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Autore: Iwas_    06/09/2013    2 recensioni
[After CoLS]
Un Alec pieno di dolore e di rabbia affiancato da una Isabelle incapace di far fronte ai propri sentimenti e da un Jace pronto a spaccare (e all'occorrenza bruciare) il mondo.
E mentre Clary si allena per diventare una Shadowhunters e Simon si trova coinvolto suo malgrado in una faida fra vampiri, Sebastian muove le sue pedine.
Ma se con i fatti inquietanti successi a New York c'entrassero in qualche modo segreti custoditi gelosamente da Magnus? Se lo stregone avesse ancora qualche carta da giocare? Come districarsi da una fitta rete di imbrogli, bugie e cose non dette quando si è indecisi fra sentimento e ragione?
Genere: Azione, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Jace Lightwood, Magnus Bane, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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Eccessivi segreti




Jace uscì di corsa dall'Istituto, fermandosi un istante mentre strizzava gli occhi, accecato dalla luce del sole, poi riprese a dirigersi verso la casa di Magnus, questa volta camminando: era ormai chiaro che Alec non lo avrebbe fermato. Quell'idiota di Alec.
Jace non riusciva a togliersi dalla mente l'espressione che aveva mentre gli raccontava tutto: si era morso più volte il labbro inferiore, come era solito fare quando era nervoso; non era mai riuscito a guardarlo negli occhi o forse semplicemente non voleva, perché teneva lo sguardo fisso sulle sue mani (che Jace aveva notato tremare leggermente); e da ogni suo piccolo movimento si notavano il disagio, il dolore e la vergogna che gli stava provocando parlarne.
Jace non poteva negare di essere rimasto sorpreso da quello che era riuscito a fare suo fratello adottivo, seppur non molto in positivo, ma sopratutto lo capiva... lui stesso si sarebbe comportato diversamente se ci fosse stato un problema  del genere fra lui e Clary? No, non credeva.
Per questo non si era sentito in vena di giudicare Alec troppo duramente, sopratutto perché sapeva che a differenza sua il suo migliore amico non sapeva come gestire una relazione, figurarsi poi se il suo ragazzo era uno stregone strampalato con ottocento anni alle spalle e con un pessimo gusto musicale.
Avrebbe fatto una ramanzina come si doveva anche ad Alec prima o poi, ma ora era il momento di Magnus.
"Mai mettersi contro un Lightwood, caro il mio stregone. O un Herondale. O un Morgenstern. O un Wayland. O tutti e quattro messi assieme."
Ci mise un po' per raggiungere la casa del Sommo Stregone di Brooklyn, ma non ci fece caso: le gambe lo guidavano automaticamente verso la sua meta, mentre Jace ripensava a tutto quello che lo stava portando da Magnus e a cosa doveva dirgli.
 
- Allora, appuntamento romantico stasera?
Simon sospirò, mentre un Jordan in boxer neri, ciabatte e capelli spettinati rovistava nel frigo semivuoto.
- Non so se quello con Izzy si può definire un appuntamento romantico. Non so nemmeno come stanno realmente le cose fra di noi.
- Beh, forse dovreste chiarire un po' - propose Jordan mentre estraeva una mela dal frigo, che rimise frettolosamente dentro con un'espressione disgustata. Simon ricordò che erano due giorni che il suo coinquilino non trovava altro di commestibile in quel coso.
- Chiarire con lei? Hai presente che lei è Isabelle Lightwood? Quella ragazza con i capelli neri che sembra pronta a sedurti per poi portarti in una stanza delle torture dove sarai costretto a morire lentamente?
- Insomma, hai paura. No, tranquillo, anche io con Maia all'inizio ero così.
Era impossibile non notare il sorriso che era apparso sul volto di Jordan non appena aveva nominato la sua ragazza.
- Mi pareva non mi avessi ancora parlato di lei, oggi -, borbottò Simon, a voce troppo bassa perché il beato innamorato potesse sentire.
