. Anzi, voglio sapere se ti è successo qualcosa di male in generale.» poi parve pensare a qualcosa di preciso ed emise uno strano lamento, e voltò la testa come se si vergognasse amaramente. «Aspetta...» mi lasciò andare lentamente e io ringraziai il cielo di non dovermi più concentrare per non rubargli l'Alice involontariamente. «non è che... sei arrabbiata con me, vero?» la sua voce aveva perso sicurezza, così come il suo sguardo.
Lo fissai, incredula. «Cosa?» chiesi, senza riuscire a credere di aver capito bene. «Perché mai dovrei essere arrabbiata?» come gli era saltato in mente? Nelle mie lettere avevo forse dato una simile idea? Avrei dovuto fare più attenzione, e così si confermava la mia tesi che le lettere erano veramente difficili da scrivere.
Lui si infilò le mani in tasca e continuò a camminare al mio fianco, ed era una cosa che faceva solo quand'era in imbarazzo. «Sai...» borbottò, prendendo un bel respiro. «per via del fatto che... me ne sono andato.» rimase in silenzio per un po'. «Ti ho dato molto poco preavviso, e non abbiamo mai avuto molto tempo per parlare di ciò che pensavi a riguardo.»
Sorrisi, e repressi la tentazione di stringergli un braccio per confortarlo un po'. «Lo so che non volevi farlo. Sei stato costretto, non sono affatto arrabbiata.» abbassai gli occhi sull'erba, leggermente a disagio. «Mi dispiace se ti ho dato quest'idea nelle lettere.»
Lui sbuffò. «Lascia stare le dannate lettere.» mi disse, e stavolta mi costrinse a girarmi verso di lui, facendo leva sul mio polso. «Se non è colpa mia, mi dici perché ti comporti in modo così strano?» eravamo appena fuori dalla porta di servizio dell'edificio e avremmo perso di vista le nostre amiche se non fossimo entrati alla svelta.
Tirai via il mio braccio in modo brusco, senza successo, ma sapevo che la mia espressione la diceva lunga su ciò che provavo, perché non ero mai stata in grado di nascondere le emozioni. «Natsume, per favore.» lo pregai, disperata. «Non mi toccare.» lui lasciò la presa sul mio braccio, con la stessa velocità che avrebbe avuto se l'avessi costretto a farlo con un lanciafiamme. E io scappai dentro, aspettando che mi seguisse.
«Dammi una spiegazione.» disse, lapidario, comparendo alle mie spalle come un'ombra. Sobbalzai per lo spavento. Mi raggiunse, ma non cercò di fermarmi, perciò continuammo a camminare a una decina di passi da Yui-san e Mitsuki. Sospirò. «So che è stato difficile stare qui da sola, credimi, sono stato solo per anni tra queste mura. Mi dispiace di averti lasciata sola proprio adesso che hai sviluppato un altro Alice, mi sento già abbastanza in colpa senza che continui a respingermi così.»
«Ma io non...» stavo per dire che non lo stavo respingendo perché lo volevo, quando tutto il discorso che aveva fatto mi risuonò nella testa come un'eco. «Come... Natsume, tu sai del mio nuovo Alice?» lo sapeva e aveva comunque... «E nonostante questo cercavi di toccarmi? Sei impazzito?» si era sottoposto a quel pericolo pur sapendo che avrei potuto portargli via il suo Alice? Com'era possibile?
«C'entra col tuo Alice?» domandò, anche lui confuso. «Adesso spiegati.» sbattei le palpebre: non avevo capito se sapeva oppure no. In ogni caso era ovvio che dovessi parlargliene.
«È a causa di questo se sono nelle Abilità Pericolose.» lo superai, perché stavamo distanziando troppo Mitsuki e avevo paura che Natsume perdesse la sua via di fuga, lui mi raggiunse di nuovo e solo allora continuai a parlare. «Qualche giorno fa ho... manifestato il mio potere su una studentessa e mi hanno costretta a entrare a farne parte.»
«Va bene,» fece lui, in tono accondiscendente. «qual è questo potere? Perché non posso toccarti, rischi di uccidermi?»
«Santo cielo.» per poco non soffocai alla sola prospettiva. «No!»
«E allora cosa?» sentivo che stava davvero per perdere il briciolo di pazienza che aveva, così mi giocai il tutto per tutto: la verità.
«Potrei rubarti l'Alice.» lo sussurrai, e sperai ardentemente che non avesse sentito. Solo quando scoppiò a ridere ebbi la certezza che non l'aveva fatto. «Ma hai sentito quello che ho detto?» salimmo le scale verso il secondo piano, e ancora io non avevo ben capito dove ci stessimo dirigendo.
«Fammi capire.» mi distolse dall'osservare il tragitto, e aveva un tono stranamente divertito. «Mi hai fatto prendere mezzo infarto, e ti sei fatta tutti questi problemi perché potresti derubarmi del mio Alice?» sollevò un angolo della bocca, incredulo. «Tutto qui?»
