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Autore: Dulcet    05/09/2013    4 recensioni
Io vivo in un mondo dove c'è la magia. Dove c'è il bianco, dove c'è il nero. Dove, a volte, non c'è niente e non c'è nessuno, tranne me.
Non ho un nome e non ho un'età. Non so perchè e come e quando mi sono trovata qui. Quello che riesco a ricordare è poco; c'è sempre stato troppo poco.
Mi sono svegliata e non vedevo niente, c'era una luce da un piccolo foro e ho cominciato a guardare: questa è una delle poche cose che ricordo.
Da quel foro ci guardo ancora, tutti i giorni e a tutte le ore io sono lì e guardo tutto quello che posso guardare.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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3 capi
Lo guardo. Mi guarda.
Sento il suo cuore battere e lui sente il mio, nel silenzio che c'è intorno a noi.
Guardo in giù per vedere i miei capelli lungo il pavimento. Sono così lunghi che arrivano molto lontano. Sono come quelli di Lacie, ma sono più scuri. Un po' come quelli di Ruth.
Guardo le mie mani poggiate vicino alle mie gambe. Ho la pelle chiara, ma sono tutte ricoperte di nero. In effetti è passato un po' di tempo da quando mi sono bagnata con l'acqua che usciva da quel bidone enorme.
Stephen è ancora lì, ma non si muove. Forse è spaventato e non riesce a muoversi come faccio anche io a volte.
- P-perchè s-stai fermo?- Gli chiedo. Questa è una delle poche volte che ascolto la voce uscire dalla mia bocca ed è la prima volta che parlo con qualcuno. E' la prima volta che qualcuno mi guarda.
E' la prima volta che qualcuno si accorge di me.
Quello che provo adesso è troppo grande e troppo infinito per cercare di spiegarmelo. Tutto è cambiato in pochissimo tempo: quel pezzo di muro è andato indietro, si è avvicinato Stephen ed è entrata tanta luce. Queste sono cose che non avevo mai visto, che non avevo mai provato. Non sapevo quanto fosse meravigliosa la luce finchè non mi è arrivata addosso. Non sapevo quanto bello potesse essere guardare una persona dalla testa ai piedi ed essere guardata da qualcuno, negli occhi.
Non sapevo come io fossi, non sapevo se ero come loro o ero una specie di animale. Io non sapevo niente di me. Sapevo solo che ero sola, catturata e portata dentro quattro mura.
Chiusa.
Senza uscita.
Senza poter parlare, senza poter stare con loro.
E invece adesso mi sento come se qualcuno mi avesse fatto un regalo. Mi sento come si sentivano Ruthie e Lacie in quei giorni in cui era il loro compleanno, quando portavano nella loro camera tante scatole colorate, con tanti nastri così ben fatti che poi strappavano e gettavano via.
Quando li aprivano dicevano sempre -Che bel regalo! Guarda!-.
Ci trovavano tantissime cose in quelle scatole ed erano così contente.
E anche io ora ho ricevuto un regalo, il regalo più grande e più bello che mi potessero fare, un senso che mi fa pensare che tutto questo è bellissimo, che io stessa anche se sono cresciuta al buio, da sola, alla fine ho raggiunto la mia meta.
Se solo sapessi più parole di questo mondo, allora riuscirei a dire cosa provo.
Stephen adesso ha fatto un passo avanti ed è ancora più vicino a me. Tiene una mano appoggiata a un pezzo di muro, come se si tenesse preparato a scappare.
-Chi sei ?- Ha una voce spaventata, ma è coraggioso e io lo so.
 A questa domanda però non so rispondere, perchè io non ho un nome nè un'età. Sono una femmina, giusto? Perchè non ho una strana cosa che hanno i maschi.
-Io sono una femmina.- rispondo chinando il capo
-Mi sembra ovvio- sta diventando sempre più preoccupato. -Perchè sei qui?- mi domanda.
-Sono sempre stata qui.- Adesso ho paura che sia impaurito così tanto da  riportare avanti quel pezzo di muro, lasciarmi dentro e scappare.
Ma resta lì.
-A-avvicinati-
Mi alzo e muovo le gambe per andare da lui. Non so muovere velocemente le gambe come fa lui, Ruthie, Lacie o Leonardo, però un po' ce la faccio.
