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Autore: Pikachu4Ever    03/09/2013    1 recensioni
Fanfiction spin-off di Lawrence Trueman: Ace Attorney, ispirata alla serie di videogiochi della Capcom.
Racconta di varie vicende scollegate al mondo legale dei protagonisti e del cast di personaggi secondari attorno a loro, andando da racconti d'azione a semplici sprazzi di vita quotidiana.
La storia conterrà, oltre a personaggi di Lawrence Trueman, anche altri della serie 'Case: WL-0 - World of Lies' dell'autore The Shadow, ed altri di 'Eyes, Lies and Trusting Times' (non presente su questo sito) di Renna.
Storia in questo momento in corso: Senza via di fuga.
Genere: Azione, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lawrence Trueman'
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LTBTC2 LAWRENCE TRUEMAN: ACE ATTORNEY - SENZA VIA DI FUGA

Parte 2

[???]

"Hmph... quindi, tutte le persone che ci interessano sono dentro?"
"Sì... non abbiamo potuto chiamare il Giudice Bree Hughes nè Lauren Trueman, e suo marito Christopher Trueman è deceduto qualche anno fa... ma abbiamo fatto sì che il signor Hebert invitasse tutte le persone che ha chiesto, capo, oltre a qualche celebrità di cui non ho per nulla sentito parlare."
"Molto bene... hai anche mandato la soffiata in procura, spero."
"Ovviamente. Però... non rischieremo di causare problemi al nostro piano?"
"... Non hai prestato la minima attenzione quando l'ho spiegato, vero?"
"Ehm..."
"Questo E' il nostro piano. Dobbiamo soltanto radunare tutta quella gente nelle Torri e poi agire. Nulla di complesso, e nulla che possa fallire."
".... Non la capisco alle volte, capo."
"Tu non devi capire infatti. Solo eseguire. Io sono la mente, l'artista, il mastermind dell'opera d'arte a cui si assisterà. L'importante è la presenza di Fantom Dethlone, Samantha e Jean Watson, Lawrence Trueman... ed ovviamente lui, Travis Harley. Fintanto che si troveranno lì, il piano andrà come eseguito."
"... Non si tratterebbe solo di una semplice e misera vendetta, però?"
"Una vendetta? Certo. Una SEMPLICE e MISERA vendetta? Nemmeno per idea. Ho intenzione di fare le cose in grande ed alla perfezione. Per questo ho deciso di usare le Torri Hebert come fulcro della nostra operazione: c'è un qualcosa di poetico nell'usare il luogo in cui tutto è iniziato dieci anni fa per dare il via a tutto..."
"... Signore, sinceramente, può rispiegarmi il piano? Mi sto perdendo con tutte queste iperboli..."
"... hmph. Il problema di farsi circondare da idioti... ma non preoccuparti, avrai modo di vedere tutto in azione tra meno di qualche ora..."

Quartiere Eastwood
Entrata Torri Hebert
14 Luglio
Ore 14.40

Wow... immaginavo sarebbe stato qualcosa di imponente, ma non mi aspettavo qualcosa di COSI' grosso!
Io e Jean eravamo appena arrivati di fronte alle Torri Hebert, ed io stavo osservando l'esterno, chiedendomi quanto lavoro e soldi fossero stati usati per realizzarlo.
Di fronte a noi c'era una grossa e vasta fontana, adorante ai lati da alcune statue di divinità greco-romane (non sembravano essere estremamente significative, e penso le avessero messe principalmente per il senso di imponenza che trasmettevano) che tenevano in mano urne dalle quali sgorgava acqua, con una statua d'oro massiccio al centro della grande fontana raffigurante un uomo in giacca e cravatta, con 'KURT HEBERT - Owner of the Hebert Towers' scritto in caratteri cubitali al di sotto, lasciando pochi dubbi su chi rappresentasse.
Attorno a noi, vi erano due aiuole altrettanto estese, con fiori di molti colori e varietà diverse, disposti in modo tale da comporre 'KURT' e 'HEBERT' rispettivamente (non mi piaceva giudicare la gente, ma pensavo di poter dire senza troppi dubbi che il signor Hebert avesse un'alta opinione della sua persona...).
Subito dopo, vi era la costruzione in sè: due grattacieli di almeno un centinaio di piani l'uno, perfettamente simmetrici e con un gran numero di finestre di vetro ache permettevano di vedere il panorama circostante, interconnessi più o meno ogni cinque piani da dei corridoi trasparenti che collegavano le torri.
Era davvero uno spettacolo incredibile a vedersi, e più tenevo lo sguardo su quella costruzione, più mi sembrava assurdo che fossi davvero stato invitato all'inaugurazione...
... Ho un brutto presentimento. Spero davvero che non succeda nulla, ma mi sembra fin troppo strano questo invito...
"Davvero bella, vero?" mi chiese quindi Jean, voltandosi verso di me e sistemandosi gli occhiali, mentre io mi voltavo verso di lei, annuendo distrattamente e dicendole "Sì..."
Jean sbuffò lievemente, per poi mettersi le mani sui fianchi e domandarmi, "Sei ancora preoccupato? Dai, sarà divertente! E se anche succedesse qualcosa, avrai modo di affrontare il tuo terzo caso in tribunale!", sorridendomi con l'intento di rassicurarmi.
Beh, effettivamente, in genere le cose per noi avvocati vanno così... anche se non pensavo avrei affrontato così tanti casi in meno di un mese: per quel che ho visto, avvocati come Phoenix Wright a malapena facevano quattro casi all'anno...
Non volendo far preoccupare la mia amica, annuì nuovamente, prima di dire "D'accordo... sai a che piano dobbiamo andare?"
"Hm... sull'invito non c'è scritto, ma penso che alla reception ce lo diranno. Andiamo!" mi comunicò quindi la mia assistente, prendendomi la mano e dirigendosi verso la reception.
Gli interni della torre erano in marmo bianco finissimo, che insieme alle ampie vetrate che davano verso l'esterno donavano al luogo un'aria imponente e quasi futuristica, in netto contrasto con le statue presenti all'esterno.
Mi sarei fermato ad osservare l'interno della struttura, ma visto che il party stava iniziando in quel momento e non volendo arrivare in ritardo, io e la mia amica ci limitammo a chiedere alla reception a quale piano si stesse tenendo il ricevimento: dopo che ci fu detto che era al cinquantottesimo piano, ci infilammo in fretta e furia all'interno dell'ascensore (notando all'interno un avviso concernente il fatto che solo alcuni piani sono connessi da scale, e che l'ascensore era l'unico modo di accedere i piani tra il decimo ed il ventesimo) e ci dirigemmo verso la Sala Ricevimenti, con io che speravo davvero di non fare una figuraccia in mezzo agli invitati...

Torri Hebert
Sala Ricevimenti
14 Luglio
Ore 14.52

Una volta che l'ascensore arrivò al piano che ci interessava, io e Jean ci guardammo attorno a bocca aperta, stupiti dall'aspetto della sala in cui ci trovavamo ora.
Al contrario dell'entrata, questa sala era molto più adatta ad occasioni mondane: vi erano varie colonne in stile greco-romano divise ordinatamente e simmetricamente per la sala, ognuno con un paio di tavoli a lato con cinque sedie ciascuno, al di sopra della sala torreggiava un elaborato candelabro di cristallo, ed al centro della sala vi era un'enorme tavolo circolare, dove varie pietanze erano ordinatamente divise e pronte ad essere prese da chiunque volesse mangiare, con al completare il tutto un'enorme statua di ghiaccio rappresentante lo stesso uomo della stuatua all'entrata (come a voler sottolineare per l'ennesima volta che il signor Hebert avesse un'alta stima di sè, probabilmente), con una fontana di punch attorno.
Otto colonne (che immaginai essere quelle portati) si trovavano poi attorno al tavolo centrale, facendo rassomigliare ancora di più la sala ad una sorta di tempio antico.
"Wow! Questo posto è oltremodo chic!" fece Jean, guardandosi attorno eccitata mentre mi trascinava con sè per la mano, mentre io cercavo malamente di mantenere il passo.
"Ouch! Ferma, Jean! Mi stai staccando il braccio!" dissi io, ed in risposta la mia amica si fermò di calmo, lasciando la presa sul mio braccio e permettendomi di liberarmi e massaggiarmi il polso.
"Ops..." fece lei, guardandomi un pò imbarazzata mentre si grattava la tempia, per poi scusarsi sentenziando "Scusa, Law, mi sono lasciata prendere dall'entusiasmo: questo posto è fantastico! Non riesco a credere che ci abbiano davvero invitato qui!"
Beh, c'era da aspettarselo, visto come mi ha letteralmente trascinato con sè per venire... anche se posso capirla.
Mi guardai intorno per un attimo, dicendo distrattamente "Sì, è davvero un bel posto...", mentre guardavo nuovamente la sala ed i vari invitati.
... Non mi sento molto a mio agio. Ogni volta che ho partecipato ad una festa, sono sempre rimasto da solo in un angolino a parlare con le persone con cui sono venuto. Incluso al mio compleanno.
Non riesco ancora a capire perchè abbiano invitato me e Jean qui... so di stare diventando ripetitivo, ma c'è qualcosa che non mi torna, e spero davvero che sia solo una mia impressione...
Fortunatamente, prima che io iniziassi a fare qualcosa di imbarazzante pur di non sembrare una statua, io e la mia amica vennimo chiamati da una voce familiare, che disse con aria confusa "Uh? Jean? Law? Siete stati invitati anche voi?"
"Eh...?" io e soprattutto la mia assistente riconoscemmo immediatamente la voce, e ci voltammo verso colei che aveva appena parlato.
Di fronte a noi si trovava una signora di cinquantatrè anni con i capelli color bianco chiaro corti e pomposi, con un pò di ciuffi rialzati vicino alla fronte, con gli occhi verdi e vestita con una giacca nera, pantaloni grigio chiaro e sopra di esso uno spolverino grigio, le cui tasce erano strapiene delle cose più varie senza alcun ordine o perchè.
Si trattava della madre di Jean, Samantha Watson, amica di vecchia data di mia madre ed investigatore privato.
"Mamma? Che cosa ci fai qui?" domandò quindi la mia amica, sorpresa nel vedere il genitore lì.
Lei sorrise leggermente e chiuse gli occhi, prima di iniziare a dire "Sono stata invitata a questo party, ovviamente: qualche anno fa ho lavorato ad un'indagine con il signor Hebert, ed a quanto pare ha voluto ricompensarmi per il mio aiuto durante il processo.", controllandosi le tasche mentre parlava.
"Uh...? Quando è stato? Non mi sembra tu lo abbia mai avuto come cliente..." fece quindi la mia assistente, confusa: se non erro, ogni tanto ha fatto da 'segretaria' alla madre, ed ha praticamente memorizzato tutti i clienti che l'hanno contattata negli ultimi anni.
"Infatti non è stato un mio cliente, il caso a cui mi riferisco è avvenuto una decina di anni fa, quando ero ancora un detective nella polizia." spiegò allora Samantha, mentre tirava fuori un paio di squadre dalla tasca sinistra e le posava nuovamente nella tasca destra, senza guardare nè me nè Jean negli occhi.
Sì... se non sbaglio, mia madre mi ha detto che Samantha è stata la detective incaricata di molti casi di mio padre, fino ad una decina di anni fa: non so perchè abbia deciso di mettersi in proprio, ma non penso sia il caso di chiederlo... anche perchè immagino che non sia stato qualcosa di piacevole.
"E perchè avrebbe dovuto farlo...?" domandò quindi la mia assistente, per nulla convinta da ciò che aveva detto.
"... Beh... ecco..." provò a dire sua madre, visibilmente insicura su cosa dire, prima che il suo cellulare iniziasse a squillare e lei lo afferrasse di fretta, per poi dire "Oh, scusate, devo rispondere: magari ve lo dirò dopo. Divertitevi!", prima di allontanarsi a passo lungo.
"..." sia io sia Jean (e soprattutto lei) rimanemmo senza parole di fronte al comportamento dell'altra Watson. Era come se non volesse parlare con noi del motivo per cui era qui... il che non faceva altro che rendere la situazione ancora più sospetta.
"... Beh... dai, probabilmente non era una ragione importante..." suggerì, nonostante non ne fossi per nulla sicuro.
"... Io ho i miei dubbi, ma penso che mia madre avrà avuto le sue ragioni per non dirmelo. Appena la troverò libera non perderò tempo nel chiederglielo, però." ammise lei, determinata.
Io le sorrisi, prima di iniziare a girare per la sala: visto che era la prima volta che ci trovavamo in una situazione del genere, però, i nostri primi tentativi di integrarci e di fare conversazione non ebbero molto successo, e probabilmente avrebbero continuato ad esserlo, se qualcuno non fosse venuto in nostro soccorso.

