A
Very Christmas Carol
2.Di
lavoratori pigri, di biondi impulsivi e di
perplessità
La mattina seguente
presto arrivò, il cielo era limpido quel giorno, nonostante
la pioggia violenta
di poche ore prima.
I raggi del sole
dall'enorme finestra filtravano e la camera del signorino Yagami
illuminavano.
Egli
sbatté le palpebre
un paio di volte, poi regalò al mattino un nuovo sorriso e
lesto andò a
sciacquarsi il viso.
Uno strano incubo
quella
notte il suo sonno aveva tormentato, quale
sciocchezza!
Lo stress
doveva averlo esasperato!
Quando di prepararsi
finì, andò nel suo studio e Takada e Mikami per
telefono avvertì.
"Se non avete
concluso il lavoro..." iniziò severo, mantenendo pur sempre
un certo
decoro, ma presto dovette interrompersi poiché
sentì una serie di versi e
scusanti: gli pareva di star parlando con dei lattanti!
"V... vede s...
signore..."
"Ah! Signore di
qua, signore di là, un compito vi avevo affidato e capace di
concluderlo non
siete stato!"
Quando
sentì il figlio
del capo irritato, Mikami in fretta provvide a riparare il danno
causato.
"No, vede, padrone, è già tutto come
prestabilito, purtroppo però il
proprietario della ditta cui tutto era destinato
sembra aver chiuso
i battenti, in bancarotta quello stolto l'azienda ha mandato!"
Light
fissò per un po'
la cornetta del telefono allibito: tutta quella merce, tutte quelle
spese!
Avevan perso tutto e già in cuor suo si chiedeva
quali decisioni dovevan
esser prese!
"T... tu
menti," dichiarò con voce portentosa, "sei licenziato
inetto!"
Urlò infine in preda ad una crisi nervosa, "quel Lawliet mi
ha
fregato!" Strillò con voce stridula sbattendo i pugni sul
tavolo.
"Sì, sono sicuro che è stata colpa sua!
Avrà fatto in modo da consigliare
a Mikami quella ditta, dell'imbranataggine di lui avrà
approfittato!"
Così, il
giovane
fulmineo si alzò e a grandi falcate lo studio
misurò.
Cosa fare? Come fare?
Avrebbe dovuto star
più
attento al suo schiavetto e adesso il suo rivale a un passo da lui era
arrivato, che essere abietto!
Su e giù
un altro paio
di volte fece, non c'era che dire, si era proprio divertito a sue spese!
Il cervello si
malmenò
alla ricerca di qualche informazione che avrebbe potuto giovargli
almeno un
po', ma dopo ore e ore passate a rimuginar su un ben emerito nulla,
dovette
concludere che scervellarsi in così cruento modo non era
affatto producente,
dunque si costrinse a star seduto e le mani intrecciate sotto il mento
portò.
L'unica cosa che alle
meningi giungeva come possibile soluzione, era quella di tagliare gli
eccessi,
dimezzare gli operai e ridurre al minimo degli impianti i costi: la
perdita
così sarebbe stata riparata e - con la scusa
dell’impegno - la cena con la sua
famiglia poteva esser rimandata.
Lavorò
tutto il dì, un
minuto di pausa non si concesse; i profili di tutti gli impiegati
studiò, dal
più produttivo al minor, e in base a quelli
eliminò gli eccessi.
Poco importava se i
licenziati avesser sulle spalle una famiglia, se fosser stati
più attenti
sarebber stati salvati e non fuori relegati.
Lavorò
molto di più il
giovincello, la pausa non gli sfiorò neanche per un attimo
il cervello.
Scrisse direttive e
ordini su carta emanò e nessuno osò disturbarlo:
i servi si muovevano
silenziosi tra le mura della grande casa e nemmeno Misa Misa quel
giorno a
rallegrar -controvoglia del ragazzo s'intende - il suo umor nero venne.
Per questo, quando
finalmente il signorino Yagami si riscosse, si sentì sicuro
d’aver fatto ciò di
quanto più giusto per la società fosse.