Adesso sono davanti a Stephen, i nostri petti si toccano. Così posso sentire ancora meglio i battiti del suo cuore. Credo che sia la prima volta che vede una persona che è rinchiusa da tanto tempo, che un giorno appare inaspettatamente. E' spaventato.
Spaventato da me.
Non parla. Allora decido di parlare io, di dirgli tutto quello che ho passato qui dentro, di quello che ho potuto vedere nel buio, nella solitudine, guardando da quel foro.
- Io, davvero non so chi sono. So solo che sono qui da quando ero piccola perchè avevo i capelli corti, ma poi sono cresciuti. Adesso ho i capelli veramente lunghi. Io... qui c'è da mangiare e da bere perciò sto bene. C'è  anche un recipiente grandissimo pieno di acqua e quando avevo caldo oppure mi dovevo pulire perchè mi sentivo sporca giravo un pezzo di metallo e mi facevo cadere l'acqua addosso. Poi a volte c'erano degli animali, qualcuno si avvicinava a me se non c'era acqua scura intorno. Ci sono state tante cose brutte ma io ho trovato un foro nel muro che tu hai portato indietro. E da lì io ho sempre guardato Ruthie, Lacie e Leonardo e ho sempre ascoltato quello che dicevano, quando erano piccoli e giocavano, e poi quando sono diventati grandi e studiavano le varie materie. Questo è tutto quello che ho fatto e quello che so.- Non riesco a credere di averglielo detto. Sto piangendo e singhiozzando. E' la prima volta che lo faccio.
Sono come Ruthie, come Lacie e Leonardo quando poco tempo fa piangevano per aver scatenato il terremoto.
-Mi dispiace se ti faccio paura.- aggiungo.
-Sono solo un po' sorpreso. Non mi è mai capitato di trovare una ragazza in cantina.- Adesso è un po' più calmo.
-Che cosa è la cantina?-
-Il posto in cui sei rimasta per tutto il tempo.-
-E le chiavi? E la porta?-
-La porta è quella che ho aperto per entrare. Le chiavi servono ad aprire le porte.-
-Quel pezzo di muro che hai tirato indietro è la porta?-
-Sì, si dice aprire la porta.- sembra sorpreso - Perchè non hai mai urlato o battuto i pugni? Ruth e Lacie ti avrebbero sentita e ti avrebbero trovata.-
-Io non so urlare. E poi non so cosa siano i pugni.-
-E' quando fai diventare la mano come... un mattone e la fai andare con velocità verso il muro facendo rumore.- Penso che si stia sforzando per spiegarmi cose che non conosco. E' proprio come mi aspettavo: si prende cura di tutti.
-Perciò se lo avessi fatto sarei uscita da qui prima?-
-Può essere, ma di solito tutte le stanze delle reggie sono fatte in modo che nessuno, nella stanza accanto, possa sentire nulla.-
-Allora sarebbe stato inutile anche se ci avessi provato.-
-Esattamente.- sembra calmo e a suo agio adesso. -Perchè non ti metti dei vestiti?-
Solo ora mi accorgo che quello che credevo essere un vestito non è altro che un grandissimo pezzo di tessuto ingiallito e sporco. Per me andava bene, è abbastanza pesante e mi ha coperta bene quando avevo freddo, però non sono nelle condizioni di uscire da qui in questo modo, se mai uscirò.
-Però qui non ce ne sono.-
-Credo che Ruth non si arrabbierà se le prendo qualcosa dall'armadio. E' per una buona causa.- Accenna un sorriso. -Questi sono troppo appariscenti e ingombranti . Non vanno bene per te.-richiude l'armadio.
La stanza di Ruthie e Lacie. Adesso posso vederla tutta, ci sono dentro. Ci sono tante cose di cui non conosco il nome, ma riconosco la scrivania, dove si sedevano per studiare ogni volta, dove parlavano, dove ridevano. Vicino alla scrivania c'è quella sbarra, con dei pezzi di stoffa. E' come un quadrato. E' difficile da descrivere.
-Che cos'è questa?- dico indicando la sbarra.
-Si chiama finestra. Ti piace?-
-Sì. Mi piacerebbe tanto sporgermi.-
-Potrebbe vederti qualcuno e sarebbe un guaio per tutti. Stanno succedendo troppe cose in questi giorni. Mi sento confuso.- Dice mentre apre una grande scatola e ne tira fuori una stoffa bianca.-Prova questo.-
Prendo quella che dovrebbe essere una maglietta tra le mani. -Io non so come si mette.-
-Togliti quella coperta.-
-Questo pezzo di stoffa si chiama coperta?-
-Sì.-
Mi tolgo la coperta di dosso e la getto via nella cantina. Nel posto in cui sono sempre stata.