"Vi vedo un pò spaesati. E' la prima volta che venite ad una festa del genere?" ci chiese in quel momento una voce sconosciuta, ed io e Jean ci voltammo verso il parlante, incuriositi.
Di fronte a noi si trovava un ragazzo all'incirca della mia età, con i capelli biondo metallo che terminavano con dei ricci al lato e gli occhi azzurro-grigi: era vestito con un abito bianco molto formale, con un farfallino a scacchi (che mi fece venire in mente Arwin Loose per un attimo, chiedendomi dove fosse finito dopo il mio secondo caso) e con delle scarpe con rialzo nere e lucide.
Era un completo perfetto per un occasione del genere... ad eccezione della sua cintura, sulla quale portava un marsupio che stonava tremendamente con la formalità del resto del suo abito: avrei voluto chiedergli a che servisse... ma non credo di essere nella posizione di giudicarlo: io mi sono anche scordato di togliermi il distintivo da avvocato prima di venire...
"Ehm... sì, non siamo molto abituati a venire a questo genere di eventi..." dissi io, grattandomi la nuca imbarazzato, per poi ricompormi e presentarmi dicendo "Il mio nome è Lawrence Trueman, comunque, sono un avvocato difensore. Lei invece è Jean Watson, la mia assistente.", introducendo entrambi.
"Molto piacere di conoscerla, signor...?" chiese quindi la mia amica, sembrandomi parecchio sospettosa: probabilmente, dopo tutti i tipi misteriosi che abbiamo incrociato, avrà avuto qualche sospetto sulle intenzioni di questo tipo... e non aveva tutti i torti.
"Sean O'Quinn, sono venuto in rappresentanza di un mio superiore, un importante funzionario statale. Ho sentito parlare di lei, comunque... ha fatto davvero un buon lavoro nel caso di Cody Hackins." si complimentò quindi l'altro, osservandomi con un leggero sorrisetto, anche se non sembrava avere cattive intenzioni.
"... La ringrazio, ma è una faccenda un pò complessa, e buona parte del merito va al procuratore Travis Harley..." dissi io, riflettendo su com'era finito il caso.
"Non c'è bisogno di essere modesti, ha comunque lavorato anche lei al caso: dica quel che vuole, ma al banco della difesa c'era lei." fu la semplice replica di O'Quinn, continuando ad osservarmi.
"..." non risposi nulla, un pò per imbarazzo ed un pò perchè non sapevo cosa dire, e lo stesso pareva valere per Jean, che probabilmente era dello stesso parere.
"So che la condanna di Remy Horace non è semplice da accettare da un punto di vista etico, ma non penso di essere la prima persona a dirle che non è colpa sua: onestamente, non penso che se avesse permesso alla signora Horace di uscire dall'aula senza colpe le cose sarebbero finite bene. Ha fatto la cosa giusta, anche se non era di sicuro la più semplice." mi rispose quindi Sean, estendendo poi il braccio di fronte a sè con il palmo aperto, come a voler rinforzare in tal modo la sua frase.
... Sarà la ventesima volta che me lo dicono, ma io ho passato gli ultimi momenti di quel processo a cercare di scagionare la signora Horace. Tutti mi stanno dicendo che ho fatto la cosa giusta, ma se non fosse stato per Travis, non penso che avrei anche solo pensato di far finire il caso in modo diverso.
... Devo smetterla di pensarci, non voglio rovinare l'atmosfera o far preoccupare Jean, specie dopo quella strana reazione di sua madre... so che è difficile, ma devo farcela.
Scossi lievemente la testa, per poi sforzarmi di apparire calmo e sorridere, dicendo "Sì, ha ragione, signor O'Quinn: la ringrazio per avermelo detto."
Anche se probabilmente si era accorto della mia reazione, Sean si limitò ad annuire prima di riprendere la parola, estendendo un braccio verso il tavolo del rifresco ed il resto degli invitati prima di comunicarci "Ad ogni modo, non c'è molto da fare qui: basta fare conversazione e mangiare qualcosa al rinfresco finchè la festa non finirà. Non è esattamente eccitante, ma le persone dell'alta società paiono andare pazze per occasioni come queste..."
"Da come parla sembra che nemmeno lei sia del tutto contento di essere qui..." notò Jean, mentre Sean si limitava a fare le spallucce, non sembrandomi avere particolari pensieri sull'evento in questione.
"Onestamente non mi dispiacciono eventi come questo, ma preferisco situazioni un pò più movimentate ed incerte... l'imprevisto è il sale della vita, dopotutto." fu la pronta risposta dell'uomo in bianco, sorridendo lievemente.
"Uh... giusto..." feci io in risposta, un pò insicuro su cosa dire: personalmente, sono una persona che preferisce la tranquillità, ma non mi andava di contraddire O'Quinn.
"L'importante comunque è saper apparire bene." spiegò quindi lui.
"... Non è quello che sta facendo proprio adesso?" domandò allora Jean, aguzzando gli occhi, probabilmente più per poca fiducia verso gente come lui che per qualsiasi cosa avesse detto.
"Dai, Jean, non essere scortese..." dissi io, "Dai, Jean, non essere scortese..." dissi io. O'Quinn ridacchiò in risposta.
"Ahah, ma no... stavo solo cercando di darvi dei consigli utili, mi spiace se ha frainteso, signorina Watson. Posso assicurarle, tuttavia, che non ho nulla da guadagnare da voi, quindi, per quale motivo dovrei cercare di farmi ingraziare?" domandò allora Sean, con tono tranquillo.
Jean rimase ad osservare Sean per qualche secondo, probabilmente pensando a ciò che aveva detto il nostro interlocutore, per poi rilassarsi e dire "Beh... ha ragione, in effetti. Mi spiace di essere saltata alle conclusioni."
"Di nulla." affermò quindi il biondo, con tono ancora una volta calmo.
Proprio in quel momento, però, Sean estraette un cellulare (o almeno qualcosa che gli somigliava, non avendo mai visto un modello come quello) e controllò rapidamente lo schermo, prima di voltarsi verso di noi e comunicarci "Pare che il mio datore di lavoro mi stia cercando. Spero non vi dispiaccia se mi allontano un attimo per rispondere."
"Non c'è problema, signor O'Quinn: grazie mille per i consigli." lo ringraziai, mentre Jean annuiva: il nostro interlocutore allora ci salutò, prima di allontanarsi lentamente, tenendo lo sguardo fisso sul suo cellulare.

