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Autore: jomarch    31/08/2013    3 recensioni
1976, sesto anno dei Malandrini. L'amicizia tra James, Sirius, Remus e Peter, il cambiamento di James, la storia di Lily e del suo litigio con Severus sullo sfondo di una guerra che sta per scoppiare. Una guerra in cui saranno chiamati a prendere posizione.
Genere: Romantico, Introspettivo, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, I Malandrini, Lily Evans, Mangiamorte
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO TRENTACINQUESIMO


I held the stars to light where you are
When your unfeigned heart called to me through the dark
Soaked in the sound that rose from the ground
There I could feel
I felt, I felt you near *

 

- To Be With You, The Honey Trees-

 


Mi sono aggrappato alle stelle per fare luce su dove sei tu

Quando il tuo cuore sincero mi ha chiamato attraverso le tenebre

Imbevuto da un suono che si è alzato dalla terra

Allora ho potuto sentire

Ho sentito, ti ho sentito vicino
 

 

Gennaio 1978

HOGWARTS

 

 

Il nuovo anno era arrivato, così come la fine delle vacanze ed il rientro a scuola.

In quell'inverno appena iniziato, i corridoi del castello erano vuoti. Alcuni studenti non erano tornati ad Hogwarts dopo le feste. Qualcuno per paura aveva tenuto i figli a casa, qualcun altro, i più facoltosi, era fuggito all'estero con tutta la famiglia.

Qualcun altro ancora, come Nigel Hinchinghooke o Olive Gordon si era trovato semplicemente nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Ancora non si sapeva niente dei figli del Ministro Lufikin: parevano svaniti nel nulla ed il nucleo operativo di Auror altamente specializzati creato appositamente dal Ministero non era ancora riuscito a riportarli a casa.

Il Ministro Lufkin aveva lasciato la carica e si era ritirato nella sua residenza privata, incapace di reggere la pressione di quel ruolo davanti ad una tragedia privata così grande.

Attualmente, a presidiare il Governo, rimaneva il Vice- Ministro di Lufikin, ma sembrava profilarsi una crisi governativa. Il principale partito d'opposizione, guidato da Bartemius Crouch, premeva perchè il Governo si dimettesse e vi fossero nuove elezioni, che portassero ad un esecutivo in grado di prendere le misure necessarie contro Lord Voldemort ed i suoi seguaci.

In quei giorni, però, Lily e James venivano solo sfiorati da quelle notizie.

Pareva loro di camminare sulle nuvole, di essere altrove, di vivere quasi la vita di qualcun altro. Solo per un attimo, però, perché il sorriso di prima mattina, le mani intrecciate ed un bacio rubato nei corridoi erano quanto di più naturale ci fosse per entrambi.

Era naturale per Lily aspettarlo in fondo alle scale ogni mattina, quasi dimentica di essere scesa a fare colazione con il solo Sirius per mesi.

Ogni mattina Lily si alzava presto e , sorridendo, aspettava il suo James in Sala Comune. Lui scendeva le scale sempre dieci minuti dopo. Si passava una mano tra i capelli, mentre col piede sinistro toccava l’ultimo gradino e poi scoccava un bacio delicato sulla guancia di Lily.

Era naturale per James portarla via da tutti gli altri per un'oretta la sera, per poter stare soli, farla nascondere sotto a quel Mantello che per anni aveva ospitato Remus o Peter o Sirius.

James camminava con Lily per mano per i corridoi della scuola e lei, ogni due passi, si voltava verso di lui per sorridergli, radiosa.

Incontrare la mano, il braccio, il corpo, gli occhi, il naso, la bocca di James era quanto di più naturale ci fosse e Lily si ritrovò a chiedersi più volte come avesse potuto sopravvivere fino a quel momento.

James non riusciva a stare fermo: la guardava con gli occhi, la sfiorava con la mano, la cercava se era lontana. Era così bello farlo davanti a tutti, senza aspettare il momento giusto, senza che il mondo smettesse di esistere.

Era naturale e basta.

“Eccoti! Buongiorno!” esclamava Lily, vedendolo scendere con i capelli in piedi e cieco come una talpa per aver scordato gli occhiali sul comodino.

