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Autore: Kylu    03/09/2013    2 recensioni
Sarebbe stato uguale, per molti versi. Di nuovo sei draconiani uniti da un custode, di nuovo cinque draghi a combattere al loro fianco.
Eppure sarebbe stato diverso. Da molti punti di vista, peggiore. Più cruento.
Molto sangue sarebbe stato versato, perchè questa volta sarebbero stati umani contro umani e draghi contro viverne, in una lotta millenaria che nonostante gli sforzi per ripristinare la pace era ripresa, un anno più tardi rispetto all'ultimo scontro con Niddhogr.
Draghi e draconiani, separati nel corpo, ma uniti più che mai nel cuore e nella mente.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sorpresa, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Quindi, fammi capire… Secondo il tuo sogno, visione o quel che era… Al vecchio tempio di Thuban sotto il lago sarebbe rinata una Gemma dell’Albero del Mondo, ma un qualcosa di oscuro sta cercando di neutralizzarla, se non l’ha già fatto… Sembrerebbe l’inizio di una nuova guerra tra Draghi e Viverne, ma noi non possediamo più i poteri dei draghi, e poi è tutto concluso, quindi tutto ciò… E’ da pazzi” concluse Fabio.
Era mattina presto, Sofia aveva appena finito di raccontare a Fabio il sogno – o meglio incubo - della notte passata.
“Lo sapevo che non mi avresti creduta. Ma non era un sogno normale, lo capisci? Io sento che sta succedendo qualcosa!”
“E chi ha detto che non ti crede?” chiese Fabio. “Ho solo detto che è da pazzi. Ma ti ricordo che anche avere alle spalle un passato da Draconiani è da pazzi. E poi io sto dalla tua parte qualunque cosa succeda, sempre, ricordi? Quindi ti credo. Piuttosto… come facciamo a scendere là sotto senza l’attrezzatura del professore?”.
La ragazza ci mise un po’ a metabolizzare la domanda.
“Aspetta… scendere lì sotto? Stai dicendo di andare al tempio e vedere cosa succede? Questo si che è da pazzi! Fabio, ti ricordo che non siamo più Draconiani, se qualcosa dovesse attaccarci mentre siamo là saremmo morti prima di riuscire anche solo a vedere la gemma, ammesso che sia davvero lì!”.
“Allora cosa vorresti fare? L’hai detto anche tu che non è un sogno normale. Dobbiamo controllare… E poi rifletti: se la gemma è davvero lì ci proteggerà. Se non c’è, non avremo nulla da cui difenderci. Penso che però dovremmo andare solo noi due… non mi va di illudere gli altri con una storia e poi magari scoprire che non c’è effettivamente nulla”.
“Su questo sono d’accordo” disse Sofia. “Sarà per stanotte. Vedi di pensare a qualcosa, io provo a controllare se per caso in questa cavolo di casetta è rimasto qualcosa della vecchia villa del professore… D’altra parte, per esempio, camera mia è rimasta invariata: magari da qualche parte troverò qualcosa dei vecchi possedimenti del prof che possa aiutarci”.
“Sta arrivando Schlafen! Io scappo, a dopo” mormorò in fretta il ragazzo, per poi aprire la finestra e cominciare a calarsi giù. Ormai conosceva gli appigli migliori a memoria – da quando si era trasferito lì, era il loro sistema di sicurezza per non farsi beccare insieme dal prof, nonostante non ci fosse nulla di male in quello che facevano: chiacchieravano, perlopiù, e ogni tanto ascoltavano musica insieme o guardavano un film. In pochi secondi, il ragazzo sparì dalla vista di Sofia.
In quel momento entrò nella stanza Thomas. Reggeva un vassoio con un bricco di latte, una tazza di caffè e un paio di cornetti fatti in casa. “Buon giorno signorina Sofia. Passato bene la nottata? Devo avvisarla che la signorina Lidja ha appena chiamato per chiedere quando potete vedervi, dice di avere delle cose importanti da riferirle. Le ho detto che poteva passare tra un’ora” disse il maggiordomo con il suo forte accento tedesco.
Nonostante non avesse più l’aria ottocentesca che aveva avuto nella sua “altra vita”, i suoi modi di fare rimanevano pomposi e solenni, conferendogli un’aria buffissima.
“Ottimo, allora faccio una doccia, mi vesto e vengo giù… Grazie, Thomas” disse lei congedandolo.