Non seppi come ribattere, dato che mi sembrava davvero una cosa da poco adesso che ne parlavo con lui e la reazione degli altri mi sembrava molto più ingiustificata. «Sembra meno grave a parole.» tentai, allora. E forse era così per davvero.
Mi sorrise e credo che le mie ginocchia diventarono burro. «Mikan.» mi chiamò, e ci fermammo a metà tra le due rampe, quando mi prese la mano e la strinse come se volesse stritolarmela. Non mi ritrassi, anche se ne avevo la tentazione perché non ero ancora del tutto tranquilla. «Sei proprio scema.» mi attirò a sé e mi abbracciò. Credo che fu allora che scoppiai a piangere senza ritegno, anche se tentai di trattenere i singhiozzi per non farmi sentire fino in città.
«Non voglio che mi odi.» biascicai tra le lacrime, mentre sentivo le sue braccia stringermi più forte, e la sua testa appoggiarsi sulla mia.
«Non ti odio per niente.» mi rassicurò, in un sussurro. «Smettila di piangere, non succederà niente.» sollevai la testa per guardarlo, e credo che mi lesse la domanda in faccia perché rispose senza che la ponessi. «Lo so perché se anche tu dovessi rubarmi l'Alice andrà benissimo, credimi.»
«Come... che dici?» domandai, incerta. Non ci capivo più niente.
«Vuoi dirmi che qualcuno ha avuto paura di te?» domandò, addolcendo ancora il tono di voce. Io non potei fare altro che continuare a piangere annuire. «Oh, Mikan...» mi strofinò le mani sulle braccia, come per riscaldarmi. «Pensavi che potessi spaventarmi per così poco? Dovresti conoscermi, ormai.»
«Nessuno vuole essere privato di ciò che lo rende speciale.» obiettai, ripetendo quello che avevo sentito dire quella mattina da alcuni studenti. Mi portai le mani sul viso, nel tentativo di smetterla di piangere.
«Io sono speciale dalla testa ai piedi.» fece lui, sollevandomi il viso con una mano, dopo avermi allontanato le mani. «E con l'Alice non c'entra proprio niente, credimi.» mi sorrise ancora, e stavolta cercai di ricambiare, ma chissà che razza di espressione tirai fuori. «E lo sai che preferirei mille volte non averlo, giusto? Perciò tutto a posto, direi.»
Gettò uno sguardo oltre le scale rimanenti, e anche io lo imitai, vedendo Mitsuki e Yui-san insieme a un'altra ragazza, che si guardavano intorno come se stessero aspettando qualcuno. «Devi proprio andare?» sapevo che era sciocco chiederlo, ma non volevo salutarlo, ora.
«Non ancora.» guardò l'orologio e notai che mancavano dieci minuti a mezzanotte. «Abbiamo qualche altro minuto.» io annuii e lui piegò la testa, con un sorrisetto strano. «Ti sei accorta che ti preoccupavi per niente, vero?»
«Stamattina non sembrava affatto niente...» mugolai, tentando di giustificare il mio comportamento. Mi rendevo conto che avrei dovuto fidarmi di più di lui, avrei dovuto immaginare che avrebbe fatto proprio come Hotaru, Ruka-pyon e Kisaki-chan: avrebbe ritenuto il nostro legame più importante di tutto il resto. «Mi dispiace... di aver dubitato di te.»
«Non fa niente.» mi strinse di nuovo in un abbraccio, che stavolta ricambiai. «Credo che sia comprensibile.» mi diede un bacio sulla testa. «Piuttosto, stai bene? Hai già partecipato a una riunione della classe di Abilità, avete già parlato di missioni o cose simili?»
«Non ancora.» risposi, chiudendo gli occhi e ascoltando il battito leggermente irregolare del suo cuore. «Mi hanno solo affidato l'incarico di portare da mangiare a Yui-san qualche ora fa, ma nient'altro. Credo che sia ancora troppo presto per mandarmi in missione...» o almeno ci speravo. «giusto?»
«Non è mai troppo presto, fidati.» sapevo che non voleva spaventarmi, ma solo mettermi in guardia, eppure non potei fare a meno di iniziare a tremare per il terrore. Come risultato ottenni una stretta più forte da parte sua. «Comunque, come ho ragione di credere che succederà, avrai davvero poche occasioni per andare in missione.»
«Come fai a saperlo?» chiesi, confusa. Lui mi rivolse un sorriso strano e non si spiegò. «Ho paura.» Lui si staccò da me il tanto che bastava per guardarmi in faccia. «Stai tranquilla. Andrà tutto bene.» mi disse, e mi parve così serio che non potei fare a meno di credere che stesse dicendo la verità. «Non appena saremo pronti ti porterò via di qui, te lo prometto.» gettò un'occhiata di nuovo alle tre ragazza e poi si mise a bisbigliare: «E solo perché oggi sono in troppe e non so che Alice siano in grado di usare, perciò non posso portarti con me.»
