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Autore: SaraRocker    04/09/2013    8 recensioni
Anno 2097, l'intero pianeta terra si ritrova sotto una sorta di dittatura particolarmente cruenta, che si finge giusta e accondiscendente.
La Desert_Zone è un luogo formatosi a causa del riscaldamento globale, una sorta di continente quasi totalmente desertico e inadatto alla vita, dove la dittatura manda a morire coloro non adeguati a vivere in essa.
Gwen vive là , insieme ad un gruppo di ragazzi che collaborano in una sorta di resistenza.
Duncan è un militare a servizio della dittatura, che ritiene giusta e autorevole.
Estratto cap.28
"Non devi sentirti in colpa. E' stata l'avventura più bella." gli sussurrò "Ed ora è giunto il momento che tu mantenga fede alla tua promessa."
Duncan la ammirò a lungo in silenzio. Perchè sorrideva? Perchè i suoi occhi erano così lucidi? Perchè le sue labbra tremavano tanto?
Gwen non gli era mai sembrata tanto debole. Eppure, si stava sottoponendo alla più grande prova di coraggio.
Genere: Azione, Science-fiction, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Duncan, Gwen, Scott, Un po' tutti | Coppie: Duncan/Gwen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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Desert_Zone
 
cap.3

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Gwen varcò la soglia di casa emettendo un vero e proprio sospiro di sollievo. Non erano morti ed erano riusciti nel loro intento di raccogliere nuovo cibo, che sarebbe con assoluta certezza bastato per settimane intere.
Non c'erano nemmeno state ferite troppo profonde da rimarginarsi ed era certa di potere perciò definire quella missione come più che riuscita.

Venne immediatamente raggiunta da una Bridgette apprensiva, che con amore l'avvolse in un proprio abbraccio quasi con le lacrime agli occhi, mentre salutò i due con un cenno, il tutto sfoggiando un solare ed ampio sorriso.
"Siete vivi... E' fantastico" disse poi scostandosi un ciuffo biondo che le ricadeva fastidiosamente sugli occhi, oscurandole leggermente la vista.
"Siamo stati via solo tre giorni..." Non potè fare a meno di aggiungere saccente il militare, non comprendendo tutto quel calore, non riuscendolo a giustificare come semplice simpatia. Era troppo preoccupata per una cosa tanto superficiale come una missione così breve.
"Tre giorni nella Desert_Zone non sono come tre giorni nel mondo falsamente agiato del Governo. Ricordalo" gli sputò in faccia Gwen, stizzita da quel suo comportamento di costante superiorità, che lui ostentava con cocciutaggine innata, per poi lasciare la stanza in procinto di lavarsi almeno un minimo da quell'insopportabile sudicio sangue che la impregnava dal combattimento avvenuto al confine. Non aveva ancora rialacciato, sempre se ci fosse stato qualcosa da riallacciare, i rapporti con Duncan.
Nel frattempo, il resto di quella sorta di malconcia resistenza, si era riunito in cucina, dove la sola assente era per l'appunto la dark a capo di quel commando.
"E' davvero moltissimo cibo..." mormorò strabiliato Noah, mentre Dj sistemava ogni animale nella cantina dove il sale ed il ghiaccio li avrebbero mantenuti in buone condizioni.
"Sì... Non credevo potessimo trovarci di fronte a tanta abbondanza" aggiunse dopo brevi istanti Geoff sistemandosi il cappello che era solito a portare.
"Abbondanza?" lo riprese immediatamente Scott, seppur non con cattiveria "Magari. E' qualcosa di temporaneo e fittizio. Là fuori ogni secondo la situazione diviene più critica" aggiunse poi sempre il rosso andandosene.

Duncan rimaneva là, in silenzio, guardando quel branco di ragazzi, tutti così diversi da parire un qualcosa di estratto a sorte, collaborare per un fine unico come il suo, mentre una domanda costante e frequente gli rimbombava nella testa dall'ultima volta in cui aveva parlato con Gwen in modo quasi pacifico.

Se lei era tanto convinta delle proprie prospettive, perchè non ne parlava?

