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Autore: Defiance    08/09/2013    4 recensioni
Seguito della mia fan fiction, 'Halfblood'.
Scoppiarono tutti a ridere, ma Hermione si fece subito seria e disse piano:
“Magari invece, immagino solo di dover colpire a morte la vecchia me, anche se ormai non esiste più. Credo di essere invidiosa, lei almeno sapeva chi fosse” chiuse gli occhi e sospirò. (Dal prologo).
Un nuovo mestiere per i protagonisti della precedente storia, il loro incontro con un altro mondo e una nuova battaglia che incombe su di loro e sul mondo umano. Si troveranno ad affrontare cose che non avevano mai visto in precedenza e si interrogheranno su quante cose ancora ignorano della Terra.
Faranno nuove conoscenze, avranno delle rivelazioni, segreti e bugie verranno svelati e apprenderanno un nuovo tipo di 'magia'. Correranno rischi e pericoli, ma alla fine, la vita di alcuni dei protagonisti cambierà per sempre.
Halfblood 2 - Città dei Demoni
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Ciao a tutti, questa è la mia nuova fan fiction, il seguito di 'Halfblood', che ho scritto circa un mesetto fa. Visto che l'area creativa del mio cervello non voleva lasciarmi in pace, ho deciso di scriverne un seguito, introducendo anche il mondo degli Shadowhunters. La storia ormai è completamente inventata, anche se ispirata alle saghe di 'Harry Potter', 'Percy Jackson' e 'Shadowhunters' appunto. Che dire, spero che vi piaccia, che la seguirete in tanti e che mi lascerete qualche recensione, sia positiva che negativa, accetto anche le critiche ovviamente, servono solo a migliorare! 
Ps. nel primo capitolo ci sono dei riferimenti ad Hunger Games.
Buona lettura :D

Halfblood 2
Citta dei Demoni


 

Prologo
 
 
Tese l’arco e prese la mira; la freccia incoccata, i sensi all’erta.
I lunghi capelli castano chiaro le ricadevano sinuosi sulle spalle, le sue braccia sembravano esperte, come se non avesse fatto nient’altro per tutta la vita.
 Lasciò andare il filo e il dardo fendette l’aria rapidamente, andando a conficcarsi dritto nel cuore del bersaglio.
Hermione sorrise soddisfatta, ritraendo l’arma e osservando la precisione del colpo inflitto al manichino.
“Ma come cavolo fai?” chiese Neville, stupefatto.
“Non lo so spiegare, mi viene naturale” gli rispose la ragazza.
“Magari fa come me” intervenne Harry, scagliando una freccia che si piantò al centro del suo bersaglio.
“E cioè?” domandò Ron, curioso.
“Immagina di dover infilzare Faccia – Da – Rospo - Umbridge” spiegò il moro, come se fosse scontato.
Scoppiarono tutti a ridere, ma Hermione si fece subito seria e disse piano:
“Magari invece, immagino solo di dover colpire a morte la vecchia me, anche se ormai non esiste più. Credo di essere invidiosa, lei almeno sapeva chi fosse” chiuse gli occhi e sospirò.
Si voltò rapidamente e mise a posto il suo arco, poi cominciò a camminare senza voltarsi a salutare i suoi amici.
Percy fece per seguirla, ma lei, senza guardarlo, gli rivolse un cenno con la mano, come per ordinargli di non farlo. Hermione era cambiata. E molto. E non solo per via delle due guerre che aveva affrontato e delle perdite che aveva subito.
“Devi darle tempo. Non ha ancora accettato questa cosa, non l’ha ancora superata” mormorò Harry alle spalle del ragazzo.
“Certo… vorrei solo che non mi tagliasse fuori. Che mi parlasse” ammise tristemente lui.
“Sta tagliando fuori tutti, forse anche sé stessa” rispose il mago.
Poi tornarono tutti ad esercitarsi.
Perfino Percy da quando era all’Istituto aveva fatto enormi progressi col tiro con l’arco, considerando che l’unica volta che aveva fatto centro, in passato, era dovuta all’aiuto divino di Artemide.
L’Istituto di Addestramento Auror e Cacciatori era un imponente palazzo stracolmo di stanze ove risiedevano gli allievi: ognuno ne aveva una propria e questo era senza dubbio uno degli aspetti di quel posto che veniva più apprezzato da chi lo aveva scelto per proseguire gli studi.
Era stato costruito dopo la ‘Guerra Dei Due Mondi’, (così chiamavano la battaglia contro Urano di cui maghi e semidei erano stati protagonisti), con lo scopo di formare degli Auror specializzati non solo nel combattere contro i Maghi Oscuri, ma anche contro i mostri mitologici.
Pochi avevano scelto quel mestiere: Harry Potter, Neville Paciock, Luna Lovegood, Ronald e Ginny Weasley, Draco Malfoy, Percy Jackson, Annabeth Chase, Clarisse La Rue, Nico Di Angelo, Leo Valdez, Chris Rodriguez e, ovviamente, Hermione Granger.
Ed erano gli unici studenti dell’Istituto, in quel momento.
Gli altri semidei superstiti erano riusciti a superare i test per accedere al Campo Romano, dato che il Campo Mezzosangue non esisteva più, perché ritennero più opportuno continuare a stare con i propri simili; gli altri maghi avevano intrapreso altre carriere tipiche del loro mondo: alcuni scelsero di giocare a Quidditch, altri di studiare per diventare medimaghi, cose del genere insomma.
Le lezioni di Magia si tenevano nei sotterranei dell’edificio, mentre all’esterno avevano luogo le esercitazioni per la lotta; le prime, erano per i maghi degli approfondimenti di ciò che avevano appreso ad Hogwarts, con diverse aggiunte, mentre per i semidei consistevano nel conoscere meglio le proprie capacità (intese come poteri divini) e nell’imparare a gestirle e a sfruttarle a pieno. Percy Jackson e Leo Valdez erano quelli che si erano rivelati più potenti: l’uno per il controllo dell’acqua, l’altro per quello del fuoco; per non parlare poi di Nico Di Angelo e del suo inquietante controllo sui morti.
 
