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Autore: Mirella__    03/09/2013    2 recensioni
Storia ispirata al famoso Canto di Natale di Charles Dickens.
Tre spettri faranno visita al giovane e cinico Light Yagami incitandolo a cambiare condotta, un triste destino si abbatterà sul diciassettenne in caso non accetti; in base al suo comportamento il ragazzo riceverà una dannazione eterna, oppure un qualcosa di molto più terreno che starà a lui decidere se considerarlo più come una maledizione che altro…
Genere: Commedia, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: L, Light/Raito, Un po' tutti | Coppie: L/Light
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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A Very Christmas Carol

 

2.Di lavoratori pigri, di biondi impulsivi e di perplessità

 

 

La mattina seguente presto arrivò, il cielo era limpido quel giorno, nonostante la pioggia violenta di poche ore prima.

I raggi del sole dall'enorme finestra filtravano e la camera del signorino Yagami illuminavano.

Egli sbatté le palpebre un paio di volte, poi regalò al mattino un nuovo sorriso e lesto andò a sciacquarsi il viso.

Uno strano incubo quella notte il suo sonno aveva  tormentato, quale sciocchezza!

Lo  stress doveva averlo esasperato!

Quando di prepararsi finì, andò nel suo studio e Takada e Mikami per telefono avvertì.

"Se non avete concluso il lavoro..." iniziò severo, mantenendo pur sempre un certo decoro, ma presto dovette interrompersi poiché sentì una serie di versi e scusanti: gli pareva di star parlando con dei lattanti!

"V... vede s... signore..."

"Ah! Signore di qua, signore di là, un compito vi avevo affidato e capace di concluderlo non siete stato!"

Quando sentì il figlio del capo irritato, Mikami in fretta provvide a riparare il danno causato. "No, vede, padrone, è già tutto come prestabilito, purtroppo però il proprietario della ditta cui tutto  era destinato sembra aver chiuso i battenti, in bancarotta quello stolto l'azienda ha mandato!"

Light fissò per un po' la cornetta del telefono allibito: tutta quella merce, tutte quelle spese! Avevan perso tutto e già in cuor suo si chiedeva quali decisioni dovevan esser prese!

"T... tu menti," dichiarò con voce portentosa, "sei licenziato inetto!" Urlò infine in preda ad una crisi nervosa, "quel Lawliet mi ha fregato!" Strillò con voce stridula sbattendo i pugni sul tavolo. "Sì, sono sicuro che è stata colpa sua! Avrà fatto in modo da consigliare a Mikami quella ditta, dell'imbranataggine di lui avrà approfittato!"

Così, il giovane fulmineo si alzò e a grandi falcate lo studio misurò.

Cosa fare? Come fare?

Avrebbe dovuto star più attento al suo schiavetto e adesso il suo rivale a un passo da lui era arrivato, che essere abietto!

Su e giù un altro paio di volte fece, non c'era che dire, si era proprio divertito a sue spese!

Il cervello si malmenò alla ricerca di qualche informazione che avrebbe potuto giovargli almeno un po', ma dopo ore e ore passate a rimuginar su un ben emerito nulla, dovette concludere che scervellarsi in così cruento modo non era affatto producente, dunque si costrinse a star seduto e le mani intrecciate sotto il mento portò.

L'unica cosa che alle meningi giungeva come possibile soluzione, era quella di tagliare gli eccessi, dimezzare gli operai e ridurre al minimo degli impianti i costi: la perdita così sarebbe stata riparata e - con la scusa dell’impegno - la cena con la sua famiglia poteva esser rimandata.

Lavorò tutto il dì, un minuto di pausa non si concesse; i profili di tutti gli impiegati studiò, dal più produttivo al minor, e in base a quelli eliminò gli eccessi.

Poco importava se i licenziati avesser sulle spalle una famiglia, se fosser stati più attenti sarebber stati salvati e non fuori relegati.

Lavorò molto di più il giovincello, la pausa non gli sfiorò neanche per un attimo il cervello.

Scrisse direttive e ordini su carta emanò e nessuno osò disturbarlo: i servi si muovevano silenziosi tra le mura della grande casa e nemmeno Misa Misa quel giorno a rallegrar -controvoglia del ragazzo s'intende - il suo umor nero venne.

Per questo, quando finalmente il signorino Yagami si riscosse, si sentì sicuro d’aver fatto ciò di quanto più giusto per la società fosse.

In camera si ritirò con animo gioioso, anche perché nella casa regnava un silenzio religioso.

 Il piccolo diciassettenne si massaggiò il polso destro, gli doleva come non mai - evidentemente a causa dello scrivere - dunque ignorò volutamente il livido violaceo che la sua pelle contornava e, velocemente, sdraiandosi sul letto prono si rilassò, ma a pensare presto riprese.

