CAPITOLO 2:
“We fear that which we cannot see.”
“Mmmmgh...
Gerard?!?”
Fu svegliato dall’esclamazione di sorpresa di
Frank. Aprì gli occhi
lentamente per lasciare che si abituassero alla luce del mattino che
filtrava
dalla piccola finestra.
“Buongiorno, Frankie!” lo salutò con un
sorriso assonnato,
come se il fatto che si trovasse nel suo letto fosse la cosa
più naturale di
questo mondo.
”Che... Che è successo, Gee? Perchè ti
trovi qui?” gli domandò esitante il
piccolo chitarrista, accarezzandogli una guancia affettuosamente,
mentre i suoi
occhi di quel colore indefinito tra il verde ed il nocciola lo
osservavano con
preoccupazione.
”N-niente. Ho solo fatto un incubo...”
cercò di giustificarsi, sperando di
autoconvincersi di quanto aveva appena dichiarato.
Frank ridacchiò.
“Sei come un bambino che s’infila nel letto dei
genitori! Solo che sono io il
più giovane qui, non dovrebbe essere il contrario? Vieni
qui, stupidone!” Allungò
un braccio ricoperto di tatuaggi per poterlo abbracciare e stringere a
sè.
Gerard si abbandonò molto volentieri a
quell’abbraccio tiepido e rassicurante, lasciando
che i corpi combaciassero e avvertendo le narici venire invase dal
profumo del
ragazzo che lo stava stringendo tra le braccia.
”...però stai meglio adesso?” aggiunse
Frank, facendosi serio, mentre gli
accarezzava delicatamente i capelli corvini.
”Sì...” mormorò appena il
cantante, affondando il viso nella sua spalla.
”Mmmmh.” mugugnò il piccolo, poco
convinto. “OHCCAZZO!” esclamò non appena
notò
l’ora segnata dalla sveglia appoggiata sul comodino: le nove
e un quarto.
”Merdamerdamerda! Siamo in ritardissimo! Gli altri saranno
già in sala di
registrazione ad aspettarci!” saltò fuori dal
letto come un grillo.
”Perchè questa cazzo di sveglia non ha
suonato?” inveì, tirandole un calcio che
la spedì a fracassarsi sul pavimento.
”Fanculo, avrei voluto avere il tempo di fare
colazione...” continuò a lagnarsi
borbottando e dirigendosi verso l’armadio per recuperare dei
vestiti.
Gerard non potè fare a meno di osservare che la
quantità di energia che Frank
dimostrava fin da quando era appena sveglio era sempre sbalorditiva.
Probabilmente al suo interno era inserita una qualche specie di molla
eterna o
qualcosa di simile, altrimenti non sarebbe stato umanamente spiegabile
come
fosse possibile che da quando si svegliava a quando si coricava non
stesse
fermo un secondo che fosse uno. Sì, doveva avere un qualche
generatore di moto
perpetuo o di energia inesauribile, ne era fermamente convinto.
”Cosa fai lì impalato, Gee? Muoviti!” lo
incalzò, mentre si era già levato al
volo maglietta e pantaloni del pigiama ed ora vagava innocentemente in
boxer
per la camera con in mano un paio di jeans strappati sulle ginocchia ed
una
t-shirt nera.
Si riscosse dallo stato semi-comatoso in cui era caduto mentre lo stava
osservando ed arrossì leggermente per la pessima figura.
“S-sì! Scusami!” esclamò,
alzandosi in piedi e dirigendosi stancamente
verso l’armadio, quando improvvisamente si ricordò
che quella non era camera
sua.
Si avvicinò cautamente alla porta. Aveva paura di uscire da
solo fuori da quell’ambiente
a lui così rassicurante. Spinse leggermente la porta, in
modo da creare uno
spiraglio abbastanza grande per poter osservare il corridoio con
circospezione.
Nulla.
Ma forse la cosa c’era ancora.
