Serie TV > Squadra Speciale Cobra 11
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Autore: Maty66    05/09/2013    4 recensioni
“Ed il meglio di voi sia per l’amico vostro. Se egli dovrà conoscere il reflusso della vostra marea fate che ne conosca anche la piena”
Kahlil Gibran poeta libanese
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Storie d'amore e di amicizia'
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Vecchi rancori

Semir si svegliò lentamente.
Intorno era tutto buio e sentiva un forte dolore ai polsi e alle braccia. Aprendo gli occhi si rese conto che l’avevano legato con le braccia in alto ad una vecchia trave. Si guardò intorno cercando di individuare qualcosa, ma riuscì solo a distinguere che era in quello che una volta era il refettorio. C’era ancora il lungo tavolo cui si sedevano per pranzare.
“Bene ci siamo svegliati…” disse una voce familiare alle sue spalle. Semir si contorse nel tentativo di liberarsi. Hakim si piazzò di fronte a lui illuminandolo con una lampada ad olio che pose sul pavimento. A terra Semir vide il cellulare in pezzi e la fondina vuota della sua arma di servizio
“Mi hai risparmiato la fatica di venirti a cercare…” disse poi “Ma come sei potuto diventare quello che sei?” “E cosa sarei Semir? Un delinquente? Uno spacciatore?” sorrise Hakim “Un lurido bastardo, assassino, vigliacco e traditore” sibilò con rabbia Semir. “Traditore… interessante che mi definisci così proprio tu. Sai vero come ti chiamavano nella comunità turca dopo che sei diventato uno sbirro? Hain… traditore, traditore della tua gente” La voce di Hakim era piena d’odio.
 “Ma che ti è successo, eri mio amico ne abbiamo passate tante insieme ed ora non so neppure chi sei…” “Tuo amico…  come faccio ad essere amico di un lurido sbirro. Tu in realtà rappresenti tutto ciò che odio. Il turco che si è evoluto, ha lasciato il quartiere, è diventato poliziotto, si è sposato con una tedesca ed ha una perfetta famiglia tedesca e perfetti amici tedeschi”

 Semir rimase in silenzio “Io ti odio Semir Gerkan, odio tutto ciò che sei e ciò che rappresenti. Devo dire che provavo una certa eccitazione nell’idea di uccidere il tuo amico Jager al solo pensiero di vederti soffrire”  Semir sentendo nominare Ben iniziò a diventare rosso paonazzo dalla rabbia. Ora Hakim aveva un’aria malefica “Ma tu sei pazzo…” gli sibilò Semir “No non sono pazzo, sono solo stato sfortunato in questa situazione. Doveva essere un lavoretto semplice. Ottenere la disponibilità del tuo garage per un paio di mesi e smerciare la partita che mi aveva consegnato lo Squalo, nessuno avrebbe pensato a controllare il magazzino di uno sbirro..” “Sai quanti ragazzi ha ucciso quella roba? Sei un assassino criminale” “Credi che mi interessi? Che mi interessi di quei luridi mocciosi viziati in cerca di qualche emozione in più? Sai cosa facevo io uscito dal riformatorio alla loro età? Vendevo frutta al mercato per portare i soldi a casa dove mio padre li spendeva tutti per ubriacarsi…” “Devo compatirti per questo? Credi che questo sia sufficiente a giustificare i tuoi comportamenti?” Semir era sconcertato e disgustato. “Comunque ora non mi interessa darti delle spiegazioni. Quello che mi interessa è recuperare la mia roba. E’ nel magazzino della polizia e tu mi ci porterai…” Semir trovò la forza di sorridere beffardo “Tu sei proprio pazzo se credi che io faccia una cosa del genere…” Hakim gli si avvicinò impugnando la pistola di servizio e puntandola sotto il mento “Beh non ti conviene fare il coraggioso…” gli disse perfido “E che fai mi uccidi? Non otterresti comunque quello che vuoi ed il tuo capo, lo Squalo, ti farà la pelle in meno di ventiquattro ore” gli rispose Semir guardandolo diritto negli occhi.

Hakim iniziò ad innervosirsi. Sapeva bene che Semir non era tipo da cedere facilmente alle minacce personali, doveva trovare un altro mezzo di coercizione. “Bene amico caro,  vuol dire che troveremo un altro modo per convincerti”  Poi chiamò il suo uomo ed insieme uscirono dalla stanza lasciando Semir nella disperazione e nel dubbio assoluti
*********************

Ben ascoltò la conversazione al telefono di Andrea con il cuore che iniziava a battere furiosamente.
“Andrea dov’è Semir?? E non rispondermi che arriva presto…” le chiese tremante. “Ben che fai arrivi di soppiatto per spaventarmi?” Andrea cercò di scherzare per alleggerire la tensione
“Perché non vuoi rispondermi, perché nessuno vuole dirmi dov’è Semir?” il tono della voce di Ben si alzò, mentre un infermiere spingeva a forza la sedia a rotelle nella stanza guardando con aria di rimprovero Andrea.
“Va tutto bene Ben, Semir è impegnato in un servizio urgente, arriva appena ha finito. Guarda ora ti faccio vedere l’sms che mi ha mandato” Andrea provò a calmare il ragazzo prendendo il cellulare dalla borsa “Ma alla Kruger hai detto che non  lo senti  da tempo e che sei preoccupata, che ha il cellulare spento…” “Accidenti ha sentito proprio tutto” pensò Andrea “Allora me  lo dici che sta succedendo? E’ andato a cercare Hossein da solo???” Ben era sempre più agitato e provò ad alzarsi dalla sedia a rotelle. Ma la tensione ed i postumi della droga fecero il loro corso.  Iniziò a vedere tante stelline colorate davanti agli occhi e le gambe gli cedettero appena un attimo prima che l’infermiere con occhio clinico si accorgesse di quello che stava succedendo e lo afferrasse sotto le ascelle, trascinandolo sul letto.
“Ben!!!” urlò Andrea, ma il medico che era entrato precipitosamente nella stanza la tranquillizzò “Calma… calma sarà solo un abbassamento pressorio” disse esaminandolo.   