- Trovato! -, esclamò Jordan, mentre estraeva una porzione a dir poco misera di burro.
- Da quanto tempo era sepolto nel tuo frigo, esattamente?
- Non lo so ad essere sincero. Non ricordo di aver comprato del burro - ammise Jordan, mentre si sedeva a tavola armato di coltello e qualcuna delle ultime fette di pane rimaste.
Simon non replicò, mentre si accomodava accanto al ragazzo.
- Hai mai pensato di andare a fare la spesa?
- Molto spiritoso, Simon. Non ho davvero tempo, fra questa storia di Maureen, Maia e il Praetor in generale. Potresti farla tu.
- Certo, un vampiro al supermarket. Dovrei trovare quello con le bottigliette di sangue A positivo in sconto però, ultimamente i prezzi si sono alzati.
Jordan non replicò, impegnato com'era a cercare di razionare il burro in modo da averne abbastanza da mettere su ogni fetta di pane. Battaglia persa in partenza.
Il silenzio creatosi fra i due rimase fino a quando non fu interrotto da un'allegra musichetta proveniente da un'altra stanza.
- Mio cellulare - borbottò Jordan, alzandosi, non senza un'aria seccata. Simon si chiese se tutti i lupi mannari fossero così intrattabili la mattina presto. Anche da quella distanza, sentì distintamente Jordan rispondere.
Non era sua intenzione origliare , ma l'appartamento era troppo piccolo e il suo udito troppo sviluppato per poter fare altrimenti.
- No, non stavo dormendo. Come mai mi chiami a quest'ora? -, sentì chiedere Jordan.
Ci fu qualche attimo di silenzio, poi: - Lo sai che non sono affari miei. Io ho il vampiro. Oh, andiamo, non puoi segnalarla al... La stai portando a casa? Come mai? Non ci vede? Oh diamine, non sei più un novellino!
Simon non riusciva a capire di cosa stesse parlando Jordan, ma qualcosa gli diceva che si trattava di una situazione fuori dall'ordinario. Come se le ultime situazioni in cui era finito a suo malgrado fossero state ordinarie.
- Okay, ma poi ti arrangi da solo, che io stasera ho un impegno... Addirittura? Non ti capisco. Va bene, arrivo subito, tu non ti muovere.
Detto questo, riagganciò.
Arrivò frettolosamente in cucina, con il cellulare ancora stretto in mano.
- Problemi? -, chiese Simon.
- Mi ha chiamato Harry, un mio amico. Dice di aver bisogno urgente di aiuto. Se ti lascio solo per il pomeriggio non rischi di morire o uccidere qualcuno, vero?
- A meno che tu non mi metta faccia a faccia con Jace credo di no.
- Perfetto. A stasera, allora. - fu il saluto di Jordan, che posò una mano sulla maniglia della porta, pronto ad uscire.
- Jordan! - lo chiamò improvvisamente Simon.
- Cosa c'è?
- Non penserai di uscire vestito così, vero?
 
Eccolo arrivato, finalmente. Sperò vivamente che Magnus fosse a casa, altrimenti al suo ritorno all'Istituto Alec avrebbe tentato di legarlo o qualcosa del genere. Non poteva permetterselo.
Dopo una settimana passato disteso in un letto, non vedeva l'ora di agire, di fare qualcosa di concreto. E questa cosa che stava facendo ora aveva la massima importanza.
- Avanti, Jace, fallo ora o mai più.
Quanto si sentiva figo a pronunciare quelle parole. Fiero di sé, suonò.
Passo qualche istante, poi una voce invase il pianerottolo: Sommo Stregone di Brooklyn Magnus Bane. Dichiarare il motivo della visita e quanto siete disposti a pagare.
Jace trovava divertente l'idea che Magnus si fosse modernizzato in quella maniera, ma non gli sfuggì la nota di noia, o forse di esasperazione, nella voce dello stregone.
