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Autore: Lulumiao    29/08/2013    4 recensioni
Una raccolta di One shot su Super Mario, di vario genere. Il pairing Peach x Daisy è sempre sottinteso, ma non sempre presente. Buona lettura :) Queste fanfiction non sono state scritte a scopo di lucro e i personaggi e i luoghi descritti nelle storie sono di proprietà di Nintendo.
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yuri, Crack Pairing | Personaggi: Bowser, Bowserotti, Daisy, Peach, Un po' tutti
Note: Lime, Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Eccomi con un nuovo capitolo della raccolta! Ci ho messo un po’ ad aggiornare perché ho scritto una fanfiction su Animal Crossing, che doveva essere una cosa drammatica, ma mi sa che non sono riuscita nel mio intento D: Va be’, non tutte le ciambelle escono col buco. Se vi va di darle un’occhiata la trovate sul mio profilo.
Venendo a questo capitolo, è un’idea che avevo per la testa da un po’. Per il prossimo ci sarà un po’ da aspettare temo, per il momento non ho idee. Perdonatemi l’inserimento del mio gioco da tavolo preferito, ma non ho saputo resistere :3 Be’, buona lettura, e ricordatevi il solito avvertimento sul linguaggio di alcuni personaggi; ci tengo a precisarlo perché non voglio che si pensi che non so l’italiano XD Sarò molto felice di ricevere delle recensioni, siano esse positive o negative :)
 
Personaggi: Peach, Daisy, Bowser, Bowserotti, Bowser Jr., Mario (citato), Luigi (citato), comparse varie, Yoshi (citato), Wario (citato), Kamek
Generi: Azione, Comico, Romantico, Sentimentale, Triste
Lunghezza: One shot (2834 parole)
Tipo di coppia: Yuri: Peach x Daisy
Note: Lime
Avvertimenti: Violenza (non esplicita)
Rating giallo (lievissimi accenni di sesso, ma nessuna descrizione esplicita)
 
 
 
 
Un insolito salvataggio
 
 
«Mi devi centoventi M!».
«No, sono di meno, prima hai tolto una casa, ti ricordi?».
«Ma poi Wendy è passata sul castello di papà, ho preso i soldi e l’ho rimessa!».
«Ah, già… Accidenti, sto andando in bancarotta… Qualcuno mi compra la Società della lava potabile in cambio di qualche spicciolo?».
Le partite a Monopoly erano sempre alquanto chiassose nel castello di Bowser; Peach lo aveva scoperto non appena Iggy si era presentato nel salone del palazzo trasportando una scatola impolverata che conteneva il famoso gioco da tavolo, radunando padre e fratelli. Sfortunatamente Peach si trovava lì e le sembrava maleducato rifiutare di giocare dopo aver ricevuto un caloroso invito da parte di Larry, nonostante ella considerasse Monopoly un gioco noioso e basato principalmente sulla fortuna. I nove koopa avevano cominciato da subito a litigare: per i posti a sedere («Non voglio stare sulla gamba del tavolo!»), per le pedine («il guscio verde è MIO!»), per le proprietà («Non è giusto, io ho tutte proprietà scrause!») e, in generale, per l’andamento della partita, che stava per vedere la sconfitta per esaurimento di denaro di Roy, il quale stava cercando di affibbiare a qualcuno la Società