Hermione varcò la soglia della sua camera, sbattendone la porta.
Si sedette sul bordo del letto, portandosi le mani sul volto, poi aprì il comodino e agguantò una catenella alla quale era appeso un medaglione molto piccolo: su un lato vi erano incise le lettere H. J., sull’altro J. C..
Lo aprì e si ritrovò per l’ennesima volta a fissare quelle due foto.
Nella prima, una bambina piccola, di circa un anno, sorrideva, mentre nell’altra, un bambino con dei riccioli biondi, che doveva avere all’incirca un anno in più della sorella, esibiva la sua lingua in una smorfia divertita.
È tutto ciò che abbiamo. Le parole di sua madre, le riecheggiavano in testa.
Madre. Non sapeva nemmeno se era il modo più giusto per definirla, ormai.
Con la mente, ritornò a quel pomeriggio estivo, circa un mese prima, quando i suoi genitori le avevano chiesto di andare a trovarli perché dovevano urgentemente parlarle.
 
Il caldo la soffocava, anche se indossava solo un paio di shorts di jeans e una magliettina a bretelle.
Nella sua mente si susseguivano immagini di guerra, risultato della sua ultima missione, nella terra di Panem.
Attraversò il cortile di quella casa che le mancava tanto, quella in cui era cresciuta e, una volta arrivata sulla porta, suonò il campanello.
Sua madre la accolse con un abbraccio caloroso, seguita da suo padre.
“Cosa c’è di così urgente da farmi correre qui dopo neanche due ore dal mio ritorno da una missione? Di guerra, tra l’altro” chiese preoccupata la ragazza.
“Siediti tesoro” le suggerì dolcemente la signora Granger.
“Si tratta di te… beh, e di noi” cominciò il marito.
Hermione inarcò un sopracciglio, piuttosto confusa.
“Non avremmo dovuto aspettare così tanto per dirti questa cosa, lo sappiamo, ma non ne abbiamo avuto il coraggio. Ora il senso di colpa è troppo grande per poter continuare a conviverci” si scusò sua madre.
“Non fate così… parlate” li esortò la figlia.
La donna le porse il medaglione e una volta che l’ebbe aperto e visto cosa conteneva, la ragazza disse “quella sono io… ma… quel bambino?!”.
“È tuo fratello” spiegò il padre.
“Mio, cosa?!” boccheggiò Hermion, sgranando gli occhi.
“Herm, tesoro… non odiarci, te ne prego. Non volevamo ferirti. Noi non riuscivamo ad avere figli, erano anni che ci provavamo… ma alla fine decidemmo di adottarne uno. Abitavamo a Manhattan, in quel periodo. Quando andammo all’orfanotrofio, e ti vedemmo, ci innamorammo subito di te e decidemmo che saresti stata tu la nostra bambina. Ci dissero solo che i tuoi genitori erano morti, e che avevi quel medaglione al petto quando una donna ti portò in quell’edificio. Tuo fratello fu affidato a lei, ma non poteva permettersi di crescervi entrambi. Così ti prendemmo noi” la voce della signora Granger si spezzò e scoppiò in lacrime.
“Chi… chi erano?” domandò Hermione. “I miei genitori. Lo sapete? Sapete il loro nome? O almeno il cognome?”
Il signor Granger scosse il capo.
La mente della ragazza lavorava precipitosamente, cercava di analizzare quelle informazioni estranee e per la prima volta nella sua vita, sembrava non riuscire a criptarle, ad accettarle, a memorizzarle.