Mi limitai ad annuire, perché non avevo idea di cosa stesse parlando, né di chi esattamente si dovesse preparare. «Va bene così.» dissi, poi. «Non devi preoccuparti per me, ho Hotaru, Ruka-pyon e Kisaki-chan, mi vogliono bene. E poi ci sono anche Miyako, Maika-chan, Youichi e tutti gli altri bambini, non me la sento di lasciarli soli.» perché ora sapevo cosa provavano ad essere emarginati dai loro stessi coetanei, ed era una cosa che prima non riuscivo a comprendere. Dovevo assolutamente aiutarli.
Lui sorrise. «Chissà perché me l'aspettavo.» commentò, prima di sollevarmi il mento di nuovo e di baciarmi. Rimasi sorpresa per un attimo, e lo allontanai di scatto. «Cosa c'è adesso?» chiese, ma non seppi se più infastidito o divertito.
«Potrei ancora... rubarti l'Alice.» osservai, dubbiosa. Lui scosse la testa.
«E quando me l'hai rubato, pazienza.» obiettò lui, e si avvicinò di nuovo, ma lentamente. «Ti sembra così impensabile che non mi importi?» scossi la testa, e lui sorrise di nuovo. «Bene.» e dopo non aggiunse altro, appoggiò semplicemente le sue labbra sulle mie, con la differenza che stavolta non lo rifiutai, ero solo felice che sapesse che avevo un Alice pericoloso ma che non se ne preoccupasse.
Sussultai e mi allontanai di un passo da lui, quando sentii dei passi per le scale, e fissai Natsume negli occhi, per sapere se lui sapesse chi fosse, ma lui si limitò a spingermi nell'angolo più buio della scala e a mettersi davanti a me, ma sempre al buio: voleva proteggermi dallo sconosciuto. Gli strinsi la maglietta all'altezza delle costole, pregandolo silenziosamente di essere prudente.
«Scusate il ritardo.» era la voce della mia amica Kisaki-chan, che aveva l'aria di quella che ha affrontato la nottata peggiore della sua vita, con tutta la divisa sporca di qualcosa simile all'inchiostro, ma niente mi poteva dare un indizio sul perché lei fosse lì e come sapesse di tutta quella storia in cui mi ero trovata in mezzo senza avere il tempo di ragionarci un po' su. «Ho avuto un paio di problemi a recuperare la chiave.»
«Credevo la portassi attaccata al collo.» osservò Mitsuki, un po' contrariata. «Ti aspettiamo da un pezzo.»
«Ce l'avrei avuta al collo se fossi ancora Presidentessa del Comitato Studentesco, ma è stato stabilito diversamente, anche grazie al vostro amico Yukihira.» che c'entrava ora il Preside? Che fosse Mitsuki sua nipote? O forse quella ragazza che non conoscevo? «Comunque eccola qui. Buon viaggio e buonanotte.» lanciò la chiave a Mitsuki e fece per andarsene.
«Ehi... non resti per riprendertela?» domandò Yui-san, contrariata. «Menomale che questa fuga era organizzata nei dettagli!»
«Beh, era lei l'elemento chiave!» protestò debolmente Mitsuki, mentre Kisaki-chan sospirava e io capivo sempre meno di tutta quella storia così confusa. «Datevi una mossa, è quasi mezzanotte... Mikan che diamine ci fai tu qui?» lo sguardo le cadde su di me casualmente, proprio mentre Natsume si spostava per salire le scale che restavano, mentre lo trattenevo istintivamente per la maglietta, realizzando che mi sarebbe scomparso sotto al naso senza che avessi avuto il tempo di dirgli tutto ciò che avevo bisogno di dirgli.
«Niente.» replicò lui per me, prendendomi per un gomito, e fui costretta a lasciare la presa su di lui. «Mi ha solo accompagnato fin quassù.» mi lanciò un'occhiata per cui non potei fare a meno di sorridere. Lei alzò gli occhi al cielo ma non commentò.
«Andiamo prima noi, principe azzurro.» Mitsuki passò la chiave alla ragazza che non conoscevo. «Ma datti una mossa, chiaro?»
Lui sbuffò. «Sì, sì...» e fu allora che la chiave venne inserita nella toppa e si aprì un enorme buco nero nella porta, come se la serratura si fosse allargata a dismisura. Se non ricordavo male, portava in qualsiasi posto si desiderasse andare, che a dirlo sembrava una buona cosa, ma non so perché mi metteva paura solo a guardarlo da lontano.