Mi voltai quindi verso Jean, per poi domandarle, un pò imbarazzato "Quindi... cosa si fa ora?"
"Beh, non penso sia il caso di dirlo: proviamo a prendere qualcosa da mangiare!" disse quindi lei, trascinandomi verso il tavolo al centro ed iniziando ad arraffare varie pietanze dal tavolo, dopo aver preso dei piatti.
"Non vi consiglierei di toccare quel cibo, se posso permettermi: ho già avuto a che fare con l'antisimmetrico cuoco che ha preparato il rinfresco durante un mio processo, ed ho buoni motivi per sospettare non sia una buona idea mangiarlo." ci suggerì però qualcuno alla nostra sinistra, verso il quale io e Jean ci voltammo.
Ad aver parlato fu un uomo molto alto sulla trentina, con i capelli scuri corti che terminavano con ciocche di color rosso scuro e con gli occhi celeste chiaro. Indossava poi un soprabito nero scuro, con una camicia grigio scuro ed una cravata rossa al di sotto, tutto meticolosamente sistemato e, cosa più importante, simmetrica.
Normalmente mi sarei chiesto chi fosse, se non lo avessi saputo già in questo caso.
"Uh... aspetti, ma lei è... Fantom Dethlone, il vice-capo procuratore?" domandai sorpreso, riconoscendolo all'istante e conoscendolo di fama.
Il procuratore annuì con aria seria, per poi rispondermi "Sì, sono io. Voi siete l'avvocato difensore Lawrence Trueman e Jean Watson, vero? Ho saputo del vostro processo. Il comportamento del procuratore Harley è stato piuttosto antisimmetrico e freddo, come anche il vostro verso la fine, se posso permettermi di dirlo. Comprendere le persone e aiutarle, sì, è giusto… ma quella donna ha comunque compiuto azioni illegali. Non ha senso pensare di lasciare qualcuno impunito solo in base alla sua condotta. Ho personalmente provveduto a disporre le condizioni dell’arresto della Horace dopo quel processo, visto che il procuratore Harley non lo ha fatto… quando invece avrebbe dovuto.", facendomi abbassare lo sguardo e riflettere, un pò colpito negativamente dalle sue parole.
Non ha perso nemmeno un secondo per metterlo in mezzo... Ma perlomeno qualcuno riconosce che il mio comportamento non è stato il massimo. Non so se sentirmi male o bene, al riguardo.
Forse notando la mia reazione, il signor Fantom sorrise lievemente, prima di dirmi "Non si preoccupi: siete entrambi ancora inesperti, ed è perfettamente plausibile che un caso come quello possa portare a delle decisioni non sempre corrette. Purtroppo nella nostra epoca stanno iniziando a spuntare tra i nostri colleghi i semi di un comportamento piuttosto antisimmetrico e lontano dall'ideale di giustizia che ci dovremmo prefigurare, e poche persone cercano di comportarsi diversamente, ormai. Mi raccomando, non abbandonate mai la giustizia.", con tono serio e paterno.
"... Comprendo quello che state dicendo, e la ringrazio per la fiducia." dissi io, un pò imbarazzato dal sentirmi dire ciò dal vice-capo procuratore in persona.
Spero davvero che non sia mal riposta... anche perchè, non so, mi è sembrato quasi che si stesse sforzando di dirlo. Probabilmente sono io ad essere troppo paranoico...
"Già che c'ero, volevo anche dirle una cosa, avvocato Trueman." affermò quindi Dethlone con serietà, tornando ad osservarmi fisso negli occhi.
"... Sì?" feci io, un pò nervoso che arrivasse qualche altra critica, ma cercando di mostrarmi calmo.
"Volevo farle i complimenti per i suoi capelli. E' raro trovare qualcuno con una pettinatura così perfettamente simmetrica, soprattutto quando si tratta di ricci indomabili come onde che si infrangono su degli scogli..." affermò, unendo il pollice e l'indice in un rombo di fronte al suo volto ed 'inquadrando' i miei capelli all'interno.
... E' la prima volta che qualcuno mi fa i complimenti per i miei ricci. Non credevo qualcuno li avrebbe mai apprezzati... finalmente tutta la cura per renderli al meglio non sembra più tempo sprecato!
"E' stato invitato anche lei qui dal signor Hebert, procuratore Dethlone?" domandò allora Jean, mentre io mi allisciavo lievemente i capelli con la mano.
"Sì. Ho avuto a che fare con lui durante il mio primo processo. Mi è ignoto il perchè avrebbe voluto invitarmi, ma mi piace pensare che sia stato per via del mio contributo nel toglierlo da una situazione piuttosto scomoda in cui si era trovato. Immagino che lei sia stato invitato al posto del vostro defunto e simmetrico padre, avvocato." rispose, voltandosi verso di me alla fine della frase.
"... Mio padre ha affrontato un processo relativo al proprietario delle Torri?" domandai, non ricordandomi di un processo del genere.
"Esattamente." rispose affermativamente l'uomo sulla trentina.
"... E per caso il detective incaricato delle indagini era mia madre?" domandò Jean dopo aver fatto due più due.
"Sì, era la detective Samantha Watson." confermò nuovamente il vice-capo, annuendo.
... Quindi era QUELLO il caso in cui Hebert e la madre di Jean si sono conosciuti... e se davvero ha tolto dai guai il signor Hebert, rende chiaro il perchè abbia invitato anche lei.
"Potrebbe darci qualche dettaglio in proposito, se non le è di troppo disturbo?" domandai, non volendo perdere l'occasione per fare un pò di chiarezza.
"Certo, non avrei alcun problema a raccontarvelo: se posso chiedere, però, come mai vi interessa?" chiese a sua volta, osservandomi con aria interessata.
"Beh, l'invito ci ha colti piuttosto di sorpresa, ed eravamo interessati a sapere cos'hanno fatto i nostri genitori per guadagnarsi la stima del proprietario." ammisi, mentre il signor Dethlone si schiariva la voce.
"D'accordo, in tal caso. Inizierò a parlarvene immediatamente." affermò allora il signor Fantom, unendo gli indici alle estremità ed abbassando lo sguardo mentre iniziava a parlare.
"Si è trattato di un caso che ha riguardato proprio il cantiere edile in cui è iniziata la creazione delle Torri in cui ci troviamo in questo preciso istante. Alla difesa vi erano Christopher e Lauren Trueman, mentre io, come ho già menzionato, ero al banco dell'accusa, mentre il processo era presieduto dal Giudice Bree Hughes, una donna squisita e simmetrica che condivide con me una passione elevata per la sua professione, sotto la quale ho svolto la maggior parte dei miei processi finora. L'imputato del processo è stato..." iniziò quindi a dire, ma prima che potesse continuare la narrazione del fatto, qualcuno lo interruppe.
"Oh, signor Dethlone! Non immaginavo ci fosse anche lei qui! Dovrei chiederle una cosa riguardo un caso di cui mi sto occupando, se non le dispiace." fece una voce maschile (dalla frase e dal tono immaginai fosse un altro procuratore). In risposta, il vice-capo procuratore si voltò per un attimo verso la persona che lo aveva chiamato, per poi tornare a rivolgere lo sguardo verso di noi.
"... Scusatemi, il dovere mi chiama. Non appena avrò finito, tornerò e finirò di raccontarvi del caso. Mi spiace per l'inconveniente." si scusò quindi, visibilmente dispiaciuto.
"Non fa nulla, davvero: grazie per la disponibilità, signor Dethlone." lo ringraziai io in risposta, anche se non era riuscito a dirci moltissimo.
Lo vidi accennare un lievissimo sorriso, prima di rivolgersi verso il procuratore che lo aveva appena chiamato (non lo vidi benissimo, ma notai che aveva degli occhiali da sole ed un taglio di capelli da moicano, anche se non mi parve di riconoscere chi fosse).
Mentre si allontanava, io chiusi gli occhi. Mi sembrava che mio padre mi avesse accennato di un caso simile...

10 Anni Prima.

Tribunale Distrettuale
Sala Imputati n°2
14 Luglio
Ore 9:40

[Christopher]