- Sono il tuo Shadowhunter preferito. No, aspetta, forse tu preferisci Alec, ma io in genere sono io lo Shadowhunter preferito di tutti...
Qualche altro istante di silenzio, che si allungò fino a diventare un minuto.
- Oh, andiamo Magnus, lo so che sei in casa. O almeno credo.
Lo stregone tuttavia non rispose.
- Magnus, ti faccio saltare in aria la casa se non mi apri quella benedetta porta!
Questa volta doveva essere suonato almeno un po' convincente, perché qualche attimo dopo la porta si aprì lentamente, rivelando dietro di essa l'uomo che Jace era venuto a trovare
- Mi pareva di aver detto ad Alec di essere stufo di voi Nephilim, o sbaglio?
Tante cose avrebbero potuto colpire Jace: il tono tagliente e privo di qualunque calore con cui lo stregone si era rivolto a lui, il loft che sembrava essere più in disordine del solito che intravedeva alle spalle di Magnus, la semplice maglietta marrone e i pantaloni neri di una tuta che indossava lo stregone (con come unica nota di colore una collana a cui era appeso un piccolo ciondolo verde), i capelli che sembravano non vedere un pettine da mesi, l'assenza totale di qualche profumo sgradevole che in genere lo accompagnava e dell'ombra di un sorriso.
Nessuna di queste cose, tuttavia, era paragonabile agli occhi dello stregone: privi di trucco, Jace trovava quegli occhi verdi ancora più appariscenti, forse a causa dell'innegabile tristezza di cui sembravano colmi. Il contrario degli occhi di Alec, che presentavano il vuoto più assoluto.
Eppure quelle due paia di occhi erano allo stesso modo devastanti da guardare.
- Ah, ma allora sei veramente in casa! Ehm... è sempre un piacere vederti.
- Sopratutto dopo aver minacciato di farmi esplodere la casa, suppongo.
- Posso entrare?
- Non hai sentito quello che ho detto?
- Si tratta di una cosa importante Magnus. Guardami negli occhi: sono totalmente serio. Quando mai potrai rivedere me totalmente serio?
- Si tratta di Alec.
Non era una domanda.
- Certo, ma... - Jace non ebbe tempo di finire la sua premeditata arringa per convincere Magnus, perché gli chiuse la porta in faccia. Qualcosa diceva a Jace che non avrebbe nuovamente ceduto davanti alla minaccia di un'esplosione.
Forse aveva sperato un po' troppo nella vecchia ospitalità dello stregone mentre cercava una maniera per entrare in casa sua senza far danni rilevanti. Jace Herondale però non era nato per arrendersi.
Iniziò a premere il campanello più e più volte, a intervalli brevi o lunghi, inizialmente divertendosi per un po' con il codice Morse, poi iniziò ad usare il campanello per comporre allegri motivetti.
Era nel bel mezzo di quello che a suo parere stava riuscendo meglio di tutti, quando la porta si aprì per la seconda volta, con un Magnus questa volta esasperato.
- Mi hai svegliato il gatto.
- Un motivo in più per farmi entrare e non farmi venire qui a suonare ogni giorno, non credi?
- Il problema è che so che saresti capace di farlo. Sappi però che posso cacciarti da casa mia quando voglio, Jace.
- Cercherò di non dimenticarlo.
Lo stregone si girò e rientrò nell'appartamento senza aggiungere altro, lasciando però la porta aperta permettendo a Jace di seguirlo. Il ragazzo non riuscì a non emettere un piccolo gemito di disgusto mentre chiudeva la porta dietro di sé: quel luogo era ancora peggio di come se l'era immaginato.