In camera si
ritirò con
animo gioioso, anche perché nella casa regnava un silenzio
religioso.
Il piccolo
diciassettenne si massaggiò il polso destro, gli doleva come
non mai -
evidentemente a causa dello scrivere - dunque ignorò
volutamente il livido
violaceo che la sua pelle contornava e, velocemente, sdraiandosi sul
letto
prono si rilassò, ma a pensare presto riprese.
Mille dubbi lo
assalirono insistenti e forti, l'ansia fece contorcere le povere
budella nel
suo corpo, mentre la paura d'aver sbagliato lo mandava in collera
contro
persino se stesso.
Non era convinto del
suo
operato, ma sapeva che era necessario, allora perché non
aveva mai smesso di
contemplare la situazione di quell'impiegato, che aveva cinicamente
licenziato,
e a quella del figlioletto di lui tanto malato?
Ma no, doveva
smetterla:
non era da Light dubitare e non avrebbe iniziato di certo quella sera!
Ma cari lettori,
questo
lui non lo sapeva; ci avrebbe ripensato certamente alla seguente notte
nera e
non in quelle ore che presto avrebbe vissuto.
Perché si
sa sia oggi e
si sapeva già allora che Yagami in tutto era efficiente,
eccetto che nel
togliersi i pensieri dalla mente.
Anche quella volta il
manto stellato era coperto da nubi e, per quanto incredibile potesse
sembrare,
più del cielo stesso erano oscure; la pioggia violenta
cadeva, ma il suono ben
udibile era.
Il signorino
beatamente
si crogiolava nel fragore dei tuoni e nella luce dei lampi da cui la
stanza di
tanto in tanto era abbagliata.
Sonno neanche
stavolta
prendeva, ma da dire c'era che, nonostante avesse tanto lavorato, mai
in vita
sua era stato in tal modo riposato.
Dunque, nuovamente a
sedere sul letto si pose e il viso alla finestra interessato rivolse.
Il giovane
notò come in
sé covasse una strana sensazione di distacco, si sentiva
così apatico, ma anche
insofferente al mondo e ai suoi doni: come se il freddo non potesse
più
nuocergli, come se nemmeno il caldo potesse farlo soffrire; a
sormontare su
queste potenti emozioni, c'era quella che più lo confondeva,
ossia il
disinteresse verso ciò che attorno gli accadeva.
Via dalle spalle
scivolò
il fardello dell'operaio e del figlioletto; ancor più
leggero si sentì il
ragazzo, tanto che gli sembrò di poter volare!
Sul punto d'alzarsi
dal
letto fu, ma, quando provò le lenzuola a scostare la mano,
non le scompose e
come se nulla le avesse toccate restaron lì, immobili e
composte.
Delle risa violente,
di
colpo, la stanza inondaron e il povero Light per poco non svenne
nell'udir un
simile tono.
Le porte vennero
spalancate e un vortice di vento, nonostante le finestre serrate, la
camera
invase, via via, sempre più violento!
Yagami
iniziò a
guardarsi intorno e, quando gli occhi sul suo stesso giaciglio
gravaron, si
alzò di scatto e portò le mani alla castana
chioma.
"Son morto?"'
Urlò al vento disperato, vedendo il suo corpo tra le soffici
lenzuola adagiato.
A quelle parole le
risa
di volume s'alzarono, mentre le tende presero a svolazzare, i libri
giù dalla
libreria con foga iniziarono a schizzare, gli antichi volumi a caso si
aprivano
e strappate le pagine dalle violente folate di vento finivano!
Le ante degli armadi
sbatterono più volte nella stanza, producendo un rumore a
dir poco assordante,
mentre una nebbia, proveniente da Dio solo sapeva dove, si concentrava
al
centro della camera.
Ancora il nostro
protagonista imprecava verso il se stesso dormiente e si domandava di
come
fosse stata possibile tale disgrazia!