Fu grazie a quel pensiero che trovò il coraggio di prendere la parola attirando l'attenzione di quei ragazzi che avevano iniziato da breve una conversazione nella quale lui aveva solo che evitato di inserirsi, palesemente disinteressato.
"R-Ragazzi... Mi chiedevo una cosa..." esordì quindi Duncan leggermente in imbarazzo mentre tutti iniziavano a guardarlo. Chi con interesse e chi con disgusto, perchè infondo, lì dentro nessuno voleva avere a che fare con il Governo di cui il militare, tanto apertamente, si vantava.
Nessuno parlò, facendogli domande o anche solo zittendolo, così lui tornò a prendere parola "Io qui ci sono finito per sbaglio... Ma voi?"
Il silenzio non osò spezzarsi di fronte a quella tanto aperta domanda che risvegliava in tutti amari ricordi, od almeno così fu fino a che Heather, altezzosa e sgarbata, non fece un passo avanti coraggiosamente.
"Ognuno ha la propria storia. Non vedo perchè tanto interesse..." sibilò semplicemente velenosa, parlando per buona parte dei presenti, che con tacito assenso esortarono la ragazza a continuare, ma Duncan la interruppe.
"Voi dite che sono in torto, no? Spiegatemi dunque..."
"Vuoi davvero mettere in dubbio la tua cieca fiducia nei confronti del Governo?" lo schernì Geoff, avvicinandosi di un paio di passi.
Il militare annuì sospirando, per poi prendere la parola "Mi interessa davvero capire"
Heather annuì a vuoto, sedendosi su una sedia accostata ad una parete della stanza pronta ad iniziare il proprio racconto colmo di ricordi che l'avevano persino fatta piangere nonostante fosse una persona dura e ardua da scalfire. Ma la Desert_Zone terrorizza, e così sempre e per tutti fu.
"Ero una scrittrice di fama mondiale. Heather Nishigawa, se ti dice qualcosa. Se non mi conosci, conoscerai il mio alias, Erika Benson. Era così che firmavo i miei romanzi." sospirò lei introducendo se stessa con malcelata nostalgia.
"Erika Benson? M-Ma eri famosissima! Dissero che eri-" "Che ero morta a causa di un tragico incidente automobilistico, lo so. Dopo il processo mi spiegarono ciò che sarebbe accaduto, così da farmi rendere conto della solitudine che avrei sofferto. Nessuno sarebbe venuto a cercarmi... Avrebbero ricreato un corpo e un'auto in fiamme." fece lei interrompendo Duncan, che basito, non poteva credere di trovarsi di fronte ad una delle persone più famose dei propri tempi.
"Non capisco... Cosa avevi fatto?" domandò il militare confuso, non riuscendo a potere pensare a quella ragazza nell'atto di un omicidio o di un furto. Non colei che aveva vinto un nobel per la pace e vari omaggi alla scrittura.
"Amavo il Governo. Esattamente come te. Durante la guerra in cui esso, tragicamente, vinse, io ero malapena una bambina e non capivo il male che rappresentava. Comunque, sai... Ho scritto vari libri, iniziando da saghe, finendo con tematiche importanti. E conclusi il mio ultimo manoscritto qualche mese fa... Anche se a essere sincera, pare un'eternità." mormorò abbassando lo sguardo e scavando tra i propri ricordi.
"Parlava di indagini svolte da me. Erano interviste e lettere, il tutto sottoforma di brevissimo romanzo, che aveva come protagonista un ragazzino... Beh, sta di fatto che il fulcro di queste informazioni era proprio la Desert_Zone ed il fatto che questo ragazzino fosse stato condannato ingiustamente. Mi minacciarono, dicendomi che avrei dovuto eliminare il manoscritto, ma io rifiutai. Vedevo in esso il prossimo nobel, e beh... Chi mai se lo negherebbe?" ci scherzò sopra la mora accennando un sorriso sghembo.
"Mi hanno sequestrata qualche giorno dopo, ma ormai il manoscritto era in pubblicazione. Fermarono le stampe e cercarono chiunque avesse acquistato le prime copie, deponendolo nella Desert_Zone. Io venni..." prese una pausa alzando le mani e mimando il gesto delle virgolette "Processata" scherzò, capendo che ciò in cui era stata coinvolta non era minimamente paragonabile ad un leale processo.
"Non avevo un avvocato difensore nè tantomeno un testimone. Mi chiesero solo se avevo intenzione di lasciare qualcosa a qualche mio familiare... Il Governo non può permettersi errori, disse poi una donna dai capelli castani riferendosi al fatto che il ragazzino nel mio libro fosse stato gettato là a causa, per l'appunto, di un errore. E la mia storia è dunque questa" concluse poi la ragazza guardando il militare, che incredulo avveva udito ogni singola parte con un'attenzione a lui poco consona.
Era davvero possibile tanta intolleranza? Lo avrebbero potuto spacciare per un fantasy, ed invece avevano condannato una giovane e talentuosa scrittrice dal futuro spianato davanti ai propri occhi.
"Io invece..." esordì Bridgette dopo qualche minuto, attirando l'attenzione di Duncan, che era rimasto qualche momento a riflettere sulla situazione di Heather, facendogli sollevare il volto.
"Noi..." incalzò Geoff, affiancando la ragazza che aveva appena preso la parola, per poi proseguire "Siamo stati condannati insieme"
Duncan storse un labbro, non capendo, mentre la bionda gli si faceva sempre più vicina e tentennante al medesimo istante.
"Ero promessa sposa ad un uomo molto più anziano di me. Di almeno vent'anni. Era un amico di mio padre, vedovo, al quale proprio mio padre promise di concedergli la mia mano in sposa al compimento dei 16 anni di età. Eppure io non lo amavo... Nonostante il Governo non parlasse mai di amore, io ero certa esistesse, nonostante non sapessi come definirlo." spiegò la ragazza poggiandosi le mani, una sopra l'altra, sul proprio petto, in corrispondenza del cuore.
"C'era un ragazzo, della mia medesima età, con il quale mi sentivo sempre felice e protetta... Come riscaldata da qualcosa di invisibile, ma potente. Non immaginario, affatto. Quando ero con lui, mi pareva che il mondo potesse anche non esistere a patto che lui, però, rimanesse. Anche sospeso nel nulla, senza una ragione." sorrise Bridgette pronunciando quelle parole ed avvertendo la mano di Geoff afferrare la sua.
"Arrivò il giorno del matrimonio. Poi quello successivo, e quello ancora seguente, ma con quell'uomo  non avvertivo alcun calore. Avevo paura... Mi violentava, sempre." si fermò qualche minuto per riprendere fiato, mentre la sua voce andava a spezzarsi dal terrore e l'angoscia.
"Poi un giorno, quel ragazzo che mi piaceva tanto, tornò a bussare alla porta di casa dicendo che nonostante fossi sposata, lui mi avrebbe desiderata per sempre.... E così commisi il mio primo errore. Iniziammo a vederci, ed amarci segretamente, capendo con certezza che quel sentimento esisteva ed era palese di fronte a noi, sino a che mio marito non lo scoprì"
Duncan ascoltò le parole della ragazza silenzioso, meditando sui sentimenti che le trafiggevano le parole che ormai erano divenute un sussurro tremolante e spaventato quasi da quei ricordi che riaffioravano impetuosi dalla mente.
"Mi prese e mi legò al letto per giorni.... Inerme... Indifesa. Poi, dopo avere abusato di me per l'ennesima volta, quando capì fossi in seria fin di vita, mi slegò portandomi via. Venni condannata di adulterio, e prima che lasciassi la sala, portarono un altro ragazzo, quello che amavo, che continuava a urlare di essere lui il colpevole e che lui doveva scontare la pena, non io... Che io non meritavo di andare nella Desert_Zone, perchè lui mi aveva obbligata, ma poi-" "Poi lei disse che avrebbe preferito passare il resto della vita nella Desert_Zone che un solo altro giorno affiancata da l'uomo che era suo marito. Che non ero io." la interruppe Geoff abbracciandola e lasciandole un bacio sulla fronte.
"Ci condannarono insieme, dicendo che il nostro amore ci avrebbe resi pazzi, ma sai cosa? Si sbagliavano... Siamo qui e siamo felici di essere insieme..." aggiunse poi il biondo, tenendo ancora tra le braccia colei che amava sopra ogni cosa esistesse su quel dannato e chiavo pianeta.
"E' incredibile..." soffiò ammutolito Duncan, rendendosi conto che il sentimento che legava quei due ragazzi, li aveva probabilmente salvati più e più volte, ma che, nonostante ciò, non lo esibissero costantemente ed apertamente.
Nascondevano la loro felicità, per non fare pesare la solitudine ad altri.
"Già..." Asserì Bridgette in un lieve sorriso, per poi aggiungere "Fu con il nostro arrivo che Gwen decise di formare la resistenza."