Mille dubbi lo assalirono insistenti e forti, l'ansia fece contorcere le povere budella nel suo corpo, mentre la paura d'aver sbagliato lo mandava in collera contro persino se stesso.

Non era convinto del suo operato, ma sapeva che era necessario, allora perché non aveva mai smesso di contemplare la situazione di quell'impiegato, che aveva cinicamente licenziato, e a quella del figlioletto di lui tanto malato?

Ma no, doveva smetterla: non era da Light dubitare e non avrebbe iniziato di certo quella sera!

Ma cari lettori, questo lui non lo sapeva; ci avrebbe ripensato certamente alla seguente notte nera e non in quelle ore che presto avrebbe vissuto.

Perché si sa sia oggi e si sapeva già allora che Yagami in tutto era efficiente, eccetto che nel togliersi i pensieri dalla mente.

Anche quella volta il manto stellato era coperto da nubi e, per quanto incredibile potesse sembrare, più del cielo stesso erano oscure; la pioggia violenta cadeva, ma il suono ben udibile era.

Il signorino beatamente si crogiolava nel fragore dei tuoni e nella luce dei lampi da cui la stanza di tanto in tanto era abbagliata. 

Sonno neanche stavolta prendeva, ma da dire c'era che, nonostante avesse tanto lavorato, mai in vita sua era stato in tal modo riposato.

Dunque, nuovamente a sedere sul letto si pose e il viso alla finestra interessato rivolse.

Il giovane notò come in sé covasse una strana sensazione di distacco, si sentiva così apatico, ma anche insofferente al mondo e ai suoi doni: come se il freddo non potesse più nuocergli, come se nemmeno il caldo potesse farlo soffrire; a sormontare su queste potenti emozioni, c'era quella che più lo confondeva, ossia il disinteresse verso ciò che attorno gli accadeva.

Via dalle spalle scivolò il fardello dell'operaio e del figlioletto; ancor più leggero si sentì il ragazzo, tanto che gli sembrò di poter volare! 

Sul punto d'alzarsi dal letto fu, ma, quando provò le lenzuola a scostare la mano, non le scompose e come se nulla le avesse toccate restaron lì, immobili e composte.

Delle risa violente, di colpo, la stanza inondaron e il povero Light per poco non svenne nell'udir un simile tono.

Le porte vennero spalancate e un vortice di vento, nonostante le finestre serrate, la camera invase, via via, sempre più violento!

Yagami iniziò a guardarsi intorno e, quando gli occhi sul suo stesso giaciglio gravaron, si alzò di scatto e portò le mani alla castana chioma.

"Son morto?"' Urlò al vento disperato, vedendo il suo corpo tra le soffici lenzuola adagiato.

A quelle parole le risa di volume s'alzarono, mentre le tende presero a svolazzare, i libri giù dalla libreria con foga iniziarono a schizzare, gli antichi volumi a caso si aprivano e strappate le pagine dalle violente folate di vento finivano!

Le ante degli armadi sbatterono più volte nella stanza, producendo un rumore a dir poco assordante, mentre una nebbia, proveniente da Dio solo sapeva dove, si concentrava al centro della camera.

Ancora il nostro protagonista imprecava verso il se stesso dormiente e si domandava di come fosse stata possibile tale disgrazia!

Si disperava, le mani ai capelli si portava e caso certo non faceva alla nebbia che andava ad uniformarsi e compattarsi formando un mulinello illuminato all'interno da mille e più fulmini.

Solo un urlo riuscì a distogliere Light dalle sue elucubrazioni, ancora più forte e certamente mille volte più inquietante delle risa.

"Io sono il PRIMO che arriva dei tre spettri, mi chiamo Mihael Keehl, fantasma dei Natali passati. Chi mi ha dato questo sciocco ruolo proprio non saprei, ma giuro che, se trovo lo stolto che in rima sta cercando di farmi parlare, non lo farò arrivare affatto al prossimo Natale!"

La richiesta dell'irruento fantasma venne presto accolta, ma, di Light, la reazione alla sua presenza non fu altrettanto accorta.

"Non stavo prestandovi attenzione, oh nobil uomo, e non posso tuttora, guardate quel mio bel giovane corpo, senza una vita che lo ospita andrà in malora! Alla mia promessa sposa verrà un colpo!"

E giusto mentre Light pensava ai vantaggi di quest'ultima possibilità, il fantasma per il polso lo prese e ad alzarsi lo costrinse, riuscendo a metterlo persino a disagio, poiché lo scrutava con sin troppa intensità.

"Bene, già mi hanno costretto a venire fin qui, come se io non avessi niente di meglio da fare durante la notte di Natale! Ma almeno possiamo sbrigarci? Spero che tu sia pronto, quindi, Yagami, adesso vieni con me e dei tuoi errori ti farò render conto!"