Forse era lì ad aspettarlo, in agguato.
Solo che lui non poteva vederla.
Frank notò subito il suo comportamento insolito. Conosceva
Gerard troppo bene
per non notarlo. Era come un libro aperto per lui, uno di quei libri
che ormai
sai quasi a memoria, dal frontespizio al retro di copertina, ma che
rileggeresti
comunque altri milioni di volte.
Gli si avvicinò, ancora a torso nudo, e lo cinse da dietro
in un abbraccio,
appoggiando una guancia sulla sua schiena. “Davvero va tutto
bene, Gee?”
mormorò preoccupato.
”...
Non ne sono sicuro...” ammise, accarezzando le mani di Frank
posate sul proprio
petto.
“Ma non preoccuparti, “aggiunse poco dopo
“Forse mi devo
solo riprendere dall’incubo.”
”Lo sai che ci sono io con te, vero?”
sussurrò piano il piccolo, il viso
appoggiato sulla sua nuca, le labbra morbide che gli solleticavano la
pelle. Il
piercing freddo lo fece rabbrividire appena.
”Lo so.” Annuì pacatamente.
Quell’abbraccio l’aveva un po’
tranquillizzato. Ora si sentiva pronto per
affrontare il corridoio.
Scostò gentilmente le braccia di Frank dal proprio corpo ed
uscì dalla stanza,
dirigendosi camminando velocemente verso la propria stanza.
Aprì la porta e ci s’infilò
dentro come un fulmine. Salvo!
Non si rese conto di essere stato sotto lo sguardo vigile di Frank per
tutto il
tragitto.
***
”Sei in ritardo.”
Gli fece notare Mikey quando il fratello raggiunse il resto
della band nella sala di registrazione al pianterreno della vecchia
villa
coloniale.
”Ah-ha. Mezz’ora di ritardo come una star che si
rispetti.” Puntualizzò Ray
ridacchiando ed indicando l’ora sul grande orologio a pendolo
in un angolo
della stanza.
”Uffa, non è colpa mia se la notte gli incubi non
mi fanno dormire, quindi la
mattina non sento la sveglia!” sbottò secco
Gerard, decisamente irritato.
Avrebbe voluto fingersi calmo per evitare di far agitare anche gli
altri, ma,
davvero, non ci riusciva. Aveva ancora i nervi a fior di pelle dalla
sera precedente
e gli era impossibile tenerli sotto controllo.
Sperava solo che non fosse troppo evidente...
Già gli bastava che Frank se ne fosse accorto.
Che poi, era strano – riflettè Gerard tra
sè – ma a quel ragazzo non sfuggiva
mai nulla. Notava sempre tutto quanto lo riguardava e Gerard non
riusciva mai a
nascondergli niente.
Per un attimo prese in considerazione l’ipotesi che quel
piccoletto diabolico fosse in grado di leggere nel pensiero e
rabbrividì. Uuuuh...
Sarebbero stati grossi problemi, enormi, se Frank avesse davvero potuto
leggere
quanto gli passava nella testa in certi momenti, quando il piccolo
chitarrista
gli stava accanto. Perchè un conto era fare quel tipo di
pensieri quando era
ubriaco o impasticcato...
Ma adesso che era ormai sobrio da un po’, non era davvero
più il caso di farli.
O, meglio, non erano più giustificabili in alcun modo.
No, decisamente meglio che Frank non lo sapesse.
‘Non credo si comporterebbe ancora così con me se
sapesse di
certi pensieri che faccio a volte...’ concluse sollevato,
tirando un grosso
sospiro di sollievo.
”Che succede, Gee?”
La voce di Frank lo fece trasalire,
inaspettata.
”Gah! Uh... Io... Niente!” rispose, agitato.
”Oh! Ma sei arrossito!” gli fece notare il
tappetto, scoppiando poi in una
delle sue tipiche risatine acute “A cosa stavi pensando, eh,
Gerard? Cose
sconce? Uh???”