-Alza le braccia.-
Alzo le braccia come mi ha detto di fare. Mi infila le maniche della maglia e mi fa uscire fuori il collo.
-Mi dispiace di non aver trovato qualcosa di femminile. Perciò ti ho preso una delle mie magliette. E' pesante. Ti servirà quando usciremo.-
Il cuore comincia a battermi forte di nuovo. Usciremo da qui. Questo vuol dire che andrò con loro.
-Dove andremo?-
-A Berlino, lo sai.-
-E quando partiamo?-
-Domani mattina.-
-Quando è domani mattina?-
-Fai tantissime domande. Ma non posso biasimarti.-sorride- domani mattina è tra dodici ore, adesso sono le nove di sera.-
-Non dormiamo?-
-Lo dici perchè hai sonno?-
-Un po'.-
-Sarebbe più conveniente se adesso ti accorciassi un po' i capelli, non credi? E' scomodo andare in giro facendoli strisciare a terra.- adesso sembra confuso, di nuovo. Mi guarda sorridendo. Non so quanto sono felice. E se questo è possibile è merito suo, che ha aperto la porta.
-Grazie Stephen, per aver aperto la porta e avermi trovata.-
-Prego- risponde- se vai un po' più avanti , vicino alla scrivania c'è lo specchio, lì puoi guardare la tua faccia e i tuoi capelli.
Mi avvicino allo specchio. Dovrebbe essere quello strano pezzo di vetro che rifletteva i volti di Ruth e Lacie.
Adesso invece riflette me.
Riflette il mio viso chiaro, quasi bianco. Ho gli occhi di uno strano colore, un po' azzurro, come il cielo. Ma con un po' di nuvole. Non è un azzurro più scuro, è semplicemente un altro colore, che ancora non conosco.
Poi ci sono i miei capelli. Hanno anch'essi uno strano colore.
-Stephen, di che colore sono i  miei capelli?-
-Sono di un colore particolare. Un po' castani e un po' biondi. Direi color del miele.-
-E i miei occhi, di che colore sono?-
-Avvicinati, non riesco a vederli da qui. Siediti qui sul letto.-
A piccoli passi vado verso il letto. Ha ragione. I miei capelli mi ingombrano quando cammnino.
Mi siedo vicino a Stephen e lui mi guarda. Fa una faccia strana.
-Sono viola. E' raro averli di questo colore.- Sembra che il colore dei miei occhi lo interessi molto.- Hai  una faccia un po' da bambina, però non penso che tu lo sia.-
-Forse sono grande quanto Ruthie e Lacie. Quando loro erano piccole, ero piccola anche io.
-Perciò avresti la mia età.- sorride.- Adesso lascia che ti lagli i capelli, dopo andremo a dormire. Devi riposarti bene per affrontare la giornata di domani. Credo che ti piacerà dormire su un letto.-
-Lo penso anche io.-
Adesso sta preparando tanti pezzi di stoffa sul pavimento. Credo che servano per raccogliere i miei capelli quando li taglierà. Prende una sedia e la poggia vicino alle stoffe.
-Puoi sederti qui, per favore?-
Stephen è così gentile. Prima mi ha fatta uscire, mi ha parlato e non è scappato via, adesso mi sta aiutando a prepararmi per uscire fuori, per partire.
Mi siedo dove mi ha detto. Quando mi  sono sistemata mi tira tutti i capelli indietro.
-Va bene se li taglio sotto il seno? Sono così belli. Sarebbe un peccato accorciarli troppo.-
-Per me va bene.- rispondo.
Ci vuole poco tempo per accorciali di dietro. Sono bastati solo pochi colpi di forbici.
-Sono a posto?- chiedo.
-Non ancora, manca la frangia. Non puoi andare in giro con i capelli davanti agli occhi.-
Mi mette un pezzo di stoffa intorno al collo.
Le forbici si aprono e si chiudono, tagliando via i miei capelli lunghi.
