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Autore: MatitaGialla    12/09/2013    20 recensioni
Peeta e Gale sono migliori amici dall'infanzia: bellissimi, intelligenti, sexy, popolari, sportivi: i più desiderati del liceo, inutile dirlo!
Insieme fanno ogni cosa, come ad esempio scappare dal Priorato del P&G's Fan Club: un gruppo di psicopatiche adoranti e sessualmente disturbate che cercano in ogni modo di farli innamorare di loro.
Ma come succede a noi, l'adolescenza è sempre piena di amori e umori, sentimenti contrastanti e perché no, anche di una discreta dose di senso dell'umorismo.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gale Hawthorne, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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** Attenzione: OOC, AU, What if?. TUTTO INSOMMA. GLI AVVENIMENTI DEI LIBRI SONO TOTALMENTE ESCLUSI A QUESTA STORIA.


 
2. Quei dolcetti un po' speciali
 
In Via S. Collins, quartiere dodici, cittadina di Panem; il freddo raggiunge le ossa di chiunque metta il naso fuori casa. Per strada si vede solo qualche lavoratore rincasare velocemente, con le orecchie immerse in calde e lanose sciarpe.
Sono le sette e mezza della sera, e una leggera foschia invernale inizia a riempire ogni abitacolo della zona.
La calda luce proveniente dalle finestre delle case, mostra famiglie felici che si siedono a tavola con piatti colmi di ogni prelibatezza.
Una moglie che da il pezzo di pollo più grande al marito tornato stanco da una brutta giornata di lavoro, un bambino piccolo con tutte le guance sporche di sugo, un cagnolino bianco che si alza su due zampe per ottenere una crosticina di formaggio.. delle urla gutturali e animalesche.
No, aspettate un attimo. Urla?
Tre villette identiche occupano il lato sinistro di Via S. Collins: una gialla, una rossa mattone e una azzurra.
Rispettivamente appartengono alla famiglia Mellark, da questo pomeriggio alla famiglia Everdeen, e quella azzurra alla famiglia Hawthorne. Ma da quale casa arrivano quelle urla? Oh, naturale.
Dalla mansarda dei Mellark: la camera di Peeta.
Le tre case sono identiche, e così anche le mansarde: due piccoli pogiolini, uno sul lato della strada e uno rivolto al giardino, e due grandi finestre ai lati, che davano sulla mansarda affianco.
– Oh, merda! – grida Gale mettendosi le mani ai capelli – Scappa sfigato! Ti sta per ammazzare! –
– Come faccio!? Ho una gamba affettata! – risponde ad alta voce Peeta con la sigaretta stretta all’angolo delle labbra.
– Non ti è rimasta nemmeno un’arma? – pigola Gale sempre più agitato, aggrappandosi al bracciolo della poltrona.
– Ho una lancia, ma devo darmela a gambe! – risponde il biondo.
Da l’ultima boccata alla sigaretta prima di spegnerla nel posacenere velocemente tra un comando e l’altro, scostandosi dagli occhi i ricci biondi che gli cadono sul viso.
Tipico dei P&G: rintanarsi in una cortina di fumo fino all’ora di cena, giocando ai videogame. A volte mi domando come possano essere così intelligenti.
Peeta mette in pausa, salva la partita e spegne la TV. Rimane fermo a fissare l’involucro del gioco.
– Gran figata – dice, facendo con la testa un segno di approvazione.
– Vero? – rintona Gale soddisfatto – Me l’aveva detto Finnick alla partita, che sto Hunger Games è come una droga –
– Ti immagini andarci veramente? – domanda Peeta dubbioso. Il suo amico moro scoppia a ridere.
– Moriresti con la gamba squartata nel giro di tre secondi proprio come nel gioco. O come minimo ti innamoreresti della tua compagna di distretto – risponde tra le risate Gale.
Il ragazzo biondo lo guarda con sufficienza. – Certo! – esclama – E poi chi non si innamorerebbe di m – domanda con la sua faccetta maliziosa, ma non riesce a finire la frase perché un cuscino gli arriva dritto in faccia. 
– Non dirlo a voce troppo alta, potrebbe esserci una delle psicotiche in agguato – bercia Gale appiattendosi contro il muro e guardandosi attorno, ma alla risata di Peeta, l’occhio gli cade sull’orologio.
– Devo andare. Stasera non esco, altrimenti mamma non riuscirà ad andare alla riunione con le maestre di Vick – dice Gale avvicinandosi alla porta.
– ricordati di chimica – conclude sorridendo.
Peeta annuisce e lo butta fuori dalla stanza con un calcio amichevole. Prima di chiudere la porta, alza il pollice verso Gale. – Alle undici? – domanda Peeta.
L’amico moro in risposta, alza il pollice in su e annuisce, svanendo giù per la tromba delle scale.
I P&G dormono entrambi nella mansarda delle loro rispettive case: Gale ci dorme sin da bambino essendo il più grande, mentre Peeta ha conquistato la cima del nido solo da un anno, da quando suo fratello maggiore è partito per l’università.
A dire il vero la camera sarebbe spettata di diritto a Pebble, il mezzano, ma Peeta attuò un’infallibile tattica per impossessarsi della mansarda: al momento del trasloco da una camera all’altra, il più piccolo dei Mellark convinse la madre Hexe* ad aiutare Pebble a portare i libri di scuola al piano di sopra.
“Che schifoso bastardo” berciò sottovoce il mezzano, mentre Peeta se la sghignazzava piegato in due nell’angolo della cucina.
Tranquille, ora vi spiego: Pebble è un buon ragazzo, discreto a scuola e tra le ragazze riscuote un egregio successo.. ma è un segaiolo in prima linea.
Da anni ormai colleziona segretamente la rivista porno più in voga del momento. Tra l’altro, quel mese era riuscito ad arrivare per ironia della sorte, al sessantanovesimo numero.
Inutile discutere degli inserti speciali contenuti dal giornaletto: quel segaiolo ululò in bagno per diversi giorni fino a quando Peeta non lo minacciò di soffocarlo nel sonno.
Fatto sta che con molta cura, Pebble nasconde tutti i giornaletti porno in mezzo ai libri di scuola, libri che Hexe non controlla mai; quindi sarebbe risultato impossibile fare il trasloco di camera senza che la strega trovasse le riviste, motivo per cui il mezzano decise all’improvviso di voler rimanere nella sua vecchia stanza. Cedendo così, il posto a Peeta.
Il commento di Gale era stato: “Hai capito l’angioletto, tanto di occhioni azzurri e capelli biondissimi e poi sei più subdolo di una faina”; ma Peeta non aveva risposto alla provocazione, anzi, brindarono alla grande la “prima sera di mansarda”.
 