... Okay, calma e sangue freddo. Calma e sangue freddo.
Andrà tutto bene.
... COL CAVOLO!
ALTRO CHE ANDRA' TUTTO BENE!
... Calmati, Christopher, calmati! Non c'è bisogno di scaldarsi così tanto!
... Non è la prima volta che affronto un caso del genere, ma tendo sempre a farmi prendere dal panico. Spero davvero che a Lawrence non capiti lo stesso, in futuro...
Sospirai, prima di gettarmi sul comodo divano della sala imputati, in attesa che il processo iniziasse. Avrei voluto ripetere un pò qualcosa, ma ero conscio che a fare così non avrei fatto altro che stressarmi ancora di più: e poi, Lauren e l'imputato non sono ancora arrivati.
Tanto per fare qualcosa, controllai un pò se avevo tutto a posto: il mio completo grigio cenere era sistemato alla perfezione, come anche i miei capelli castani, inclusi i miei due ciuffi a 'falce' sulla fronte rivolti verso l'esterno (probabilmente è anche per come sono affilati che mi hanno soprannominato 'il Diamante della Giustizia'...). Mi sistemai poi il distintivo da avvocato sul lato sinistro della giacca ed i miei occhiali a lenti esagonali sul naso, per poi sorridere leggermente: perlomeno non avevo nulla fuori posto, e visto che il Giudice sarà Bree Hughes, è meglio così.
Mi alzai dal divano e mi diressi a prendere un caffè: una volta giunto alla macchinetta, misi una moneta ed aspettai che la bevanda uscisse completamente, per poi prenderlo ed iniziare a berlo con calma.
Proprio mentre bevevo, però, la porta della Sala Imputati si aprì di scatto, facendomi andare di traverso il caffè: tossendo, mi voltai verso la porta, vedendo chi aveva appena fatto irruzione.
Si trattava di mia moglie, Lauren (che in diciotto anni da quando ci siamo conosciuti non ha ancora capito che non mi piace che apri le porte così), ed un paio di agenti di polizia che stavano scortando l'imputato.
Dopo aver smesso di tossire, mi ricomposi e dissi, con una nota di sarcasmo "Oh, finalmente: pensavo che voleste perdervi il processo, visto che manca solo un quarto d'ora all'inizio...", mentre mia moglie mi guardava un pò male: mi accorsi che si era vestita con una camicetta a maniche lunghe di colore violetto, con una gonna blu scuro e delle scarpe nere, e stava tenendo i suoi capelli nella treccia appoggiata sulla spalla che aveva iniziato a portare sin da quando è nato Lawrence.
"Non è il caso di fare l'antipatico, eh: semplicemente, la polizia ha voluto fare ulteriori controlli per assicurarsi che Conrad non avesse nulla di pericoloso addosso, ed io dovevo chiamare un attimo Law. E' appena arrivato il signor Pasted per la lezione di oggi e volevo assicurarmi che fosse tutto a posto." mi disse quindi lei, per poi rivolgersi verso gli agenti e dire loro "D'aaaaccordo, potete andare ora: ce ne occupiamo noi adesso."
"Ehm... veramente, dovremmo rimanere, sapete, è un caso molto particolare e..." provò a dire uno degli agenti, prima che Lauren lo interrompesse.
"Oh, andiamo! Andatevi a prendere un caffè e rilassatevi!" si lamentò la mia consorte, sbattendo il piede ed aspettando che i due poliziotti se ne andassero.
"Ma il caffè possiamo tranquillamente prenderlo qu-" provò a puntualizzare l'altro, prima che Lauren li prendesse per la collottola e lanciasse loro uno sguardo infuriato.
"FUOOOOOOOORIIIIIIIIIIIIII!!!!!!!!!!!!!!" sbraitò quindi mia moglie, letteralmente lanciandoli fuori dalla porta, per poi chiudere loro la porta in faccia, lasciando loro (e me) completamente di stucco.
... Certe volte mia moglie mi fa paura. Tanta paura.
"Mph, questi poliziotti ficcanaso..." sbuffò Lauren, per poi calmarsi e voltarsi verso l'imputato, dicendogli "E' tutto a posto, signor Conrad?"
"Sì, non c'è di che, la ringrazio per avermi tolto quei piedipiatti di dosso: ancora un pò ed avrebbero iniziato a contare il numero di respiri che facevo ogni minuto..." ringraziò l'imputato, sorridendo.
Era un uomo sulla quarantina, vestito con un pesante spolverino marrone piuttosto consunto sotto ad un completo elegante di colore grigio scuro, e con dei capelli spettinati di colore grigio scuro, che mi parvero simili a delle fiamme per come si alzavano verso l'alto. Aveva poi una barba piuttosto folta, ed un grosso taglio che gli attraversava il volto da sotto all'occhio sinistro fino alla guancia destra, piuttosto profondo e probabilmente causato dall'incidente a cui ha preso parte.
In generale, dava l'impressione di un senzatetto... anche se, visto che a quanto pare non è andato a casa per più di una settimana ed è stato trovato così sulla scena del crimine, non mi stupisce. Sembra aver passato davvero un brutto periodo... eppure, lo vedo piuttosto allegro. Meglio chiedere al riguardo...
"La vedo piuttosto gioioso nonostante la situazione, signor Harley. Perchè?" chiesi, sistemandomi gli occhiali con la mano destra, mentre il mio cliente si voltava verso di me, senza perdere il suo sorriso.
"Oh, semplicemente ho fatto una telefonata a mio figlio ed a mia moglie, ho assicurato loro che stavo bene ed ho ricordato a mia moglie di prendere le medicine: sapete, ha il diabete e deve costantemente prendere l'insulina..." mi spiegò lui, incrociando le braccia di fronte a sè.
Ah, sì, me ne aveva accennato: ha un figlio di nome Travis ed una moglie di nome Helen, e se non sbaglio suo figlio è un compagno di classe di Lawrence, anche se non ho mai avuto modo di conoscerlo bene nè di vederlo di persona...
Mh... non sembra stare mentendo. Però, non so, c'è qualcosa che non mi quadra...
Mentre io mi interrogavo su ciò, però, il mio cliente mi osservò con aria seria, dicendomi "Oltretutto, ho fiducia in lei e nelle sue capacità, signor Trueman. So che è un'avvocato da molti anni, e non penso che un processo come questo vi causerà grandi grattacapi..."
Io fui un pò imbarazzato dal venire complimentato in quel modo, grattandomi lievemente la nuca per poi rispondere "Beh, la ringrazio, ma non penso che un processo per distruzione di un cantiere edile ed omicidio sia una materia facile da trattare, non importa quanta esperienza possa avere..."
"Posso capirlo, ma sono sicuro che riuscirà a dimostrare la mia innocenza: stia tranquillo e faccia il suo lavoro." mi rassicurò lui, sembrandomi piuttosto fiducioso.
"Beh... lei come si dichiara, però? Sarei molto più tranquillo se sapessi cosa si aspetta da me." domandai, anche se il mio fine era anche quello di vedere se avesse qualche momento di dubbio o specifiche di cui dovrei essere a conoscenza.
"Non Colpevole, ovviamente." mi rispose subito, chiudendo gli occhi ed osservandomi con serietà ed un mezzo sorriso.
Hm... non ha esitato nemmeno per un secondo. Forse dovrei fidarmi... anche se, visto ciò che so del caso, ci sono molti dettagli che non quadrano. Spero davvero che vada tutto bene...
"D'accordo, allora, le garantisco che uscirà dal tribunale come un uomo libero." promisi, mentre Conrad si limitava a continuare a sorridere, probabilmente pensando che ce l'avrei fatta.
Spero davvero che sia una promessa che potrò mantenere, visto il caso... non sarebbe la prima volta che perdo un caso, ma non mi piace per nulla il pensiero di mandare degli innocenti in prigione.
Mentre io riflettevo, però, mia moglie iniziò a strattonarmi leggermente la manica della giacca per attirare la mia attenzione, dicendomi "Ehm... Christopher?"
"Sì, Lauren?" feci io, voltandomi verso di lei con aria confusa.
"C'è qualcuno alla porta." puntualizzò poi mia moglie, inclinando la testa verso l'entrata della Sala Imputati.
"Uhm?" mi voltai verso la direzione che stava indicando, trovandomi di fronte un ragazzo di ventuno anni dagli occhi azzurri, vestito con una sorta di completo vittoriano di colore scuro, con sotto una sottoveste di colore rosso sangue con rilegamenti dorati, con al collo un cravattone annodato in una forma a croce e dei pantaloni in tono con la giacca. Aveva poi dei capelli neri frastagliati con due ciuffi al centro a forma di mezzaluna di colore rosso: ma la cosa più strana è che, nonostante pettinature del genere finiscano per essere disordinate, quella del ragazzo era perfettamente simmetrica da entrambe le parti.
Sembrava appena uscito da una festa in maschera... anche se il suo aspetto mi ricordava vagamente uno dei procuratori che ho affrontato nel corso della mia carriera, Manfred von Karma.
"Mi scuso se non mi sono presentato prima, ma visto che stavate parlando con l'imputato pensavo non fosse il caso di disturbare." si scusò quindi lui, con tono cortese ed educato.
"Non c'è alcun problema: lei deve essere il procuratore affidato al caso, immagino." azzardai, avendo già sentito che il mio avversario sarebbe stato un giovane al suo primo caso, senza che sapessi molto altro in proposito.
"Esattamente. Molto lieto di conoscerla, il mio nome è Fantom Dethlone." si presentò il giovane, facendo un elegante inchino mentre teneva entrambe le mani perpendicolari al corpo.
"Altrettanto: io sono Christopher Trueman, e lei è mia moglie Lauren." presentai io in risposta, mentre mia moglie si limitava ad annuire: generalmente in occasioni come questa non tende a parlare molto... e viste le sue conoscenze legali, penso sia meglio così, visto che altrimenti non mi farebbe fare altro che figuracce, cosa che l'esperienza ha dimostrato più di una volta.
"Ho già avuto modo di conoscerla: ha affrontato qualche processo contro il mio maestro, il signor von Karma." puntualizzò allora lui, con tono serio e calmo.
Quindi è per questo che è vestito in questo modo... avrei dovuto immaginarlo: però, mi pare un pò strano. Non mi da lo stesso senso di 'pericolo' e di minaccia del suo mentore...
Hm... però, Dethlone... mi pare di aver già sentito questo cognome. Ma dove?
"Signor Dethlone, buongiorno. Come si sente oggi?" chiese quindi l'imputato, e notai che il procuratore sembrò sorpreso della cortesia... probabilmente perché veniva dall'imputato stesso.
"Molto bene, grazie. Sono pronto per affrontare questo processo, ed ho intenzione di raggiungere un verdetto perfettamente simmetrico." proclamò quindi Dethlone, con un leggero sorrisetto.
... Un verdetto simmetrico? Cosa sarebbe?
... Anche se, a ben vederlo, TUTTO il suo stile è perfettamente simmetrico, persino i suoi gesti vengono perfettamente riflessi da entrambi i lati...
... Oddio, non ditemi che è anche lui uno di quei procuratori con tic assurdi... perchè pare che tutti debbano avere qualche strana ossessione?
Lauren trovò anch'essa strano il termine adoperato dal procuratore, ma decise di non dire nulla per non sembrare inopportuna, ed io feci lo stesso.
Fantom riprese quindi la parola, aggiungendo "So che probabilmente starete pensando che io sia come il mio mentore... ma non è assolutamente così: al contrario del signor von Karma e dei miei fratelli adottivi Miles e Franziska, io non perseguo l'ideale della perfezione, bensì la simmetria. Come procuratore, ciò che mi interessa è il raggiungere un verdetto equo, senza incolpare gli innocenti: se c'è una cosa che più odio al mondo sono i criminali, e se applicassi gli insegnamenti del mio maestro nello stesso modo in cui lui li utilizza, non farei altro che antisimmetricamente scendere al loro stesso livello.", accompagnando le sue parole dall'unire gli indici, ovviamente in modo perfettamente simmetrico.
Da come parla, pare piuttosto dedito al suo lavoro... anche se è il suo primo caso come procuratore, penso che non debba abbassare la guardia.
Fantom controllò allora l'orario sull'orologio della sala imputati, per poi comunicarci "Sono quasi le 10, a breve inizierà il processo: penso sia il caso che io mi avvii. Ci rivedremo dentro, avvocato."
Io annuì in risposta, per poi dire "Le auguro buona fortuna, procuratore, e spero si riesca a raggiungere un verdetto equo e giusto.", sorridendo al mio 'avversario'.
Sul volto del giovane si delineò un leggero sorriso a sua volta, per poi tornare serio e rispondermi "Lo spero anch'io: conto su di lei per il perseguimento di tale scopo, allora."
Subito dopo, Fantom Dethlone si girò e si allontanò, augurandomi "Buon lavoro, signor Trueman." prima di uscire dalla Sala Imputati.
"... Che tipo strano." fu il commento di mia moglie, piuttosto stranita dal modo in cui si era presentato il procuratore.
Io sospirai seccato, prima di ammonire la mia consorte dicendole "Lauren, sai bene che apprezzo che tu mi voglia aiutare, ma come ti dico da anni... non dire nulla di strano con il procuratore ed il Giudice, okay? So che in procura si discute ancora del fatto che io sono caduto in una piscina mentre passeggiavo senza accorgermene, dopo che ti è scappato durante un processo..."
"Oh, andiamo! E' stato divertente!" ribattè lei, mentre io sbuffavo lievemente, incrociando le braccia e voltandomi dall'altra parte.
"Per te, magari." aggiunsi io, mentre notavo con la coda dell'occhio che Lauren aveva fatto le spallucce e scosso la testa, seccata a sua volta.
"Sei troppo serio, Christopher." mi rimproverò mia moglie, facendomi girare nuovamente verso di lei e replicare con "Ehi, guarda che ho un ottimo senso dell'umorismo!"
"Che fa ridere solo te." fu la precisazione di Lauren, zittendomi immediatamente e facendomi abbassare lo sguardo imbarazzato.
"Ehm..." provai a dire, ma prima che potessi dire qualcosa di senso compiuto, Conrad si mise in mezzo, osservando entrambi con aria annoiata.
"Mi spiace interrompere la lite coniugale, ma penso che sia il caso di entrare in Sala Udienze: il processo dovrebbe iniziare tra pochi minuti, dopotutto." puntualizzò, ricondandoci di quell'importante dettaglio.
Io mi ricomposi subito, grattandomi la nuca con imbarazzo mentre mi scusavo con un "Err... ha ragione, signor Harley, mi scusi. Ha ragione, e mi scuso per la poca professionalità."
... Mamma mia, mi sento come un bambino che viene sgridato dalla mamma... dovrei davvero provare ad essere più professionale, credo...
"Non è un problema. Andiamo, allora?" chiese quindi l'imputato, sembrandomi impaziente.
Io mi limitai ad annuire e rispondergli "D'accordo.", prima di dirigermi con lui e mia moglie verso la sala udienze, mentre io riflettevo sull'incontro che avevo avuto poco prima.
Ammetto che questa non me l'aspettavo. Non credevo che avrei affrontato un procuratore allievo di von Karma in questo processo.
... Non mi è mai andato troppo a genio come persona, e sono contento che almeno Fantom pare non voler proseguire sulla stessa strada del suo insegnante: ho il timore che sempre più procuratori e persino avvocati inizieranno a seguire l'esempio negativo che sta ponendo, cosa che sta già iniziando ad avvenire.
Io voglio continuare a credere nella giustizia ed a fare il mio lavoro come ho sempre fatto per quasi vent'anni, e spero davvero di non essere l'ultimo a farlo.
...
Prima che potessi pensare altro in materia scossi la testa, togliendomi dalla mente quei pensieri e decidendo di concentrarmi sul caso.
Ho una promessa da mantenere, ed ho intenzione di combattere fino all'ultimo per realizzarla.
Con questa determinazione, io, Lauren e Conrad abbandonammo la Sala Imputati, per poi dirigersi nella Sala Udienze, pronti per l'inizio del processo.
... In quel momento, non potevo assolutamente immaginare cosa noi avremmo finito per scoprire, e come il caso si sarebbe chiuso...

