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Autore: Lyrael    02/09/2013    2 recensioni
A volte basta un innocente invito a cena per muovere scenari inaspettati.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Lucius Malfoy, Narcissa Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Capitolo 3 – Draco – Tornare a vedere

 

Mi chiedo come possa, mia madre, continuare questa farsa, come riesca a fingere così a cuor leggero davanti a me e, soprattutto, a mio padre.

All’inizio ho colto solo qualche sguardo da parte sua verso Potter, ma l’ho classificato come quello di una donna che abbia sviluppato un forte senso materno nei confronti di chi non ha potuto usufruire di tali attenzioni. Poi mi sono ricordato dei Weasley, di quell’imbarazzante casalinga che a quanto pare si era erta a surrogato parentale femminile per il povero orfano.

Mia madre non poteva non saperlo. Si è sempre interessata molto più di me all’altra fazione, ai tempi, quando il mio mondo si limitava ai terreni di Hogwarts e, durante le vacanze, a non finire tra le grinfie dei cosiddetti “amici” di mio padre. Lei cercava di proteggermi come una brava madre, allora, ma le sue possibilità si fermavano davanti ai cancelli delle interminabili cene e delle successive riunioni a cui le donne non erano ammesse. Trascorrevo quei momenti in un costante stato di allerta, invidiando lei e le altre signore, invidiando i miei compagni di scuola sempre attaccati alle giacche dei loro solleciti padri, invidiando chiunque non fosse costretto da un genitore contorto a crescere incattivito e terrorizzato.

Oh, diceva fosse un modo per fortificarmi e per mostrare ai suoi “colleghi” come avesse allevato un figlio forte e meritevole di entrare, quanto prima, nei loro ranghi. Così, tutta la tensione che accumulavo in quei periodi, tutta la paura e l’incertezza, divenivano sì spietatezza e odio e scherno, ma nei confronti di chi poteva nuocermi molto meno di quegli adulti: i miei compagni di scuola, di qualunque casa fossero, le altre o la mia, facevano le spese dell’educazione di un padre che non ho quasi mai sentito come tale, come ora fatico a vederlo come un buon marito per mia madre.

Allora era freddo, distante, imperioso, ora gli sono rimasti solo il silenzio e l’accettazione, per scusarsi con la sua famiglia di tutto ciò che ci ha fatto passare.

Non lo perdonavo allora, per me, come non lo perdono adesso, per mia madre.

E’ un uomo che non ha mai avuto mezze misure, se allora era duro e inflessibile, ora è inesistente.

Forse è per questo che scuso più lei di lui.

L’uomo che è diventato Potter invece rispecchia il ragazzo che è stato: un carattere forte, ora ragionevole grazie agli anni e all’esperienza

Non ha mai fatto sconti, ma è sempre stato molto più assennato di noi, almeno alla luce dei fatti. Non credo abbia visto più lontano di una possibile morte per mano del Signore Oscuro, ma ha continuato per la sua strada. Ovviamente, anche noi Malfoy l’abbiamo fatto, ma di certo siamo stati miopi sui possibili risultati.

E’ questo che lei ha visto in lui? Oppure si è scoperta in grado di dispensare ancora l’amore che teneva soffocato e che non ha mai potuto esternare a mio padre?

Molti dicono che mia madre sia una donna fredda, ma non la conoscono affatto. E’ sempre stata controllata, schiacciata dalla convenzione sociale e dal ruolo che mio padre le aveva attribuito, sopportando tutto per l’affetto che gli portava e che riversava su di me il più possibile.

Mi ritenete infantile, se assolvo lei e non assolvo lui?

Probabilmente lo sono, ancora, ma certe ferite lasciano cicatrici impietose sulle nostre anime, segni che copriamo di domande e che nessuna risposta potrà mai cancellare.

Così ci troviamo ancora qui, a cena, noi quattro: io e il mio una volta augusto genitore a fare da contorno a un incontro che rimane rispettabile in superficie, ma sa di tradimento fino all’osso.

