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Autore: ART RevolveR    26/08/2013    3 recensioni
[“Frank...” chiamò, la voce incerta a causa del leggero tremito che si era impadronito di lui “Frankie... Hai visto anche tu...?”
“Che cosa?” domandò candidamente il piccoletto, sfoderando uno dei suoi sorrisoni che avrebbero fatto sciogliere l’intero ghiacciaio del Monte Bianco in cinque nanosecondi.
“Quella... Quella cosa...” Di fronte alla sincera espressione interrogativa di Frank, aggiunse parole sconnesse per tentare di spiegarsi. “L’ombra... Lo specchio... Oddio...”
”Quello specchio?” chiese Frank tranquillo, indicando l’oggetto incriminato ed avvicinandosi di qualche passo per osservarlo con maggiore attenzione tramite i suoi grandi occhi di quel colore non ben definito tra il verde ed il nocciola. “Ma io non vedo niente. Guarda!”]
Paramour Mansion, California. I MCR sono tornati nella villa per incidere delle B-sides. Ma Gerard è inquieto. Vede cose che gli altri non vedono. Riflessi, ombre. Cosa succede? Sta impazzendo? Oppure... Possiamo difenderci da ciò che vediamo, per quanto spaventoso esso sia... Ma come affrontare qualcosca che non puoi vedere?
Genere: Mistero, Sovrannaturale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Un po' tutti | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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WARNING: Bonus content a fine capitolo. 



CAPITOLO 2: “We fear that which we cannot see.”

 