della lava potabile per ricavarne qualcosa. Ludwig era il fortunato possessore del Castello di Bowser, la proprietà più costosa, mentre il Castello di Peach, che faceva coppia con il Castello di Bowser, era custodito tra gli artigli di Iggy; il koopa dai capelli blu stava cercando di comprarlo dal fratello spilungone, decisamente restio a cederglielo. Intanto Morton e Bowser Junior stavano discutendo su una presunta irregolarità degli spazi percorsi dalla pedina del cucciolo dal guscio verde. Tutte queste trattative davano vita a un chiasso terribile e Peach sospettava che prima o poi qualcuno avrebbe dato fuoco al tavolo con l’alito draghesco in preda alla rabbia. Lei, silenziosamente seduta vicino al Posteggio gratuito, osservava la scena aspettando il proprio turno. La partita andava avanti ormai da due ore e la principessa dei funghi, che come pedina aveva un bizzarro uovo bianco a pallini verdi da cui spuntava uno yoshi in miniatura, si era decisamente stancata di giocare.
La litigata tra Morton e Bowser Junior stava prendendo una brutta piega, ma fortunatamente in quel momento entrò correndo un koopa rosso, catturando l’attenzione dei giocatori. La piccola tartaruga corse dal re e, evidentemente sconvolta, disse: «Vostra maestà, correte, è terribile!».
«Che cosa è terribile, microbo?» domandò Bowser, infastidito dall’interruzione.
«È venuto il momento!» rispose il koopa rosso ansimando così tanto da non riuscire a parlare bene. «Il momento… di… lottare… per la principessa!».
Gli occhi di Bowser si accesero di furia e ringhiò, con il fumo che usciva dalle narici tanta era la sua rabbia: «Cosa?! Di già?! Ho rapito Peach solo due giorni fa! È inammissibile che quello scocciatore di Mario sia già arrivato! Ah, ma adesso mi sente, ora conoscerà la vera forza di Bowser! Questa volta me lo mangio davvero!».
«Ma… maestà… c’è una cosa che… non vi ho detto…» tentò di dire il piccolo koopa, ma Bowser, minaccioso come raramente era stato, gli urlò: «Non mi importa! Vai ad avvisare le truppe che questa volta le voglio al mio fianco in battaglia! Sbrigati!».
Il koopa troopa, terrorizzato e ancora molto affaticato a causa della corsa, obbedì, uscendo frettolosamente dalla stanza, seguito da Bowser. I passi del sovrano fecero tremare il pavimento e le pareti.
I principi e Peach rimasero ammutoliti: non avevano mai visto Bowser così fuori di sé; evidentemente era un affronto troppo grande da parte di Mario venire a salvare Peach così presto. Infatti di solito la principessa rimaneva al castello almeno due settimane, il tempo medio che serviva all’idraulico per raggiungere il Regno Oscuro dopo mille peripezie. Peach, in effetti, si chiedeva come avesse fatto ad arrivare al castello in soli due giorni… E la insospettiva quella cosa che il piccolo koopa aveva cercato di dire a Bowser e che non era riuscito ad enunciare a causa della fretta del re. Peach temeva per Mario: era un suo caro amico e aveva paura che, per quanto eroico, non ce l’avrebbe fatta contro l’intero esercito di Bowser.
 