Eppure non diciamo nulla, nulla che riguardi ciò che entrambi sappiamo e vediamo così palesemente. Non ci sono prove, questo è vero, ma il tocco delicato delle dita bianche di mia madre sulla mano del nostro ospite è di per se una dimostrazione più che evidente, come il suo non ritrarre la mano imbarazzato o altero, ma lasciarla sotto quella di lei, a percepirne il calore e la morbidezza, tranquillamente, quasi fossero soli.

Non ricordo di aver mai visto i miei genitori scambiarsi un gesto simile, e di nuovo incolpo mio padre. Si fosse dimostrato più umano, l’avesse trattata con meno distacco, forse ora non si troverebbe in questa situazione disdicevole. O forse saremmo morti tutti a causa sua, per non esser stato sufficientemente freddo e calcolatore in un ambiente in cui le debolezze non venivano perdonate.

Merlino solo sa come fosse mio padre da giovane. Ambizioso, certo, affascinante ma insidioso e letale come un serpente velenoso, e forse anche coraggioso e indomito come il drago di cui mi ha dato il nome.

Questo deve aver visto mia madre, allora, ciò che né io né lei ormai vediamo più.

E in lui, ora, cosa intravede? Per quale motivo ci troviamo a recitare questa squallida commedia di finta cortesia? Vorrei urlare, accusarli e andarmene, ma la solita educazione me l’impedisce, o lo fa la presenza di mio padre che, se non per lui, Potter, per me è ancora un freno.

Vorrei sfidarlo a duello; ne ricaverei forse onore per me, ma non certo il rispetto di mia madre e, sospetto, neppure l’approvazione di mio padre. Alla fin fine, non ne trarrei vantaggio alcuno, per cui, nella miglior tradizione della nostra casata e dello spirito che ci ha comunque condotti fin qui, farò buon viso all’ennesima vittoria di Potter su di me, ingoiando come al solito bile e orgoglio.

§§§§§§

L’occasione per affrontare Potter riguardo al suo ambiguo rapporto con mia madre si è presentata l’altro ieri. O dovrei dire di aver orchestrato il tutto, mascherandolo sotto l’ennesimo invito, stavolta accettato, ad una partita a Quidditch uno contro uno. Ha acconsentito con il guizzo di una riserva negli occhi: più che il dubbio, la consapevolezza che saremmo giunti a quell’argomento, il tabù di questi nuovi tempi, un segreto di famiglia tenuto strettamente nascosto negli stipi dei loro animi, ma così evidente, se si vuole vedere.

Questi pomeriggi di fine maggio sono perfetti per volare. Non fa troppo caldo, le giornate sono lunghe e i cieli sufficientemente tersi e scevri di nuvole.

Ci siamo diretti al campo, scambiando qualche parola. Vedevo che era teso, così ho intavolato argomenti innocenti, conditi da un po’ di battute, per farlo sentire a suo agio. Oh, non mi preoccupavo certo della sua tranquillità, ma con gli anni sono diventato più furbo e sottile. L’irruenza della mia giovinezza si è affinata, come una lama affilata e discretamente riposta nel fodero della cortesia. Fino al momento di essere usata.

Dopo aver liberato il boccino ci siamo alzati in volo, praticamente all’unisono. Quasi mi duole ammetterlo, ma sulla scopa è sempre uno spettacolo: tutto istinto, levigato da anni di allenamenti per prendere confidenza con le sue capacità innate, dove io sono un concentrato di tecnica millimetricamente applicata. Mi batte anche in questo, ma mi difendo sicuramente bene.

Dopo almeno mezz’ora di volo senza avere realmente cercato il nostro obiettivo dorato, comincio a vederlo distratto, non insofferente alla mia presenza, non ancora per lo meno, ma sicuramente con la mente altrove. Forse al suo ultimo pomeriggio con mia madre.

“Se ti sei stancato possiamo atterrare e riposarci un po’,” gli suggerisco.

Lui mi guarda, annuisce senza parlare e comincia a planare verso il centro del campo. Una volta poggiati i piedi a terra scavalca la scopa e aspetta che lo raggiunga. Non faccio in tempo a fermarmi che già comincia a parlare, lasciandomi un po’ stupito e fermo, con la scopa tra le gambe.