Presente.

[Lawrence]

... Non è un caso su cui so molto e non so nemmeno il nome dell'imputato, ma ricordo chiaramente che mio padre me ne aveva parlato. Ed appunto, è anche lo stesso caso in cui la madre di Jean ha conosciuto il signor Hebert...
Mentre io mi perdevo nelle reminiscenze, però, il flash di una macchina fotografica mi abbagliò per un attimo, facendomi coprire gli occhi mentre sentivo una voce conosciuta dire "Gotcha! Con questa, ho catturato l'immagine di una persona persa negli abissi della memoria, reminiscendo di eventi che non lo riguardano ma che sicuramente avranno effetto su eventi futuri!"
Sorpreso dal risentirla, io aprì gli occhi, e dopo qualche secondo riuscì a riconoscere la figura di fronte a me: aveva i capelli castani increspati divisi in varie punte a casaccio, con gli occhi blu, una giacca pesante blu e dei pantaloni dello stesso colore addosso e con una fotocamera un mano, legata al suo collo con un laccetto.
Si trattava del mio primo cliente, Ralph Otom, fotografo al lavoro presso il giornale scandalistico Hall of Shame, insieme a mia cugina Colette.
"Buongiorno, signor Trueman! Come sta? E vedo che ha con lei la sua assistente!" salutò quindi con aria allegra il fotografo, lasciando penzolare la sua macchina fotografica e salutandoci con la mano allegramente.
"Signor Otom?" feci io, sorpreso dal vederlo, mentre la mia assistente lo osservava altrettanto confusa.
"Otom? L'imputato del tuo primo caso?" mi chiese lei, ed io annuì in risposta: prima che potessi presentarla, però, Otom mi anticipò, alzando nuovamente un braccio energicamente e proclamare "Eh sì, sono proprio io! L'imputato universale! Colui che tutti vogliono difendere e che vive di cause! Sono già stato messo sotto processo una dozzina di volte da quando mi avete visto!"
"Eh...? Sul serio?" domandai, basito: com'è possibile che qualcuno finisca sotto processo COSI' spesso!?
"Eh già! Pare che sia il mio destino essere difeso dalle forze del male da qualunque avvocato abbia una storia da raccontare!" commentò quindi
Mamma mia... ha una sfortuna peggiore di Maggey Byrde, quella ragazza che è stata due volte imputata di Phoenix Wright... eppure, non mi sembra troppo preoccupato di essere processato così spesso. E cosa intende dire con 'qualunque avvocato abbia una storia da raccontare'?
"Ehm... capisco. Molto piacere di conoscerla, comunque." fece quindi la mia assistente, un pò confusa ma comportandosi in modo educato, mentre Ralph continuava a sorridere.
"Il piacere è tutto mio! Tra parentesi, posso farle una foto, signorina Watson? Mi servirebbe una sua foto, visto che ha saltato il primo caso!"
"Uh... okay..." fece quindi Jean, ancora più confusa di prima, mentre si metteva in posa e Otom scattava la foto.
"Gotcha! Con questo ho la foto di una assistente con un ego grosso quanto Giove, la cui fallacità nel considerare il proprio intelletto la porterà sulla via dell'autodistruzione personale, fisica e mentale! Un aggiunta immancabile per il mio Otomdex!" proclamò Ralph, osservando con aria contenta e soddisfatta la sua macchina fotografica.
"..." fui un pò preoccupato al vedere l'espressione di Jean rabbugliarsi, pensando che si sarebbe arrabbiata con il mio primo cliente, ma fortunatamente ella riuscì a contenersi, limitandosi a grattarsi la tempia e cambiare discorso, domandando "Ehm... comunque, signor Otom, potrei farle una domanda? Che cosa sta facendo qui?"
"Beh, è ovvio: sono venuto per scattare foto per il nostro articolo sulle Torri Hebert! Sarebbe venuta anche Colette, ma è impegnata nella ricerca di informazioni su alcuni problemi alla spiaggia Gembeach, quindi per oggi sono da solo." spiegò quindi Ralph.
"Oh, capisco: immagino che ci rivedremo nel corso della festa, quindi." dissi io, immaginando che avrebbe continuato a fare foto per il resto dell'evento.
"Esattamente: ora però scusatemi, devo prepararmi a fare delle foto al signor Hebert, è appena entrato!" si scusò allora lui, per poi girare su sè stesso e correre di fronte a sè, all'altro capo della sala in cui trovavamo.
"Uh?" feci io, voltandomi verso la direzione in cui il fotografo era appena 'scappato'.