Ma l'interpellato indietro si sbilanciò: di seguire quell'estraneo proprio non se ne parlava!

Il suo corpo! Il suo stupendo corpo!

Quella era la sua prima preoccupazione, altro che fantasma!

Così il ragazzo ragionava e tra le braccia si stringeva cercando almeno un po' di conforto.

Mello sospirò, tirò ancora verso di sé il signorino e gli urlò contro: "non sei morto! Il tuo passato ti devo mostrare, ma di certo nella tua forma terrena non lo posso fare!"

Light infine si calmò dopo aver studiato per tre minuti l'accaduto, dunque quello della notte precedente non era stato affatto un sogno, che cosa inattesa! Ma anche incredibilmente interessante…

"Allora," iniziò il fantasma a spiegare, forse in modo sin troppo sbrigativo. "Hai ignorato una bambina che alla tua porta era venuta a cantare, fatto scappare la tua fidanzata che ti voleva solo coccolare, impedito a due coniugi di festeggiare e tutto ciò nella vigilia di Natale! Per non parlare poi del fatto che hai ignorato al telefono tua madre che, poverina, da lei ti aspettava; lasciato tua sorella fuori dalla porta inutilmente ad aspettare e mille e più operai hai deciso di licenziare,  tutto nel giorno di Natale, ma cosa mai ti salta in mente? Sei una canaglia! Dovresti sparire nella più fitta boscaglia!"

Light inarcò un sopracciglio e infine chiese, non riuscendo a trattenere un briciolo di curiosità: "se é lecito domandare, perché mai tanta pena vi date? Sembra che io abbia offeso la vostra persona per prima, ma non mi pare d'avervi dato ragione di tale ira".

"Ira?" Chiese il fantasma non riuscendo a trattenere una risatina, "vedi, non sono in collera con te, anzi, tutt'altro, voglio farti i miei più sinceri complimenti, io stesso faticherei a mantenere un simile atteggiamento  in un giorno cui la gente è in tale fermento!"

"E allora perché mi state dando il tormento!?" Esclamò Light tornando a piangere di nuovo al suo capezzale.

Mello sbuffò spazientito e invitò con un cenno del capo il ragazzo fuori sul balconcino, ma la pioggia ancora incessante cadeva, ragion per cui il signorino scosse la testa.

"Non ti bagnerai, non hai corpo, Yagami, quindi vieni con me e non dubitare".

Una volta fuori il giovane si meravigliò di come la pioggia funesta non lo toccava e di come il freddo indifferente gli sembrava.

"Perché ogni anno noi tre fantasmi decidiamo chi sia il più cinico degli umani," riprese lo spettro con il viso rivolto a scrutare l'orizzonte. "Ebbene Yagami, tu sei la medaglia d'oro del nostro podio, peggio di te non ne esistono e ne sarei onorato,  in un certo senso, se un simil primato mi sarebbe affibbiato".

Light si zittì a quelle parole, non riusciva a credere a ciò che aveva udito: lui... cinico? Il primo tra i cinici?

"Ehi, sveglia," disse il fantasma infastidito nel non aver gli occhi altrui puntati addosso. "Ora noi andremo giù, nei meandri del tuo passato, ti farò vedere perché così sei diventato".

E senza lasciar tempo al ragazzo di metabolizzare quanto detto, con uno scatto fulmineo lo spintonò giù dal balconcino.

Urlò forte, Yagami, durante quella caduta, non tacque neanche un attimo quella povera anima sperduta!

Solo quando su un piano gli sembrò di trovarsi e tutto divenne nero iniziò la voce a mancargli, così una mano al volto portò e dove si trovava di capire cercò.

Non era tutto poi così oscuro, ben mirando in quella stanza dalle strambe ambiguità, si poteva notare un certo mobilio; quando la vista si abituò per bene, poté vedere due bambini accucciati sotto le coperte di un gran lettone a baldacchino.

"Quello sono io," annunciò fiero al fantasma che dietro gli era apparso, non senza un po' d'orgoglio; in fondo Light lo sapeva: anche allora adorabile era.

Lo spettro osservò con indifferenza la scena e ancor meno attenzione diede a quella affermazione.

"Come vuoi, ma quella accanto invece chi è?" Chiese subdolo pur sapendo l'identità dell'altro scricciolo.

"É la mia sorellina," rivelò l'altro, guardando male Mihael:  era certo che lo spettro conoscesse almeno le persone che a lui erano più vicine.

"Ma che carini..." disse il fantasma guardandosi le unghie: proprio non capiva il biondo come in tale situazione fosse finito, avrebbe preferito esser sostituito! "Bene, adesso ragiona un attimo e ricorda, cosa accadeva allora?"

Light rise di cuore e si avvicinò ai due bambini.

"Mia madre preparava le calze e le appendeva sul camino, poi quando noi dormivamo le riempiva con dei doni..."