“Mmmmgh... Gerard?!?”
Fu svegliato dall’esclamazione di sorpresa di Frank. Aprì gli occhi lentamente per lasciare che si abituassero alla luce del mattino che filtrava dalla piccola finestra.
“Buongiorno, Frankie!” lo salutò con un sorriso assonnato, come se il fatto che si trovasse nel suo letto fosse la cosa più naturale di questo mondo.
”Che... Che è successo, Gee? Perchè ti trovi qui?” gli domandò esitante il piccolo chitarrista, accarezzandogli una guancia affettuosamente, mentre i suoi occhi di quel colore indefinito tra il verde ed il nocciola lo osservavano con preoccupazione.
”N-niente. Ho solo fatto un incubo...” cercò di giustificarsi, sperando di autoconvincersi di quanto aveva appena dichiarato.
Frank ridacchiò.
“Sei come un bambino che s’infila nel letto dei genitori! Solo che sono io il più giovane qui, non dovrebbe essere il contrario? Vieni qui, stupidone!” Allungò un braccio ricoperto di tatuaggi per poterlo abbracciare e stringere a sè.
Gerard si abbandonò molto volentieri a quell’abbraccio tiepido e rassicurante, lasciando che i corpi combaciassero e avvertendo le narici venire invase dal profumo del ragazzo che lo stava stringendo tra le braccia.
”...però stai meglio adesso?” aggiunse Frank, facendosi serio, mentre gli accarezzava delicatamente i capelli corvini.
”Sì...” mormorò appena il cantante, affondando il viso nella sua spalla.
”Mmmmh.” mugugnò il piccolo, poco convinto. “OHCCAZZO!” esclamò non appena notò l’ora segnata dalla sveglia appoggiata sul comodino: le nove e un quarto.
”Merdamerdamerda! Siamo in ritardissimo! Gli altri saranno già in sala di registrazione ad aspettarci!” saltò fuori dal letto come un grillo.
”Perchè questa cazzo di sveglia non ha suonato?” inveì, tirandole un calcio che la spedì a fracassarsi sul pavimento.
”Fanculo, avrei voluto avere il tempo di fare colazione...” continuò a lagnarsi borbottando e dirigendosi verso l’armadio per recuperare dei vestiti.
Gerard non potè fare a meno di osservare che la quantità di energia che Frank dimostrava fin da quando era appena sveglio era sempre sbalorditiva. Probabilmente al suo interno era inserita una qualche specie di molla eterna o qualcosa di simile, altrimenti non sarebbe stato umanamente spiegabile come fosse possibile che da quando si svegliava a quando si coricava non stesse fermo un secondo che fosse uno. Sì, doveva avere un qualche generatore di moto perpetuo o di energia inesauribile, ne era fermamente convinto.
”Cosa fai lì impalato, Gee? Muoviti!” lo incalzò, mentre si era già levato al volo maglietta e pantaloni del pigiama ed ora vagava innocentemente in boxer per la camera con in mano un paio di jeans strappati sulle ginocchia ed una t-shirt nera.
Si riscosse dallo stato semi-comatoso in cui era caduto mentre lo stava osservando ed arrossì leggermente per la pessima figura.
“S-sì! Scusami!” esclamò, alzandosi in piedi e dirigendosi stancamente verso l’armadio, quando improvvisamente si ricordò che quella non era camera sua.
Si avvicinò cautamente alla porta. Aveva paura di uscire da solo fuori da quell’ambiente a lui così rassicurante. Spinse leggermente la porta, in modo da creare uno spiraglio abbastanza grande per poter osservare il corridoio con circospezione. Nulla.
Ma forse la cosa c’era ancora.
Forse era lì ad aspettarlo, in agguato.
Solo che lui non poteva vederla.
Frank notò subito il suo comportamento insolito. Conosceva Gerard troppo bene per non notarlo. Era come un libro aperto per lui, uno di quei libri che ormai sai quasi a memoria, dal frontespizio al retro di copertina, ma che rileggeresti comunque altri milioni di volte.
Gli si avvicinò, ancora a torso nudo, e lo cinse da dietro in un abbraccio, appoggiando una guancia sulla sua schiena. “Davvero va tutto bene, Gee?” mormorò preoccupato.
”...
Non ne sono sicuro...” ammise, accarezzando le mani di Frank posate sul proprio petto.
“Ma non preoccuparti, “aggiunse poco dopo “Forse mi devo solo riprendere dall’incubo.”
”Lo sai che ci sono io con te, vero?” sussurrò piano il piccolo, il viso appoggiato sulla sua nuca, le labbra morbide che gli solleticavano la pelle. Il piercing freddo lo fece rabbrividire appena.
”Lo so.” Annuì pacatamente.
Quell’abbraccio l’aveva un po’ tranquillizzato. Ora si sentiva pronto per affrontare il corridoio.
Scostò gentilmente le braccia di Frank dal proprio corpo ed uscì dalla stanza, dirigendosi camminando velocemente verso la propria stanza. Aprì la porta e ci s’infilò dentro come un fulmine. Salvo!
Non si rese conto di essere stato sotto lo sguardo vigile di Frank per tutto il tragitto.


***

”Sei in ritardo.” Gli fece notare Mikey quando il fratello raggiunse il resto della band nella sala di registrazione al pianterreno della vecchia villa coloniale.
”Ah-ha. Mezz’ora di ritardo come una star che si rispetti.” Puntualizzò Ray ridacchiando ed indicando l’ora sul grande orologio a pendolo in un angolo della stanza.
”Uffa, non è colpa mia se la notte gli incubi non mi fanno dormire, quindi la mattina non sento la sveglia!” sbottò secco Gerard, decisamente irritato. Avrebbe voluto fingersi calmo per evitare di far agitare anche gli altri, ma, davvero, non ci riusciva. Aveva ancora i nervi a fior di pelle dalla sera precedente e gli era impossibile tenerli sotto controllo.
Sperava solo che non fosse troppo evidente...
Già gli bastava che Frank se ne fosse accorto.
Che poi, era strano – riflettè Gerard tra sè – ma a quel ragazzo non sfuggiva mai nulla. Notava sempre tutto quanto lo riguardava e Gerard non riusciva mai a nascondergli niente.
Per un attimo prese in considerazione l’ipotesi che quel piccoletto diabolico fosse in grado di leggere nel pensiero e rabbrividì. Uuuuh... Sarebbero stati grossi problemi, enormi, se Frank avesse davvero potuto leggere quanto gli passava nella testa in certi momenti, quando il piccolo chitarrista gli stava accanto. Perchè un conto era fare quel tipo di pensieri quando era ubriaco o impasticcato...
Ma adesso che era ormai sobrio da un po’, non era davvero più il caso di farli.
O, meglio, non erano più giustificabili in alcun modo.
No, decisamente meglio che Frank non lo sapesse.
‘Non credo si comporterebbe ancora così con me se sapesse di certi pensieri che faccio a volte...’ concluse sollevato, tirando un grosso sospiro di sollievo.