Sessanta minuti dopo, puntuale come un orologio svizzero, si presentò alla porta Lidja, imbacuccata in un lungo cappottino viola e una sciarpona bianca dall’aria morbidissima.
Ora che la villetta del professore, dopo l’ultima battaglia, si era trasformata in una villa normale con una strada asfaltata poco distante da essa, andare e venire era molto più agevole, così come lo era mantenere i contatti con il resto del mondo.
Lidja buttò le braccia attorno al collo dell’amica. “Sof! Mi sei mancata” disse stringendola.
“ma ci siamo viste l’altroieri” rise Sofia. “Comunque… vieni dentro, e dimmi tutto” disse chiudendo la porta e facendo accomodare l’ex draconiana.
“Ecco… questa notte ho fatto un sogno, diciamo” cominciò Lidja quando entrambe furono comodamente sedute su un divanetto imbottito in biblioteca. “Mi trovavo a Villa Mondragone, hai presente? Il luogo dell’ultima battaglia. Beh, ero lì, da sola, sarà stato il crepuscolo. Sembrava tutto tranquillo, e io mi godevo gli ultimi raggi del sole e un venticello fresco che… Non era inverno come ora, era primavera, penso”. S’interruppe e chiuse gli occhi, come cercando di rievocare al meglio il sogno.
“Ma di colpo… il mondo si è trasfigurato, ed è diventato più o meno com’era a Benevento dopo l’incantesimo di Ratatoskr sul noce… C’era questa foresta, terribile, i tronchi neri che spuntavano ovunque, e un nevischio rosso sangue… è stato proprio per quest’ultimo che ho alzato gli occhi, perché fino ad un secondo prima c’era bel tempo… e così ho visto: il cielo era livido, e proprio sopra la mia testa si scontravano draghi e viverne. Quella non era neve, ma il loro stesso sangue. La battaglia infuriava, e io non potevo fare niente, niente…”
Sofia passò un braccio attorno alle spalle dell’amica, evidentemente sconvolta dal ricordo. “Ma poi d’un tratto in quel paesaggio terribile ho intravisto qualcosa. Come una piccola luce verde chiaro che brillava a intermittenza. E quando mi sono avvicinata per vedere cosa fosse, ho riconosciuto la gemma. In quel momento ho alzato di nuovo gli occhi e ho riconosciuto uno dei draghi: era Rastaban, il mio Rastaban, capisci? Lui si è girato verso di me e mi ha guardata negli occhi, e in quel momento mi sono sentita di nuovo piena dei miei poteri, completa come non lo siamo da tempo ormai… Però quel momento di distrazione gli è costato il morso di una viverna che gli ha strappato un’ala. La mia visuale si è riempita di sangue, e io non ho visto più nulla”.
Sofia rabbrividì. Quell’incubo era decisamente più spaventoso del proprio. Decise, al momento, di non parlarne all’amica: era già abbastanza spaventata così, e poi… lei e Fabio avevano deciso di tenere per loro quella storia, in modo da non illudere gli altri…
“Lidja, era solo un incubo. Capisco che ti abbia sconvolta, ma pensa così: era solo uno stupido sogno, ormai siamo fuori dalla guerra, siamo fuori da tutto questo… devi stare calma”.
La ragazza annuì, ma non sembrava convinta.
“Senti, lo so che è stupido, ma… possiamo controllare una cosa? Ti prego” chiese.
Sofia la guardò incerta, poi annuì. “Se pensi che ti faccia star meglio…”
Lidja si alzò, tese la mano a Sofia e si avvicinò al vecchio tavolo di legno al centro della biblioteca. Poi si chinò vicino ad una delle gambe e cominciò a passare le dita sulla superficie liscia, come in cerca di una protuberanza nascosta. Sofia capì al volo.
“Oh, no, Lidja, lo sai che non è possibile. Questa casa non è più quella di una volta, non c’è assolutamente nulla sotto-” Sofia fu interrotta da uno strano rumore, uno scricchiolìo del pavimento sotto di se. Lidja si rialzò, l’aria trionfante.
In quel momento, tutto il pavimento attorno al tronco si aprì in una cavità con una serie di gradini in discesa che si perdevano nel buio.
“Tombola” esclamò la ragazza. “Sofia, ti ripresento… il Dungeon!”
 
                                                                       ***
 
Avevano subito chiamato tutti gli altri.
Fabio, Karl, Ewan e Chloe si erano presentati immediatamente, con la scusa ufficiale di un pomeriggio di studio insieme, e ora erano chiusi in biblioteca di fronte a quel passaggio che conoscevano a memoria.