«Senti, andiamo avanti io e Yuuko.» disse Yui-san, fissando Mitsuki. «Per oggi abbiamo fatto abbastanza idiozie, direi, non vorrei che ce ne fossero altre.» fece cenno verso di me e Natsume con la testa e Mitsuki inarcò un sopracciglio.
«Probabilmente hai ragione.» constatò, con rassegnazione. Quando sparirono oltre il portale portò di nuovo lo sguardo verso di noi. «È il tuo turno, Natsume.»
«Immagino di sì...» borbottò lui, prima di lanciarmi uno sguardo strano. Avrei voluto chiedergli di rimanere, anche solo fino a domani notte, quando avrebbe potuto usare un'altra volta il portale, ma non dissi nulla perché avevo capito che non avrebbe potuto, fissai solo il pavimento con ostinazione: non volevo che mi vedesse piangere di nuovo. Non sapevo proprio come salutarlo, che cosa dire... non sapevo nemmeno quando e se ci saremmo rivisti di nuovo e non riuscivo a pensare a nient'altro. «Mikan, io...»
Lo abbracciai forte, prima di farlo finire di parlare. «Ti scriverò tutte le sere.» lo sentii sorridere. «E stavolta non nasconderò nessuna informazione importante, te lo prometto.»
«Sarà meglio per te.» scherzò lui, mettendomi le mani sulle spalle per allontanarmi un po'. «Perché quando tornerò a prenderti non voglio vederti coperta di squame per poi venire a sapere che un altro Alice è sbucato fuori.»
«Me lo prometti?» domandai, speranzosa che tornasse davvero.
«Dovresti saperlo, no?» mi diede un piccolo colpo sulla testa. «Io mantengo sempre le mie promesse.» io annuii, e lui appoggiò la fronte sulla mia e per un momento mi sembrò triste quanto lo ero io. «Fidati, va bene? Fino ad allora cerca di non farti mettere sotto dagli idioti che hanno paura di te.» mi diede un altro bacio sulla testa e poi salì le scale, ma prima di attraversare il buco nero mi lanciò un'ultima occhiata che fece sì che il mio stomaco si contorcesse dolorosamente per il senso di abbandono che stavo provando.
«Fatti forza, tesoro.» mi disse Mitsuki, con un sorriso. «E dato che so che probabilmente avresti voluto chiedermelo, te lo dico adesso: tuo nonno sta bene.» feci cenno di aver capito, sentendomi subito in colpa per non averci pensato nemmeno un po', povero nonno. Poi scomparve anche lei e piano, piano il portale si chiuse, sembrava quasi che non si fosse mai aperto e che tutto ciò che era accaduto da che ero stata nelle prigioni fino ad allora fosse stato tutto un sogno, forse anche perché sembrava che fosse durato tutto un attimo, nella mia mente.
Io e Kisaki-chan rimanemmo qualche minuto a fissare il vuoto, poi lei si voltò verso di me con sguardo interrogativo. «Come conosci Mitsuki e Yui?» mi chiese, curiosa.
«Le ho conosciute quando sono andata a trovare mio nonno.» raccontai, cercando di sorridere al ricordo delle marachelle a cui avevo assistito. «E tu, invece?»
«Mia sorella frequentava la scuola nello stesso periodo in cui c'erano loro. Erano amiche...» scosse le spalle, come se fosse un racconto davvero poco interessante, ma non feci domande in ogni caso, non ero davvero dell'umore giusto e non sembrava che volesse parlarmi di come l'avevano contattata per organizzare quella fuga, e non credevo che la cosa in sé mi riguardasse, nonostante fossi curiosa di sapere come si manteneva in contatto con l'esterno dell'Accademia e riuscisse in una comunicazione da entrambe le parti, ma non avevo il coraggio di chiederglielo. «Su, dai, Mikan...» mi mise una mano sulla spalla e mi guardò con preoccupazione. «Tornerà, te l'ha promesso.»
«Sì, sì lo so...» risposi, e cercai di mostrarmi più tranquilla per non farla preoccupare di più, ma la realtà era che averlo rivisto per poi doverlo lasciar andare così presto mi aveva creato una grande sensazione di mancanza. Avevo pensato spesso a lui nel tempo in cui eravamo stati separati prima di quella sera, e mi mancava molto, ma quell'orribile sensazione che provavo all'altezza del petto era quasi incomparabile con quella. «Sto bene.»
«Mmh, sì...» commentò lei, con sarcasmo. «E io sono una paperella di gomma.» mi batté di nuovo la mano sulla spalla, forse per convincermi a scendere le scale, quando una luce mi accecò. «Ma che cavolo...?»
«Oh, scusate...» la voce la conoscevo, ma non seppi proprio dire a chi apparteneva, non prima che abbassasse la torcia e riuscissi a distinguere cose diverse da milioni di puntolini. Era Yahiro-kun. «Non credevo che ci fosse qualcuno qui a quest'ora e quando ho sentito delle voci mi sono spaventato...»