”Che succede, Gee?”

La voce di Frank lo fece trasalire, inaspettata.
”Gah! Uh... Io... Niente!” rispose, agitato.
”Oh! Ma sei arrossito!” gli fece notare il tappetto, scoppiando poi in una delle sue tipiche risatine acute “A cosa stavi pensando, eh, Gerard? Cose sconce? Uh???”
”M-ma no! Che cavolo ti salta in mente, Frankie!” esclamò Gerard, mulinando le mani e rendendo ancora più palese la sua agitazione ed imbarazzo.
”Ma guarda un po’ il nostro cantante! Prima ci fa fretta per terminare presto le registrazioni e poi, non solo si presenta in ritardo, ma si perde pure a fare pensieri da pervertito!” rincarò la dose Ray.
Maledetto capellone. Gerard si appuntò mentalmente l’idea di andare a piastrare i capelli nel sonno al chitarrista per vendetta. Così, d’orai in poi ci avrebbe pensato due volte prima di schierarsi col nemico.
”Che hai fatto stanotte, eh, Gee? Non è che sei stato sveglio a guardare porno?” si aggiunse alla persecuzione anche Mikey.
Dannato fratello! Ma lui non doveva sostenerlo?
Aaaaah... Gliel’avrebbe fatta pagare cara questa.
”Ehy ma anche Frank è arrivato in ritardo stamattina!” fece notare Bob.
Il silenzio calò istantaneo e si voltarono tutti verso il batterista, perchè era praticamente la prima volta che apriva la bocca da quando avevano messo piede in quel maniero.
“Nel senso... Sono arrivati tutti e due in ritardo.” Puntualizzò, sottolineando le parole con la voce ed indicando i due incriminati con un dito accusatore.
Gerard raggelò.
”Che avete fatto, ragazzi?” domandò il biondone, come se fosse stata la domanda più innocente del mondo.
’Duh. Okay, Gerard. Calma e sangue freddo. Basta non menzionare il fatto che ti sei rintanato in camera da Frank.’ Si disse mentalmente il cantante, sudando freddo, mentre sentiva gli occhi di tutti puntati su di sè ‘E comunque non abbiamo fatto niente, quindi non c’è da preoccuparsi.’

 “Abbiamo scopato, ovviamente!”