“Muah!” James le scoccava un bacio volutamente rumoroso sulla guancia, la prendeva sottobraccio e si faceva condurre in Sala Grande, aspettando Remus con gli occhiali.

Vissero per un mese in un mondo solo loro, dimentichi di tutto il resto, felici di aver trovato un posto in cui essere pienamente se stessi.

Quella sera James, ben oltre l'ora del coprifuoco, l'aveva portata nelle cucine, per farla strafogare con i muffin al mirtillo che gli Elfi di Hogwarts preparavano ogni due settimane per la colazione del sabato.

Lily ne aveva mangiati due e altrettanti ne aveva voluti portare via, incurante delle rassicurazioni degli Elfi che gliene avevano garantita la presenza l'indomani mattina a colazione.

James, invece, ne aveva ottenuti alcuni al cioccolato realizzati appositamente per lui: i mirtilli erano inutili vitamine e, secondo lui, quando si mangiava un dolce, bisognava farlo bene.

“Grazie, grazie di tutto! Siete stati così gentili con noi!” Lily abbracciò forte Wiston, l'Elfo cui, in virtù della sua anzianità, era stato dato il compito di dirigere la cucina.

“Torna a trovarci, signorina Lily. Gli amici del signorino James sono amici di Wiston e di tutti noi!”proclamò serio l'Elfo, vestito della giacca di una sottospecie di frac cosa che, ai suoi occhi, lo rendeva degno di una gran considerazione. L'anziano Preside Dippet gliela aveva donata più di quindici anni prima, pochi giorni dopo aver rassegnato le dimissioni per dedicarsi alla pensione dopo molti anni dedicati all'istruzione di giovani maghi e streghe.

Ciò nonostante, proprio in segno di rispetto verso il vecchio Preside, Wiston non aveva abbandonato le cucine di Hogwarts, anzi aveva cominciato a dirigerle impegnandosi con tutto se stesso per dimostrare di essere degno dell'indumento avuto in dono.

Lily annuì, dedicando un ultimo sguardo alla piccola folla di Elfi Domestici che li circondava mentre loro stavano cercando di accomiatarsi.

“Signorino James, non dimenticare di portare qualcosa ai tuoi amici! Mi raccomando, venite presto a trovarci!” Nonna Fee, la cuoca più brava che avesse mai messo piede ad Hogwarts, si aggrappò alla caviglia di James, riempiendolo di raccomandazioni.

Lui annuì sempre gentilmente, le sorrise, scherzò con lei e, finalmente, riuscì a rimettere il Mantello dell'Invisibilità addosso a sé ed a Lily.

“Ti adorano.” bisbigliò Lily, quando, uscendo dal quadro, si ritrovarono nuovamente nel corridoio dei sotterranei.

“Sono anni che vengo qui.” James scrollò le spalle.

“Se sei gentile con loro, loro ti danno l'anima.” sorrise, cingendole la vita.

“Voi avete Elfi a casa?” domandò Lily. Sapeva che nelle famiglie di Purosangue, soprattutto se molto benestanti come nel caso dei Potter, era una consuetudine averne.

“Quando ero piccolo avevamo Greta, era dei miei nonni paterni. Quando anche mia nonna è morta, è venuta a stare da noi. Dopo di lei non abbiamo più avuto nessuno. A mia madre non piace l'idea di avere una creatura, nel senso... un essere vivente che ti obbedisce nella maniera in cui ti obbediscono gli Elfi Domestici.” spiegò James, conducendola verso destra, una volta arrivati al bivio.

Lily annuì. Ancora non aveva le idee molto chiare sulla dipendenza degli Elfi Domestici da una famiglia: sapeva che si occupavano della gestione della casa, che giuravano di essere fedeli alla famiglia fino alla loro morte, che l'obbedienza mostrata aveva a che fare col sangue ma non aveva mai avuto modo di approfondire l'argomento con qualcuno che ne avesse avuto uno.

Quella sera James le aveva fatto conoscere gli Elfi Domestici della scuola e, nonostante la loro grande gentilezza e l'estrema disponibilità, Lily non aveva potuto non notare come queste risultassero soffocanti, a momenti.