Andrea aveva lasciato la stanza più agitata che mai. Konrad continuava a guardarla torvo come se stesse lì lì per saltarle al collo. Dopo poco il medico uscì dalla stanza con aria severa “Vi avevo chiesto di non agitarlo” “Mi spiace dottore, ma ha sentito una mia conversazione al telefono e…” tentò di giustificarsi Andrea “Beh comunque niente di grave, ora gli dò qualche pillola per sedarlo in modo blando, così può dormire tranquillo. Consiglio a tutti di andare a riposare. Ci rivediamo domattina”
Andrea salutò Ben dal vetro della porta con la mano, mandandogli un bacio, mentre il poliziotto di guardia prendeva il suo posto di lato alla porta. Poi si diresse verso casa di sua madre. Doveva recuperare le bambine, non le vedeva da tutto il giorno.

L’infermiera portò a Ben le pillole e si assicurò che le avesse messe in bocca prima di lasciare la stanza. Ma non si accorse del movimento furtivo del ragazzo che poco dopo se le fece scivolare in mano e poi sotto il materasso.
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Andrea uscì nella fredda aria della sera dirigendosi verso il parcheggio silenzioso e deserto. Provò nuovamente a chiamare il marito sul cellulare senza alcun risultato. Chiuse la chiamata sempre più angosciata, non sapeva cosa fare e si preparò ad una lunga notte di attesa. Non vedeva l’ora di riabbracciare le sue bimbe,  erano da tutto il giorno dalla nonna e a lei non era mai piaciuto lasciarle per così tanto tempo
Si avvicinò alla autovettura parcheggiata in fondo allo spiazzale, ma mentre cercava le chiavi nella borsetta sentì un fruscio alle sue spalle. Non fece a tempo a girarsi che sentì una mano premergli un fazzoletto sulla bocca. Ci vollero pochi  secondi prima che l’odore nauseabondo che ne scaturiva le facesse perdere i sensi.
 
Ben aspettò che l’attività del reparto si calmasse e le luci si affievolissero.
Tutto divenne silenzioso, si sentivano solo pochi rumori degli infermieri rimasti di guardia che ogni tanto attraversavano il corridoio. Lentamente si staccò dal braccio l’ago della flebo e cercò di mettere le gambe fuori dal letto, ma tutto l’ambiente circostante iniziò a giragli intorno vorticosamente. Si fece forza, doveva uscire di lì, doveva aiutare Semir, quel bastardo di Hossein era capace di qualsiasi cosa.
Più lentamente che poteva si alzò in piedi appoggiandosi alla sponda del letto ed aspettò che la nausea ed i capogiri si attutissero.
Poi si avvicinò all’armadio in cerca dei suoi vestiti. Per fortuna che li avevano messi lì, anzi Andrea, previdente come al solito  gli aveva già portato anche un borsone con il ricambio della biancheria. Si vestì alla men peggio e prese il cellulare che avevano riposto sullo scaffale, ma ovviamente non trovò né le chiavi della macchina né la pistola… chissà dove erano finiti. Avvicinandosi alla porta vide il collega che seduto su di una sedia dormicchiava con la testa penzolante… si chiese come poteva fare ad uscire di lì senza incappare in lui o negli infermieri di turno e soprattutto come poteva procurarsi una pistola.

Furtivo mise la testa fuori dalla porta e si accertò che il collega dormisse e che nessuno fosse in vista, poi più velocemente che poteva  si infilò in uno sgabuzzino. Ben sapeva per aver seguito vari corsi  per la sicurezza che da qualche parte doveva esserci un allarme antincendio. E lo trovò
 
L’allarme antincendio risuonò improvviso nel corridoio del reparto che si animò frenetico.
Tutti cercavano di capire cosa fosse e se fosse un allarme vero, visto che varie volte  quella maledetta sirena scattava senza nessuna ragione effettiva.  Il poliziotto di turno davanti alla porta di Ben saltò dalla sedia e mise la testa nella stanza pronto a prendere una sedia a rotelle o qualche altro mezzo di trasporto per portarlo via. Neppure il tempo di realizzare che Ben non c’era che venne spintonato dalle spalle nella camera.
 “Ben che stai facendo???” chiese non appena si accorse che il ragazzo non solo l’aveva spinto dentro, ma gli aveva anche tolto la pistola. “Scusa George, scusa davvero, ma devo andare e mi serve la pistola, non trovo la mia, te la restituisco giuro…… scusa ancora” fece con aria contrita mentre richiudeva a chiave la stanza bloccando il povero collega esterrefatto all’interno.
 Poi, approfittando della confusione, uscì dal reparto e si avviò per le scale sino al parcheggio   
  
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