”M-ma no! Che cavolo ti salta in mente, Frankie!”
esclamò Gerard, mulinando le
mani e rendendo ancora più palese la sua agitazione ed
imbarazzo.
”Ma guarda un po’ il nostro cantante! Prima ci fa
fretta per terminare presto
le registrazioni e poi, non solo si presenta in ritardo, ma si perde
pure a
fare pensieri da pervertito!” rincarò la dose Ray.
Maledetto capellone. Gerard si appuntò mentalmente
l’idea di andare a piastrare
i capelli nel sonno al chitarrista per vendetta. Così,
d’orai in poi ci avrebbe
pensato due volte prima di schierarsi col nemico.
”Che hai fatto stanotte, eh, Gee? Non è che sei
stato sveglio a guardare
porno?” si aggiunse alla persecuzione anche Mikey.
Dannato fratello! Ma lui non doveva sostenerlo?
Aaaaah... Gliel’avrebbe fatta pagare cara questa.
”Ehy ma anche Frank è arrivato in ritardo
stamattina!” fece notare Bob.
Il silenzio calò istantaneo e si voltarono tutti verso il
batterista, perchè
era praticamente la prima volta che apriva la bocca da quando avevano
messo
piede in quel maniero.
“Nel senso... Sono arrivati tutti e
due in ritardo.” Puntualizzò,
sottolineando le parole con
la voce ed indicando i due incriminati con un dito accusatore.
Gerard raggelò.
”Che avete fatto, ragazzi?” domandò il
biondone, come se fosse stata la domanda
più innocente del mondo.
’Duh. Okay, Gerard. Calma e sangue freddo. Basta non
menzionare il fatto che ti
sei rintanato in camera da Frank.’ Si disse mentalmente il
cantante, sudando
freddo, mentre sentiva gli occhi di tutti puntati su di sè
‘E comunque non
abbiamo fatto niente, quindi non c’è da
preoccuparsi.’
”Frank!” Urlò, sconvolto, mentre questi
gli rivolgeva un sorrisetto furbo.
Il piccoletto scoppiò a ridere di gusto, seguito poco dopo
dal resto della
band, nell’enorme imbarazzo di Gerard.
”Aaaah... Dannati! La volete piantare?!? Basta! I giochi sono
finiti... Finiti!
Ora si registra!” sbraitò per mettere a tacere i
componenti del suo gruppo, che
a volte sembrava seriamente un’accozzaglia di bambini di
cinque anni e non una
rock band di trentenni (a parte Frank che aveva ancora venticinque
anni, e a
volte si sentiva la differenza, davvero!)
”Uuuuuh... Come siamo permalosi stamattina.”
Cantilenò Ray “Si vede proprio che
non hai dormito!”
”Ray. Ba-sta.” lo fulminò il cantante
con lo sguardo, scandendo bene ogni
sillaba.
Il chitarrista finalmente capì l’antifona e se ne
andò ridacchiando a
raccogliere il proprio strumento.
’Però...’ si rese conto Gerard, mentre
prendeva posto davanti al microfono e
ripassava con lo sguardo il testo su un foglio di quanto avrebbe dovuto
cantare
di lì a breve ‘E’ la prima volta da
quando siamo qui dentro che li vedo ridere
tutti quanti così...’
Sorrise tra sè a questo pensiero.
Forse le cose non sarebbero poi andate così male dopotutto.
Passarono praticamente tutta la giornata a registrare le parti da
montare per
le nuove tracce, facendo solo una pausa per il pranzo. Nonostante i
suoi
compagni fossero decisamente stanchi, Gerard li spronò a
resistere per
registrare il più possibile quel giorno, finchè
non si fece ora di cena. Era
più che evidente che avesse fretta di finire quel lavoro,
come se ogni minuto
in più passato in quella villa fosse un minuto in
più in cui respirava veleno.
