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Autore: remsaverem    03/03/2008    5 recensioni
Un pericoloso s.i. torna dal passato di Gideon e rapisce Reid.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jason Gideon, Spencer Reid
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Era buio

Era buio.

Un buio assoluto, opprimente.

Il pavimento sapeva di muffa, e sentiva uno strano sapore nella bocca. Doveva essere sangue: il sangue che scendeva in un rivolo dalla ferita alla tempia e gli aveva imbrattato il lato destro del volto. La testa gli faceva male. Provò a alzare un braccio, per andare a tastare il punto ferito, ma i suoi polsi erano immobilizzati dietro la schiena e nel compiere quel semplice gesto sentì qualcosa tagliargli la pelle. Doveva averlo legato con un materiale rigido: plastica, forse, o roba sintetica. Cercare di muoversi era controproducente.

Provò a tirarsi su, facendo leva solo sulla forza delle gambe e sostenendosi alla parete. Voleva guardarsi in giro, capire dov’era, almeno…S’appoggiò su un ginocchio, la testa ondeggiò e migliaia di piccole sfere colorate balenarono davanti ai suoi occhi.

La porta si aprì, lasciando entrare uno spiraglio di luce.

“Sta’ buono, ragazzo, o accorcerai il tempo”

Un paio di grosse mani lo afferrarono per le spalle e lo sollevarono quasi di peso, aiutandolo a mettersi seduto. La voce dello sconosciuto era calma, fredda, con un pizzico di sadismo nascosto in sottofondo: la voce – pensò Reid – di una persona che pensa di star svolgendo un “lavoro”, ma che comunque prova un certo piacere nel farlo.

I-il tempo non si può accorciare…è…una concezione oggettiva, a…a meno che n-non si parli del proprio tempo personale…”

Reid strizzò gli occhi, cercando di mettere a fuoco la sagoma che si muoveva davanti a lui.

“Esatto. Tempo personale. Il tempo che hai ancora da vivere”

Un brivido passò sulla schiena di Reid, gelido come il ghiaccio.

I-il t-tempo che ho da vivere?” balbettò, sbattendo le ciglia.

L’uomo si piazzò davanti a lui, e, piegandosi sulle gambe, venne trovarsi alla sua stessa altezza. Reid non riusciva a vedere per l’oscurità e il sangue rappreso che gli era colato sulle ciglia dell’occhio destro, ma sentiva quella vicinanza così invadente, così morbosa, che violava il suo spazio e sembrava provarci gusto.

“Dimmi una cosa, Spencer” sentì dire, talmente vicino che poteva avvertire persino il respiro dell’interlocutore “ti manca Gideon?”

Quella semplice richiesta lo turbò. Un turbamento profondo, insistente, che non riuscì a cacciare.

Non aveva ancora capito perché era lì, e chi era l’uomo – l’S.I. – che lo aveva aggredito e colpito in casa sua, che subito la faccenda si complicava, e la sua emotività si trovava messa di fronte ad una domanda che nemmeno in condizioni assai più semplici avrebbe voluto affrontare.

Gideon. Gideon. Gideon.

Quante volte si era ripetuto quel nome nella testa, quasi sperando di essere sentito? Quante volte aveva desiderato sentirlo, solo per dirgli quanto gli aveva fatto male?

Gideon.

La persona che aveva amato come un padre, che gli era stato così vicino, che era stato forse la presenza più importante, nella sua vita.

Gideon.

Colui che era sparito così, lasciandogli solo una penosa lettera. Lasciandolo solo.

Ma non poteva indugiare sui sentimenti, in quel momento. Non se lo poteva permettere. Doveva seguire l’SI, le sue parole – la sua mente - e ricavarne quei piccoli frammenti che, messi insieme nel modo giusto, diventavano indizi.

Li conosceva.

Conosceva entrambi e lui non si trovava lì per una scelta casuale.

Doveva farlo parlare, e, per riuscirci, il modo migliore era assecondare le sue richieste, anche quelli che facevano male.

“Se n’è andato e ho sofferto. Certo che mi manca”

Sentì l’uomo emettere un lieve suono dalle labbra: fu quasi certo che avesse sorriso.

“Bene Spencer” disse “Sei sincero”

Con una mano gli sollevò il mento: Reid ebbe un tremito e per un attimo si sentì terribilmente indifeso. Lui lo stava fissando di certo negli occhi.

“…E dimmi, piccolo Spencer: Gideon ti vuole bene?”

Reid avrebbe potuto rispondere semplicemente di sì. O avrebbe potuto anche, meno semplicemente, rispondere di no. Ma ciò che faceva male, era che né una cosa né l’altra erano vere. Gideon non faceva più parte della sua vita. Tutto qui. Il bene o il male sparivano, di fronte a questo.

“Siamo stati colleghi per quattro anni” disse “Siamo stati molto amici”

Un attimo di silenzio. Poi un colpo violento percosse il viso di Reid. Gli sfuggì un grido.

“TI HO CHIESTO SE TI VUOLE BENE, RISPONDI ALLE DOMANDE!”

I-io…” Spencer esitò, spaventato. Adesso la calma fredda nella voce dell’S.I. si era trasformata in isteria: quel cambiamento repentino per un istante gli ricordò Rapahel, ed ebbe paura.

S-sì…io…credo…credo che…che me ne abbia voluto…”

Sentiva il sapore del sangue in bocca: la violenza di quello schiaffo gli aveva ferito il labbro.

“Bravo Spencer” disse l’uomo, tornato calmo “così va meglio”

Gli appoggiò entrambe le mani sulle spalle e le strinse vigorosamente.

“…ancora una domanda, ragazzo. Pensi che lui ti troverà?”

Reid non sapeva cosa rispondergli: cosa voleva sentirsi dire? Che tipo di rassicurazioni stava cercando? Non riusciva a capirlo, non aveva sufficienti elementi per farlo, e l’angoscia ed il dolore fisico non aiutavano a formulare ipotesi.

“Io…G-gideon sa fare il suo lavoro…”

“Dunque ti troverà…”

Reid deglutì rumorosamente

“Lui…non fa più parte della squadra…”

“Andiamo, Spencer…”

L’uomo emise una mezza risata, che, dal suono, alla mente del ragazzo apparve come un ghigno, e estrasse un foglio piegato in quattro.

“…questa bella lettera non l’ha scritta per la squadra…”

Si alzò: doveva essere alto, - pensò Reid - si sentiva come sovrastato dalla sua figura. Ma poteva essere un’impressione dettata dal suo stato di confusione e dalla sua condizione di impotenza.

“Lui ti cercherà e ti troverà. Io desidero che ti trovi. Ma prega che ti trovi presto, perché il veleno che ti ho iniettato agisce in pochi giorni. E le ultime ore sono estremamente dolorose”




[QUESTA FANFICTION È STATA SCRITTA DA GLENDA E REM]

  
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