Il militare inclinò di lato la testa, confuso, mentre un nuovo ragazzo si faceva largo tra gli altri, deciso anch'esso a parlare apertamente. Era Dj, colui che tra tutti pariva il più innocente: era gentile, amichevole e non lo aveva mai squadrato con disgusto. Lui tra tutti, era quello di cui proprio non poteva immaginare peccato.
"Io ero un biologo marino." esordì il ragazzo in un lieve sorriso.
"Lo ero divenuto dopo una serie di studi, ma solo quando divenni tale capii che le storie su quei meravigliosi esseri abitanti degli oceani, erano antiche leggende. Buona parte degli animali marini era è oramai estinta, i mammiferi acquatici non esistono più e dopo qualche ricerca compresi che era sopratutto a causa del Governo e della sua assurda sete di potere." mormorò sedendosi.
"Vedi... Le fonti di sostentamento naturali... Sottoterra, erano ormai giunte alla fine. I continenti erano stati totalmente deturpati e prosciugati. Quindi il Governo, ancora anni orsono, agli inizi del proprio potere,  iniziò a livellare le terre oceaniche. Io ero un bambino e quindi non ne sapevo nulla... Ed oltretutto quando, circa due anni fa decisi di iniziare le ricerche a riguardo, venni a sapere che ogni telegiornale e quotidiano veniva censurato perchè, vedi... I sonar utilizzati per trovare queste fonti sotterranee, uccidevano i mammiferi marini. Da quel momento iniziò il mio astio nei confronti del Governo. Lasciai il lavoro ed affittai un piccolo bar. Ero arrabbiato, ma... Cosa potevo fare? Capivo anche da solo che qualcosa non andava e che stare zitto, era la scelta migliore..." sorrise malinconicamente lui, come se non fosse stato che un idiota, mentre in realtà era solo un ragazzo che aveva scelto di vivere. 