Mikey, dal canto suo, assecondava volentieri la fretta del fratello:
trovarsi
in quell’edificio metteva particolarmente a disagio anche
lui, cosa più che
comprensibile, visto che l’ultima volta che era stato in quel
posto era quasi
caduto in depressione ed era stato costretto ad allontanarsi dalla band
per un
po’ per potersi curare.
Trascorsero la cena in silenzio, tutti troppo spossati persino per aver
la
forza di parlare, mentre l’argenteria sui piatti di
porcellana produceva
un’armonia disordinata.
***
Gerard si
versò l’ennesima tazza di caffè della
giornata.
Ormai aveva perso il conto di quante ne avesse trangugiate, ma poco
importava.
Resistere al richiamo della sua adorata caffeina era fottutamente
impossibile.
Probabilmente era anche per
questo che soffriva di insonnia, ma se ne sarebbe fatto una ragione.
Non era nemmeno sicuro di voler dormire, dopotutto...
Non con quella specie di ‘cosa’ in giro per la casa.
Tenendosi occupato a lavorare
senza sosta per tutto il giorno era riuscito a non pensarci
più. Ma adesso che
la giornata volgeva al termine e non aveva più nulla da
fare...
...la consapevolezza e la paura
cominciavano a prendere prepotentemente posto nel suo animo.
Tentò di analizzare brevemente la situazione, mentre
sorseggiava la sua
gigantesca tazza di caffelatte.
Era sicurissimo di non essersi semplicemente sognato la
‘cosa’ la notte
precedente: la prova era nel fatto che al mattino si fosse svegliato
nel letto
di Frank e, per quanto ne sapesse lui, non era mai stato un sonnambulo.
Trangugiò un altro lungo sorso di caffelatte.
Quella ‘cosa’ era stata visibile solamente negli
specchi, ma ogni volta che si
era girato sembrava essere sparita. Ma Gerard sentiva che
c’era ancora. Non
sapeva giustificare razionalmente il perchè lo sapesse: lo
percepiva e basta.
Non era andata via. Era semplicemente invisibile
ad occhio nudo.
Come diamine affrontare qualcosa
che non puoi vedere?
Si sentì così indifeso al pensiero che dischiuse
involontariamente le labbra in
un sospiro tremolante.
Avrebbe potuto attaccare lui o un altro membro della band da un momento
all’altro e nessuno se ne sarebbe accorto... Non prima che
fosse troppo tardi.
”WAAAAAAAAAAAAAAAAAAARGH!”
Un urlo giunse
alle orecchie di Gerard dal fondo del corridoio.
Si spaventò così tanto che perse la presa sulla
tazza che precipitò a terra,
frantumandosi rumorosamente e spargendo caffelatte ovunque sul
pavimento e
schizzando un po’ anche i suoi pantaloni. La pulizia dei
vestiti era comunque
la sua ultima preoccupazione al momento.
Aveva riconosciuto
immediatamente a chi appartenesse quella voce. Non poteva non
riconoscerla, la
conosceva così bene.
”Mioddio, Frank!”
Ancor prima di aver formulato il pensiero razionalmente si stava
già precipitando
verso la camera del chitarrista. Oddio, forse la creatura si era
manifestata di
nuovo ed aveva attaccato Frank! Lui era così spensierato e
perso nel suo
piccolo mondo, che magari non si
era
accorto di quell’essere prima che fosse
troppo tardi.
”Frankie!” Urlò, irrompendo trafelato in
camera sua.
Frank era appollaiato sopra una sedia, le braccia avvolte attorno alle
ginocchia magre, come a volersi istintivamente proteggere, mentre
fissava
terrorizzato un punto imprecisato sul pavimento.
Gerard accorse subito al suo fianco, poggiandogli le mani sulle spalle
e
scrutandogli il viso preoccupato.
”Cos’è successo, Frankie?”
chiese ansiosamente.