Kisaki-chan si strinse nelle spalle. «Ci dispiace, ragazzo nuovo.» si scusò, anche se non mi sembrava molto contrita. «La prossima volta ci assicureremo che sei al sicuro sotto le coperte.»
Lui fece un sorriso strano. «Cosa ci fanno due ragazze che dovrebbero essere al sicuro sotto le coperte in giro per la scuola a quest'ora della notte?» e come spiegarglielo?
«Cose da femmine.» rispose lei, stringendomi il collo con un braccio, tanto da farmi piegare finché la mia testa non andò a contatto con la sua spalla, e mi fece l'occhiolino. «E tu, invece?» cominciammo a scendere in quella scomoda posizione.
«Jinno-sensei.» spiegò, con una smorfia che indicava quanto poco piacesse anche a lui. Doveva essere una dote di Jin-jin quella di essere temuto da tutti gli studenti. «Mi ha messo in punizione perché ho saltato un bel po' di lezioni da quando sono arrivato senza una giustificazione valida, a quel che dice lui, almeno.»
Kisaki-chan mi lasciò andare per controllare l'orologio. «Non te l'ha detto nessuno che dopo mezzanotte i turni di ronda degli studenti e le punizioni decadono?» lui scosse la testa e lei diede una pacca sulla spalla anche a lui. «Perfetto, ora lo sai. Buonanotte.»
«Aspettate...» ci fermò, prima che lo superassimo. Sembrava incerto se dire qualcosa oppure no. «Mi piacerebbe accompagnarvi, dopotutto è notte e non si sa mai chi potreste incontrare.»
Kisaki inarcò un sopracciglio, sembrava dubbiosa. «Beh, abbiamo degli Alice pericolosi.» osservò, e quella frase fu come se mi avesse tirato un pugno nello stomaco. Non potevo ancora sopportare l'idea di avere un Alice pericoloso, anche se la prospettiva ora mi sembrava almeno un po' meno terribile, dopo averne parlato con Natsume. «Non abbiamo bisogno del cavaliere senza macchia e senza paura, anche se non ho ancora idea di quale sia il tuo potere.» poi gli sorrise. «Comunque grazie per l'offerta.»
Fece una smorfia strana. «In realtà non volevo fare il cavaliere, speravo che potessi trovare la strada per il dormitorio maschile. Non ho ancora molta familiarità con la scuola e non volevo fare la figura del cretino.»
Non avevo molta voglia di stare in compagnia, al momento, ma non potevo lasciare di certo che si perdesse a causa di questo. «Dai, vieni con noi... ti indicheremo la strada da un certo punto in poi.» intervenni io, prima che Kisaki-chan rifiutasse la sua richiesta: non sembrava che il nostro nuovo studente le stesse molto simpatico. O forse era solo una mia impressione. «I nostri dormitori non sono molto distanti.»
Kisaki mi prese per un gomito, e parlò a bassissima voce, tanto che quasi faticai a sentirla. «Non mi sembra una buona idea, lo sai che i maschi non sono ammessi nel dormitorio femminile. Siamo già abbastanza nei guai per attirarcene altri addosso, non credi?» cercai di non pensare a quante volte io e Natsume avevamo violato quella regola, e mi limitai a scrollare le spalle.
«Magari vuole solo fare una capatina da Nonoko e non vuole dircelo.» ipotizzai, e lei, di nuovo, inarcò un sopracciglio, ma non disse nulla. «Vedrai che non succederà niente.»
«Lo spero.» fu tutto ciò che disse lei, prima di iniziare a camminare, e avrei voluto dirle che lo speravo anche io.
«Ehi, Yahiro-kun...» cominciò lei, probabilmente cercando di fare conversazione, dato che ormai eravamo destinati a passare almeno un po' di tempo insieme. «ma se non ti sei mai presentato a lezione... cos'hai fatto in questo periodo?»
Lui parve sorpreso alla domanda, forse perché avremmo dovuto immaginarci la risposta già da sole. «Ehm... ho cercato di rimettermi in pari col programma nelle materie tradizionali.» cercò di sorridere. «Immagino che per voi sia diverso, lo so che vi sembro strano, ma... trovo difficile ambientarmi»
«Sei qui da qualche tempo e ancora non ti sei ambientato perché non frequenti gli studenti.» continuò lei, in tono spiccio. «Tranne nella classe di Abilità, che è il tipo di gente che io eviterei.»
«Significa che devo evitare anche te?» chiese lui, e mi parve piuttosto ironico. Rabbrividii un po' quando uscimmo dall'edificio, per il vento che si era alzato, o forse era solo il tono di voce che lui aveva usato, così strano. «Comunque, hai ragione. Per questo ho deciso di presentarmi regolarmente a lezione, e tutto il resto. Penso che finirò per provare perfino qualche attrazione al Festival.»