Di cosa doveva essere biasimato, dunque?

Era qualcosa per cui Dj si vergognava di essere lì, in quell'istante. Tutti coloro condannati nella Desert_Zone si erano ribellati al Governo, mentre lui, quando ne aveva avuto l'occasione, si era nascosto. Quale era, perciò, il suo tanto scabroso peccato?
"Non che questa storia centri con la mia condanna... Ma diciamo che a differenza degli altri, io ero contrario al Governo già da tempo, nel momento in cui venni gettato qui." disse Dj guardando Duncan, che in risposta annuì semplicemente, rendendosi conto che nei racconti che in quei minuti gli si erano susseguiti di fronte agli occhi, non era ancora riuscito a ribattere.
"Sta di fatto, che una sera chiusi il locale quasi un'ora più tardi a causa di un paio di faccende burocratiche. Capitava almeno una volta al mese. Le tasse, l'affitto, il riscaldamento e tutto erano spese incredibilmente complicate da gestire. Comunque... Stavo tornando a casa, quando vidi qualcosa che non avrei mai dovuto vedere." spiegò prendendo un profondo respiro, visibilmente angosciato.
"Un uomo vestito di un completo sul grigio scuro, puntava una pistola contro un secondo ragazzo. Lo uccise. M-Mi resi conto di conoscere la vittima, e che era un commerciante che aveva il proprio locale nella medesima strada del mio, e capii di doverlo soccorrere. Era un amico!" raccontò gesticolando con le mani, rendendo partecipi tutti i presenti dell'ansia che Dj provò in quel momento.
"Poi, puntai il mio sguardo, per un brevissimo istante, sull'assassino. Aveva una spilla... Con su scritto 'dipartimento ordine e rispetto Governativo', e mi resi conto che, sì, il Governo non solo ci teneva nascoste con censure centinaia di cose, ma che uccideva anche i cittadini che meno apprezzava, probabilmente non sapendo come accusarli di Desert_Zone, e preferendo dire ai familiari che era stato un omicidio a porre fine alla vita del loro caro." Dedusse il ragazzo alzando gli occhi al soffito un istante, prima di riprendere il proprio racconto.
"Il Governo ci condannava e uccideva. E l'assassino mi aveva visto. Ero terrorizzato, ed ero un codardo. Iniziai a dire che sarei stato zitto e che non avrei detto a nessuno ciò che avevo visto, ma mi mandarono a processo, dove mi dissero che non potevano permettersi un simile rischio e che la Desert_Zone sarebbe stato un luogo perfetto per me, dove coloro che spiano finiscono uccisi." concluse infine sospirando pesantemente, mentre le parole gli si affievolivano in gola divenendo un sussurro.
A quel racconto Duncan non seppe che dire. Avrebbe voluto fargli capire che era certo che la sua non fosse una colpa, ma infondo, anche quelle degli altri, non erano da definirsi peccati. Non avevano fatto nulla di male...