Il più piccolo si limitò a continuare a fissare
il pavimento con un’espressione
di puro terrore dipinta in faccia.
”E’ lì!”
squittì semplicemente, gli
occhi ancora puntati per terra.
”Lì dove?” Domandò il
cantante, abbassando lo sguardo per cercare cosa stesse
spaventando Frank.
Fu così che lo notò.
Un ragno piuttosto grosso stava sgambettando per la propria strada,
seguendo
pigramente la linea tra due piastrelle, completamente ignaro del panico
che
aveva appena scatenato.
”Oh!” Esclamò Gerard sorpreso non appena
lo vide, tirando subito dopo un
sospiro di sollievo.
Meno male. Macchè mostro! Si era preoccupato per niente!
Okay, era bello grosso, ma era pur sempre un ragno.
Frank non sembrava affatto sollevato quanto lui, anzi,
lanciò un urletto acuto quando
il ragno si avvicinò ulteriormente alla sua sedia. Gerard si
lasciò sfuggire un
risolino – che soffocò immediatamente con la mano
- perchè a volte Frank era
davvero molto poco virile.
”Portalo via, ti prego...” pigolò al suo
orecchio, con voce a malapena udibile,
stingendo con forza una manica della sua felpona nera e strattonandolo
leggermente.
Gerard gli rivolse un sorriso intenerito, prima di raccogliere con cura
il
ragno da terra in un fazzoletto e di posarlo al sicuro sul davanzale
fuori
dalla finestra.
Quando tornò verso di lui, il
piccoletto scese dalla sedia e si fiondò ad abbracciarlo,
ringraziandolo un
milione di volte e facendo mille promesse di sdebitarsi per averlo
salvato, del
tipo preparargli litri e litri di caffè ogni giorno ed
aiutarlo a riordinare la
sua sconfinata collezione di fumetti.
Ma Gerard non lo stava ascoltando. Si era già perso nei suoi
cupi pensieri.
Questa volta era andata bene. Era stato soltanto un falso allarme per
fortuna.
Ma quella ‘cosa’ era ancora là fuori da
qualche parte e non sapeva se avrebbe
mai deciso di attaccarli.
Come difendesi da qualcosa di invisibile ad occhio nudo? Come?
Per un attimo prese in considerazione l’idea di trovare il
modo di tappezzare
tutta la casa di specchi e superfici riflettenti...
Ma si rese conto che, forse, avrebbe vissuto ancor di più
nel terrore di veder
apparire quell’ombra da un momento all’altro, senza
contare il fatto che una
casa del genere, riempita di specchi, sarebbe risultata ancora
più inquietante
e spettrale.
Non sapeva assolutamente cosa
inventarsi per affrontare questa ‘cosa’ e
ciò lo stava facendo impazzire.
Forse avrebbe potut-
”Ahia!”
Frank gli aveva appena tirato con forza una ciocca di capelli ed ora lo
osservava dal basso con aria leggermente risentita.
”Ma mi stai ascoltando o no, Gee?”
”Cos- Perchè l’hai fatto? Mi hai fatto
male!” protestò il cantante,
massaggiandosi la testa all’attaccatura della ciocca.
“Avresti potuto
strapparmi i capelli!”
”Tu non mi stavi ascoltando ed io non sapevo come richiamare
la tua
attenzione.” Si giustificò il chitarrista.
“Ma non potevi semplicemente
chiamarmi?”
”L’ho fatto! Non mi rispondevi mica,
però! Così ho pensato di passare
all’artiglieria pesante per riportarti sulla terra.”
Gerard spostò nuovamente lo sguardo su di lui e si accorse
di stare ancora
reggendo Frank per la vita con l’altra mano. Oh, beh, a
quanto pare poteva
anche perdersi nei propri pensieri che ci avrebbe pensato comunque il
suo
inconscio a tenergli quel piccoletto il più vicino possibile.