C'era un piccolo strato di polvere sulle credenze accanto all'entrata, che ospitavo oggetti assolutamente inutili, probabilmente dei souvenir. Quelli sembravano non essere stati nemmeno guardati. Ammassate in un angolo, c'erano delle scatole di qualche take away e dei cartoni vuoti di pizza, il cui unto si poteva distinguere anche a quella distanza. C'erano vari oggetti sparsi per terra, da qualche vestito ai giochi del gatto ai cocci di qualcosa non meglio identificato. Chairman Meow si trovava a pochi passi da lui, mentre lo fissava con aria svogliata. Nemmeno lui sembrava passarsela bene: era più magro dell'ultima volta che Jace lo aveva visto.
Sul divano erano ammassati altri vestiti, come si potrebbero ammassare i vestiti che ti togli di fretta una volta tornato a casa e che ti riprometti di piegare più tardi. Jace notò anche dei libri aperti accanto al tavolino.
- Ora che sei single organizzi festini clandestini dandoti alla pazza gioia e poi ti dimentichi di mettere in ordine?
L'occhiataccia che ricevette fu un motivo sufficiente per non riaprire la bocca.
- Siediti - lo invitò svogliatamente Magnus, facendo un cenno verso il divano e buttato giù le cose ammucchiatevi sopra con un gesto secco.
Jace obbedì, nonostante quel luogo non gli piacesse affatto e nonostante gli fosse venuta una voglia improvvisa di correre via: era da quando aveva memoria che non riusciva a rimanere a lungo in posti disordinati.
- Ti vedo a disagio.
- Io... cos'è successo qui? E' tutto...
- Disordinato? Beh, prima era peggio. Questo dovrebbe invogliarti a non fare altre domande.
Jace sospirò, mentre mentalmente applicava la sua tattica mentale per sfuggire al disordine in casa d'altri.
Trovarsi in posti sporchi o comunque pieni di roba sparsa ovunque senza una logica precisa stava quasi far male Jace: trovava tutto tremendamente fastidioso, e l'idea di fare parte di quello scenario lo faceva sentire anche peggio. Doveva concentrarsi e fingere che il piccolo spazio in cui stava seduto lui, sgombro da ogni cosa, fosse tutto il suo universo: il resto era lontano da lui, non lo riguardava. Il segreto stava nel fingere di essere circondato da una specie di cupola trasparente che lo isolava dal disordine, che in quel metro quadrato scarso dove si trovava lui non poteva raggiungerlo.
- Per quanto possa essere già messa male di suo, mi farebbe piacere se non bruciassi qualche pezzo di casa mia - aggiunse Magnus, interrompendo il filo dei suoi pensieri.
Jace si fissò le mani, notando con orrore che avevano ripreso a bruciare del Fuoco Angelico; questo poteva voler dire una sola cosa: non era ancora riuscito a controllarlo del tutto, se quando si perdeva nei suoi pensieri ricominciava ad ardere. Imprecò, mentre pian piano le fiammelle si estinguevano.
- Devo imparare a controllarlo meglio, lo so... Sai, dopo la battaglia con Sebastian, quando la spada di Michele mi ha...
- So del Fuoco Angelico, risparmiami inutili spiegazioni. Ehi, sarò anche chiuso in casa per tre quarti del mio tempo, ma sono pur sempre il Sommo Stregone di Brooklyn: so quello che succede nella mia città - aggiunse in risposta allo sguardo sorpreso di Jace.
- Allora suppongo tu sia morto di gelosia a sapere che c'è qualcuno che luccica più di te.
- Ti preferivo quando eri scomparso, Jace - replicò Magnus. - Allora, cosa vuoi?
- Alec mi ha detto tutto - disse di getto: erano arrivati al punto focale di quella visita.
- Logico. E allora? Cosa vuoi? Farmi la predica perché sono stato tanto cattivo quando ho ferito i suoi sentimenti?
- Lo sappiamo entrambi che Alec ha fatto un'idiozia, e lo sa anche lui. Ma è distrutto, lui ha...
- E allora? Credi che io stia bene? Guardati intorno: ti sembra la casa di una persona felice questa?