“Nel senso... Un Elfo ti è fedele fino alla morte. E' fedele a te ed ai membri della famiglia: gli basta che nel tuo sangue scorra parte del sangue del suo padrone ed è costretto ad obbedirti. E' una cosa sinistra, se ci pensi. Quasi perversa. Non credi?” proseguì James.

“Gli Elfi prima sono stati davvero gentili con noi. Con te poi... ti adorano!” disse Lily, cogliendo solo in parte quanto James le stava spiegando.

“Sì, ma è diverso. Voglio dire, noi siamo andati lì e con gentilezza abbiamo chiesto se avevano qualcosa da darci. Ma avremmo anche potuto ordinarglielo. O picchiarli e intanto chiederglielo. E loro avrebbero dovuto per forza obbedirci. Non trovi che sia terribile?” la voce di James si era incrinata mentre parlava. Quasi che fosse spaventato da quella legge magica.

“Sì. E' veramente tremendo. E' crudele. Voglio dire... avere questo potere sulla vita di qualcun altro...” annuì Lily, con ancora in testa i visi degli Elfi Domestici che avevano lasciato in cucina.

“Prova a dirlo a Sirius. Kreacher non lo sopportava, non faceva che insultarlo per aver sporcato il nome dei Black e tuttavia era costretto ad obbedirgli.” James rise amaramente.

“E' grottesco. Non ho altri termini.” sussurrò Lily, orripilata. Sirius le aveva parlato dell' Elfo domestico dei suoi genitori e tutto ciò le dava letteralmente il voltastomaco.

“Dai, Lily... Adesso non pensiamoci. Non è una cosa che possiamo cambiare, purtroppo. Facciamo un salto nella Stanza delle Necessità. Non ho voglia di andare a letto ora. Ti va?” James cambiò argomento. Sollevò la testa dal mantello per accertarsi che non vi fosse nessuno nei paraggi e sparì dietro l'angolo con Lily.

Dai sotterranei, risalirono sino al settimo piano ed arrivarono all'arazzo di Barnaba il Babbeo.

Lily seguiva James che, agile e svelto come quando voleva in sella alla sua scopa, si muoveva per i corridoi del castello illuminati soltanto dalle torce.

Non era mai uscita di notte prima di allora. Non aveva mai visto la scuola così buia, non aveva mai pensato a come potesse apparire. Sentiva l'adrenalina scorrerle dentro, le veniva da ridere e stava quasi per comunicarlo a James, quando oltrepassarono il muro che li condusse al loro rifugio.

James tolse il Mantello dell' Invisibilità dalle loro spalle, ripiegò la Mappa del Malandrino e se la mise in tasca.

“Non pensavo che l'avrei mai fatto, sai James?” Lily fece un passo in avanti e poi si voltò di nuovo verso di lui.

La faceva sentire eccitata essere lì, con lui, in quel momento.

La Stanza si era arredata da sé, riproponendo la medesima forma ogni volta che qualcuno di loro cinque ci metteva piede. C'era il pianoforte a coda di Sirius in fondo a sinistra, la poltrona di Remus ed i suoi libri lì di fianco, la pila di fumetti che leggeva Peter, una pluffa ed un boccino erano chiusi in un baule per James, un divano di velluto rosso era comparso per Lily.

James sorrise.

“Andare in giro di notte, dici? Allora dovremo recuperare!” ammiccò James, con quel suo sorriso sghembo. Lily rise a sua volta, di quella sua risata un po' sguaiata che la faceva camminare storta.

“Come quel pomeriggio al Lago Nero la primavera scorsa” pensò James, trovandola, tuttavia, bellissima così.

La guardava mentre prendeva posto sul divano, fissandolo come a dirgli “Ehi, ma non mi raggiungi?”. La mente di James vagava verso dei ricordi.

Pensava a quando Lily gli chiedeva di lasciarlo in pace, dicendo che non c'erano motivi per cui si interessasse a lei. Pensava a quando la vedeva arrancare con una tracolla troppo pesante.

Pensava a quando il buon Remus era l'unico ad avere la delicatezza necessaria per tamponare quelle ferite che sanguinavano troppo.

Pensava alla prima volta che l'aveva vista ridere.

Si avvicinò al divano, dove lei era seduta con i suoi capelli rossi che ancora le coprivano il viso.

