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Autore: Angelic_Girl    05/09/2013    2 recensioni
Questa ff è il seguito inventato da moi dell'ultimo libro, Città delle anime perdute. Riguarda i malec e... niente , spero vi piaccia! :)
Genere: Drammatico, Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Izzy Lightwood, Jace Lightwood, Magnus Bane, Presidente Miao
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Alec camminava velocemente, il borsone che sobbalzava sulla spalla ad ogni passo. Col dorso della mano cercava di eliminare le lacrime dalle guance, ma era come voler mantenere asciutto un ombrello sotto la pioggia. Teneva lo sguardo basso, fisso nel vuoto. Grazie alla sua andatura veloce arrivò in un batter d'occhio all'Istituto, ma non sapeva se voleva entrare davvero. Se l'avessero visto in quello stato l'avrebbero tartassato di domande, e lui non voleva parlarne. Ma non poteva continuare ad andarsene in giro a vuoto, così sperò che non ci fosse nessuno nei paraggi all'interno dell'edificio. Clary e Simon erano fuori, occupati a dare una mano a Luke e Jocelyn per il matrimonio, i suoi genitori erano a Idris e Jace avrebbe dovuto essere ancora in infermeria. L'unica a piede libero era Izzy. Esitò un secondo prima di spingere il portone, che si aprì senza emettere un suono, ed entrare. Si guardò intorno. Aveva la vista un po' appannata, ma riuscì a focalizzare l'atrio fresco e fortunatamente vuoto. Percorse in fretta il corridoio e arrivò all'ascensore. Ci si infilò dentro e premette il tasto per l'ultimo piano. Non ci mise molto ad arrivare, ma temette che qualcuno potesse comunque andargli incontro per tutto il rumore che aveva fatto il cancello aprendosi. Sfrecciò verso la porta della sua camera, rimpiangendo di non avere una runa del silenzio, ed avvicinò la chiave alla serratura. Poi sentì dei passi. Il tipico ticchettio di tacchi che associava alla sorella.
«Alec? Sei tu?» chiese Isabelle, che si avvicinava velocemente. Lui fece finta di non averla sentita, muovendo la chiave frettolosamente, con le mani tremanti. Perse la presa e l'oggetto gli cadde sul pavimento. Il ragazzo si accovacciò per raccoglierlo, mentre Isabelle si fermava dritta dietro di lui.
«Vai via Iz.» disse lui in tono neutro, rimanendo piegato per nascondere le lacrime.
«Alec? Che hai?» chiese Isabelle intuendo che qualcosa non andava. Si abbassò all'altezza del fratello per guardarlo in faccia, ma lui girò la testa.
«Ehi! Mi dici che cosa succede?»
«T..ti ho detto di andartene» rispose lui con la voce tremante, ridotta ad un sussurro «Per favore, Izzy.»
La ragazza, invece, gli prese il viso tra le mani e lo girò verso di lei. Quasi sussultò quando vide il fratello in lacrime, con i denti stretti e gli occhi imploranti.
«Lasciami solo. Ti prego.»
«Oh Dio, Alec...» Isabelle era scioccata, non ricordava di aver mai visto il fratello piangere «Alec, cos'è successo?»
Poi la ragazza spostò lo sguardo oltre Alec, sul borsone, e capì. Non potette aggiungere altro, perché l'altro le affondò tra le braccia singhiozzando.
Rimasero lì a lungo, l'uno aggrappato all'altra sul pavimento del corridoio, finché una voce ruppe il silenzio.
«Ehi! Cosa fate per terra?» Alec riconobbe la voce di Jace che avanzava verso di loro, e si strinse ancora più forte alla sorella, nascondendosi sotto i suoi capelli neri. Isabelle guardò Jace e mosse le labbra per formare il nome di Magnus, senza emettere alcun suono. L'espressione del ragazzo si rabbuiò e lui si bloccò per un momento, poi si sedette affianco al parabatai accarezzandogli la schiena.
«Alec» lo chiamò «Alec, guardami.»
L'altro si voltò lentamente, strofinandosi gli occhi rossi. Le lacrime gli avevano otturato il naso e ora respirava con la bocca, le labbra semiaperte.
«Cavolo, piangere fa bene ma così rischi di prosciugare tutta l'acqua che hai nel corpo!» cercò di scherzare Jace per tirarlo un po' su, ma Alec si passò una mano sulla fronte con fare esasperato.
«Okay, a parte gli scherzi» Jace tornò serio e nella voce, notò Isabelle, aveva un velo di tristezza e comprensione «ti va di parlarne con m...» cercò di dire, ma Alec lo interruppe bruscamente.
«No, non voglio parlare con nessuno.» il ragazzo si scrollò di dosso le mani della sorella e si alzò in piedi con la chiave in mano. Jace e Isabelle rimasero a guardarlo immobili mentre lui apriva la serratura.