E si rese conto di essere fottuto. Oh, sì, era fottutamente
fottuto se questo
era ciò che faceva il suo inconscio perchè adesso
era più che evidente quanto
si sentisse attratto da Frank. Sperò solamente che lui non
se ne fosse accor-
”Gerard!”
“Ahi! Uh... Scusa.”
S’era di nuovo perso nei propri pensieri, fantastico.
”Eri di nuovo in catalessi...”
“Lo so. Scusami.”
”Che cosa ti succede, Gee? Non ti ho mai visto
così. Sono preoccupato...”
mormorò il più piccolo, portando la mano libera a
sfiorare delicatamente una
guancia del cantante..
”No, va tutto bene, Frankie. Davvero...”
”E’ una bugia e tu lo sai.”
Gerard abbassò nuovamente lo sguardo su di lui ed
incontrò i suoi occhi. Lo
stava guardando con risolutezza e la cosa lo mise un po’ a
disagio. Si sentì
come scrutato dentro, come se fosse diventato improvvisamente
trasparente.
“Cosa?”
”Me l’hai già detto anche stamattina e
io non ci credo. Cos’è che ti
turba, Gee?”
“Non lo so...” sussurrò, quasi
avesse paura di essere sentito da qualcun’altro “E
anche se capissi cos’è, temo
non mi crederesti...”
”Perchè non dovrei? Lo sai che io mi fido di
te!”
”Perchè è una cosa troppo assurda...
Davvero, Frankie, non stare a
preoccuparti. Si sistemerà tutto, te lo prometto.”
”Mh.” Disse Frank, riportando l’altra
mano dietro la schiena del cantante per
stringerlo a sè un po’ più forte ed
appoggiando il viso sulla sua spalla.
Non sapendo bene cosa fare,
Gerard strinse a sua volta a sè il chitarrista e gli
passò le dita tra i
capelli, piano.
Pensò che ultimamente si trovava sempre più
spesso in una situazione del genere
con Frank e non sapeva se gioirne internamente o dannarsi per quanto si
sentisse perso per quel piccoletto.
Ma in quel momento si sentiva come paralizzato.
Paralizzato dalla paura, che gli attanagliava il cuore e incatenava i
sentimenti, rendendogli impossibile esprimerli ed agire.
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Buonasera, lettori! ^^
Ecco finalmente a voi, il capitolo 2!
Speravo di finirlo e pubblicarvelo prima, ma, un po’ sono io
lenta a scrivere,
un po’ sono stata via una settimana (la mia unica settimana
di vacanza) un po’
appena sono tornata mi sono trovata un parente stretto in ospedale,
quindi in
questi giorni sto facendo avanti e indietro. E’ un anno
decisamente no per la
mia famiglia questo. E, come sempre, mi sono rifugiata in
“The Black Parade”,
perchè quell’album ha poteri curativi per
l’anima ed ancora una volta ne avevo
bisogno.
Insomma, in tutto questo, trovare sia il tempo di sistemare il capitolo
che di
fare l’illustrazione è stato meno di quel che
pensassi, anche se in realtà
scrivere e disegnare sono cose che mi fanno molto bene, quindi
l’ho fatto ogni
volta che ho potuto.
In questo capitolo la ‘cosa’ non si è
manifestata, eh?
Ma non temete, nel prossimo succederanno un bel po’ di
cosette mooolto
interessanti!
Quindi, niente spero di trovarvi ancora qui! ^^’
Ah, dopo questo mio angolo dell’autore, trovate
un’aggiunta bonus al capitolo.
L’avevo scritta di getto, ma poi ho deciso di non inserirla,
perchè anche se
tutta la storia è in terza persona, si concentra comunque
esclusivamente sul
punto di vista di Gerard. Questo pezzettino è invece un
piccolo episodio dal
punto di vista di Frank.
Spero che vi piaccia anche questo.
E spero di ritrovarvi anche al prossimo capitolo.