Un’ora.
Due ore.
Tre ore.
Quattro ore.
Erano ormai le dieci di sera e, a parte il frastuono che proveniva dai piani inferiori, non si avevano notizie né di Bowser né di Mario. Peach non osava avvicinarsi alla battaglia per paura di essere coinvolta e sedeva, molto irrequieta, su una poltrona, con accanto Larry e Morton addormentati sul divano. Bowser Junior era andato ad aiutare il padre e gli altri bowserotti si erano ritirati nelle proprie stanze, certi che quella volta il padre avrebbe avuto la meglio. In un certo senso i boati e gli schianti che rompevano la quiete della sera erano rassicuranti, significava che la battaglia non era ancora finita e che Mario non era stato sconfitto. Peach sperava ardentemente che l’amico vincesse, non solo per l’affetto nei suoi confronti, ma anche perché aveva da fare a casa: doveva sistemare alcune carte, rivedere dei conti, scrivere una lettera all’ambasciatore delle Buon-ombe... Era talmente persa nei suoi pensieri rimuginando su tutte le mansioni da svolgere che non si accorse che il chiasso andava via via diminuendo; solo quando scomparve del tutto si accorse del cambiamento e tese l’orecchio per cogliere qualche segnale di vittoria o di sconfitta da parte dei combattenti: silenzio. Uscì dalla sala, ormai senza temere di essere travolta dalla battaglia e si accinse a scendere le scale. Ma non aveva ancora posato il piede sul primo gradino che un’ombra comparve ai piedi della scalinata. La figura avanzò di qualche passo e finalmente si mostrò alla luce delle torce.
Peach si era aspettata Mario, o Luigi. Al massimo Yoshi o Wario. Nella peggiore delle ipotesi un Bowser vittorioso con in spalla il figlio. Ma davanti a lei non c’era nessuno di loro.
«Uff… tutto l’esercito contro… Come se volessi chissà che… Oh, AMORE!». Appena vide Peach, Daisy si fiondò in cima alle scale e travolse la fidanzata, stringendola in un abbraccio. «Dopo tutta questa fatica alla fine ti ho trovato! Che bello, mi sei mancata così tanto…» disse posandole un rumoroso bacio sulla guancia. Peach era decisamente sconvolta dall’apparizione di Daisy.
«Daisy, così mi soffochi…» tentò di dire Peach. Dopo qualche secondo l’altra la lasciò, felicissima che si fossero finalmente ricongiunte. Peach la guardò: i capelli erano un disastro, il vestito era tutto impolverato e insanguinato e sulla guancia della principessa c’era un vistoso taglio che stillava sangue. «Oh, cielo, Daisy, sei ferita? Sei tutta imbrattata di sangue!» esclamò Peach preoccupatissima.
«Tranquilla, sto benissimo… Ho solo questo taglio in faccia che mi ha fatto il tuo amico bacarozzo» rispose Daisy noncurante del suo aspetto simile a quello di uno zombie uscito da qualche film dell’orrore. Il “bacarozzo” era Bowser. «Quello che vedi sul vestito testimonia che quelle tartarughine indemoniate le hanno prese alla grande. Mai mettersi contro una ragazza che vuole salvare la sua fidanzata» concluse soddisfatta.
Peach non credeva alle proprie orecchie e chiese, sbalordita: «Hai superato Bowser, suo figlio e tutte le truppe del castello… da sola?». Era impossibile. Daisy era forte, ma non fino a quel punto.
«Certo che sì, tesoro» rispose la principessa dei fiori, sorridendo.
«Tu… tu… sei venuta qui… da sola… e hai rischiato la vita… per salvarmi?» chiese l’altra balbettando.
«Esatto» rispose Daisy aspettandosi un caloroso ringraziamento.
Che invece non arrivò.
«Io… io…» cominciò Peach.
«Sì, piccola, anche io ti amo… Non c’è bisogno che me lo dici, lo so…» disse Daisy dolcemente.
«No, io… IO TI UCCIDO!» urlò Peach svegliando mezzo castello. E per quella sera era la seconda persona che non era mai stata così arrabbiata. «SEI UN’IRRESPONSABILE! NON HAI IL MINIMO SENSO DI VALUTAZIONE! SEI PEGGIO DI UNA RAGAZZINA PICCOLA!» sbraitò Peach. «SE TU FOSSI MORTA, O SE FOSSI STATA FERITA GRAVEMENTE… NON TE L’AVREI MAI PERDONATO! M A I! NÉ A TE, NÉ A BOWSER! ANZI, DIMMI DOV’È! COSÌ FACCIO UN BEL DISCORSETTO A TUTTI E DUE!».
Daisy si era fatta piccola piccola, terrorizzata. Non volendo disubbidire a quella furia che aveva davanti, perciò balbettò: «Nell’… nell’ingresso…».
«BENISSIMO, VIENI ANCHE TU!» urlò Peach, afferrando Daisy per un braccio e trascinandola con sé. Daisy praticamente strisciò per tutte le scale, non riuscendo a tenere il passo di Peach. La bionda non sembrava una principessa così indifesa, dopotutto. Anzi, era di gran lunga più terrificante di Bowser.
 