“Dovresti raccoglierli, Lily. Devono vedere tutti come sei bella quando sorridi.” le disse, senza quasi rendersi conto di aver parlato. Senza riuscire ad avere un controllo sulle sue parole. Aveva detto quello che stava pensando, senza nemmeno provare a contare fino a dieci.

Lily alzò la testa e lo guardò fisso. Sgranò i suoi grandi occhi verdi. Ebbe l'impulso di togliergli gli occhiali, per poter incontrare meglio gli occhi di James.

Gli occhi di James erano così trasparenti. James era trasparente: non sapeva mentire, non sapeva fingere. Guardandolo Lily rivisse tutto l'ultimo anno. Ricordi ed immagini le passarono davanti.

“E' come se ti avessi aspettato per tutta la vita, James.” la voce di Lily era poco più di un sussurro.

Sarebbe stata impercepibile se solo, in quel momento, James avesse mosso un piede.

James scosse la testa. “Non dire così: non è vero.”

“Mi sembra che tu ci sia sempre stato. In un certo senso.” proseguì Lily. Da quella Vigilia di Natale, Lily era accompagnata dalla sensazione di averlo sempre avuto vicino, anche prima. Anche quando lui non c'era, quasi che fosse troppo terribile immaginare una vita in cui James non fosse presente.

“Voglio avere cura di te, James. Così come tu ne hai di me, così come ne hai avuta di me nel corso di quest'anno, senza chiedere nulla in cambio.”

“Anche tu hai avuto cura di me, Lily. Hai curato ferite che nemmeno sapevo di avere.” ammise James, vagando con la mente a tutte le volte in cui una parola di Lily riusciva a mettere le cose a posto. A dare un senso a quanto era successo quella primavera. A non farlo sentire colpevole.

“Responsabilità. Re- spondeo.” la voce bassa di Lily pronunciò quelle parole, senza quasi averci pensato. Si chiese se lui ne conosceva il significato.

“Io prometto.” completò James per lei, sfiorandole delicatamente la guancia chiara, così diafana da fare quasi a pugni col rosso sanguigno dei suoi capelli. Rosso Tiziano, l'aveva definito Lily una volta portandolo a conoscenza dell'esistenza di un nome anche per il colore dei capelli.

“Sono così felice, Lily. Così felice...” poco più di un bisbiglio, uscito da un sorriso luminoso che faceva brillare tutto il volto di James: gli occhi, le guance, gli zigomi contratti, la bocca, che non riusciva più a tenere chiusa.

Lo adorava quando rideva, Lily. Perchè lui rideva tutto, non soltanto con le labbra.

Anche lei era felice. Così felice. Come non lo era mai stata prima. Dentro le si era annidata una sensazione di pace e serenità. Come se fosse tutto a posto. Tutto a posto per la prima volta.

“Si può essere più felici di così, James?” gli chiese, stringendo le spalle e incastrandosi nel suo abbraccio.

“Penso di sì, sai Lily?” e nel dirlo le sfiorò la fronte con un bacio. “Non dovrebbe mai esserci limite alla felicità.” proseguì.

“Però, in realtà, potrei morire adesso, tanto sono felice. Potrei morire adesso e avrei avuto tutto quello per cui vale la pena di vivere.” James la strinse. Pensava davvero quello che aveva appena detto, anche se forse non ne aveva ben chiara la portata.

Lily si aggrappò alle sue spalle e baciò James con trasporto, senza sapere che il ragazzo aveva lasciato il posto all'uomo.

 

 

 

 

 

 

 

 

Eccoci qui, di nuovo. Spero che questo capito un po' sdolcinato vi sia piaciuto. Ho pensato che era il caso di dedicare un po' di tempo in più a James ed a Lily, per capire un po' come stanno. I prossimi capitoli saranno più avvincenti e con un po' più di azione, pertanto non penso che ci sarà tempo per loro due. Spero che, in ogni caso, vi abbia fatto piacere leggere di loro.

Sul significato di Re- Spondeo, vedasi il significato latino del verbo: Io prometto. Quindi, la responsabilità è la promessa di aver cura, nessuna frase, a mio parere, poteva essere migliore di questa messa in bocca a Lily e James.

Come al solito, vi ringrazio tutti, uno ad uno.

A presto.

Jomarch

 

  
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