Da una porta sul muro opposto a quello dalla quale eravamo entrati io e Jean con l'ascensore erano appena entrate quattro persone, riconoscendo immediatamente una di esse: si trattava dello stesso uomo raffigurato nella statua all'entrata (che presumetti essere quindi il signor Hebert), un uomo in giacca e cravatta di colore grigio antracite, dalla muscolatura piuttosto pronunciata e con dei capelli brizzolati, corti e ben ordinati: notai anche che aveva una piccola cicatrice all'altezza del sopracciglio destro ed una sulla guancia sinistra (dettagli che non aveva incluso nella sua scultura), ed aveva l'aria di essere piuttosto nervoso.
Attorno a lui si trovavano altre tre persone, due donne ed un uomo, tutti vestiti con un completo dello stesso tipo di 'Hebert', ed avevano rispettivamente i capelli di colore rosso e biondo per le due donne e castano per l'uomo, anche se non sembravano aver nulla che risaltasse all'occhio, e sembravano piuttosto anonimi ammassati attorno al proprietario della torre.
Una volta che l'attenzione dei presenti si calamitò su di loro, Kurt aprì gli occhi, sforzandosi visibilmente di sorridere prima di dire, con tono allegro "Benvenuti, signori e signore! Io, Kurt Hebert, sono venuto qui per porvi personalmente i miei saluti. Vorrei ringraziare tutti voi che siete venuti, ed in particolare il mio staff per avermi aiutato nella costruzione delle Torri Hebert! Ringrazio di cuore Amelia Vent, Maddie Oscar, e Victor Timm per avermi permesso di realizzare questo progetto, dopo dieci anni di lungo lavoro! Vorrei tanto dire altro, ma penso che siano cose che molti di voi già sanno, e probabilmente non vedete l'ora di poter iniziare effettivamente con i festeggiamenti: quindi, non posso che augurarvi una buona festa! Grazie ancora per essere stati qui in questo importante giorno!", indicando le varie persone mentre le ringraziava (Amelia era la rossa, Maddie la bionda e Victor il moro) e ricevendo in risposta uno scrosciante applauso dai presenti (alla quale ci aggiungemmo anche io e Jean, nonostante non pensassimo avesse detto nulla di così eclatante).
Detto questo, Kurt si allontanò, probabilmente dovendo fare qualcos'altro prima di unirsi effettivamente ai festeggiamenti: proprio mentre si allontanava, però, sentì qualcuno sbuffare seccato a poca distanza da noi.
"Mah, un salutino da quattro soldi e neanche un accenno di qualcosa un pò più elaborato. Tipico di Kurt." affermò qualcuno aria seccata, e voltandomi mi trovai di fronte un uomo vestito con un abito estremamente simile a quello di Hebert e del suo staff, con una grossa zazzera di capelli castani ricci e dagli occhi dorati, oltre ad avere la pelle piuttosto screpolata e 'ruvida'.
"Uh?" feci io, un pò confuso dalle sue parole, mentre l'uomo si voltava verso di me, tenendo le braccia incrociate con aria un pò seccata.
"Dicevo che fa sempre così. Vuole avere un attimo di attenzione e poi via, tutti a fare quel che vogliono. Non è una cattiva persona, ma vuole sempre avere l'attenzione della gente... per poi non sapere che farsene." ammise, un pò più calmo di quanto fosse prima.
"Uhm... lei chi sarebbe?" chiese quindi Jean, interessata ed inclinando la testa di lato.
Il castano fece un lieve sorrisetto, mettendo le mani sui fianchi prima di presentarsi dicendo "Waylon Dent, molto piacere. Voi siete Lawrence Trueman e Jean Watson, giusto? Ho seguito il vostro processo. Un ottimo lavoro per dei principianti."
Io abbassai la testa un pò imbarazzato, grattandomi la nuca e rispondendo "Ehm... grazie. Troppo gentile..."
Mi chiedo se ci sia qualcuno che NON ha seguito il mio caso, qui attorno, visto che me lo stanno ricordando ogni due secondi...
"Come mai sta parlando con noi, però?" chiese allora Jean, alzando un sopracciglio e visibilmente sospettosa del fatto che ci conoscesse, come prima con O'Quinn.
Waylon fece le spallucce, per poi confessare senza problemi "Così, volevo scambiare giusto un paio di parole con il figlio di Christopher... mi aveva fatto un'ottima impressione, tempo fa."
"Conoscete il padre di Law?" fu la domanda successiva della mia amica, non poi tanto sorpresa, mentre io osservavo il nostro interlocutore incuriosito.
"Certo, ed anche tua madre, Samantha Watson... entrambi delle splendide persone. E' un peccato che la situazione in cui ci siamo conosciuti sia stata tremendamente scomoda..." ammise quindi Dent, alzando lo sguardo con aria nostalgica ed un'espressione allegra sul volto.
Probabilmente Jean lo avrebbe ora tempestato di domande, se Waylon non avesse aggrottato le sopracciglia, come se avesse ricordato qualcosa di importante.
"... Umpf, scusate, mi sono ricordato di avere una discussione importante da fare con Kurt adesso. Spero di potervi incontrare in futuro... se non vi succederà nulla." affermò quindi, prima di girarsi e darci le spalle.
E così, misterioso come si era presentato, si allontanò verso la stessa porta dalla quale Kurt era uscito, abbandonando la sala.
Certo che oggi nessuno riesce più a parlare più di due secondi con qualcuno... anche se immagino sia così che funzioni in questo tipo di eventi.
... Però, questa è già la seconda volta che menzionano mio padre qui. Ed il nome di Kurt Hebert non mi suonava poi tanto poco familiare... che abbiano affrontato un caso insieme? Questo magari giustificherebbe meglio il motivo per cui io sono stato invitato...
... Continuo ad avere quel brutto presentimento. Devo proprio smetterla di pensarci... ma continuo a pensare che succederà qualcosa di brutto.
Jean sbuffò, ammettendo che avrebbe voluto inseguire Waylon per avere più informazioni, anche se fortunatamente comprese lei stessa che sarebbe stato solo imbarazzante, in un'occasione come quella.

Io e la mia amica avremmo provato subito dopo a fare conversazione con qualcuno dei presenti al momento, anche per distrarci da questo tipo di pensieri, se un urlo non avesse attirato la nostra attenzione come quella di tutti gli altri invitati.
All'altro capo della stanza, due uomini stavano avendo un acceso dibattito: uno di loro aveva i capelli e gli occhi castani ed era vestito con un completo giallo canarino, con le lettere RR ricamate sulla giacca ed un paio di occhiali da sole sul volto, mentre l'altro aveva un completo con giacca e cravatta grigio scuro, con degli occhi azzurri e capelli castani legati in un codino, ed una rosa nel taschino della giacca.
"E non osare farti più vedere! Sai bene che posso fartela pagare! Non farmelo ripetere!" sbraitò l'uomo dal completo giallo, stringendo con forza i pugni ed allontanandosi, visibilmente nervoso, mentre il suo altro interlocutoresi limitava a guardarlo di traverso e sbuffare stizzito, prima di allontanarsi a sua volta nella direzione opposta.
Mi stavo chiedendo cosa potesse essere successo, quando qualcuno prese la parola vicino a noi, dicendo "Ehm... scusatelo, Ricardo ha avuto alcuni problemi con il signor Nolan di recente, e per questo non gli ha fatto piacere vederlo qui..."
Ad aver parlato era una ragazza più o meno della mia età, con i capelli di colore rosa shocking ed un abito da principessa dello stesso colore, che insieme ai lineamenti del volto piuttosto rotondi, la facevano sembrare più giovane ed infantile di quanto probabilmente era.
"Non c'è alcun bisogno di scusarsi, signorina..." provò a dire Jean, mentre la 'principessa' si presentava con un energetico "Grace Sugar, piacere di conoscervi! Voi chi sareste?"
"Il mio nome è Lawrence Trueman, avvocato difensore, e lei è la mia assistente Jean Watson. Molto piacere di conoscerla, signorina Sugar." affermai io in risposta, cercando di mostrarmi cordiale come O'Quinn aveva consigliato.
"Il piacere è tutto mio! Siete stati invitati anche voi qui dal signor Hebert?" chiese quindi Sugar con interesse, mentre teneva lo sguardo fisso su di me.
"Sì, esatto. Immagino anche lei, giusto?" domandò allora Jean al mio posto, battendomi sul tempo.
"Non proprio, sono venuta insieme a Ricardo! E' lui che è stato invitato, io lo sto solo accompagnando." rispose lei, mostrando un sorriso a trentadue denti nonostante non si fosse voltata verso Jean, cosa che aveva visibilmente irritato la mia amica, anche se non disse nulla.
"Uh... sei la sua fidanzata o qualcosa del genere?" domandai io, un pochino imbarazzato dal modo in cui continuava ad osservarmi... e a dire la verità, anche un pò intimorito.
"Beh... ecco..." provò a dire lei, ma prima che potesse finire la sua frase, qualcuno la interruppe.
"Grace, vieni subito qui. Ti ho già detto che non voglio tu parli con degli estranei." disse quindi l'uomo con il completo giallo di prima (che, viste le iniziali sull'abito, immaginai essere il signor Ricardo), con aria seccata ed osservando la ragazza in rosa con sguardo penetrante e severo.
"S-sì, Ricardo." rispose preoccupata la ragazza, staccando gli occhi da me e voltandosi verso l'uomo, per poi dirci, sorridendo senza nemmeno voltarsi verso di noi "Scusate, devo andare adesso. Divertitevi!", per poi avvicinarsi in fretta all'uomo.
"Uh... okay..." feci io, mentre vedevo Ricardo prendere Grace con sè ed allontanarsi a passo pesante, probabilmente per andare in una qualche zona più appartata della sala.
Io e Jean rimanemmo confusi dall'evento, e lei li avrebbe seguiti  per capire cosa stava succedendo (come voleva fare anche per Dent prima) se non le avessi detto che non era il caso di metterci in mezzo.

Dopo quell'episodio, nonostante fossimo ancora confusi dal modo in cui Grace si era allontanata, sia io sia Jean cercammo di continuare a fare come O'Quinn ci aveva suggerito ed iniziammo a parlare con il resto degli ospiti: incontrammo in questo modo varie persone piuttosto particolari e cordiali, come il professore di scienze dell'Università Lupius Matt Tennant, fissato con i farfallini e le radici quadrate (mi ricordò un pò Hayes, anche se a quanto ho capito l'abitudine l'ha presa da un professore sotto cui ha studiato, un certo Simon Matth); Anita Savoir, una giovane campionessa di scacchi piuttosto nota nella contea e di fragile costituzione fisica (l'ho vista più volte usare un inalatore, cosa che suggeriva avesse problemi respiratori), ma abbastanza sarcastica e della lingua tagliente, seppur comunque socievole; Ronald Dlanor, un tizio anche più eccentrico di Tennant che diceva di venire da una città chiamata Deepsea, ed il cui cognome mi ricordò Richard McDlanod, il colpevole del terzo caso di Wolf Lonnie, motivo per cui non parlai molto con lui e tentai di tenermi relativamente a distanza; ed infine Wolfram Beng, un simpatico venditore di auto usate (nel business da 28 anni, a quanto diceva) che ha aiutato parecchio il signor Hebert all'inizio della sua carriera. Ebbimo modo di parlare molto con tutti loro, discutendo del più e del meno, delle nostre famiglie, del nostro lavoro (mi era anche parso di sentire un tipo di nome Keith discutere del signor Parfrey, anche se non riuscì a parlarci molto, nonostante mi sarebbe piaciuto farlo), e su cosa ci aspettavamo succedesse in futuro.
Ma nonostante tutto, nessuno di noi si sarebbe di certo aspettato quello che, in meno di un'ora, sarebbe avvenuto...