Si disperava, le mani
ai
capelli si portava e caso certo non faceva alla nebbia che andava ad
uniformarsi
e compattarsi formando un mulinello illuminato all'interno da mille e
più
fulmini.
Solo un urlo
riuscì a
distogliere Light dalle sue elucubrazioni, ancora più forte
e certamente mille
volte più inquietante delle risa.
"Io sono il PRIMO
che arriva dei tre spettri, mi chiamo Mihael Keehl, fantasma dei Natali
passati. Chi mi ha dato questo sciocco ruolo proprio non saprei, ma
giuro che,
se trovo lo stolto che in rima sta cercando di farmi parlare, non lo
farò
arrivare affatto al prossimo Natale!"
La richiesta
dell'irruento fantasma venne presto accolta, ma, di Light, la reazione
alla sua
presenza non fu altrettanto accorta.
"Non stavo
prestandovi attenzione, oh nobil uomo, e non posso tuttora, guardate
quel mio
bel giovane corpo, senza una vita che lo ospita andrà in
malora! Alla mia
promessa sposa verrà un colpo!"
E giusto mentre Light
pensava ai vantaggi di quest'ultima possibilità, il fantasma
per il polso lo
prese e ad alzarsi lo costrinse, riuscendo a metterlo persino a
disagio, poiché
lo scrutava con sin troppa intensità.
"Bene, già
mi hanno
costretto a venire fin qui, come se io non avessi niente di meglio da
fare
durante la notte di Natale! Ma almeno possiamo sbrigarci? Spero che tu
sia
pronto, quindi, Yagami, adesso vieni con me e dei tuoi errori ti
farò render
conto!"
Ma l'interpellato
indietro si sbilanciò: di seguire quell'estraneo proprio non
se ne parlava!
Il suo corpo! Il suo
stupendo corpo!
Quella era la sua
prima
preoccupazione, altro che fantasma!
Così il
ragazzo ragionava
e tra le braccia si stringeva cercando almeno un po' di conforto.
Mello
sospirò, tirò
ancora verso di sé il signorino e gli urlò
contro: "non sei morto! Il tuo
passato ti devo mostrare, ma di certo nella tua forma terrena non lo
posso
fare!"
Light infine si
calmò
dopo aver studiato per tre minuti l'accaduto, dunque quello della notte
precedente non era stato affatto un sogno, che cosa inattesa! Ma anche
incredibilmente interessante…
"Allora,"
iniziò il fantasma a spiegare, forse in modo sin troppo
sbrigativo. "Hai
ignorato una bambina che alla tua porta era venuta a cantare, fatto
scappare la
tua fidanzata che ti voleva solo coccolare, impedito a due coniugi di
festeggiare e tutto ciò nella vigilia di Natale! Per non
parlare poi del fatto
che hai ignorato al telefono tua madre che, poverina, da lei ti
aspettava;
lasciato tua sorella fuori dalla porta inutilmente ad aspettare e mille
e più
operai hai deciso di licenziare, tutto nel giorno di
Natale, ma cosa
mai ti salta in mente? Sei una canaglia! Dovresti sparire nella
più fitta
boscaglia!"
Light
inarcò un
sopracciglio e infine chiese, non riuscendo a trattenere un briciolo di
curiosità: "se é lecito domandare,
perché mai tanta pena vi date? Sembra
che io abbia offeso la vostra persona per prima, ma non mi pare
d'avervi dato
ragione di tale ira".
"Ira?" Chiese
il fantasma non riuscendo a trattenere una risatina, "vedi, non sono in
collera con te, anzi, tutt'altro, voglio farti i miei più
sinceri complimenti,
io stesso faticherei a mantenere un simile
atteggiamento in un
giorno cui la gente è in tale fermento!"
"E allora
perché mi
state dando il tormento!?" Esclamò Light tornando a piangere
di nuovo al
suo capezzale.
Mello
sbuffò spazientito
e invitò con un cenno del capo il ragazzo fuori sul
balconcino, ma la pioggia
ancora incessante cadeva, ragion per cui il signorino scosse la testa.