Sospirai: mi sembrava così stupido essermi preoccupata del Festival, alla luce di ciò che mi era accaduto negli ultimi giorni. «Già...» ma pensai che avrebbe potuto essere una grande fonte di distrazione. «Perché non chiediamo l'autorizzazione a partecipare con gli altri?» sarebbe stato un modo per evitare di pensare, durante il lavoro.
Yahiro-kun non riuscì a trattenere una risatina e io lo guardai risentita: non mi sembrava fosse un'idea così stupida. «Scusami.» disse subito, dopo aver notato il mio malumore. «È che mi immagino i ragazzi delle Abilità Pericolose a uno stand per il Festival.»
Anche Mitsuki sorrise, ma in modo diverso. «Tu non li conosci ancora, Mikan.» mi disse, con comprensione. «Non ce li vedo proprio che tentano di invogliare gli studenti coi metodi giusti. E poi tutti avrebbero paura ad entrare, inoltre non siamo ancora ufficialmente riconosciuti come classe di Abilità anche se tutti sanno che esistiamo.»
Mi sembrava così strano che stessero parlando come se ci fossi anche io di mezzo. «Capisco.»
«Non prenderla a male.» mi consigliò Yahiro-kun, dandomi una pacca sulla spalla. «Il lato positivo è che potremo provare tutte le attrazioni che vogliamo senza il cruccio di dover abbandonare il nostro posto.»
Annuii debolmente, dato che lui non poteva sapere il divertimento e il senso di stare in famiglia che nasceva dal preparare uno stand e se anche gliel'avessi spiegato era qualcosa che doveva sperimentare in prima persona per capire davvero. Inoltre, sospettavo che non ci fosse una grande intesa tra i membri delle Abilità Pericolose, o almeno Natsume evitava come la peste di avere contatti con loro. Non riuscivo ancora a smettere di pensare al fatto che se n'era già andato dopo non aver avuto quasi il tempo per guardarlo in faccia, come se il mio destino si fosse divertito a giocarmi un brutto tiro. Perché doveva essere così per forza, altrimenti non sarebbe arrivato proprio nel momento in cui fossi stata io a portare il cibo alla prigioniera che lui doveva portare via.
«Noi ci fermiamo qui.» annunciò Kisaki, mentre io mi rendevo conto che avevamo raggiunto la nostra destinazione. «Per il dormitorio maschile basta che continui a camminare per altri cinque o dieci minuti. Se hai qualcuno che può farti entrare di straforo è meglio, anche perché Jinno-sensei quest'anno è incaricato di sorvegliare il coprifuoco nel vostro dormitorio e ho sentito dire che è stata una strage.»
«Grazie per la dritta.» disse lui, senza alcuna enfasi, prima di scomparire lungo il sentiero, ma non senza avermi rivolto un cenno di saluto. Era uno strano ragazzo.
«Ehi, Mikan...» mi richiamò la mia amica, con aria impensierita. «tutto okay?»
Io annuii, ma mi affrettai ad entrare, prima che notasse che non c'era molto che andasse bene. La mia vita era stata rivoluzionata in poco più di un paio di mesi e non sapevo più che pesci prendere. Fino a quel momento vivere in Accademia era stato sorprendentemente semplice: avevo Hotaru e gli altri amici con cui avevo condiviso gran parte della mia vita, una classe di Abilità che adoravo, Natsume, e una vita tutto sommato tranquilla. Ora ero praticamente sola, tranne che per Hotaru, Kisaki e Ruka-pyon, e, come aveva detto Natsume, molto probabilmente, la mia vita tranquilla sarebbe stata trasformata in un susseguirsi di missioni pericolose, e chissà quando avrei potuto rivederlo di nuovo. Ero in preda allo sconforto, ma non volevo dirlo a Kisaki, perché capivo quanto in questo momento fosse difficile rimanermi vicino, era difficile stare con me perfino per me stessa. «Finalmente.» ci salutò Hotaru, con il suo pigiama celeste e un cipiglio infastidito sul viso. Non so perché ma nel vederla mi sentii almeno un po' meglio. «Vi aspettavo da dieci minuti.»
«Scusa.» fece Kisaki, giungendo le mani come se stesse pregando. «Pensavo di fare prima ma abbiamo incontrato quello scocciatore di Yahiro per la strada. Non intendevo tenerti in piedi così a lungo, anche se...» il suo tono cambiò improvvisamente e le fece l'occhiolino. «avresti potuto trascinarti dietro la tua buona compagnia.»
Hotaru arricciò le labbra, e pareva molto più infastidita di quanto l'avessi mai vista prima. «La mia buona compagnia sta russando da almeno mezz'ora, e sul mio lato del letto.» lanciò un'occhiata alla sua stanza, la porta semiaperta mi permise di vedere Ruka-pyon disteso sotto le coperte che dormiva tranquillamente. «Il che mi ha fatto indisporre molto più del vostro ritardo. Stavo giusto pensando di venire a recuperare i vostri cadaveri in qualche fossa nascosta.»