Ora mi metto a rispondere a tutte le recensioni al capitolo precedente,
che ho
lasciato lì come una scema e me ne scuso.
Vi ringrazio tantissimo se state continuando a seguire questa storia e
spero di
rivedervi rpesto col prossimo capitolo!
xoxo
Lù
PS: il titolo del capitolo è la versione in inglese della frase che si trova all'inizio del primo volume di "BLEACH".
BONUS CONTENT: "Creamy heart"
Finito di
cenare, Frank stava tornando verso la propria
camera quando si sentì chiamare.
”Frank!”
Ray gli corse incontro, i capelli ricci che ondeggiavano leggeri
intorno alla
testa al ritmo dei suoi passi.
”Ehi!” gli sorrise gioviale il secondo chitarrista.
”Frank,” gli disse lui, appena gli fu vicino
“ immagino avrai notato anche tu
lo strano comportamento di Gerard oggi.”
”Sì.” Annuì col capo
“Sono un po’ preoccupato in realtà...
Anche per Mikey.
Sappiamo bene che questo posto non è affatto salutare per
lui.”
”Già.” Concordò
l’amico “Cosa possiamo fare?”
”Non so... Io pensavo di provare a parlare direttamente con
Gerard, più tardi.
Meno male che con la quantità di materiale che abbiamo
registrato oggi siamo
già a buon punto: magari riusciamo a finire in un paio di
giorni...”
“Grande! Allora conto su di te, fratello!”
esclamò Ray
sorridendo e battendo il pugno al compagno con aria complice.
“Io, invece,
credo che proverò a chiacchierare con Mikey:
chissà che non riesca a distrarlo
proponendogli una partita a Mario Kart!”
”Va bene. Allora vado a farmi una doccia, che penso proprio
di essere in
condizioni imbarazzanti... E poi passo da Gerard e cercare di capire
che cavolo
gli prende a quello schizzato!” disse ridacchiando e
cominciando ad avviarsi in
direzione della propria camera.
“Okay. Ah... Frank!” lo richiamò il
riccioluto.
“Uh? Dimmi!” rispose il piccoletto, voltandosi a
guardarlo,
leggermente perplesso.
“Frankie...” pronunciò nuovamente il suo
nome Ray,
avvicinandosi con un sorrisetto che non sembrava precedere nulla di
buono.
“...che cos’è successo stanotte,
eh?”
”Uh... Niente. Cioè... Gerard è venuto
da me, o meglio, quando mi sono
svegliato era nel mio letto. Ha detto di aver fatto un incubo. O
qualcosa del
genere...”
“E...?”
”E, cosa?!?”
Ray sollevò un sopracciglio, con uno sguardo che sembrava
dire ‘Non prendermi
in giro, tappetto. Sai di cosa parlo’.
”E niente! Non abbiamo fatto niente, se è questo
che ti interessa sapere,
pervertito!”
”Ma comeee??? Avevi Gerard Way nel tuo letto e non ne hai
approfittato?”
“Ma, uh.... Stavo dormendo! E poi che avrei dovuto fare,
eh?!?” disse Frank, spalancando le braccia, esasperato.
”Devo farti un disegnino, Frank?”
”Non sono così, scemo, Ray...” lo
ammonì, fulminandolo con lo sguardo.
“E comunque non... Non avrei potuto fare niente.
Cioè, era
Gerard dopotutto. Ed adesso è sempre sobrio...
Cioè, io non credo che lui...”
mormorò piano, abbassando lo sguardo a terra.
”Frankie... Ascoltami bene.” Lo richiamò
il compagno, appoggiandogli le mani
sulle spalle e chinandosi leggermente in modo da appianare la
differenza di
altezza e poterlo guardare negli occhi “Il fatto che tu sbavi
dietro a Gerard
fin dalla prima volta che l’hai visto non è un
segreto, anche perchè è
abbastanza evidente, sai?”