Alec prese la borsa e spinse la porta «Lasciatemi in pace. Per favore.» disse quasi sofferente, poi si infilò all'interno e chiudendosi l'uscio alle spalle. Nel corridoio risuonò il rumore della chiave che girava nella serratura.
Alec buttò con violenza la borsa sul pavimento e si accasciò sul letto, gli occhi fissi nel vuoto, sperando che nessuno venisse a disturbarlo. Ora voleva spegnere la mente, non pensare a niente e dimenticarsi di tutto, soprattutto di Magnus. Chiuse gli occhi, aspettando di addormentarsi.

Non ricordava quanto tempo avesse dormito, ma fu svegliato da un lieve rumore alla porta. Qualcuno bussava.
«Ehi, mi apri?» stava dicendo Jace e dal suo tono di voce Alec dedusse che stava parlando lì da solo con la porta da un po' di tempo.
«Ti preeeeeego fratellone, si raffredda la cena!» insistette Jace mimando la voce di un bambino. Be', se sperava di farlo sorridere si sbagliava, perché quel suono ricordò ad Alec la voce di Max.
Il ragazzo si alzò pigramente dal letto e aprì la porta, rivelando un Jace con un vassoio pieno di cibo ormai freddo, pensò Alec.
Jace entrò e posò il vassoio sul letto, sedendocisi vicino «Ti sei deciso finalmente» disse.
Alec chiuse la porta e si sedette a sua volta, guardando il suo pranzo con occhi assenti.
«Forza, mangia qualcosa.» Jace gli mise sotto il naso un pezzo di pane, che il fratello prese in mano sempre mantenendo il cervello in stand by.
«Ecco, bravo. Ora dovresti metterlo in bocca, masticare e ingoiare e di nuovo mettere in bocca, masticare e...» stava dicendo Jace, ma Alec lo interruppe freddamente per la seconda volta da quando era tornato all'istituto.
«Piantala. Vuoi dirmi cosa vuoi? Vi avevo chiesto di starmi lontano.»
«Vorrei che tu mi raccontassi cos'è successo e mangiassi quello almeno.» rispose l'altro indicando il pane che Alec aveva rimesso sul vassoio.
«Per favore Jace, io...»
«Sono il tuo parabatai e tuo fratello. Puoi dirmi tutto.»
Alec lo guardò, incontrando lo guardo fermo e convinto dell'altro.
«M...Magnus mi ha cacciato di casa.» disse a fatica.
«Questo l'avevo capito, ma perché?»
«Ecco, Camille mi disse che sapeva come rendere Magnus mortale.» cominciò Alec, ignorando lo sguardo sbalordito di Jace e sputando fuori tutta la storia in una volta sola. «Io...io amavo Magnus e non desideravo altro che vivere con lui per sempre, fino alla fine. Non che ora non lo ami più, certo. Camille allora mi propose un accordo: lei avrebbe reso Magnus mortale e in cambio io avrei ucciso Raphael.» Alec aveva le guance in fiamme «Io ci pensai su, ma mi è parsa una richiesta assurda, quindi le dissi di no. Ma io dovevo sapere di più. Di Magnus e del suo passato. Perciò stamattina sono sceso di nuovo per incontrare Camille ma...» si bloccò per prendere fiato. O forse era solo una scusa per prendere tempo «Magnus mi ha raggiunto e mi ha detto che Camille gli aveva raccontato tutto. Poi lui...» Alec non finì la frase, che rimase sospesa a mezz'aria. Jace gli mise un braccio sulle spalle, tirando il fratello a sé. Alec si irrigidì un momento, ma poi lasciò che la sua testa poggiasse sul petto di Jace. Il ragazzo deglutì forte, gli occhi che gli bruciavano, e continuò spezzando le parole con sospiri continui.
«Ha detto che non voleva più vedere né me né voi altri. Che era stanco di essere il nostro stregone da compagnia.» Jace continuava ad ascoltare in silenzio «Ma poi quando sono tornato a casa... casa sua l'ho trovato lì e mi ha... e ci siamo...» Alec non riusciva a parlare a Jace di lui e Magnus e lasciò che il ragazzo capisse da solo «Jace, mi fa male. Io non... perché mi fa questo?»
L'altro si limitò a strofinargli forte le spalle e Alec si aggrappò alla sua maglia.
«Non è giusto, Jace. Non è giusto.» disse in un sussurro «Io ho cambiato la mia vita per lui... e lui non fa niente per me. Mi fa stare solo più male facendo così. Perché?»
«Alec, io... io non lo so.» disse alla fine Jace. Aveva cercato qualcosa di conforto per suo fratello, ma gli affari di cuore non erano mai stati il suo forte.

  
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