[Keith]

Wow, questo sì che è un posto fantastico! Non riesco a credere che il signor Todds abbia deciso di farci venire qui!
Oh, giusto: penso sia il caso di presentarmi, in genere si fa così quando ci si trova in una situazione come questa!

Salve a tutti, il mio nome è Keith Forrest! Sono un giovane e promettente avvocato... o almeno, lo sarò a breve (anche se purtroppo mi manca il nome legale... ma non è un dramma)! Presto dovrò partire per la Germania, ed il signor Todds, il padre dei miei amici Arno ed Ellie, ha deciso di mandare me e sua figlia a questa festa, non potendo venire di suo. Davvero un ottimo regalo d'addio, non c'è che dire!
Ho, come da copione, dei capelli piuttosto strambi: dei normalissimi capelli di colore rossiccio, con un bellissimo e coloratissimo ciuffone multicolore dietro. Oltre a quello ho degli occhi marrone castagna, anche se purtroppo ho delle sopracciglia piuttosto normali e anonime... nessun segno particolare lì, spiacente!
Non sapendo cosa mettermi, mi sono vestito con il completo che userò per la mia carriera: un semplice abito verde chartreuse.
E... beh, questo è quanto. Non pretendete di certo che vi dica tutto in un prologo, vero?

"Ehi Ellie, tecnicamente quella che dovrebbe essere la mia prima comparsa in senso cronologico non concerne un caso uno... significa che avrò un po' di background? O pensi che avverrà qualche macello di qui a poco?" domandai speranzoso, osservando la mia amica: aveva i capelli castani raccolti in una coda, con un graffio sul sopracciglio sinistro. Indossava in quel momento i suoi soliti abiti 'da lavoro': un pantalone di jeans blu scuro con bretelle ed una camicia a righe blu e rosse, che le davano un aspetto piuttosto da nerd... anche se a mio parere è comunque carina, così! Ed è perfetta come assistente!
"Potrebbe anche essere solo e soltanto una costruzione di un elaborato prologo: sai com'è, oggigiorno bisogna essere creativi con gli inizi... mi spiace che Arnold non sia potuto venire, però. Immagino mio padre non volesse facessimo brutte figure." affermò lei, sbuffando un pò seccata: probabilmente era preoccupata che succedesse qualcosa ad Arno, visto che probabilmente il signor Todds l'aveva lasciato da solo... ma sinceramente credo che stia bene. E' un bravissimo ragazzo, dopotutto.
"Ma dai, tuo fratello avrebbe potuto mettersi in un angolo e non avrebbe dato nell'occhio... mi dispiace per lui, comunque. Anyway listen! Hai visto quanti procuratori supermegacool ci sono in giro? Tipo quel Fantom Dethlone? Se me lo rivalizzo la mia serie avrà un avversario potente e ne guadagnerà molto! Che ne pensi?" domandai io in risposta, mentre continuavo a cercare qualche procuratore importante: con un pò di fortuna, magari avrei potuto incontrare persino Miles Edgeworth in persona! Quello sì che sarebbe un rivale coi fiocchi!
"Beh, penso che purtroppo sarà impegnato nella storia di qualcun'altro... però, già che c'ero ho invitato un'altra persona: volevo fartela conoscere prima che partissi per la Germania, e pensavo sareste andati d'accordo!" mi avvertì quindi lei, sorridendomi.
"OH YEAH! Sei la migliore, una assistente che mi procura un rivale è un ottimo aiuto! Temevo per il fatto che Arnold non lo è diventato, però questa svolta inaspettata giunge al momento giusto!! EBBENE EBBENE, fammelo vedere, il mio futuro avversario!" le risposi io, mostrandole il pollice alzato ed impaziente di conoscerlo.
"D'accordo, allora! Killian, vieni!" fece quindi la mia amica, intimando il mio futuro rivale a presentarsi.
"Eccomi, Ellie!" affermò quindi il mio nemico forense, mentre io lo osservavo con attenzione: al contrario di tutti gli altri presenti era vestito in modo piuttosto informale, con una giacca di jeans sopra ad una maglietta nera a maniche corte, con dei pantaloni grigi e delle scarpe nere, con degli occhiali da sole sul volto ed i capelli biondi tenuti (con moltissimo gel, immagino) in un taglio da moicano sulla sommità del capo.
Hm... non male, non male davvero! L'amico si presenta davvero bene, non c'è che dire!
"Hm... quindi, tu sei il famoso Keith Forrest, eh? Ellie mi ha parlato spesso di te. Mi chiamo Killian Edward, molto piacere di conoscerti: e prima che te lo chieda, no, non sono imparentato con Wicky Edwardson, se la conosci." si presentò quindi il mio futuro rivale, indicandosi il volto con il pollice della mano destra.
"Uhhh no mai sentito parlare di costei, tra l'altro ha un nome molto anonimo rispetto alla media... COMUNQUE molto molto molto molto molto piacere! Saltiamo i convenevoli e andiamo al punto: io e tu, tu e io diventeremo amici-rivali e affronteremo MOOOOOLTI processi insieme, non è così?" chiesi io, indicandolo con l'indice (in perfetto stile avvocato! Anche se penso debba trovare qualche gesto più originale... ma avrò tempo per pensarci!).
Il procuratore sorrise con aria allegra, per poi rispondere con tono divertito "Eh eh eh! Non mi dispiacerebbe per nulla! E magari possiamo anche fare qualche sessione di karaoke tra un caso e l'altro, che ne dici? Magari riusciremo anche a scoprire qualche strana cospirazione che coinvolge la nascita di questa nazione o crimini iniziati secoli prima!"
"No, quelli sono esclusivi degli avvocati di tier più alto, mi sa." fece notare allora Ellie, ed io feci le spallucce, per nulla preoccupato.
"Tanto prima o poi ci arriveremo, per quello non c'è problema. Piuttosto, bello 'sto party ma mi sto piuttosto annoiando... dimmi un po' Killian! Quando sei divenuto procuratore, e come mai conosci Ellie?" chiesi con grande curiosità: se devo avere un rivale, devo essere pronto e sapere tutta la sua backstory in ogni dettaglio!
"Oh, l'ho conosciuta un pò di tempo fa durante una delle mie avventure fuori dal tribunale! E' stata una testimone fondamentale durante un importante furto di gioielli! Probabilmente verrà accennato durante la tua carriera, e tornerà ad essere importante durante il corso della mia storia personale! E per la tua prima domanda, semplicemente mi andava di fare qualcosa di figo, e non c'è nulla di più figo che essere un avvocato in questo paese!" spiegò quindi Killian, stringendo le mani in un pugno e mettendole di fronte a sè con fare emozionato.
Oh yeah! E' eccitato quanto me, se non di più! Bene! MOLTO BENE!
"Sai cosa pensavo? Le persone più improbabili diventano spesso e volentieri testimoni dei casi più assurdi... e anche questo mi è sempre piaciuto dell'avvocatura, che non sai mai cosa ti capiterà!" spiegai poi io, motivando il perchè avessi deciso di intraprendere quella professione (oltre ad essere estremamente bravo in quel simulatore di avvocato, si intende!).
"Esatto! E' un lavoro in cui non puoi mai annoiarti!" condivise Killian, cosa che mi convinse perfettamente che eravamo sulla stessa lunghezza d'onda.
Ci divertiremo, eccome se ci divertiremo nei miei prossimi processi!
"Ehm... scusate, è questa la festa delle torri Hebert? So che era scritto a caratteri cubitali qui fuori, ma volevo essere sicura, non vorrei essere entrata nella torre sbagliata..." domandò subito dopo un'altra new entry infiltrandosi nella conversazione: era una ragazza sui ventiquattro anni con occhi e capelli cortissimi neri (con come unico segno particolare un paio di fiori rossi al di sopra dell'orecchio destro, a mò di fermaglio), vestita con un completo turchese con gonna, scarpe azzurre ed una collana di perle al collo.
"Oh ehi! Chi abbiamo qui? Salve, lei chi è? E comunque sì, direi che è il posto giusto... a meno che non cercava la toilette!" feci io, gettando una battuta così su due piedi.
"Oh, andiamo, Keith: questa era tremenda persino per i tuoi standard..." si lamentò la mia assistente, girando gli occhi con aria basita.
"Ehi, ma io la conosco! E' l'avvocato Gladys Lexer, giusto? Abbiamo già affrontato un paio di casi insieme!" disse quindi Killian, sorridendo alla mora ed attirando la sua attenzione.
"Oh, procuratore Edward! Non mi aspettavo di vederla qui! Ho visto il dignor Dethlone, ma non credevo questo posto fosse un raduno di avvocati... anche se questo spiegherebbe perchè il signor Miller era stato chiamato qui." fece 'Gladys', piuttosto sorpresa dal vedere il mio rivale lì.
"Eh, noi avvocati siamo superstar... io lo diventerò a breve, ma non ho mai sentito parlare di lei..." feci io: probabilmente era qualche personaggio di sfondo per nulla necessario ai fini della storia, come quella Edwardson di cui Killian parlava!
"Ehm... ho iniziato ad esercitare l'anno scorso, ma sono sicura che riuscirò a diventare famosa in breve tempo! Verrò ricoperta di cascate di clienti e di soldi!" affermò con aria ambiziosa la ragazza con il fiore in testa, sorridendo determinata.
"Qualcuno ha prospettive di carriera più rosee delle tue, Keith! Rischi di dover dividere lo spotlight con lei!" mi avvisò Ellie, ed in risposta guardai male la signorina Lexer.
"... Tsk, solo perché ha iniziato prima... e lo sanno tutti gli avvocati, viene prima la giustizia, poi i soldi, poi tutto il resto! Principiante!" sbuffai, mentre guardavo male l'avida avvocatessa.
"Ehi! Guarda che anche noi avvocati dobbiamo mangiare! Non si riempie lo stomaco con la giustizia!" ribattè lei, con aria un pò irritata.
"Oh, dai, non c'è bisogno di litigare: pensiamo a goderci la festa, adesso. Sono sicuro che qualunque cosa succederà, sarà qualcosa di indimenticabile... e non vedo l'ora avvenga!" disse quindi Edward, sorridendo e mettendosi le mani sui fianchi, in attesa di ciò che sarebbe successo.
Allora non ero l'unico a sentirmelo! Questo significa che succederà sul serio qualcosa!
Benissimo... non vedo l'ora! Se questo è il preludio per il mio primo caso (anche se non sono ancora avvocato), sono certo che sarà fantastico!