”Frank!” Urlò, sconvolto, mentre questi gli rivolgeva un sorrisetto furbo.
Il piccoletto scoppiò a ridere di gusto, seguito poco dopo dal resto della band, nell’enorme imbarazzo di Gerard.
”Aaaah... Dannati! La volete piantare?!? Basta! I giochi sono finiti... Finiti! Ora si registra!” sbraitò per mettere a tacere i componenti del suo gruppo, che a volte sembrava seriamente un’accozzaglia di bambini di cinque anni e non una rock band di trentenni (a parte Frank che aveva ancora venticinque anni, e a volte si sentiva la differenza, davvero!)
”Uuuuuh... Come siamo permalosi stamattina.” Cantilenò Ray “Si vede proprio che non hai dormito!”
”Ray. Ba-sta.” lo fulminò il cantante con lo sguardo, scandendo bene ogni sillaba.
Il chitarrista finalmente capì l’antifona e se ne andò ridacchiando a raccogliere il proprio strumento.
’Però...’ si rese conto Gerard, mentre prendeva posto davanti al microfono e ripassava con lo sguardo il testo su un foglio di quanto avrebbe dovuto cantare di lì a breve ‘E’ la prima volta da quando siamo qui dentro che li vedo ridere tutti quanti così...’
Sorrise tra sè a questo pensiero.
Forse le cose non sarebbero poi andate così male dopotutto.
Passarono praticamente tutta la giornata a registrare le parti da montare per le nuove tracce, facendo solo una pausa per il pranzo. Nonostante i suoi compagni fossero decisamente stanchi, Gerard li spronò a resistere per registrare il più possibile quel giorno, finchè non si fece ora di cena. Era più che evidente che avesse fretta di finire quel lavoro, come se ogni minuto in più passato in quella villa fosse un minuto in più in cui respirava veleno.
Mikey, dal canto suo, assecondava volentieri la fretta del fratello: trovarsi in quell’edificio metteva particolarmente a disagio anche lui, cosa più che comprensibile, visto che l’ultima volta che era stato in quel posto era quasi caduto in depressione ed era stato costretto ad allontanarsi dalla band per un po’ per potersi curare.
Trascorsero la cena in silenzio, tutti troppo spossati persino per aver la forza di parlare, mentre l’argenteria sui piatti di porcellana produceva un’armonia disordinata.


***

Gerard si versò l’ennesima tazza di caffè della giornata.
Ormai aveva perso il conto di quante ne avesse trangugiate, ma poco importava.
Resistere al richiamo della sua adorata caffeina era fottutamente impossibile.
Probabilmente era anche per questo che soffriva di insonnia, ma se ne sarebbe fatto una ragione.
Non era nemmeno sicuro di voler dormire, dopotutto...
Non con quella specie di ‘cosa’ in giro per la casa.
Tenendosi occupato a lavorare senza sosta per tutto il giorno era riuscito a non pensarci più. Ma adesso che la giornata volgeva al termine e non aveva più nulla da fare...
...la consapevolezza e la paura cominciavano a prendere prepotentemente posto nel suo animo.
Tentò di analizzare brevemente la situazione, mentre sorseggiava la sua gigantesca tazza di caffelatte.
Era sicurissimo di non essersi semplicemente sognato la ‘cosa’ la notte precedente: la prova era nel fatto che al mattino si fosse svegliato nel letto di Frank e, per quanto ne sapesse lui, non era mai stato un sonnambulo.
Trangugiò un altro lungo sorso di caffelatte.
Quella ‘cosa’ era stata visibile solamente negli specchi, ma ogni volta che si era girato sembrava essere sparita. Ma Gerard sentiva che c’era ancora. Non sapeva giustificare razionalmente il perchè lo sapesse: lo percepiva e basta.
Non era andata via. Era semplicemente invisibile ad occhio nudo.
Come diamine affrontare qualcosa che non puoi vedere?
Si sentì così indifeso al pensiero che dischiuse involontariamente le labbra in un sospiro tremolante.
Avrebbe potuto attaccare lui o un altro membro della band da un momento all’altro e nessuno se ne sarebbe accorto... Non prima che fosse troppo tardi.

”WAAAAAAAAAAAAAAAAAAARGH!”