«Ah, grazie.» fece Kisaki, ma non sembrava molto grata. Io mi limitai a sorridere, perché ero davvero stancami limitai ad avvicinarmi alla mia migliore amica e abbracciarla stretta.
«Ehi,» si lamentò lei, ma non cercò di scrollarmi via, con mia grande sorpresa. «cos'è questa carenza di affetto? Ti dico subito che non puoi dormire da me, a meno che non ti accontenti del pavimento.»
Sorrisi un po': lei era la mia unica costante. «Lo sai che per stare insieme a te, starei dovunque.» le ricordai.
Lei sospirò. «Avanti, immagino che Ruka abbia un letto in camera sua.»

«Oh, andiamo.» fece Hotaru spazientita, fuori dalla porta. «Non esiste che ti lascio qui solo perché hai paura che qualche imbecille ti dia della ladra o chissà che. Fuori da quella stanza, ora.» fu strano sentirle fare il discorso più lungo della sua vita che non riguardasse lo studio o i soldi. Fu molto, molto strano. Forse fu proprio quello il motivo che mi spinse ad alzarmi. «Sto per buttare giù la porta.» avevo finito per rifiutare la sua offerta, la sera prima, perché sapevo quanto Ruka desiderasse stare un po' solo con lei, anche se Hotaru era rimasta con me fino a tarda notte, per assicurarsi che stessi bene, dopo aver sentito tutta la storia che avevo raccontato. Mi aveva detto che ero una stupida, ma non so per quale motivo, e poi era rimasta in silenzio a lungo, prima di decidere di andare a letto.
«Credi che avere come testimone l'ex Presidente del Comitato Studentesco sia un'aggravante?» domandò la voce di Kisaki-chan, che suonò vagamente preoccupata e assonnata.
«Se tieni il becco chiuso, no.» fu la secca risposta della mia migliore amica. «E adesso allontanati, non vorrei affettarti una gamba. Ricostruirtela sì che sarebbe un problema.» mi chiesi se avessi dovuto semplicemente aprire la porta prima che qualcuno si facesse seriamente male. Così corsi verso la porta e la aprii, per fortuna l'arnese di Hotaru si fermò un millimetro prima della mia pancia, o sarei diventata cibo per qualche strano animale. «Sei scema?» mise via il congegno con la lama e mi guardò come se volesse picchiarmi, il che mi fece ritrarre di qualche passo. Sbagliavo a pensare che fosse meno terrorizzante del Preside «Avrei potuto farti l'autopsia da viva, se non fossi stata attenta, perché non ti sei decisa ad aprire prima?»
«Scusa...» mugolai: ero davvero una stupida, aveva ragione lei. «Non volevo aprire, ma poi ho pensato che qualcuno potesse farsi male...»
«Già...» commentò lei, con uno sbuffo. Poi cambiò espressione, come se avesse raggiunto il suo scopo. «Adesso che hai aperto la porta puoi anche metterti la divisa e venire a colazione con noi.» lanciò un'occhiata a Kisaki-chan, ma lei mi guardò come se non ne sapesse niente, poi rivolse ad Hotaru un sorriso malizioso.
«E Ruka quando ci raggiunge?» chiese, cercando evidentemente di non scoppiare a ridere.
Hotaru sbuffò. «Che ne so?» fece, e fu la prima volta che mi sembrò risentita, o forse era semplicemente in imbarazzo. Non seppi dirlo con certezza. «Scommetto che è già a mensa.» poi si girò di nuovo verso di me. «Tu muoviti.» e per qualche ragione non potei oppormi a quell'ordine.
Dieci minuti dopo, ero fuori dalla stanza e Hotaru mi aspettava con un sopracciglio inarcato, quasi come un gendarme che dovesse controllare il suo carcerato. «Fatto.» annunciai, allora, per farla tranquillizzare. Lei parve gradire, dato che annuì e cominciò a fare strada fino alla mensa. Di Kisaki-chan non c'era più nemmeno l'ombra, ma non volli chiedere dove fosse finita.
«Hai visto che non c'era niente di difficile?» mi disse poi, mentre io mi guardavo intorno alla ricerca di qualcuno che potesse spaventarsi di me. Ma dovevano già essere scesi tutti, perché i corridoi erano deserti.
«Finora no.» concordai, ma ero sempre insicura della riuscita di tutto quello. «Ma...»
«Vedrai che tra due settimane, anche meno, se ne saranno dimenticati tutti.» mi interruppe. «Come di un pettegolezzo di scarso interesse.»