L’accesso alle stanze sotterranee della casa era rimasto invariato, o almeno così pareva, per quello che potevano distinguere al momento: non si erano ancora arrischiati ad andare oltre i primi tre gradini. Sofia e Fabio si guardavano, nervosi. Erano ancora convinti di non raccontare niente agli altri fino a quando non avessero scoperto ciò che li aspettava nelle profondità del lago di Abano.
“Allora… chi va per primo?” chiese nervosamente Ewan. Era in piedi, mano nella mano con Lidja,  nel punto esatto in cui un tempo sorgeva l’albero che svettava in mezzo alla villa.
“Nessuno” affermò Sofia con decisione. “Non per ora, almeno. Dobbiamo aspettare un giorno in cui il professore e Thomas non siano in casa. Oggi potrebbero entrare in qualsiasi momento e saremmo nei guai fino al collo…”
“Aspetta... Domani sera non sono qui, in teoria, giusto?” chiese Chloe. “Ho sentito mia madre parlare al telefono con il prof, e mettersi d’accordo per una cena tra loro due, Thomas e Alma. Penso che volesse parlare di…” non concluse la frase, ma dal suo sguardo Sofia capì cosa intendesse dire. Fabio.
Fabio era l’unico di loro sei a non avere una vera e propria famiglia. Ewan e Chloe si erano trasferiti con la madre a pochi chilometri dalla casa di Sofia. Lidja viveva ancora con il circo, ma era stata finalmente legalmente adottata da Alma, la donna a capo del circo, ora sempre più grande e stanziato definitivamente nella periferia di Roma. Sofia e Karl avevano il professore, padre adottivo di entrambi, anche se il ragazzo passava la maggior parte delle sue giornate in giro per biblioteche a studiare o a sperimentare le sue stravaganti invenzioni. Fabio era invece ancora solo. Viveva nel garage della villa, adibito a stanza con tanto di mobilia e poster alle pareti, grazie a qualche storia stravagante raccontata a Schlafen e all’estrema simpatia e dolcezza che quest’ultimo dimostrava a tutti gli ex-draconiani, come se inconsciamente ricordasse ciò che avevano passato insieme.
“Giusto, brava! Allora ci vediamo domani sera qui, d’accordo? Entreremo lì sotto e scopriremo se il Dungeon è davvero rimasto quello di una volta” decise Sofia. Gli altri annuirono. Era ancora lei a prendere le decisioni: d’altra parte era stata il capo del gruppetto, e in maniera naturale, quindi, lo era ancora.
“Io vado” disse Fabio, asciutto. “Aspetta, ti accompagno…” disse la rossa, seguendolo verso la porta.
“Aspettami all’una in camera tua, lascia la finestra aperta. Arriverò con tutto il necessario, mute da sub, bombole. Vedi di non addormentarti aspettandomi” disse lui, una strana durezza nella voce.
“Fabio, che è successo? Aspetta…” provò a dire lei, ma lui era già uscito. La ragazza scosse la testa, incolpandosi come sempre degli scatti scorbutici del ragazzo. Poi tornò in biblioteca, e si predispose ad una lunga giornata di attesa.
 
                                                                                  ***
 
Fabio aspettò che la villetta scomparisse dietro l’angolo, poi cominciò a correre lungo la strada. Non si fermò finchè non ebbe più fiato in corpo. Si appoggiò ad un lampione e si lasciò scivolare fino a sedersi per terra, la faccia sprofondata nelle mani, come a rifiutare la possibilità di piangere.
Chloe non l’aveva detto esplicitamente, ma Fabio lo sapeva già. Lei gliel’aveva solamente ricordato. Gli adulti si sarebbero riuniti per parlare di lui… beh, non proprio: si trovavano per parlare di cosa farsene di lui.
Era un ragazzo allo sbando, senza genitori, senza nessun familiare su cui contare. Karl aveva provato diverse volte a convincerlo di mettersi a studiare: a parere suo Fabio era semplicemente un genio della matematica, e tanto talento era sprecato… Fabio non ci aveva neppure provato. A pensaci bene, non aveva nemmeno preso in considerazione l’idea. Aveva quasi diciott’anni, alle spalle una carriera scolastica a dir poco disastrosa. E poi, anche ammesso che fosse riuscito a conseguire il diploma di maturità, chi gli avrebbe pagato poi gli studi? Non aveva un soldo, e non aveva intenzione di pesare ulteriormente su Schlafen, che già gli permetteva di dormire a casa sua e che spesso lo sfamava addirittura.