Un urlo giunse alle orecchie di Gerard dal fondo del corridoio.
Si spaventò così tanto che perse la presa sulla tazza che precipitò a terra, frantumandosi rumorosamente e spargendo caffelatte ovunque sul pavimento e schizzando un po’ anche i suoi pantaloni. La pulizia dei vestiti era comunque la sua ultima preoccupazione al momento.
Aveva riconosciuto immediatamente a chi appartenesse quella voce. Non poteva non riconoscerla, la conosceva così bene.
”Mioddio, Frank!”
Ancor prima di aver formulato il pensiero razionalmente si stava già precipitando verso la camera del chitarrista. Oddio, forse la creatura si era manifestata di nuovo ed aveva attaccato Frank! Lui era così spensierato e perso nel suo piccolo mondo, che magari non  si era accorto di quell’essere prima che fosse  troppo tardi.
”Frankie!” Urlò, irrompendo trafelato in camera sua.
Frank era appollaiato sopra una sedia, le braccia avvolte attorno alle ginocchia magre, come a volersi istintivamente proteggere, mentre fissava terrorizzato un punto imprecisato sul pavimento.
Gerard accorse subito al suo fianco, poggiandogli le mani sulle spalle e scrutandogli il viso preoccupato.
”Cos’è successo, Frankie?” chiese ansiosamente.
Il più piccolo si limitò a continuare a fissare il pavimento con un’espressione di puro terrore dipinta in faccia.
”E’ lì!”  squittì semplicemente, gli occhi ancora puntati per terra.
”Lì dove?” Domandò il cantante, abbassando lo sguardo per cercare cosa stesse spaventando Frank.
Fu così che lo notò.
Un ragno piuttosto grosso stava sgambettando per la propria strada, seguendo pigramente la linea tra due piastrelle, completamente ignaro del panico che aveva appena scatenato.
”Oh!” Esclamò Gerard sorpreso non appena lo vide, tirando subito dopo un sospiro di sollievo.
Meno male. Macchè mostro! Si era preoccupato per niente!
Okay, era bello grosso, ma era pur sempre un ragno.
Frank non sembrava affatto sollevato quanto lui, anzi, lanciò un urletto acuto quando il ragno si avvicinò ulteriormente alla sua sedia. Gerard si lasciò sfuggire un risolino – che soffocò immediatamente con la mano - perchè a volte Frank era davvero molto poco virile.
”Portalo via, ti prego...” pigolò al suo orecchio, con voce a malapena udibile, stingendo con forza una manica della sua felpona nera e strattonandolo leggermente.
Gerard gli rivolse un sorriso intenerito, prima di raccogliere con cura il ragno da terra in un fazzoletto e di posarlo al sicuro sul davanzale fuori dalla finestra.
Quando tornò verso di lui, il piccoletto scese dalla sedia e si fiondò ad abbracciarlo, ringraziandolo un milione di volte e facendo mille promesse di sdebitarsi per averlo salvato, del tipo preparargli litri e litri di caffè ogni giorno ed aiutarlo a riordinare la sua sconfinata collezione di fumetti.
Ma Gerard non lo stava ascoltando. Si era già perso nei suoi cupi pensieri.
Questa volta era andata bene. Era stato soltanto un falso allarme per fortuna.
Ma quella ‘cosa’ era ancora là fuori da qualche parte e non sapeva se avrebbe mai deciso di attaccarli.
Come difendesi da qualcosa di invisibile ad occhio nudo? Come?
Per un attimo prese in considerazione l’idea di trovare il modo di tappezzare tutta la casa di specchi e superfici riflettenti...