“Mi rincresce, Draco, ma oggi non riesco a concentrarmi. Ho la mente altrove, e siamo troppo vicini e troppo lontani da…”

“Da casa mia, dove c’è mia madre,” lo interrompo. Scuoto la testa come per schiarirmela, smonto dalla scopa e mi avvio agli spogliatoi.

Lui mi segue senza una parola, ma sento che si blocca e così mi fermo, a venti passi da lui, che riprende le mie ultime parole.

“Sì, tua madre. Smettiamola di girarci intorno, dimmi quello che devi e potremo tornare almeno ad ignorarci. Sappiamo benissimo che non t'importa nulla di guadagnarti la mia amicizia e che l’unica cosa che vuoi è sapere il perché.”

Mi sono girato furioso, ma al contempo sollevato. Non ero più costretto a fingere, potevo vomitargli addosso tutto il risentimento che covo nei suoi confronti, aumentato a dismisura negli ultimi quindici mesi.

“Ho passato sei anni della mia vita ad odiarti, e non sapevo forse nemmeno la vera ragione, e altri sei a far finta che tu non esistessi. Durante quello in mezzo ero troppo occupato a tentare di sopravvivere per dovermi preoccupare di te. Ma ora che dovrei cercare di godermi la mia vita e dimenticarmi della tua esistenza, tu torni e mi dai un vero motivo per detestarti, per rialimentare quell’odio. Non mi interessa conoscere le tue ragioni, voglio solo che tu sparisca di nuovo, e torni all’oblio nel quale eri finalmente caduto.”

Lo so di essermi comportato quasi come un bambino capriccioso. Quasi. Non si parlava di giocattoli o partite perse, si parlava della mia famiglia, di quell’equilibrio instabile e fragile che lui aveva scardinato; non m’importa nemmeno di quel che direbbero i “nobili” come noi, una mandria di servili lacchè pronti a strisciare ai piedi dei potenti di turno con la stessa velocità con cui abbandonano chi non lo è più. Come noi. Non m’interessa più l’approvazione di quella parte di Mondo Magico, ma non voglio nuovamente sottostare allo scherno degli altri, di quelli che non ho più la possibilità di calpestare come vorrei, bloccato dagli eventi, da mio padre, da mia madre.

Non posso cambiare il resto della società, ma voglio mantenere intatto il mio piccolo mondo famigliare. Per cui, al diavolo tutti quanti, e che si fotta pure Potter.

§§§§§

Sono passati due mesi da quel confronto.

Lui mi ha lasciato al campo da Quidditch con la mia furia e nessuna certezza sulle proprie intenzioni, ma ha declinato ogni invito di mia madre, che non sembra comunque voler demordere, con gentile fermezza.

Due sere fa, dopo una cena tesa e silenziosa, ci siamo trovati nel salotto piccolo, io e lei, con un muro di vuoto rancoroso a dividerci, eretto da entrambe le parti. E’ stato allora che le ho annunciato che mi trasferirò due mesi all’estero per curare l’apertura di una fabbrica di pozioni. Il fatto che lo sapessi da tempo ma non gliel’abbia detto mi ha permesso di tenerla sulle spine, dopo la discussione con Potter, lasciandole credere che non le avrei concesso, silenziosamente, di vederlo ancora e che rimanevo in Inghilterra per controllare la situazione.

Sì, mi sono erto a difensore dell’onore di mia madre, ma soprattutto a difesa di un nome che non necessita altri colpi alle fondamenta, dopo che mi sono sforzato di risollevarlo dal fango in cui era finito. Non voglio vi ricada per un sordido “affaire”. Purtroppo, un'eventuale sincerità di sentimenti da parte dei due protagonisti non verrebbe nemmeno presa in considerazione, per lasciare spazio a dicerie, chiacchiere e maldicenze su quanto la stirpe dei Malfoy sia ridotta male, se per risollevarsi non trova niente di meglio che una tresca del genere.

Ora, io so che non è così, ma non ho intenzione di dirlo a lei, né tanto meno a lui, quasi li scusassi dell’inevitabile.

Sarebbe controproducente.

Preferisco il risentimento di mia madre, che accoglie quasi con sollievo la notizia del mio viaggio. Mi auguro solo che non faccia sciocchezze, nel frattempo.

  
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