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Autore: Daruda    06/09/2013    1 recensioni
Salve a tutti i lettori, io sono Il Narratore ed ho l'onore di scrivere le cronache dei due mondi, perché dei due mondi?
Semplicissimo, oltre al nostro mondo che così ci è familiare esiste un secondo mondo, Digiworld, mondo di guerra, dove vittoria e sconfitta non sono mai troppo lontani.
Scoprirete gli intrighi di questo mondo e gli artefici del suo destino.
Cosa succederà al folle Brave catapultato in questo mondo?
Genere: Avventura, Azione, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cap.1//Prigionia
 

 

“Bling… bling”

Suonò il telefono, un messaggio attendeva di essere letto da Brave.

Lui mosse la testa di lato per guardare il telefono sul comodino dove l'aveva lasciato poco fa e ciondolò un po' sul letto, indeciso. Era tardi e non aveva voglia di rotture a quell'ora, ma la curiosità lo stava lentamente rodendo, quindi decise di guardare cosa gli era arrivato. Dopo tutto, cosa poteva succedere di male? Era solo un messaggio...

Quindi allungò la mano verso il telefono e, quando controllò il messaggio, rimase un po' accigliato.

Il messaggio arrivava da un certo Despota, ma lui non l'aveva mai aggiunto in rubrica; poi, vedendo che il numero non c'era, pensò che quel messaggio non aveva senso, come non lo aveva il testo.

“Tu che hai ricevuto questo messaggio, cosa cerchi nella tua vita, cos'è la felicità che tanto agogni? Vuoi il potere e la forza di cambiare il mondo, vuoi la possibilità di avverare i tuoi desideri? Rispondi e l'avrai, basta un sì.”

Brave, passato quel momento di dubbio, sorrise e pensò fra sé: “Certo che si stanno facendo disperati questi truffatori, non voglio quelle loro suonerie di merda, ah! Vediamo che fanno se cancello il messaggio...”

Brave lo pensò scherzosamente, senza aspettarsi molto, dopotutto che sarebbe potuto succedere? Nulla... Tranne che un braccio uscì dal telefono, lo prese per il bavero della maglietta e lo portò nel telefono.

Successe in pochi secondi. Lo schermo si oscurò poco tempo dopo aver cancellato il messaggio, una luce da dentro allo schermo uscì ed una mano si materializzò dalla luce, però indossava un guanto, e possedeva degli artigli tanto grandi da deformarlo: di certo non era umana. Brave non poté fare niente se non lanciare un urlo strozzato.

Quando sua madre entrò nella sua stanza a controllare cosa fosse successo trovò solo il telefono completamente bruciato sul letto, ed un odore di bruciato che aleggiava nell'aria; era successo di nuovo.

 

Brave si svegliò in una stanza scura, con una piccola luce che veniva da una finestrella, ma la luce non era del colore giusto... era in qualche modo aliena, lui si sentiva diverso, come ogni cosa sembrava diversa.

Era sicuro di non aver lasciato casa, ma era lontano, molto lontano da dove era prima, questo era un fatto. Quando provò ad alzarsi notò che era legato ad una parete da due catene, una per braccio, che per fortuna però non erano troppo tirate, dandogli la possibilità di un leggero movimento delle bracca, come delle mani; ma non ne ricavò molto. Rimase lì come un animale in gabbia, spaventato ma anche arrabbiato, di certo avrebbe trovato un modo per fargliela pagare a chi gli aveva fatto quello scherzetto, che fosse stato questo Despota o chiunque altro. Anche se non sapeva nulla della sua situazione, l'ira era una risposta naturale di Brave alle catene: nessuno ama essere legato, e lui meno che mai.

Così aspettò, aspettò ed aspettò... ma nulla accadde, tanto che la rabbia prese il sopravvento su di lui. Aveva già tentato di fare rumore ed urlare e nulla era accaduto, ma ora lo stava facendo con nuova determinazione ed il rumore era davvero assordante; sentì un rumore di passi e di colpo si acquietò, si alzò e si spinse il più lontano che poté verso la porta di ferro. La cella si aprì ed un mostro entrò ed irato urlò:

«Smettila! BASTA! Se non vuoi finire a pezzettini prima del dovuto chiudi quella fogna!»

Brave era troppo shockato per ribattere: un essere alto circa 2 metri, dalla pelle chiara, quasi bianca, con stivali, mantello rosso e nero e simboli in oro e argento di teschi e ali di pipistrello, ma quello che colpiva di più erano i canini, tanto lunghi da perforare le labbra ogni volta che venivano chiuse, dalle quali però non usciva sangue. Entrò, e Brave rimase a fissare quella maschera rossa che gli copriva la parte superiore del volto e quegli artigli affilatissimi, che quasi perforavano i guanti di pelle…

Brave in preda ad un certo panico bofonchiò una domanda, sconcertato:

«C-cosa..cosa sei? Un vampiro?»

Il colore della pelle sembrava proprio quello di un vampiro, ma poco aveva a che vedere con uno di essi: lui era vero e glielo avrebbe dimostrato presto.

Il mostro rise come un pazzo, il cambiamento di temperamento del prigioniero dovette avergli certo fatto piacere perché con un sorriso a denti stretti disse:

«Ah, non sai nulla, povero umano, ahahahah… Sono un Digimon, ricorda, un Digimon, per la precisione un Myotismon, ma non che ti serva saperlo: presto ti faranno la pelle per il bene del nostro signore! Goditi questi tuoi ultimi attimi…»

Detto questo gli rifilò un calcio direttamente in faccia con quei suoi stivali enormi, e Brave, preso il colpo, cadde per terra perdendo conoscenza.

Quando si svegliò non era uscito da quel suo incubo. Era ancora lì, in quella cella buia e chiusa, senza sapere dove fosse, cosa gli sarebbe successo o se la sua famiglia stesse bene.

Si raggomitolò su se stesso, con la schiena contro il muro, con le mani sui capelli e la testa dolorante, immaginando di essere da un'altra parte, ma il peso delle catene non spariva ovunque cercasse di fuggire.

 

 

  
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