Bowser e Bowser Junior erano sdraiati sul pavimento molto malmessi, privi di forze, attorniati da centinaia di koopa, goomba e tartossi nelle stesse condizioni penose. Il re oscuro era infuriato: era stato sconfitto da quell’odiosa principessa amica di Peach! Era stato sconfitto da una donna, insieme a tutto l’esercito! Doveva essere un sogno. A un certo punto notò qualcosa che usciva dal corridoio e entrava nell’ingresso. Faticosamente girò la testa e la vista appannata gli mostrò dapprima una trafelata figura vestita di rosa che teneva in mano uno straccetto insanguinato. Poi, quando la figura si fu avvicinata abbastanza, capì che si trattava di Peach e della malsopportata Daisy. Un ringhio basso gli uscì dalla gola. Scrutò con occhi di fuoco la ragazza vestita di giallo e poi guardò Peach, in cerca di comprensione; ma tutto ciò che ricevette dall’amata fu un calcio sul naso. Lo sentì appena, ma si chiese il motivo di quel gesto. Non era già abbastanza ferito e dolorante? Ad un tratto Peach cominciò a urlare e, be’, non finì più.
«ALZATI, BOWSER! ALZATI! È UN ORDINE! FORZA! ORA ASCOLTAMI BENE, E ASCOLTAMI BENE ANCHE TU, DAISY! SIETE LA RAPPRESENTAZIONE VIVENTE DEL MASSIMO DELL’INCIVILTÀ E DELL’IRRESPONSABILITÀ! BOWSER, PICCHIARE UNA DONNA! DEVI ESSERE COMPLETAMENTE IMPAZZITO! GUARDA CHE COSA LE HAI FATTO IN FACCIA! NON GUARDARE ME, GUARDA LEI! QUI NON LAVA MAI NESSUNO, POTREBBE PRENDERSI LE PEGGIORI INFEZIONI, E QUESTO PERCHÉ TU HAI OSATO TOCCARLA! PROVACI UN’ALTRA VOLTA E CHIAMO MARIO E TI FACCIO AMMAZZARE! NE SONO CAPACISSIMA! NON GUARDARE LEI, GUARDA ME! HAI CAPITO? È CHIARO? SONO STATA ABBASTANZA CHIARA? NON DEVI TOCCARLA! NON DEVI NEANCHE SFIORARLA CON UN DITO, ALTRIMENTI DIVENTO UNA BELVA! CI SIAMO CAPITI? SE LE FOSSE SUCCESSO QUALCOSA DI GRAVE MI AVRESTI DISTRUTTA! E AVRESTI FIRMATO LA TUA CONDANNA! È CHIARO IL CONCETTO? È CHIARO? NON FARE QUELLA FACCIA, SEI IL PADRE PEGGIORE CHE I TUOI FIGLI POTESSERO AVERE! CHE COSA IMPARERANNO DA TE? A MALTRATTARE LE DONNE? SEI UN MOSTRO! E TU, INVECE, NON CREDERE DI FARLA FRANCA, SIGNORINA! COME TI È SALTATO IN MENTE DI VENIRE A CASA DI UN DRAGO SPUTAFUOCO CHE AVREBBE POTUTO FARTI FUORI NEL GIRO DI UN MINUTO? EH? COME TI È VENUTO IN MENTE? SE NON FOSSI STATA ALL’ALTEZZA DEI KOOPA CHE COSA SAREBBE SUCCESSO? MI AVRESTI SPEZZATO IL CUORE! SEI STATA CRUDELE A RISCHIARE DI DARMI UN DISPIACERE COSÌ GRANDE! PROPRIO A ME! SEI STATA UNA COMPLETA IRRESPONSABILE! AVREI POTUTO ASPETTARE MARIO, TU NON DOVEVI VENIRE! PER QUALE MOTIVO SEI VENUTA AL SUO POSTO? EH? E SOPRATTUTTO COME SAPEVI CHE ERO STATA RAPITA? RISPONDI!».
Durante la ramanzina Bowser e Daisy avevano tenuto lo sguardo basso come due bambini sgridati dalla mamma. Intanto, richiamati dalle grida della principessa, molti si erano radunati a guardare: i bowserotti, alcuni koopa che si erano ripresi dallo svenimento, diversi servitori, Kamek. Bowser si sentiva umiliato di fronte ai figli e ai sottoposti e Daisy era dispiaciuta. Quest’ultima rispose, con un filo di voce: «Dal palazzo di Sarasaland ho visto la nave volante… così ho pensato di venire a salvarti, visto che il mio regno è più vicino a questo castello del tuo… Infatti ho fatto prima di Mario…».
«POTEVI STARTENE A CASA TUA! SONO ABITUATA A STARE QUI, NON SAREBBE STATO UN PROBLEMA RESTARCI PER DUE SETTIMANE! ORA VADO A DORMIRE E DOMANI CE NE ANDREMO! E RIFLETTETE SUI VOSTRI ERRORI!». Detto questo si avviò impettita verso la sua camera.
Bowser, spiazzato, riprese il controllo della situazione e urlò a sudditi e figli: «Be’?! Che avete da guardare?! Sparite!». Tutti si allontanarono timorosi, tranne Daisy. Di certo non avrebbe ubbidito agli ordini di Bowser. Tanto ormai si sapeva chi era la più forte. «Scusa, bacarozzo» disse. «Forse ci sono andata giù un po’ pesante. Ma non verrò più a salvare Peach, stai tranquillo».
«Tsè, sono solo due graffietti. Tu, piuttosto, fatti curare la guancia» rispose Bowser.
«Anche questo è solo un graffietto» disse Daisy toccandosi il viso. Ormai c’era una spessa crosta.
«Scusa anche tu. Non si prendono a botte le signore, per quanto siano resistenti». Disse il re.
«Scuse accettate» disse semplicemente Daisy.
Stettero in silenzio per qualche secondo, imbarazzati, poi Bowser propose: «Birretta?».
«Sei un grande» commentò Daisy. Poi seguì l’altro in cucina.
 