"Io invece lavoravo al servizio completo della scienza" mormorò Noah, che era rimasto in disparte per tutto il tempo, certo di non volere parlare della propria esperienza, cedendo alla fine.
"Il mio obbiettivo era portare sollievo nelle vite di ognuno di noi... In particolare, ero interessato al rigeneramento delle cellule, ergo, mi soffermavo sullo studio delle cellule staminali." spiegò con calma, assaporando i propri ricordi che sapevano di dolce-amaro, quando ancora si occupava di ciò che più amava. Era in piedi, poggiato ad una parete a braccia conserte, ed orsservava con interesse le espressioni del militare di fronte a sè, notando ogni più piccolo tentennamento nelle sue azioni, nei suoi pensieri.
"Prima di essere condannato, lavoravo ad un progetto che consisteva nella vera e propria sostituzione di neuroni cerebrali per mezzo della produzione di cellule staminali. Insomma, era qualcosa non di innovativo, nel senso che in molti ci avevano già pensato, ma era mancato quel qualcosa... Qualcosa che ero riuscito a comprendere dopo anni di ricerche. Come immagino saprai, i neuroni sono le sole cellule che non possono riprodursi, e beh... Invece esiste un modo. Cellule staminali, introdotte con minuzia ed accuratezza e tempo. Ma il punto non è questo..." si fermò Noah controllando di avere la completa attenzione del militare, che lo guardava con interesse.
"Un giorno, un ministro del Governo, venne nel mio laboratorio dicendomi che dovevo aiutarli in un esperimento fondalmentale, e non potei fare altro se non accettare... Diciamo che fu... Convinvente" sospirò accentuando l'ultima parola, il ragazzo.
"Quando giunsi al luogo dove questo omonimo esperimento veniva portato avanti, capii con disgusto e repellenza che era qualcosa di folle.     Devi sapere, Duncan, che mi laureai non solo in anatomia umana con annesso medicina, ma anche in psicologia. In quel laboratorio c'erano bambini, ragazzi, uomini ed anziani. Venivano costretti a coma farmacologici e provocati sensorialmente e cerebralmente, anche con onde ad altissimo rischio tumore. Domandai da dove queste persone venissero e mmi dissero che erano pazienti di vari ospedali, prelevati segretamente." mormorò disgustato da quei ricordi orribili.
"Era aberrante."
"Quale era lo scopo?" domandò infine il militare, fatosi trasportare dalla narrazione del ragazzo di fronte a lui.
"Lo scopo? Controllare la mente, divenire padroni di emozioni e paure, così da potere controllare al meglio un popolo smidollato già di per sè" fece  inorridito Noah, cercando, o meglio, sperando, di vedere sul volto di Duncan un espressione per lo meno simile alla sua, ma il suo viso rimase invece immutato.
"Mi rifiutai di lavorare con loro, glielo dissi apertamente e così venni condannato a questo." concluse indicando una finestra, che seppur serrata, stava a dire che ora quel ragazzo, anch'esso, come Heather, con un florido futuro di fronte, era finito a morire.
"Ecco, come siamo giunti qui" gli sputò infine in faccia velenosamente, non potendo evitare di accusarlo almeno un minimo, enfatizzando la prima parola con odio e repulsione evidente.
Duncan in risposta rimase in silenzio, mentre gli altri, anch'essi muti, si alzarono lentamente, diretti verso le loro rispettive stanze, più nudi ed esposti di quanto in precedenza non fossero.

Ma il militare continuava a ripetersi una frase nella mente, con costanza e perseveranza e nonostante le proprie credenze nei confronti del Governo fossero messe a dura prova, lui era certo che qualcuno, dentro quel covo di dimenticati, nascondesse ancora qualcosa. Che Gwen nascondesse qualcosa, ma nemmeno lui era certo di volerlo o meno sapere.
Durante i suoi anni di addestramento gli avevano insegnato a combattere, ma non solo. La prima regola, da tenere costantemente a mente, era di non essere mai troppo curiosi.
Forse era la medesima situazione. Lui non era nessuno all'interno di quel luogo ed in balia di quel deserto, e forse doveva solo abbandonarsi all'idea di essere nuovamente una recluta sotto addestramento.
Eppure... Eppure perchè tanto affiatamento per perseguire un capo più giovane ed assolutamente meno coerente come Gwen?
Era una ragazzina, dubitava fortemente potesse essere anche solo diciannovenne ed il suo viso era marcato quasi costantemente da un'espressione di totale certezza.
Quale era la sua verità?

"Bridgette..." esordì dunque volendo parlare in particolare con lei, ma nonostante ciò, si voltarno tutti, confusi.
"Che c'è?" chiese lei guardandolo incuriosita, mentre veniva affiancata con immancabile apprensione da Geoff. Improvvisamente Duncan si sentiva uno stupido per non avere notato in precedenza la loro relazione.
"Si tratta di una cosa che hai detto prima... Per quale ragione, solo con il vostro arrivo, tuo e di Geoff intendo,  Gwen prese la decisione di formare la resistenza?" domandò dunque il militare incerto, per la prima volta cedendo ad un qualcosa, che per i suoi valori era imprescindibile. Stava violando la sottomissione che aveva offerto alla ragazza alleandosi con loro, ma era qualcosa che necessitava di sapere per potersi affidare senza rimorsi a lei.
Bridgette inclinò leggermente il capo confusa, rendendosi conto di qualcosa di palese "Cosa sai di Gwen, Duncan?"
Lui non rispose, non volendo estentare la propria ignoranza, capendo che le fosse evidente.
La ragazza sospirò, visibilmente incerta se rispondere o meno alla domanda di lui, capendo perfettamente non fosse qualcosa in cui doveva intromettersi, per poi tornar a guardarlo.
"Gwen... Gwen e Scott... Hanno subito una condanna molto più dura rispetto a tutti noi..." esordì la bionda mordendosi il labbro inferiore.
Il militare storse la bocca, non capendo "Hanno ucciso?"
La ragazza negò con il capo, dissentendo totalmente "Loro sono innocenti in ogni atto loro compiuto"
Duncan si alzò, lasciando la propria sedia, sentendosi in dovere di dissentire "Anche voi, se non sbaglio eravate innocenti. Non avete commesso peccati orribili..."
"Ma loro nemmeno..." si limitò a mormorare l'altra con un filo di voce, che persino il soffio del vento avrebbe spezzato.
"Avranno fatto qualcosa... Mentre erano aldilà di questi recinti!"
"Loro..." fece lei avvicinandosi al ragazzo che, cocciutamente, proseguiva con il dissentire "Non hanno mai varcato l'entrata di questo luogo, ne mai hanno camminato le strade sotto il Governo..."
Il militare, capendo, sgranò immediatamente gli occhi.