-Adesso va meglio.- sorride e guarda il risultato.- Non ho mai tagliato i capelli di una ragazza, ma credo che il risultato sia accettabile.Mia nonna me lo insegnò quando ero piccolo. Va' a guardarti allo specchio.-
-Mi avvicino di nuovo allo specchio. Così sto meglio e ci vedo meglio.
-Sono carina così.-
-E' vero.- mi guarda e sorride.
Il sonno, la stanchezza e la voglia di distendermi su un letto cominciano a gravare su di me.
-Posso andare a dormire?-
-Se vuoi dormire devi venire nella mia camera. C'è un letto matrimoniale.-
Non ho idea di cosa sia un letto matrimoniale, mi basta solo che sia un letto. Ma il problema sarà muoversi da una stanza all'altra. Non voglio che qualcuno mi scopra.
-Dov'è la tua stanza?- chiedo sbadigliando.
-Di fronte a questa. Andiamo.-
Camminiamo verso la porta. Stephen gira uno strano oggetto perfettamente rotondo attaccato alla porta e questa si apre.
-Non avevi detto che le porte si possono aprire solo con le chiavi?- chiedo incuriosita.
-Di solito è così, ma soltanto per le stanze che poche persone possono aprire.-
Richiude la porta dietro si sè.
-Cammina velocemente e non fermarti a guardare niente- mi sussurra all'orecchio.
C'è una stanza proprio di fronte a quella da cui siamo appena usciti. Deve essere la camera di Stephen.
Camminiamo entrambi velocemente e quando siamo davanti alla porta della sua camera, Stephen mette una chiave nel foro della porta. La gira verso destra e la porta si apre.
-Entra pure-
-Grazie.-
La prima cosa che vedo è il letto. E' molto grande. Quelli nella stanza di Ruthie e Lacie erano molto più piccoli.
-Posso andare sopra il letto?-
-Devi stare sotto le coperte, non sopra.-
-Che significa?-
-Guarda.- dice con dolcezza. Si avvicina al letto, prende le coperte che ci sono e ci si infila sotto, poggiando la testa sul cuscino. -E' così che devi metterti. Provaci.-
-Sporcherò il letto però, sono sporca.-
-Cambiano e lavano le lenzuola ogni giorno, sta' tranquilla.
Entro nel letto come mi aveva fatto vedere Stephen. Poggio la stesta sul cuscino.
Entra anche lui sotto le coperte. La sua faccia è più rossa. -Posso dormire anche io in questo letto o mi caccerai via?-
-Perchè dovrei cacciarti via?-
-Sono un ragazzo.-
-E cosa cambia?-
-Sei troppo innocente per capire.-Sorride.
-La candela può rimanere accesa?-
-Certamente.-
-C'è un po' di freddo, Stephen.-
-Non ho altre coperte qui. Se hai freddo puoi stringere me come ultima alternativa.-
-Non capisco quello che vuoi dire.- Mi avvicino a lui, incrocio le sue braccia con le mie. Il calore comincia a traferirsi nel mio corpo. Adesso sto meglio.
In cantina non faceva così freddo, ma qui si.
-Sei Dolce.- dice mentre mi stringe di più.
Non sono riuscita a sentirlo bene.
-Dulcet?-
Sembra sorpreso ed è come se gli venisse una grande idea.
-Dulcet è un nome. Ti starebbe bene.-
-Posso davvero chiamarmi così?-
-Sì.-
-Grazie, Stephen.-
-Adesso puoi dormire.-
-Ci vediamo domani.- lo stringo di più perchè ho freddo.
-A domani,
Dulcet.-


Ciao a tutti (anzi buonanotte a tutti perchè è l'una del mattino e io ho appena finito di scrivere ), questa volta mi sono un po' dilungata. Questo era un capitolo davvero importante, perchè per la prima volta la nostra protagonista incontra e parla con una persona.
 è oggettivamente romantico non trovate?
Non dal punto di vista della protagonista, Dulcet che non ha idea di cosa sia l'amore.
Era proprio così che volevo far apparire questo capitolo e ci sono riuscita abbastanza bene.
Sono fiera di questa storia e di come sto riuscendo a mandarla avanti costantemente e di buona volontà.
Aspetto recensioni per conoscere le vostre opinioni.
Ripeto ancora una volta che il linguaggio non troppo ricercato è un'esigenza. Dulcet non ha mai visto molte cose perciò non conosce molte definizioni.
Ciao e grazie per aver letto anche questo capitolo!! :D



  
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