Ma si rese conto che, forse, avrebbe vissuto ancor di più nel terrore di veder apparire quell’ombra da un momento all’altro, senza contare il fatto che una casa del genere, riempita di specchi, sarebbe risultata ancora più inquietante e spettrale.
Non sapeva assolutamente cosa inventarsi per affrontare questa ‘cosa’ e ciò lo stava facendo impazzire.
Forse avrebbe potut-
”Ahia!”
Frank gli aveva appena tirato con forza una ciocca di capelli ed ora lo osservava dal basso con aria leggermente risentita.
”Ma mi stai ascoltando o no, Gee?”
”Cos- Perchè l’hai fatto? Mi hai fatto male!” protestò il cantante, massaggiandosi la testa all’attaccatura della ciocca. “Avresti potuto strapparmi i capelli!”
”Tu non mi stavi ascoltando ed io non sapevo come richiamare la tua attenzione.” Si giustificò il chitarrista.
“Ma non potevi semplicemente chiamarmi?”
”L’ho fatto! Non mi rispondevi mica, però! Così ho pensato di passare all’artiglieria pesante per riportarti sulla terra.”
Gerard spostò nuovamente lo sguardo su di lui e si accorse di stare ancora reggendo Frank per la vita con l’altra mano. Oh, beh, a quanto pare poteva anche perdersi nei propri pensieri che ci avrebbe pensato comunque il suo inconscio a tenergli quel piccoletto il più vicino possibile.
E si rese conto di essere fottuto. Oh, sì, era fottutamente fottuto se questo era ciò che faceva il suo inconscio perchè adesso era più che evidente quanto si sentisse attratto da Frank. Sperò solamente che lui non se ne fosse accor-
”Gerard!”
“Ahi! Uh... Scusa.”
S’era di nuovo perso nei propri pensieri, fantastico.
”Eri di nuovo in catalessi...”
“Lo so. Scusami.”
”Che cosa ti succede, Gee? Non ti ho mai visto così. Sono preoccupato...” mormorò il più piccolo, portando la mano libera a sfiorare delicatamente una guancia del cantante..
”No, va tutto bene, Frankie. Davvero...”
”E’ una bugia e tu lo sai.”
Gerard abbassò nuovamente lo sguardo su di lui ed incontrò i suoi occhi. Lo stava guardando con risolutezza e la cosa lo mise un po’ a disagio. Si sentì come scrutato dentro, come se fosse diventato improvvisamente trasparente.
“Cosa?”
”Me l’hai già detto anche stamattina e io non ci credo. Cos’è che ti  turba, Gee?”
“Non lo so...” sussurrò, quasi avesse paura di essere sentito da qualcun’altro “E anche se capissi cos’è, temo non mi crederesti...”
”Perchè non dovrei? Lo sai che io mi fido di te!”
”Perchè è una cosa troppo assurda... Davvero, Frankie, non stare a preoccuparti. Si sistemerà tutto, te lo prometto.”
”Mh.” Disse Frank, riportando l’altra mano dietro la schiena del cantante per stringerlo a sè un po’ più forte ed appoggiando il viso sulla sua spalla.
Non sapendo bene cosa fare, Gerard strinse a sua volta a sè il chitarrista e gli passò le dita tra i capelli, piano.
Pensò che ultimamente si trovava sempre più spesso in una situazione del genere con Frank e non sapeva se gioirne internamente o dannarsi per quanto si sentisse perso per quel piccoletto.
Ma in quel momento si sentiva come paralizzato.
Paralizzato dalla paura, che gli attanagliava il cuore e incatenava i sentimenti, rendendogli impossibile esprimerli ed agire.