Non era possibile.
Mai era stato loro raccontato di simile soppruso, dicendo che la Desert_Zone fosse un luogo di meritato castigo. Ora, però, capiva quanto quelle parole celassero al verità.
La Desert_Zone era stata creata per favorire l'ascesa del Governo in modo immediato, insinuandosi in ogni angolo di tutta la terra, cercando il potere senza ritegno di controllare persino le menti del povero popolo sottomesso già visibilmente.
Eppure, rendersi conto che esseri tanto innocenti, ci fossero anche nati, stordiva.
Ed ecco spiegata quella fiducia lancinante nei confronti della ragazza, e la certezza perenne dei suoi seguaci. Lei era sopravvissuta tutta l'esistenza, anche da bambina, in perenni difficoltà, ed era la sola, insieme al ragazzo, Scott, in grado di reagire alle svariate problematiche che il luogo favoriva tragicamente.
Ed ora capiva anche cosa legasse costantemente i due, in modo quasi simbiotico, rendendoli tanto simili caratterialmente, ed uniti spiritualmente.
Lei poteva essere il dannatissimo asso nella manica di cui quelle persone necessitavano costantemente. Lei era la differenza tra la vita e la morte.
Ora era indubbia la ragione della sua freddezza, scaltrezza e sicurezza costante. Nulla le era nuovo. Il modo in cui parlava, colmo di spaventosi ricordi, aveva d'improvviso un senso, e lui se ne rammaricava.


"Quando ci vide e sentì la nostra storia, decise di aiutarci... Perchè in noi vedeva i suoi genitori" mormorò con un filo di voce Bridgette, asciugandosi una lacrima con un dito, cercando di rimanere calma.

Perchè quella ragazzina, era nata e cresciuta in un luogo di orribili azioni ed avvenimenti senza meritarlo affatto.

"Quanti anni ha?" domandò poi Duncan, non riuscendo a riflettere su altro, mentre i propri pensieri, aberrati e colmi d'odio improvviso, si impilavano con costanza nella propria mente.
"18" rispose una voce, distraendo tutti. Scott era poggiato alla parete e li ascoltava da ormai interi minuti. Aveva un'espressione seccata, ed era probabilmente comprensibile, indondo si trattava della loro storia e della loro sofferenza.
"Non è una bambina. Nè io nè lei lo siamo mai stati. E se sei tanto interessato a questo racconto, dovresti andare da lei a parlarle e se non ha intenzione di parlartene, dovresti stare zitto e da parte. Nessuno qui ti vuole al proprio fianco, ti sia chiaro. Nessuno è tuo amico. Tu rappresenti ciò che ha posto fine alle nostre vite... Personalmente poi... Sei colui che non me ne ha mai concessa una" asserì con la voce troncata dall'odio, lasciando poi la stanza, seguito dal resto del gruppo, tutti silenziosamente concordi con il rosso.

Duncan osservò la stanza svuotarsi lentamente, sino a rimanere solo, mentre iniziava a riflettere seriamente sui racconti appena uditi.
Nessuno aveva commesso errori realmente punibili, o comunque non con tanto odio. Il Governo aveva costruito nel tempo una società perfetta, sì, ma condannando innocenti e ribelli, anche muti, come per esempio un Dj intimorito.
Ecco perchè quei ragazzi erano diversi da quella sorta di uomini-bestia che aveva incontrato durante la propria missione al fronte. Tutto grazie a Gwen.
Dai racconti ascoltati, aveva dedotto con cura fosse stata lei a decidere di salvarli, così da formare una resistenza in cui sarebbero potuti vivere il più a lungo possibile pacificamente.
Quella ragazzina mai stata bambina, ma nata adulta che aveva il coraggio di milioni di uomini, che combatteva con ardore seppur mantenendosi distaccata e severa in ogni decisione, valutando le scelte migliori da compiere senza mai commettere un errore, era stata la salvezza di tutti loro.
Anche sua, realizzò in un istante, rendendosi conto che se lei non fosse esistita, in quel momento, lui poteva essersi già ridotto a nutrirsi di carne umana senza il minimo ritegno, biasimandosi, ma sfamandosi.