Era un essere inutile. Nient’altro. Giovane e forte, si, ma senza un’istruzione, senza lavoro, senza un soldo, senza una minima prospettiva di un futuro roseo di fronte a se.
E finalmente giunse alla conclusione sulla quale stava lavorando ormai da settimane, da mesi.
Sarebbe sparito.
Anzi, rettificò, avrebbe risolto quella faccenda, e poi sarebbe sparito.
Per andare dove, non lo sapeva. Si sarebbe allontanato il più possibile da lì, in modo che anche se avessero provato a cercarlo, non avrebbero mai potuto trovarlo. E poi sarebbe tornato a vivere come faceva prima della storia con i draconiani, rubacchiando in giro, vivendo alla giornata. Solo, questa volta, senza poteri da draconiano ad aiutarlo. Non era una prospettiva molto allettante, ma almeno avrebbe smesso di procurare danni alle persone a cui teneva.
Sarebbero stati tutti meglio senza di lui: il professore, su cui avrebbe smesso di pesare così tanto, i suoi amici, che avrebbero smesso di doversi preoccupare per lui, la madre di Ewan e Chloe, che sembrava tenere parecchio a lui e, di conseguenza, preoccuparsi a sua volta. E, soprattutto, Sofia. La sua Sofia.
Dopo l’ultima battaglia, quando si erano ritrovati, si era convinto che mai avrebbe più dovuto lasciarla sola. Mai più. Erano fatti l’uno per l’altra, e da soli sarebbero stati per sempre incompleti, vuoti. Non aveva più avuto paura di tenere a lei, di amarla con tutto se stesso, perché sapeva che lei non se ne sarebbe mai andata, mai l’avrebbe lasciato solo. E infatti, ancora una volta, sarebbe stato lui a sparire. Ma questa volta, esclusivamente per il suo bene. L’avrebbe odiato, probabilmente: meglio così, l’avrebbe dimenticato più in fretta.
Il fatto era che non aveva nulla da offrirle, se non tutto l’amore di cui era capace, che però spesso nemmeno sapeva dimostrare. Molte volte si era immaginato come sarebbe stato costruire una vita al suo fianco: avere una casa, svegliarsi ogni mattina accanto a lei senza più doversi nascondere, tornare da lavoro e trovarla lì, con il suo sorriso a scaldargli il cuore e i suoi capelli indomabili in cui affondare le mani. Sposarsi. Avere dei figli, magari.
Niente di tutto questo sarebbe mai potuto realizzarsi. E tanto valeva non farle sprecare altro tempo con lui. Lei meritava uno che ci sapesse fare, uno con la famiglia giusta, i soldi giusti, la testa giusta.
Si. Avrebbe risolto questa storia – la gemma che sembrava essere rinata, gli strani sogni premonitori delle ragazze – e poi se ne sarebbe andato, una volta per tutte.
 


SPAZIO AUTRICE
Buongiorno lettori! Scusatemi per avervi fatto aspettare così a lungo con il secondo capitolo, cercherò di aggiornare più velocemente in futuro.
In questo capitolo ho voluto dedicare parecchio spazio a Fabio che, oltre ad essere il mio personaggio preferito per vari motivi, si ritroverà ancora una volta ad avere un ruolo molto importante nella vicenda. E’ cambiato, Fabio, è cresciuto e maturato parecchio, ma molti suoi timori sono rimasti invariati. E ora tutto si traduce in questo: non sentirsi mai abbastanza, non sentirsi giusto, soprattutto per Sofia. E ancora una volta decide di sparire. Ma questa volta non per se stesso.
Intanto i misteri si moltiplicano: anche Lidja ha fatto uno strano sogno – una visione premonitrice, forse? – e i ragazzi hanno fatto una scoperta straordinaria: sotto la facciata ordinaria della villa di Schlafen si apre ancora quel labirinto di corridoi e stanze del Dungeon…
Nel prossimo capitolo vedremo finalmente Sofia e Fabio alle prese con il lago di Abano e il mistero della gemma. E poi, una sorpresina per il professor Schlafen…
Ma non voglio fare troppo spoiler, quindi chiudo qui. Che la storia vi sia piaciuta o meno, fatemelo sapere tramite recensione, per me è molto importante per sapere se continuare su questa strada, cambiarla o semplicemente chiudere qui.
Alla prossima, e grazie per la lettura!
Kylu
  
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