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Buonasera, lettori! ^^
Ecco finalmente a voi, il capitolo 2!
Speravo di finirlo e pubblicarvelo prima, ma, un po’ sono io lenta a scrivere, un po’ sono stata via una settimana (la mia unica settimana di vacanza) un po’ appena sono tornata mi sono trovata un parente stretto in ospedale, quindi in questi giorni sto facendo avanti e indietro. E’ un anno decisamente no per la mia famiglia questo. E, come sempre, mi sono rifugiata in “The Black Parade”, perchè quell’album ha poteri curativi per l’anima ed ancora una volta ne avevo bisogno.
Insomma, in tutto questo, trovare sia il tempo di sistemare il capitolo che di fare l’illustrazione è stato meno di quel che pensassi, anche se in realtà scrivere e disegnare sono cose che mi fanno molto bene, quindi l’ho fatto ogni volta che ho potuto.
In questo capitolo la ‘cosa’ non si è manifestata, eh?
Ma non temete, nel prossimo succederanno un bel po’ di cosette mooolto interessanti!
Quindi, niente spero di trovarvi ancora qui! ^^’
Ah, dopo questo mio angolo dell’autore, trovate un’aggiunta bonus al capitolo.
L’avevo scritta di getto, ma poi ho deciso di non inserirla, perchè anche se tutta la storia è in terza persona, si concentra comunque esclusivamente sul punto di vista di Gerard. Questo pezzettino è invece un piccolo episodio dal punto di vista di Frank.
Spero che vi piaccia anche questo.
E spero di ritrovarvi anche al prossimo capitolo.
Ora mi metto a rispondere a tutte le recensioni al capitolo precedente, che ho lasciato lì come una scema e me ne scuso.
Vi ringrazio tantissimo se state continuando a seguire questa storia e spero di rivedervi rpesto col prossimo capitolo!