Io deglutii un attimo prima di varcare la soglia della mensa. «Speriamo.» ma non dovetti sperare a lungo, dato che non appena misi piede sul pavimento, piombò tutto in un silenzio mortale, che era anche peggio che sentirmi accusare come il giorno prima. Scoccai un'occhiata verso Hotaru che mi fece cenno di andare al tavolo, ma io non avrei mai potuto farlo come se niente fosse. Così, scossi la testa. «Credo che vi precederò in classe.»
«Vuoi spiegarmi che te ne importa?» mi domandò lei, sbuffando. «La pensano in quel modo perché sono tutti stupidi, ma se stai al loro gioco sei più stupida di loro.»
Sospirai. «Beh, sono stupida. L'hai detto tu.» risposi, mogia. «Sono più stupida di loro.» mi diressi fuori dalla mensa e cercai di fare il tragitto senza alzare la testa. Per andare dalla mensa fino alle aule c'era un po' di strada da fare, dieci minuti a piedi, ma comunque avevo un'ampia possibilità di incontrare studenti mattinieri, perciò era meglio non guardare in faccia nessuno. Pensavo che fosse un'idea geniale finché non andai a sbattere contro qualcuno e finii a terra, mugolando per il dolore. «Mi dispiace.» dissi, ancora prima di sapere con chi mi ero scontrata. «Non guardavo dove andavo e...»
«Mikan.» era la voce di Narumi-sensei. Ero stata fortunata, stavo per scoppiare a piangere e raccontargli tutto, quando alzai lo sguardo e lo trovai in compagnia di una ragazza, che sembrava guardarmi come se fossi uno strano fenomeno da baraccone. La sorpresa mi fece dimenticare tutto quello che stavo per fare. «Mikan?» lui mi tese una mano e ci misi un po' a capire che aveva intenzione di aiutarmi ad alzarmi.
Spostai lo sguardo sul mio vecchio insegnante e mi sforzai di sorridere. «Narumi-sensei...» lo salutai, tirandomi su. «Ecco, io...»
Lui scosse la testa, come a volermi dire che non c'era bisogno di scusarsi e solo allora notai un terzo uomo, vestito col camice da dottore. Avevo sentito dire che sarebbe arrivato un nuovo studente accompagnato dal suo dottore, e io c'ero finita proprio contro. Non un gran modo per iniziare «Questa ragazza studierà con te e i tuoi compagni da oggi, Jung Hana. E questo è il dottor Wright.» feci un piccolo cenno con la testa ad entrambi, anche se non sapevo come ci si presentava in Inghilterra.
«Piacere, mi chiamo Sakura Mikan.» la ragazza mi sorrise e io mi sentii un po' incoraggiata, anche se lei non poteva scansarmi per il semplice motivo che non sapeva che avrei potuto derubarla dell'Alice.
«Mikan,» proseguì Narumi-sensei. «che ne pensi di accompagnare la nostra nuova studentessa in classe? Stavi andando lì, giusto?»
Io non potei fare altro che annuire e fu solo allora che incrociai lo sguardo di Hana-san: mi si fermò il respiro. Occhi rossi come il fuoco. Ne avevo visti di simili da troppo poco tempo per non fare una analogia con quelli di Natsume, perché me li ricordavano davvero troppo. E anche il colore di capelli, così scuri come i suoi... peccato che fosse una ragazza, che i capelli le arrivassero fino a oltre metà schiena e che i lineamenti fossero troppo gentili per essere i suoi. «Piacere mio, Sakura Mikan-san. Spero che vorrai prenderti cura di me.» anche lei fece un piccolo inchino, ma non appena mi tese la mano e la sfiorai, tutto ciò che vidi fu il buio.

*****

Ehilà ^^ salve lettrici (almeno di maschi non c'è traccia XD), in questo capitolo ho fatto un po' di fanservice... ho fatto rincontrare i nostri piccioncini. Immagino che tutte abbiano capito chi ho tirato fuori alla fine di questo capitolo, ma nel caso non lo sappiate in anticipo, non disperate! Tutto verrà svelato a suo tempo ;) – che, tipo, lo sapete tutte ma mi piace mantenere il mistero. Mi fa sentire potente. Mwhahahahaha.
Tornando a noi, a manga finito in modo ignobile (sì, odio i finali aperti) e la sessione di settembre alle porte, ho la depressione blu. Probabilmente ci rivediamo a Gennaio, come – quasi? – ogni anno, o forse più in là, non lo sapremo finché non mi metterò a lavoro XD
Ma, non disperate, avrete tempo per dimenticarvi ogni cosa come capiterà a me. Comunque vi ho lasciato con un capitolo luuungo, in modo che non sentiate la mancanza di GAHS (ammesso che qualcuno sia arrivato in fondo LOL) XD
Alla prossimaaaa :)

  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Alice Academy/Gakuen Alice / Vai alla pagina dell'autore: _Pan_