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Autore: EMNancy    05/09/2013    1 recensioni
Eve è solo una quindicenne dal distretto 10 quando viene sorteggiata per partecipare ai famigerati Hunger Games. Sa che le sue possibilità di sopravvivere non sono molte, ma ce la metterà tutta per tornare a casa.
Dal primo capitolo: 'Quando finalmente trovo un posto che mi sembra adatto per fermarmi per la notte deve essere passata almeno un'ora e mezzo dalla morte di Talo. Non posso fare a meno di pensare che si è sacrificato per me. Spero che al distretto lo ricordino come un eroe, almeno fino alla fine dei giochi. Io lo farò per il resto della mia vita, corta o lunga che sarà.'
Genere: Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Altri tributi, Nuovo personaggio, Tributi edizioni passate
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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I giorni seguenti sono i più dolorosi di tutta la mia vita. Mi curano, puliscono, rimettono a nouvo per costringermi ad apparire di nuovo su tutte le televisioni di Panem. Incontro il presidente Snow, mi presento a numerose interviste e un giorno rivedo con Ceasar Flickerman tutte le immagini 'salienti' di questa edizione degli Hunger Games. Quasi tre ore di torture. Per la maggior parte del tempo, però, chiudo gli occhi. Una volta credevo che dopo i giochi Capitol City lasciasse stare i vincitori, e invece questo è il loro modo di dirci che non lo faranno mai.

Dopo la visione, applaudita a lungo dal pubblico, Ceasar comincia a farmi domande su domande sui miei sentimenti durante i giochi, sulle mie strategie vincenti e, soprattutto, su Garett. Perché qua a Capitol City adorano notizie succulente come questa.

- Allora, Eve, - comincia Ceasar, cercando di ottenere l'attenzione del pubblico per il suo gran finale – vuoi dirci come è stato quell'ultimo momento con Garett?

- Beh, - rispondo – è stato triste. Sapevo che non l'avrei più rivisto quindi volevo... volevo solo dirgli addio.

- Già. - dice Ceasar, sinceramente commosso – Posso assicurarti che tutta Capitol City, di più, tutta Panem è rimasta attaccata allo schermo in quegli atti finali. Eravamo davvero, davvero addolorati nel vedere una scena tanto straziante.

Annuisco lentamente e fisso il pubblico, con gli occhi pieni di lacime. Stanno tutti in silenzio, aspettando probabilmente che io dica qualcos'altro. Ma io resto in silenzio con loro e aspetto la prossima domanda di Ceasar, che non tarda ad arrivare.

- E parliamo di quello che ci ha veramente spezzato i cuori: cosa sentivi mentre lo baciavi?

Mi volto di nuovo verso di lui.

- Io non lo so. Per un attimo credo di essere stata addirittura felice. Poi però mi sono sentita... vuota. Solo vuota.

Qualche spettatore si asciuga le lacrime.

- E... perché l'hai baciato?

Perché l'ho baciato? Ma è ovvio.

- Perché dovevo farlo.

 

20 anni dopo

 

Osservo pigramente da una sedia della mia cucina la colazione che finisce di cuocersi. Stanotte ho dormito solo tre ore, come sempre ormai. Il mio sonno è infestato spesso da incubi, demoni del passato che tornano a farmi visita. Sono tutti ambientati nell'arena, ma i personaggi cambiano di volta in volta. Ci sono tutti i tributi morti, gli ibridi dei fiumi, le farfalle e persino quei grossi e goffi uccelli che avevo cacciato un paio di volte. Ho provato di tutto per tentare di dormire tranquillamente: zuppe, bevande calde col miele, alcol, sonniferi e, si, anche morfamina. Tutto inutile.

A volte ho persino pensato di ricorrere al suicidio. Almeno avrei dormito.