[Lawrence]

In generale, la festa non mi stava dispiacendo moltissimo: non era esattamente eccitante, ma non era nemmeno davvero noioso, ed alcuni degli invitati si erano rivelati
Tuttavia, era chiaro che il divertimento non sarebbe durato in eterno, e nel momento in cui vidi una serie di agenti della polizia iniziare ad entrare nella sala con discrezione, compresi che i sospetti che avevo avuto fin dall'inizio forse non erano così tanto infondati...
Io, Jean e pochi altri li notammo non appena entrarono, mentre per il resto degli invitati ci volle qualche secondo: notammo poi che, tra i poliziotti, vi erano anche due persone a noi molto note... ovvero, Travis ed il detective Paul Hayes.
"Non preoccupatevi, non sta succedendo nulla. Continuate pure con i festeggiamenti. Siamo qui solo per un semplicissimo controllo, ma non c'è alcun pericolo." affermò con calma il mio amico, anche se nessuno credette a ciò che stava dicendo nemmeno per un secondo, con tutti i presenti che iniziarono a mormorare tra di loro sul motivo per cui potevcano essere lì.
"Dobbiamo iniziare i preparativi per l'evacuazione il prima possibile, se ciò che era scritto in quella lettera è vero, il risultato della corrente equazione rischia di essere tragico." affermò a bassa voce Hayes, mentre come suo solito continuava ad effettuare calcoli sulla sua calcolatrice.
"Me ne rendo conto, ma non possiamo permetterci di scatenare il panico. Gli artificieri sono pronti?" chiese immediatamente Travis, mentre si osservava attorno alla ricerca di qualcosa.
"Sì, anche se penso abbiate riportato i fattori in modo troppo affrettato, non credo che..." provò a dire il poliziotto calcolatore, prima di venire interrotto dal procuratore.
"Hayes, apprezzo la tua opinione, ma l'hai detto tu stesso: non abbiamo tempo da perdere. Dobbiamo essere rapidi e non perdere nemmeno un secondo in azioni inutili. Sei d'accordo?" domandò quindi Travis, osservando con aria seria ed intransigente il suo detective.
"Sì, signor procuratore." rispose quindi Hayes prima di abbassare la testa, tornando silenzioso come sua norma mentre continuava a concentrarsi sui suoi adorati numeri.
"Travis?" chiesi io con preoccupazione, ma come stava diventando ormai un'abitudine, la mia amica mi anticipò nel chiedere più informazioni.
"Che diavolo sta succedendo qui?" domandò quindi Jean, mettendosi di fronte a me con aria seccata e pretendendo risposte per l'irruzione.
Travis si voltò di scatto verso di noi, sgranando gli occhi per un istante prima di abbassare lo sguardo, mormorando tra sè e sè "... Siete stati invitati anche voi? Quindi si tratta sul serio di lui..."
"Uh? Lui chi? Di che cosa stai parlando?" chiesi io, non potendone più di tutti questi misteri che mi stavano piombando addosso.
"... Dovete allontanarvi subito, finchè rimarrete qui sarete in grave pericolo." proclamò quindi lui, osservando me e la mia assistente con estrema serietà, mentre entrambi sgranavamo gli occhi a nostra volta.
Eh...!?

Torri Hebert
Ufficio di Kurt
14 Luglio
Ore 16.47

[Kurt]

... Non è colpa mia. Non è colpa mia. Non è colpa mia...
Il bastardo mi guarda. So bene cosa vuole dire. Noto con la coda dell'occhio che anche Victor, Maddie ed Amelia hanno compreso.
Mi staranno odiando. Staranno sapendo bene che non sono altro che un lurido codardo.
Me lo merito. Me lo merito completamente.
Waylon mi osserva. Sogghigna, il bastardo.
"Hai fatto un ottimo lavoro, Kurt. Sapevo che avresti cooperato." mi disse, con sguardo pieno di falso orgoglio, prendendomi in giro con gli occhi.
L'ho fatto solo perchè ho capito chi sei veramente. E se avessi detto no, avrei solo fatto una brutta fine.
"... Non azzardarti a chiamarmi così, sai bene che io..." provai a dire, venendo però fermato dal bastardo, che mosse una mano a simulare una bocca che si apriva e chiudeva, osservandomi divertito.
"Sì, sì, non avresti mai voluto farlo, sono un mostro, bla bla bla... non sai quante volte me lo sono sentito dire. Ma gli uomini sono una razza paurosa, facilmente controllabile... e quello che faremo adesso è esattamente ciò che serve per iniziare questo processo. Gioisci, Kurt: grazie a te, il crollo del nostro paese inizierà... sarai ricordato come il martire che ha permesso di ricostruire tutto da zero."
"..."
"Ronald si assicurerà che l'esplosione abbia massimo effetto. Ed ora... scusatemi, ma devo andare: voglio godermi lo spettacolo dalla distanza."
... Non è colpa mia. Non è colpa mia. Non è colpa mia...
"Addio, Kurt Hebert, è stato un piacere fare affari con te..." mi dice Waylon, aprendo la finestra ed entrando nell'elicottero con un piccolo salto, per poi salutarmi con aria soddisfatta.
Prima di sparire dalla mia vista, però, il bastardo mi mostra il detonatore, come se avesse piacere nel ricordarmi cosa intende fare. Conoscendolo, probabilmente sta godendo nel rigirare il coltello nella piaga.
Io cado sulle mie ginocchia, respirando pesantemente. Un solo pensiero mi attraversa la mente, rapido ed inesorabile:
Non è colpa mia non è colpa mia non è colpa mia non è colpa mia NON E' COLPA MIA!!!
Vi scongiuro... chiunque... fate qualcosa! Qualunque cosa! Fermatelo! FERMATELO!
Impotente e stressato, sbatto un pugno contro il muro. Sento il dolore ma non urlo.
Osservo la mia mano. Sto sanguinando. Non mi importa.
Amelia e Maddie si avvicinano, mi mettono una mano sulla spalla. Mi confortano.
Non me lo merito. E' tutta colpa mia. E' tutta colpa mia...
Voglio morire...

[Lawrence]

Non ebbi modo di rispondere a Travis, che attorno a noi si iniziarono a sentire un sacco di ticchettìi, tutti provenienti dalle varie colonne sparse attorno alla sala.
Tutti i presenti capirono cosa significasse, ma prima che chiunque potesse reagire, il mio amico provò ad avvisarli urlando "GIU'! L'INTERO PALAZZO E' PIENO DI ESPLOSIVI! ESPLODERANNO A MOME-"
Il suo avvertimento arrivò troppo tardi, però, visto che le cariche esplosero in quell'esatto momento.
E fu così che cominciò l'inferno.

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Dopo moltissimo tempo, finalmente pubblico questo capitolo. Ringrazio moltissimo Renna e The Shadow per i commenti e l'assistenza che mi hanno dato in tutto questo tempo, e mi scuso per il ritardo con cui arriva.
I personaggi di Fantom Dethlone, Sean O'Quinn, Arnold Todds e Wicky Edwardson appartengono a The Shadow (rispettivamente a 'Wolf Lonnie Ace Attorney: Fighting for Truth' e 'Deeper than Void'), così come Richard McDlanod e la città di Deepsea.
Il Giudice Bree Hughes invece appartiene a Renna ed alla sua storia 'Eyes, Lies and Trusting Times'.
Alfredo Pasted appartiene sia a Renna (che lo ha sviluppato) sia a The Shadow (che lo ha creato).
Keith Forrest, Ellie Todds e Killian Edward sono di proprietà mia e di The Shadow: i primi due appartengono alla storia di 'The Unsung Trials - Stories by The Shadow' 'Turnabout Starfall' (di cui consiglio la lettura, con il caso che si ambienta cronologicamente un anno dopo Senza Via di Fuga), mentre il terzo debutta in questa storia.
Il personaggio di Sean O'Quinn è due anni più giovane rispetto alla sua storia, e gli eventi qui presenti si ambientano quindi prima dell'inizio di Deeper than Void.
Gladys Lexer è un mio personaggio che debutterà in una fic futura, intitolata 'Gladys Lexer: Women at Law', parzialmente ispirata ad un'idea scartata di The Shadow per un'altra storia. Questa storia si ambienta cronologicamente tre anni prima dell'inizio della sua serie, ed un anno prima di 'A Robbed Turnabout', una storia di 'The Unsung Trials - Stories by the Shadow' che sto scrivendo insieme a The Shadow: a chiunque sia interessato ad un approfondimento su di lei, consiglio caldamente la lettura di suddetto caso.
Ringrazio poi infinitamente The Shadow per avermi aiutato nella scrittura del frammento di Keith per il suo dialogo.
Detto ciò, vi do appuntamento al prossimo capitolo, e ringrazio chiunque leggerà!
  
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