"Non ti bagnerai,
non hai corpo, Yagami, quindi vieni con me e non dubitare".
Una volta fuori il
giovane si meravigliò di come la pioggia funesta non lo
toccava e di come il
freddo indifferente gli sembrava.
"Perché
ogni anno
noi tre fantasmi decidiamo chi sia il più cinico degli
umani," riprese lo
spettro con il viso rivolto a scrutare l'orizzonte. "Ebbene Yagami, tu
sei
la medaglia d'oro del nostro podio, peggio di te non ne esistono e ne
sarei
onorato, in un certo senso, se un simil primato mi
sarebbe
affibbiato".
Light si
zittì a quelle
parole, non riusciva a credere a ciò che aveva udito: lui...
cinico? Il primo
tra i cinici?
"Ehi,
sveglia," disse il fantasma infastidito nel non aver gli occhi altrui
puntati addosso. "Ora noi andremo giù, nei meandri del tuo
passato, ti
farò vedere perché così sei diventato".
E senza lasciar tempo
al
ragazzo di metabolizzare quanto detto, con uno scatto fulmineo lo
spintonò giù
dal balconcino.
Urlò
forte, Yagami,
durante quella caduta, non tacque neanche un attimo quella povera anima
sperduta!
Solo quando su un
piano
gli sembrò di trovarsi e tutto divenne nero
iniziò la voce a mancargli, così
una mano al volto portò e dove si trovava di capire
cercò.
Non era tutto poi
così
oscuro, ben mirando in quella stanza dalle strambe
ambiguità, si poteva notare
un certo mobilio; quando la vista si abituò per bene,
poté vedere due bambini
accucciati sotto le coperte di un gran lettone a baldacchino.
"Quello sono
io," annunciò fiero al fantasma che dietro gli era apparso,
non senza un
po' d'orgoglio; in fondo Light lo sapeva: anche allora adorabile era.
Lo spettro
osservò con
indifferenza la scena e ancor meno attenzione diede a quella
affermazione.
"Come vuoi, ma
quella accanto invece chi è?" Chiese subdolo pur sapendo
l'identità
dell'altro scricciolo.
"É la mia
sorellina," rivelò l'altro, guardando male
Mihael: era certo
che lo spettro conoscesse almeno le persone che a lui erano
più vicine.
"Ma che
carini..." disse il fantasma guardandosi le unghie: proprio non capiva
il
biondo come in tale situazione fosse finito, avrebbe preferito esser
sostituito! "Bene, adesso ragiona un attimo e ricorda, cosa accadeva
allora?"
Light rise di cuore e
si
avvicinò ai due bambini.
"Mia madre
preparava le calze e le appendeva sul camino, poi quando noi dormivamo
le
riempiva con dei doni..."
"Alt!" Lo
interruppe il fantasma, poiché a contraddirlo era pronto.
"Tu non sapevi
che fosse tua madre a prepar tutto".
Light fece spallucce
e
annuì, "beh non sapevo ogni cosa, ma era logico pensar che
di certo non
era un personaggio inesistente a riempir le calze".
"Eppure mi sembra
che tu ci credessi fermamente all'epoca". E con uno scocco di dita, il
set
attorno a lui prese vita!
Le luci illuminarono
poco la stanza e il respiro assorto dei bambini chiaro e tondo si
sentì.
Il maggiore
all'improvviso si svegliò e la sorella scosse per un po'.
"Sayu, è
mezzanotte, Babbo Natale sarà già venuto a farci
visita!"
E con un movimento
rapido e scattante, i due giù dal letto saltaron e fino alla
sala da pranzo
trotterellarono.
"Visto?" Disse
Mello soddisfatto, mentre la sua figura iniziava a vacillare assieme
alla
cameretta.
Stavan cambiando
luogo,
quel marrano di un fantasma almeno avrebbe potuto avvisare!