Ormai non ho più molte ragioni di vivere. Quasi ogni anno sono costretta a fare da mentore a ragazzi giovani e spaventati, ai quali devo dare consigli per morire il più tardi possibile. La maggior parte di loro muore nel bagno di sangue iniziale e gli altri qualche ora dopo per cause naturali. Soltanto una volta uno dei miei tributi ha vinto. Una ragazzina. Aveva dodici anni, ma non ricordo come si chiamasse. Nella tappa nel distretto 2 del tour della vittoria uno spettatore le sparò, arrabbiato poichè lei aveva vinto e suo nipote no. Io ero presente. A volte nell'arena dei miei incubi vedo anche lei, con in testa ancora il foro della pallottola.

Adesso, come se non bastasse, mi sento più sola che mai. I miei amici, gli alleati nell'arena, i miei nonni, sono tutti morti. Tutti uccisi da Capitol City, che, per quanto speri di camuffare tutto quello che mi fa, si dimentica che io ho vinto gli Hunger Games e conosco bene fino a quanto può spingersi la sua malvagità. Il presidente Snow ha eliminato tutti quelli a cui volevo bene e che, a volte, ho addirittura amato.

Quasi tutti. Mi rimangono tre persone al mondo, le uniche che possono capirmi e confortarmi. Mio marito e i miei due figli.

Ho conosciuto mio marito appena tornata al distretto dopo i giochi. Era il ragazzo che, come immaginavo, i miei nonni avevano assunto per dargli una mano con l'allevamento. Io gli ho sempre voluto bene come fosse un fratello, ma lui sa e sapeva che non potrò mai amarlo veramente. Non dopo quello che è successo nell'arena. Ci siamo sposati quando avevo vent'anni e, qualche settimana dopo il nostro terzo anniversario di matrimonio sono nati i nostri due figli. Sono gemelli, un maschio e una femmina.

Dopo la loro nascita ho abbandonato definitivamente l'idea del suicidio. L'ho fatto per garantirgli un fututo migliore, per quanto mi è possibile. Se io morissi infatti dovrebbero abbandonare la lussuosa casa che mi è stata offerta dopo aver vinto e tutti i soldi che ci permettono di vivere agiatamente. Sono fortunati da questo punto di vista, ma non potranno mai essere del tutto fortunati dei ragazzi costretti a vivere in questa Panem.

Anche quest'anno dovrò fare da mentore ai tributi del mio distretto, e il pensiero che mi possa capitare uno o anche entrambi i miei figli, appena dodicenni, mi distrugge. Cerco sempre di darmi forza, di convincermi che è pressoché impossibile che il loro nome venga estratto, ma non serve a niente. Penso quasi che sarebbe stato meglio suicidarmi prima di metterli al mondo e dargli false speranze di un futuro migliore

Proprio quando comincio a piangere silenziosamente, quasi senza accorgermene, entra in cucina mio figlio.

- Cosa ci fai sveglio così presto? Vai a riposarti ancora un po'. - dico dolcemente.

- Ho fatto un incubo, mamma.

Anche lui sta piangendo. Lo faccio sedere sulle mie ginocchia, come quando ancora neanche andava a scuola, e comincio ad accarezzargli i capelli chiari.

- Che tipo di incubo? - chiedo.

- Ho sognato che tu te ne andavi. Che ci lasciavi soli e i Pacificatori ci buttavano fuori di casa. Quindi io dovevo scappare nei boschi con papà e Klea.

Klea è sua sorella. L'ho chiamata come mia nonna.

- Questo è impossibile. Io non vi lascerò mai soli.

Continuo ad accarezzargli i capelli e lo stringo in un affettuoso abbraccio. Penso che si sia addormentato di nuovo, quando mi chiede: - E tu perché stai piangendo? Cosa c'è che non va?

- Niente, tesoro. Non ci pensare.

Mi asciugo le lacrime e gli sorrido.

- Mamma, pensi che un giorno potremo smettere di avere paura?