"Alt!" Lo interruppe il fantasma, poiché a contraddirlo era pronto. "Tu non sapevi che fosse tua madre a prepar tutto".

Light fece spallucce e annuì, "beh non sapevo ogni cosa, ma era logico pensar che di certo non era un personaggio inesistente a riempir le calze".

"Eppure mi sembra che tu ci credessi fermamente all'epoca". E con uno scocco di dita, il set attorno a lui prese vita!

Le luci illuminarono poco la stanza e il respiro assorto dei bambini chiaro e tondo si sentì.

Il maggiore all'improvviso si svegliò e la sorella scosse per un po'.

"Sayu, è mezzanotte, Babbo Natale sarà già venuto a farci visita!"

E con un movimento rapido e scattante, i due giù dal letto saltaron e fino alla sala da pranzo trotterellarono.

"Visto?" Disse Mello soddisfatto, mentre la sua figura iniziava a vacillare assieme alla cameretta.

Stavan cambiando luogo, quel marrano di un fantasma almeno avrebbe potuto avvisare!

A Light venne da rimetter pranzo e cena durante il suo viaggio nello spazio e nel tempo, tanto che, quando si ritrovò in un parco, dovette persino sedersi su un'altalena.

"A quanto pare eri un bambino come tutti gli altri," disse Mello solenne,  incrociando le braccia sul petto.

"Non direi proprio," rispose Light indicando un'altra versione di se stesso con la testa china su un libro, che stava seduto su una panchina non di lì molto distante. "Spesso coloro che hanno un pensiero troppo diverso dal prossimo vengono emarginati, ognuno di noi deve trattenere i propri impulsi e adattarsi alle regole che la società c'impone". Altri bambini arrivarono e attorniarono il ragazzino, il più corpulento tra di loro si avvicinò e l'attenzione del piccolo Light attirò.

"Posa i libri e vieni a giocare con noi!" Gli disse mostrandogli un pallone.

Il bambino annuì, riuscendo a trattenere un sospiro, e annoiato gli altri ragazzini seguì.

Aiutò persino qualcuno che era così maldestro da non riuscire a restare in piedi a causa della neve.

"Se avessi rifiutato sarei stato considerato strano e anormale, perciò preferii seguirli, almeno così, a loro apparivo uguale".

Mello un biondo sopracciglio inarcò, poi fece spallucce e ancora una volta scena cambiò.

"Questo tuo atteggiamento prese spazio anche nella tua famiglia," disse secco lo spettro, osservando come il ragazzo castano sorridesse ad una conversazione, seduto a cena con attorno i parenti, ma come, invero, non fosse minimamente coinvolto nella discussione.

"Cos'altro avrei dovuto fare?" Chiese il signorino al fantasma con fare irritato, "non potevo certo mettermi a contraddire tutti su tutto, mi avrebber cacciato". 

Il Light del passato si alzò dal tavolo una volta finito di cenare, pulì e rassettò quanto aveva disordinato e in camera sua si apprestò a tornare.

"Light, oggi a mezzanotte sarà Natale, non vuoi restare assieme a noi per i regali da scartare?" E mentre la madre cordialmente gli sorrideva, il padre gli lanciò un’occhiata che per poco la vita non gli toglieva e il figlio, un po’ intimorito, annuì.

“Scusami mamma, deve essere la stanchezza,” mentì e nonostante in camera sua avesse da studiare,  a tavola si costrinse a restare.

Improvvisamente la scena si fece lontana, Light tornò indietro, catapultato, da chissà cosa, nella sua stessa camera, dentro il suo stesso corpo.

Si alzò di scatto il ragazzo e una mano alla gola portò, iniziando a boccheggiare per riprendere fiato, infine lo sguardo su Mello  fissò.

“Non mi pare abbiate ottenuto molto con questo viaggio, mi sbaglio?”

Mello sospirò e prese a percorrere a grandi falcate la stanza, poi il suo angelico volto venne illuminato da un lampo e un ghigno vi prese vita.

“Il tutto si chiarirà quando il prossimo spettro arriverà, la tua anima potrebbe essere salvata, ma non nego che dovrai lavorarci su, sempre se vorrai compiere un simil…”

“L… la mia anima? Salvata?!” Esclamò Light alzandosi per fronteggiare lo spettro. “Da cosa?”

“Da te stesso, oh giovane stolto, da te stesso e dalla dannazione eterna!” Detto questo il fantasma così com’era venuto scomparve, vale a dire:  tra vento, risate e soprattutto disordine.

Light portò una mano alla fronte e sospirò.

“Che sciocchezze,” disse ad alta voce fra sé e sé, “se il paradiso e l’inferno esistessero, allora quei tre fantasmi non dovrebber proprio lì ritrovarsi?”

Poi cominciò a sistemare  il caos che la sua stessa camera era diventata.

  
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