La sera prima non si erano ubriacati, non volevano far arrabbiare ulteriormente Peach. Avevano parlato poco, anche se stavano bevendo insieme non erano amici. Le due principesse partirono abbastanza presto, ma solo dopo che i due colpevoli si furono scusati. Peach sembrava essersi calmata un po’. Bowser aveva prestato loro una carrozza con tanto di koopa troopa rosso alla guida, in quanto carrozza e accompagnatore di Daisy erano spariti durante il combattimento. In quel momento erano a metà strada; dato che alla guida c’era un soldato di Bowser non c’erano rallentamenti causati da altri scagnozzi. Le due ragazze non si erano dette una parola da quando erano partite, ma a un certo punto Daisy si decise a rompere il silenzio, ormai troppo pesante. «Ascolta, Peach… mi dispiace tanto… sono stata una stupida… sapevo che al castello di Bowser non correvi pericoli, ma mi sono fatta trascinare dalla fretta… Scusami… Non farò più cose pericolose, te lo prometto…».
Peach non rispose. Daisy implorò: «Ti prego, amore… di’ qualcosa… qualunque cosa…».
Peach, finalmente, si decise a parlare, con tono accusatore: «Sono molto delusa, Daisy. Non credevo che tu fossi capace di farmi così male. Sapevi che correvi un pericolo e sai anche che sei la persona che amo di più al mondo. Se ti fosse successo qualcosa di brutto io sarei stata malissimo. Non puoi mettere in pericolo la tua vita. Non te lo permetto. Non posso vivere senza di te, Daisy, mettitelo in testa, non posso vedere la tua sofferenza. Potevi morire per salvarmi e io non me lo sarei mai perdonato. Sei stata crudele… Non devi farmi preoccupare così. La tua incolumità è importantissima per me».
Gli occhi di Daisy si inumidirono. Le parole di Peach l’avevano toccata profondamente. «Io volevo solo salvarti prima di Mario… Non pensavo di fare questo casino… Sei ancora arrabbiata?» chiese.
«Sì, Daisy, sono molto arrabbiata». Era molto seria.
Un orribile dubbio si insinuò nella mente di Daisy e venne trasformato in parole singhiozzate: «N-non vuoi lasciarmi, Peach, v-vero? I-io non v-voglio stare senza di t-te… Ti prego, m-mi dispiace, sono s-stata un’idiota, ma non p-punirmi così… Farò qu-qualunque cosa per farmi p-perdonare…». Le parole si mischiavano alle lacrime e Peach guardò la compagna, piccola, disperata, con il vestito del giorno prima e un grosso cerotto sulla guancia. Non aveva intenzione di lasciarla, per nulla al mondo avrebbe abbandonato il suo unico amore, ma ora Daisy aveva bisogno di rassicurazioni; perciò le accarezzò delicatamente il viso sfregiato e le disse: «Non ti lascio, stai tranquilla. Per farti perdonare devi solo promettermi che non ti metterai più nei guai e non mi farai più preoccupare. È l’unica cosa che ti chiedo».
«T-te lo prometto, Peach. Farò la b-brava» rispose Daisy.
«Smetti di piangere, su» la esortò l’altra, porgendole un fazzoletto di stoffa. L’altra lo prese e si asciugò il viso. Rimasero in silenzio per un altro po’, poi Peach all’improvviso chiese: «Toglimi una curiosità: come hai fatto a vincere, ieri?».
Daisy fece un sorrisetto: «Con la forza dell’amore». Peach la guardò, non capendo se quell’affermazione fosse ironica o sdolcinata. Probabilmente era entrambe le cose. All’improvviso scoppiò a ridere.
«Perché ridi?» chiese Daisy perplessa.
«Perché dici delle cose divertenti» rispose l’altra.
Daisy sorrise. «Sai, sei molto più carina quando ridi che quando ti arrabbi».
«Come tutti» disse Peach arrossendo. L’atmosfera si era decisamente alleggerita.
 Dopo qualche altro minuto di silenzio Daisy chiese: «Adesso che sono stata perdonata te lo posso dare un bacio?».
«Mh, se proprio insisti» rispose Peach sorridendo, fintamente contrariata. L’altra si avvicinò alle sue labbra e le sfiorò con le proprie, dandole un piccolo bacio.
«Te ne posso dare un altro?».
«Anche due».
«Tre?».
«Puoi darmene quanti ne vuoi».
Daisy non se lo fece ripetere due volte e si fiondò sulle labbra rosa della sua innamorata. In quel momento Peach era più bella che mai.
Andarono un po’ oltre il bacio e a un certo punto si staccarono. Peach disse: «Dai, basta, potrebbe vederci qualcuno…».
«Ma ci sono le tendine abbassate, non ci vede nessuno…» rispose Daisy, e sottolineò le parole con un languido bacio sul collo dell’altra. Sarà stata una ragazzina impulsiva, ma sapeva essere anche molto convincente quando si trattava di ammaliare Peach. Alla fine la principessa in rosa si arrese e tornò a sdraiarsi sul sedile. Era solo il sedile di una carrozza, non era certo un comodo letto, ma, in fondo, chi si accontenta gode.
 
 
Prometto che il prossimo capitolo non sarà Peach x Daisy XD
Monopoly è di proprietà di Hasbro. I personaggi presenti nella storia sono di proprietà di Nintendo.
  
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