Il Governo era davvero come si definiva? Era l'organo perfetto?
Doveva.
Era sempre stato così... No?


Lasciò la stanza, dirigendosi verso il piano dove si trovava la propria camera da letto, ma alla vista della sua figura, si fermò.
Gwen stava scendendo lentamente, con i capelli bagnati, probabilmente appena fattasi il bagno, e lo guardò notando lui si fosse fermato ad osservarla.
Per la prima volta indossava qualcosa di differente da quella sorta di abiti da commando costituiti da un paio di pantaloni a mezza gamba ed una canottiera sformata. Era malamente infilata in una camicia decisamente troppo larga per lei, che le arrivava sino a metà coscia, parendo un piccolo abito seppure largo, mentre i capelli, lunghi e neri, le ricadevano su tutta la schiena, bagnando il tessuto.
"C-Che succede?" domandò la ragazza confusa dallo sguardo di lui, che si era fermato a guardarla, preoccupandosi un istante.
"E' successo qualcosa?"
"N-No..." negò lui risvegliandosi e balbettando brevemente prima di tornare in sè, non capendo nemmeno se stesso e le proprie reazioni.

Lei era una nemica.

"OK, allora vado." tagliò corto lei tornando a guardare le scale, superandolo velocemente, dirigendosi verso la cucina, ma lui, pur tormentato dal suo orgoglio, la fermò chiamandola.
"Gwen..." fece per poi sentire la voce mancargli "Mi... Dispiace per l'altro giorno. Non dovevo dire nulla riguardo a... A tutto. Davvero, scusami" mormorò poi corrucciando lo sguardo e distogliendo gli occhi da lei, puntandoli su una parete a fianco a lui.
Lei sussultò un istante, palesemente basita da quelle parole, incerta su come reagire di fronte a quelle scuse, per poi annuire mordendosi un labbro, rendendosi conto che quella non era una situazione a lei solita.
Non era brava con i sentimenti, che in quel luogo non erano soliti, sostituiti invece da paura e morte; cose -a parer suo- decisamente più semplici da comprendere e superare. Senza calore nè felicità.
"Ok..." mormorò dunque semplicemente, imbarazzandosi per quella palese ignoranza a parole, per poi voltarsi, intenta a dirigersi al più presto lontano da lui, ma quella voce tornò nuovamente a fermarla, colpendola come un fulmine nato in una tempesta impetuosa.
"Come è stato?"

Lo guardò confusa, capendo poi che lui sapeva e giustificandosi le scuse appena rivoltale. Strinse i pugni impulsivamente, pur non sentendo alcuna rabbia montare come invece si sarebbe aspettata, ma invece una sorta di valvola di sfogo spalancarsi in contemporanea con la propria bocca.
"Dovevi crescere in fretta. Mia madre rimase incinta qui, nella Desert_Zone." esordì non riuscendo a controllarsi.
"Venne ondannata con mio padre e quando nacqui, si trasferirono qui, capendo di necessitare di un luogo stabile dove vivere e fortificarono le finestre e la porta. Con noi viveva anche Scott. Sua madre venne gettata qui quando era incinta, e Scott nacque pochi mesi dopo, ma suo padre morì prima, a causa di un cannibale. Venne a vivere insieme a noi con sua madre. Eravamo felici, più  o meno. Mio padre trattava Scott come un figlio." sospirò serrando le palpebre con gli occhi umidi.
"Mio padre ci insegnò a sopravvivere... Lui aveva combattuto la guerra contro il Governo ed era addestrato... Poi, un giorno venne attaccato. Tutti venimmo attaccati. Trovarono l'entrata di casa." sospirò la ragazza, ancora ferma sulle scale, non riuscendo a muoversi, ormai incastrata in una moltitudine infinita di ricordi opprimenti e difficili.

Sofferenza.