A Light venne da
rimetter pranzo e cena durante il suo viaggio nello spazio e nel tempo,
tanto
che, quando si ritrovò in un parco, dovette persino sedersi
su un'altalena.
"A quanto pare eri
un bambino come tutti gli altri," disse Mello
solenne, incrociando le braccia sul petto.
"Non direi
proprio," rispose Light indicando un'altra versione di se stesso con la
testa china su un libro, che stava seduto su una panchina non di
lì molto
distante. "Spesso coloro che hanno un pensiero troppo diverso dal
prossimo
vengono emarginati, ognuno di noi deve trattenere i propri impulsi e
adattarsi
alle regole che la società c'impone". Altri bambini
arrivarono e
attorniarono il ragazzino, il più corpulento tra di loro si
avvicinò e
l'attenzione del piccolo Light attirò.
"Posa i libri e
vieni a giocare con noi!" Gli disse mostrandogli un pallone.
Il bambino
annuì,
riuscendo a trattenere un sospiro, e annoiato gli altri ragazzini
seguì.
Aiutò
persino qualcuno
che era così maldestro da non riuscire a restare in piedi a
causa della neve.
"Se avessi
rifiutato sarei stato considerato strano e anormale, perciò
preferii seguirli,
almeno così, a loro apparivo uguale".
Mello un biondo
sopracciglio inarcò, poi fece spallucce e ancora una volta
scena cambiò.
"Questo tuo
atteggiamento prese spazio anche nella tua famiglia," disse secco lo
spettro, osservando come il ragazzo castano sorridesse ad una
conversazione,
seduto a cena con attorno i parenti, ma come, invero, non
fosse
minimamente coinvolto nella discussione.
"Cos'altro avrei
dovuto fare?" Chiese il signorino al fantasma con fare irritato, "non
potevo certo mettermi a contraddire tutti su tutto, mi avrebber
cacciato".
Il Light del passato
si
alzò dal tavolo una volta finito di cenare, pulì
e rassettò quanto aveva
disordinato e in camera sua si apprestò a tornare.
"Light, oggi a
mezzanotte sarà Natale, non vuoi restare assieme a noi per i
regali da
scartare?" E mentre la madre cordialmente gli sorrideva, il padre gli
lanciò un’occhiata che per poco la vita
non gli toglieva e il figlio, un
po’ intimorito, annuì.
“Scusami
mamma, deve
essere la stanchezza,” mentì e nonostante in
camera sua avesse da
studiare, a tavola si costrinse a restare.
Improvvisamente la
scena
si fece lontana, Light tornò indietro, catapultato, da
chissà cosa, nella sua
stessa camera, dentro il suo stesso corpo.
Si alzò di
scatto il
ragazzo e una mano alla gola portò, iniziando a boccheggiare
per riprendere
fiato, infine lo sguardo su Mello fissò.
“Non mi
pare abbiate
ottenuto molto con questo viaggio, mi sbaglio?”
Mello
sospirò e prese a
percorrere a grandi falcate la stanza, poi il suo angelico volto venne
illuminato da un lampo e un ghigno vi prese vita.
“Il tutto
si chiarirà
quando il prossimo spettro arriverà, la tua anima potrebbe
essere salvata, ma
non nego che dovrai lavorarci su, sempre se vorrai compiere un
simil…”
“L…
la mia anima? Salvata?!”
Esclamò Light alzandosi per fronteggiare lo spettro.
“Da cosa?”
“Da te
stesso, oh
giovane stolto, da te stesso e dalla dannazione eterna!”
Detto questo il
fantasma così com’era venuto scomparve, vale a
dire: tra vento,
risate e soprattutto disordine.
Light
portò una mano
alla fronte e sospirò.
“Che
sciocchezze,” disse
ad alta voce fra sé e sé, “se il
paradiso e l’inferno esistessero, allora quei
tre fantasmi non dovrebber proprio lì ritrovarsi?”
Poi
cominciò a
sistemare il caos che la sua stessa camera era
diventata.