Ci risiamo. Dovrò mentirgli ancora. Dovrò dirgli che manca poco al momento in cui Capitol City ci lascerà stare. Ma lui non sa che sono tutte bugie.

- Noi non permetteremo che abbiate paura.

È mio mrito. Mi ha salvato. Lo guardo con uno sguardo pieno di riconoscenza. Lui sorride e toglie dal fuoco il bricco con il latte. Mi ero completamente dimenticata della colazione. Faccio sedere mio figlio a tavola e gli porto un bicchiere di latte caldo e qualche biscotto. Preparo la colazione anche per Klea e per mio marito

- Tu non mangi? - mi chiede.

- Non ho fame.

Non insiste perché capisce quello che provo ora, ma so che è in pensiero per me. Per farlo contento allora provo a mangiare una fetta di pane tostato, ma il cibo mi si impasta in gola, quindi ci rinuncio. Dopo qualche minuto ci raggiunge anche mia figlia, che ci dà il buongiorno e si fionda a ingozzarsi di biscotti al cioccolato.

È incredibile quanto poco mi somiglino i miei figli nell'aspetto. Hanno i capelli chiari e gli occhi blu proprio come il padre. Solo un po' nei tratti del viso si notano alcune somiglianze. Spesso mi chiedo se saranno i loro figli, se mai ne avranno, ad ereditare i capelli castani e gli occhi chiarissimi tipici della mia famiglia prima che loro due nascessero.

Quando tutti hanno finito di mangiare dico loro di prepararsi in fretta. Dobbiamo arrivare in tempo, perché oggi è un giorno speciale.

È il giorno della mietitura.

 

In quanto vincitrice e mentore devo raggiungere il mio posto sul palco insieme alle autorità del distretto 10 e alla donna di Capitol che estrae i nomi dei tributi da più di vent'anni. Sto per avviarmi, quando mio figlio mi ferma.

- Cosa fai? Dov'è Klea? - chiedo.

- Klea è già con gli altri. - risponde mestamente.

- E perché non ci sei anche tu?

- Mamma io... ho paura.

Mi abbasso un po' fino a guardarlo direttamente negli occhi.

- Ascoltami: il tuo nome non verrà estratto ok? E anche se succedesse io non permetterò mai che ti succeda qualcosa là dentro. Capito?

Lui annuisce, ma non sembra ancora convinto, così lo abbraccio.

- Andrà tutto bene. Forza, adesso vai.

Lui mi guarda e sorride. Sembra molto più tranquillo adesso.

- Ciao mamma.

- Ciao Garett.

 

- Benvenuti ai 74esimi Hunger Games! - gracchia la donna di Capitol, che quest'anno ha optato per una parrucca blu a punta.

È addirittura più ridicola degli altri anni.

Manca poco ormai al momento cruciale. Cerco di restare calma, ma il cuore mi martella nel petto e devo stringermi ansiosamente i ginocchi per non mettermi a piangere o a urlare nel bel mezzo dell'estrazione dei nomi.

Incontro con lo sguardo i miei figli tra la folla dei ragazzi del distretto.

Sta per succedere.

Abbasso lo sguardo e fisso le mie scarpe. Impazzirò, lo so.

Proprio mentre la mano della donna sta per afferrare il primo nome, vedo qualcosa svolazzarmi davanti.

Una farfalla bianca.

Bianca.

Significa che va tutto bene. Andrà tutto bene.

Si, andrà tutto bene. Proprio come ho detto a Garett prima.

Andrà tutto bene.

Almeno per quest'anno.

 

FINE



Spazio autrice: E con questo la mia prima fanfiction è finita. Ringrazio ancora chi ha letto questa storia e chi l'ha recensita. Spero di scriverne altre in futuro, comunque non è escluso che in seguito io scriva anche un seguito di Got to fight, per esempio sulla ribellione dopo l'edizione della memoria. Fatemi sapere cosa ne pensate se volete. :)
EMNancy

 
  
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