Jace non ricordava di aver mai sentito Magnus parlare in maniera veramente nervosa, frettolosa e isterica. No, Magnus era sempre stato calmo e razionale, e ogni cosa che faceva la faceva con una classe innegabile.
- State male entrambi, okay. Ma perché non perdonarlo?
- Tu non capisci bene la situazione. Alec... ha praticamente tentato di uccidermi, e non mi ha detto niente. Avremmo potuto parlarne, avrei potuto spiegargli cos'è che voleva dargli Camille... ma lui niente, non mi ha detto niente. Una volta mi hanno detto che l'amore è fiducia: allora cos'era quello che Alec provava per me, se la fiducia non c'è mai stata? Che motivo aveva per non fidarsi di me?
- Aveva paura, e la paura spinge a fare sciocchezze. Aveva semplicemente paura di perderti. Ma tu - Jace esitò un attimo, cercando il modo migliore per formulare la domanda che lo aveva portato in quel luogo. - Tu che ragioni avevi per non fidarti di lui?
Lo stregone parve un attimo spiazzato, ma si ricompose subito: - Non capisco quello che stai dicendo.
- Io credo invece che tu capisca benissimo. Se c'è un motivo per cui Alec si è spaventato improvvisamente davanti all'idea di perderti è proprio per quella: la fiducia, che sostieni avrebbe dovuto riporre in te, ma che tu non hai mai riposto in lui.
- Stai farneticando a vuoto, Jace.
- Allora saprai certamente spiegarmi perché Alec mi ha raccontato di non sapere niente di te, di non avere idea nemmeno del luogo in cui eri nato prima che Camille glielo rivelasse, di non capire perché ci tieni tanto a non far sapere chi è tuo padre e perché sei così restio a parlare del tuo passato.
- A quanto pare voi Nephilim non sapete proprio non farvi gli affari degli altri, vero?
- Non mi hai risposto.
- Non è necessario rivelare tutto di sé in una relazione.
- Non se a quella persona hai detto di voler invecchiare con lei.
Per la prima volta, e sospettava anche unica, volta in vita sua Jace vide Magnus così sorpreso da non poter replicare.
- Tu... non puoi capire.
- Sono troppo sveglio per non poter capire.
- Certe cose è meglio che restino nascoste, Jace.
- Addirittura il tuo luogo di nascita? Che c'è di tanto pericoloso nel sapere dove sei nato?
- Fila via, Herondale.
- Ti avevo detto che Alec non era pronto per i tuoi giochetti. Te l'avevo detto.
- Va via, torna dal tuo amichetto e parlate pure male di me insieme se vi fa stare meglio. Non m'importa.
- Magnus...
- Ho detto via.
Fu così che Jace capì che non aveva altro da dirgli. Si alzò lentamente, dirigendosi verso l'uscita, e mentre altrettanto lentamente se la chiudeva alle spalle disse: - Avete due modi opposti di affrontare la cosa, eppure è innegabile che tutti e due ci state da cani. Se tu continui a provare qualcosa per lui, perché non...
- Non sempre due persone che si amano possono restare insieme, Jace.
- Ma saresti mai stato disposto ad abbandonare la paura di condividere il tuo passato così come lui aveva abbandonato la paura di soffrire per amore pur di stare con te?
Nonostante sentisse lo sguardo di quegli occhi verdi su di sé, non ricevette risposta.



Note dell'autore
Benvenuti al terzo capitolo :) Che probabilmente è proprio uno dei più importanti, perché è proprio da questo che è partita l'idea per la storia (che poi è diventata totalmente diversa dall'originale, ma dettagli).
Insomma, ad essere sincera mi aspettavo qualcosa di meglio, ma sarà che io non sono mai contenta di quello che scrivo.
Mi farebbe piacere sapere che ne dite voi!
Grazie nuovamente a quelli che mi hanno recensito e a tutti gli altri che hanno messo la mia storia fra le seguite o addirittura fra le preferite...
Tanti baci e tanti glitter a voi!

Iwas_
  
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