Frank si lasciò sfuggire un risolino nervoso,
perchè sapeva bene di non essere
una persona capace di mettere un filtro alle proprie emozioni e non
amava che
gli ricordassero la cosa.
”Ma io sono sicuro che anche tu non gli stai propriamente
indifferente.”
Proseguì Ray con
un tono serissimo. “Solo
che voi due siete due cacchio di timidoni impacciati quando siete sobri
e
davvero, mi fare salire il nervoso!”
“Uh... Scusa, vorrei vedere te al mio posto...”
mugugnò il
piccoletto, sporgendo il labbro, leggermente offeso.
”Non è questo il punto! Il punto è che
Gerard è cieco come pochi su queste
cose! Quindi o tu“ e qui puntò il dito con
decisione sul petto di Frank per
rimarcare meglio il concetto “fai qualcosa di concreto ed
inequivocabile, o ti
scordi di concludere qualsivoglia cosa con lui!”
”Ma io-“
”Non c’è ‘ma’ che
tenga!” lo interruppe Ray “Cacchio, Frank! Fai lo
spaccone
tutto il tempo e quando arriva il momento di agire ti spaventi e ti
tiri
indietro? Certo che sei proprio un bel tipetto complicato anche
tu!”
”Ma la band...” tentò nuovamente di
obiettare Frank.
”Lascia stare la band! Non ci conosciamo noi? A me non
creerebbe nessun
problema se voi due foste insieme e sono sicurissimo che anche Mikey
capirebbe.
Quanto a Bob, tanto quello non commenta mai in ogni caso, quindi puoi
stare
tranquillo anche sul suo conto.”
Frank esitò un po’ a quelle parole, ma infine
rispose “Non so, Ray... Davvero
forse non è il caso che io...”
”Frank. Piantala di farti paranoie e muovi quel culetto da
checca che ti
ritrovi! Voglio che gli salti addosso prima della fine della nostra
permanenza
qui o giuro che se non lo fai ti picchio personalmente!”
”Non ho il culetto da checca!” saltò su
il piccoletto, punto nell’orgoglio.
”Noooooo...” cantilenò sarcasticamente
Ray.
”Ehi! Che fai, mi guardi il culo?!?” rise Frank,
portando le mani a pararselo
istintivamente, come una ragazzina a cui hanno appena spalancato la
porta dello
spogliatoio mentre si sta cambiando.
”Io? Assolutamente no! E’ Gerard che lo
fa!” rispose prontamente il primo
chitarrista, facendogli l’occhiolino.
Frank non sapeva se esserne felice o imbarazzato o se Ray lo stesse
semplicemente prendendo in giro. Ma si fidava di lui. Ormai erano anni
che si
conoscevano e sapeva che Ray aveva un cuore troppo buono per fare
scherzi
giocando con i sentimenti delle persone. A volte si chiedeva che ci
facesse
quel cuore di panna in mezzo ad una manica di stronzi come loro.
“Vabbè, senti, io vado a far la
doccia, eh!” lo salutò, con un ampio gesto del
braccio.
”Va bene!” annuì “Vado ad
avvisare Gerard, in modo che ti raggiunga?”
”La pianti?!? Ho detto che a parlare con lui ci vado dopo la
doccia!”
”Va bene, va bene... Non fare la checca isterica, stavo solo
scherzando.” Si
difese Ray, alzando le grandi mani in segno
di resa.
“Sarà meglio.” Lo
fulminò Frank con lo sguardo, tentando di mantenere
un’aria seria e minacciosa: fallì miseramente.
Aveva già fatto qualche passo nel corridoio,
quando si voltò nuovamente verso
di lui.
”E piantala di guardarmi il culo mentre me ne
vado!” gli urlò dietro , scoppiando
immediatamente a ridere, per poi sparire dentro la propria camera, con
ancora
gli echi della sonora risata di Ray nelle orecchie.