xoxo

PS: il titolo del capitolo è la versione in inglese della frase che si trova all'inizio del primo volume di "BLEACH".

 

BONUS CONTENT: "Creamy heart"

Finito di cenare, Frank stava tornando verso la propria camera quando si sentì chiamare.
”Frank!”
Ray gli corse incontro, i capelli ricci che ondeggiavano leggeri intorno alla testa al ritmo dei suoi passi.
”Ehi!” gli sorrise gioviale il secondo chitarrista.
”Frank,” gli disse lui, appena gli fu vicino “ immagino avrai notato anche tu lo strano comportamento di Gerard oggi.”
”Sì.” Annuì col capo “Sono un po’ preoccupato in realtà... Anche per Mikey. Sappiamo bene che questo posto non è affatto salutare per lui.”
”Già.” Concordò l’amico “Cosa possiamo fare?”
”Non so... Io pensavo di provare a parlare direttamente con Gerard, più tardi. Meno male che con la quantità di materiale che abbiamo registrato oggi siamo già a buon punto: magari riusciamo a finire in un paio di giorni...”
“Grande! Allora conto su di te, fratello!” esclamò Ray sorridendo e battendo il pugno al compagno con aria complice. “Io, invece, credo che proverò a chiacchierare con Mikey: chissà che non riesca a distrarlo proponendogli una partita a Mario Kart!”
”Va bene. Allora vado a farmi una doccia, che penso proprio di essere in condizioni imbarazzanti... E poi passo da Gerard e cercare di capire che cavolo gli prende a quello schizzato!” disse ridacchiando e cominciando ad avviarsi in direzione della propria camera.
“Okay. Ah... Frank!” lo richiamò il riccioluto.
“Uh? Dimmi!” rispose il piccoletto, voltandosi a guardarlo, leggermente perplesso.
“Frankie...” pronunciò nuovamente il suo nome Ray, avvicinandosi con un sorrisetto che non sembrava precedere nulla di buono.
“...che cos’è successo stanotte, eh?”
”Uh... Niente. Cioè... Gerard è venuto da me, o meglio, quando mi sono svegliato era nel mio letto. Ha detto di aver fatto un incubo. O qualcosa del genere...”
“E...?”
”E, cosa?!?”
Ray sollevò un sopracciglio, con uno sguardo che sembrava dire ‘Non prendermi in giro, tappetto. Sai di cosa parlo’. 
”E niente! Non abbiamo fatto niente, se è questo che ti interessa sapere, pervertito!”
”Ma comeee??? Avevi Gerard Way nel tuo letto e non ne hai approfittato?”
“Ma, uh.... Stavo dormendo! E poi che avrei dovuto fare, eh?!?” disse Frank, spalancando le braccia, esasperato.
”Devo farti un disegnino, Frank?”
”Non sono così, scemo, Ray...” lo ammonì, fulminandolo con lo sguardo.
“E comunque non... Non avrei potuto fare niente. Cioè, era Gerard dopotutto. Ed adesso è sempre sobrio... Cioè, io non credo che lui...” mormorò piano, abbassando lo sguardo a terra.
”Frankie... Ascoltami bene.” Lo richiamò il compagno, appoggiandogli le mani sulle spalle e chinandosi leggermente in modo da appianare la differenza di altezza e poterlo guardare negli occhi “Il fatto che tu sbavi dietro a Gerard fin dalla prima volta che l’hai visto non è un segreto, anche perchè è abbastanza evidente, sai?”
Frank si lasciò sfuggire un risolino nervoso, perchè sapeva bene di non essere una persona capace di mettere un filtro alle proprie emozioni e non amava che gli ricordassero la cosa.
”Ma io sono sicuro che anche tu non gli stai propriamente indifferente.” Proseguì Ray  con un tono serissimo. “Solo che voi due siete due cacchio di timidoni impacciati quando siete sobri e davvero, mi fare salire il nervoso!”
“Uh... Scusa, vorrei vedere te al mio posto...” mugugnò il piccoletto, sporgendo il labbro, leggermente offeso.
”Non è questo il punto! Il punto è che Gerard è cieco come pochi su queste cose! Quindi o tu“ e qui puntò il dito con decisione sul petto di Frank per rimarcare meglio il concetto “fai qualcosa di concreto ed inequivocabile, o ti scordi di concludere qualsivoglia cosa con lui!”
”Ma io-“
”Non c’è ‘ma’ che tenga!” lo interruppe Ray “Cacchio, Frank! Fai lo spaccone tutto il tempo e quando arriva il momento di agire ti spaventi e ti tiri indietro? Certo che sei proprio un bel tipetto complicato anche tu!”
”Ma la band...” tentò nuovamente di obiettare Frank.
”Lascia stare la band! Non ci conosciamo noi? A me non creerebbe nessun problema se voi due foste insieme e sono sicurissimo che anche Mikey capirebbe. Quanto a Bob, tanto quello non commenta mai in ogni caso, quindi puoi stare tranquillo anche sul suo conto.”
Frank esitò un po’ a quelle parole, ma infine rispose “Non so, Ray... Davvero forse non è il caso che io...”
”Frank. Piantala di farti paranoie e muovi quel culetto da checca che ti ritrovi! Voglio che gli salti addosso prima della fine della nostra permanenza qui o giuro che se non lo fai ti picchio personalmente!”
”Non ho il culetto da checca!” saltò su il piccoletto, punto nell’orgoglio.
”Noooooo...” cantilenò sarcasticamente Ray.
”Ehi! Che fai, mi guardi il culo?!?” rise Frank, portando le mani a pararselo istintivamente, come una ragazzina a cui hanno appena spalancato la porta dello spogliatoio mentre si sta cambiando.
”Io? Assolutamente no! E’ Gerard che lo fa!” rispose prontamente il primo chitarrista, facendogli l’occhiolino.
Frank non sapeva se esserne felice o imbarazzato o se Ray lo stesse semplicemente prendendo in giro. Ma si fidava di lui. Ormai erano anni che si conoscevano e sapeva che Ray aveva un cuore troppo buono per fare scherzi giocando con i sentimenti delle persone. A volte si chiedeva che ci facesse quel cuore di panna in mezzo ad una manica di stronzi come loro.
“Vabbè, senti, io vado a far la doccia, eh!” lo salutò, con un ampio gesto del braccio.
”Va bene!” annuì “Vado ad avvisare Gerard, in modo che ti raggiunga?”
”La pianti?!? Ho detto che a parlare con lui ci vado dopo la doccia!”
”Va bene, va bene... Non fare la checca isterica, stavo solo scherzando.”  Si difese Ray, alzando le grandi mani in segno di resa.
“Sarà meglio.” Lo fulminò Frank con lo sguardo, tentando di mantenere un’aria seria e minacciosa: fallì miseramente.
Aveva già fatto qualche passo nel corridoio, quando si voltò nuovamente verso di lui.
”E piantala di guardarmi il culo mentre me ne vado!” gli urlò dietro , scoppiando immediatamente a ridere, per poi sparire dentro la propria camera, con ancora gli echi della sonora risata di Ray nelle orecchie.




   
 
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