"Mio padre ci disse di nasconderci... Andammo dentro un piccolo amadio a muro nascosto dietro un quadro. Scott aveva otto anni, ed io quattro, ci stavamo. Eravamo piccoli ed agili. E pensavamo 'tra poco sarà tutto finito... Il papà ci salverà.' Ma nessuno tornava a bussare per dirci che era tutto finito. Uscimmo quasi un giorno dopo, e trovammo tre corpi" si arrestò Gwen tremando un istante alzando una mano.
"Uno era di mia madre, uno di mio padre ed il terzo la madre di Scott" concluse sollevando un dito per ogni cadavere da lei descritto.
"Volevo morire. Ero una bambina e non potevo crederci... Era surreale. I cannibali avevano tagliato loro le teste, così da avere sangue da bere... L'arteria in corrispondenza della trache è... Parecchio capiente..." spiegò la ragazza con il labbro inferiore che tremava leggermente.
"Fortificammo tutte le finestre, il portone e ci rinchiudemmo qui, vivendo di poco o niente, sino a che non comprendemmo che dovevamo provare per lo meno... A vivere. E... E mia madre mi diceva sempre che non dovevo arrendermi di fronte a niente... Ed ho mantenuto il suo volere" concluse la ragazza in un sorriso malinconico lanciando uno sguardo al cielo con una lacrima che le solcava lentamente la guancia.

"Mi dispiace" sussurrò Duncan arrivandole al fianco, ma non osando sfiorarla, perchè infondo, nonostante stessero entrambi passando un momento di eccessiva debolezza, non voleva dire nulla. 
Essere nemici tra loro, era innegabile, ed un'alleanza indicibile, a parere di entrambi.
"Sì... Anche a me." tornò seria Gwen, tornando a concentrarsi sul presente e riprendendo la propria camminata verso la cucina, questa volta seguita dal militare, improvvisamente spaventato che quella figura tanto forte che li sorreggeva, potesse crollare.
"Se non ci fosse stato Scott, sarei morta a breve" aggiunse poi varcando la soglia della stanza ed afferrando una bottiglia d'acqua e bevendo da essa un lungo e dissetante sorso, per poi passarla al ragazzo che, nonostante fosse stato zitto, ne necessitava.
"Ma da quello che ho capito, sei tu a comando di questi ragazzi. Loro contano su di te, significherà qualcosa... Sei molto valorosa, Gwen" asserì certo l'altro dopo avere bevuto quanto gli necessitava, per poi posare la bottiglia sull'ampio tavolo al centro della stanza.
"No... Al mio posto dovrebbe esserci lui, ma si rifiutò, dicendo che non ce l'avrebbe fatta, e ribadendo che fosse mio padre ad avere combattuto, che l'idea di salvarli era stata mia  e che ero io a meritarmelo... E perciò accettai" rispose lei accomodandosi stancamente su una sedia, spossata dalla conversazione.
"Effettivamente era così. Io fui la prima a salvare Bridgette e Geoff. Così abbiamo indetto la nostra... Resistenza"
"Eri giovane" disse Duncan riferendosi al fatto che le fosse stato attribuito un potere tanto incisivo su un intero gruppo di persone.
Lei annuì, per poi alzarsi lentamente, mostrandosi incredibilmente stanca e congedandosi dicendo che si sarebbe diretta nella propria camera per riposare visto il viaggio appena compiuto, ed in risposta il ragazzo aveva annuito con calma, nascondendo il timore che provava nel rimanere solo, con i propri insistenti pensieri.

Doveva davvero la propria stima al Governo, ed unicamente ad esso?
Quel Governo che aveva condannato dei ragazzi innocenti ancora prima della loro nascita?
Ne dubitava, sì, ma al medismo istante ricordava nitidamente il modo in cui aveva vissuto sotto esso, in pacificità, seppur palesemente forzata e con restrizioni dovute.
Dovute, gli avevano sempre detto. Eppure era certo che in un passato il mondo fosse stato molto più libero e che persone di incredibile genialità fossero nate, cresciute e vissute durante esso.
Lui, però, aveva giurato sopra ogni cosa di servire esso, con certezza e senza tentennamenti, giungendo persino a sacrificare la propria vita per esso.
Effettivamente lo aveva fatto; si era schiantato con un jet di linea per proteggere un paio di miistri, ahimè, morti tragicamente a causa di ribelli. 

Ribelli come loro. Come coloro che ora condividevano la loro vita con lui, nella medesima abitazione, ripudiati e dimenticati dalla completa società che li circondava. 
Anche loro erano in grado di fare tanto per la libertà dovuta loro? 
Gwen, Scott e Geoff quasi per certo. Ci avrebbe giurato: erano i più temerari ed istintivi, bramatori di libertà e giustizia, ma non della perfezione offerta dal Governo.

Perchè?
Cosa non andava in quella perfezione?



-----> Angolo dell'autrice che si trova con trentordici problemi d'amore pur essendo l'essere meno romantico sulla faccia della terra ♥♥♥

Ciaooooo! Capitolo pieno di rivelazioni (?) ^^ e direi che è anche quello con il primo momen da " *_* ♥_♥ " DxG, no? ahhaha
Spero di sì :'') lasciatemi una recensiuccia se vi va e... Ora vado, perchè so benissimo di rompervi t.t hahahahha

 
  
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