Ebbe un flashback in cui la McGranitt compariva sulla soglia di casa, quando lei aveva undici anni. Ora si spiegava il terrore che aveva visto lampeggiare negli occhi di sua madre: credeva che fosse quella donna, quella che aveva adottato suo fratello, e che fosse venuta a prenderla o a pretendere chissà cosa.
“Forse i tuoi genitori erano dei maghi, noi non lo sappiamo” disse suo padre.
“Herm, tesoro. Per noi sei nostra figlia. Lo sei sempre stata, lo sarai sempre.”
Aggiunse poi l’uomo.
“Questo medaglione… questo è tutto ciò che avete dei miei genitori naturali? Di mio fratello?” domandò Hermione, ancora troppo scossa per realizzare che tutto ciò stava davvero accadendo.
I signori Granger annuirono.
“È tutto ciò che abbiamo. Tutto ciò che abbiamo mai avuto.”
 
Hermione si rigirava la catenella tra le mani, fissando l’oggetto, ora di nuovo chiuso.
Per la prima volta i suoi occhi parvero criptare un simbolo impresso sotto le lettere. Voltò il medaglione: quel simbolo era inciso anche sull’altra parte. Lo studiò incuriosita.
Capì che si trattava di una specie di runa, che non riusciva però a decifrare, non l’aveva mai vista in vita sua. Poteva essere lo stemma di famiglia, magari erano importanti, i suoi genitori naturali.
Ma non era da lei ragionare per ipotesi. Detestava non capire a pieno il significato di qualcosa.
Assorta tra i suoi pensieri, parve non accorgersi nemmeno che Percy, il suo ragazzo, era appena entrato nella sua stanza.
“Ho bussato, ma non rispondevi. Mi sono preoccupato” si giustificò lui.
Hermione gettò rapidamente il medaglione nel comodino e scosse il capo, come per dirgli che non c’erano problemi.
Il semidio si sedette al suo fianco.
“Vuoi parlarne? È per la storia di quella ragazza, Katniss? Quella al cui fianco abbiamo combattuto a Capitol City?” le chiese dolcemente, scostandole una ciocca di capelli dal viso.
“No, Percy. La sua storia mi ha scossa si, ma mai quanto la mia, anche se è una cosa brutta da dire, perché tra le due non c’è paragone” le rispose la ragazza. Ora delle lacrime silenziose le rigavano il viso.
“Herm, non devi mettere in dubbio l’affetto dei Granger” le sussurrò lui stringendola a sé.
“Non lo faccio. È solo.. Non so più chi sono, Percy” ansimò lei.
“Io lo so. Sei Hermione Jean Granger. Una ragazza stupenda, la mia ragazza. La strega più brillante della tua età. La migliore amica di Harry Potter. Una guerriera” fu la risposta che ottenne dal semidio. Si aprì in un sorriso, e il cuore di lui si alleggerì un poco.
“Voglio trovarlo, Percy. Voglio trovare mio fratello. Chissà se lui sa di me, se mi ha mai cercata. Voglio conoscere la mia storia. Voglio sapere chi erano i miei genitori naturali, come e perché sono morti” gli confessò la ragazza, dopo qualche minuto di silenzio.
Lui le prese delicatamente il volto tra le mani e la guardò negli occhi.
“Lo scopriremo. Te lo prometto” le disse, poi la baciò.
  
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