Undici di sera, via Collins, quartiere dodici, Panem.
Ora, ragazze mie, passiamo ai comandamenti non scritti dei P&G che incontrerete lungo questa storia. Comandamento dei P&G numero uno:
“Mai abbandonare il tuo migliore amico, in nessun momento.”
Ogni sera prima di andare a dormire, non importa se sono stati fuori fino a cinque minuti prima con gli amici o con qualche ragazza; ogni sera, che sia inverno o estate, che uno abbia la febbre o sia stravolto dalla stanchezza; prima di andare a dormire entrambi vanno sul proprio pogiolino rivolto verso il giardino, e con una torcia si fanno luce a vicenda.
Gale aspetta che Peeta fumi l’ultima sigaretta della giornata, e Peeta lancia con una mira perfezionata negli anni, un pasticcino o un biscotto avanzato dalla panetteria a Gale.
Sono anni che ormai Gale non va a dormire senza un dolcetto del panificio di Peeta nello stomaco.
Il tutto iniziò quando Gale anni fa perse il padre in un incidente stradale: seguì un lutto straziante per giorni in tutto il quartiere, con Hazelle (la mamma di Gale) incinta e altri due bambini oltre al primogenito da mantenere. Gale per la nausea non mangiò per diversi giorni.
Quando la sera dopo il funerale, il ragazzino si rannicchiò fuori dal pogiolo della sua stanza a piangere, Peeta fece capolino dall’altra parte.
– Hai mangiato oggi? – chiese Peeta con voce triste. Gale scosse la testa in segno di negazione, e rimasero in silenzio nel buio della sera per qualche minuto.
Il silenzio tombale era straziante persino per Peeta, che vedeva da esterno la situazione.
Ad un certo punto, quasi a voler rasserenare la situazione, un gorgoglio affamato tuonò dallo stomaco del ragazzino con i capelli scuri.
Peeta balzò in piedi, e senza dire nulla corse giù in cucina a prendere un dolcetto avanzato quel giorno dalla panetteria. Senza proferire parola lo lanciò con timore verso il balcone di Gale.
Per una mistica e tenera fortuna il pasticcino glassato finì proprio tra le sue mani, e lo mangiò velocemente incurante di mostrare al suo migliore amico gli occhi traboccanti di lacrime.
Da allora, è una tradizione alla quale raramente erano mancati.
All’inizio, essendoci una casa a separarli, Peeta non riusciva sempre a centrare il bersaglio.
Capitarono anche episodi piuttosto divertenti: come quando meno di tre anni fa, il lancio fatto troppo lungo sparò il pasticcino nel giardino del vicino celiaco, diabetico e allergico al latte.. Nota ancora più dolente? Estremamente goloso.
Quando il signor Plutarch quella sera uscì nel giardino per fumarsi il suo sigaro quotidiano accompagnato da un goccetto gentile di Rhum, e notò il pasticcino ben incartato a terra, non esitò un secondo dal mangiarlo.
Sapeva che i due ragazzi si lanciavano prodotti da forno da una casa all’altra, e quella volta il bottino era finito tra le sue mura, quindi gli apparteneva.
Non passarono nemmeno due minuti che svenne a terra, lasciando al vento il bicchiere di Rhum che gli cadde dritto in testa.
Gale aveva gli occhi sbarrati fissi sul giardino del signor Plutarch – Oh mio Dio. Mi hai ucciso il vicino! – strillò a bocca spalancata, voltandosi verso il balconcino di Peeta.. che era vuoto.
In tre secondi una figura nascosta dal buio correva affannato lungo il giardino di casa Mellark, scavalcando la recinzione di casa Everdeen (all’epoca apparteneva agli Undersee, ma quando il capofamiglia entrò in politica si trasferirono vicino al comune  di Panem) e poi quello della famiglia Hawthorne.
Gale non sapeva se ridere o andare ad aiutarlo, ma era troppo divertente vedere Peeta che saltando le recinzioni dei giardini, pigolava “dio fa che non sia morto, dio fa che non sia morto, dio fa che non sia morto” e si schiantava sui cespugli o ruzzolava in mezzo alle rose che la figlia degli Undersee aveva piantato con tanto amore.
Quando però Peeta tuonò un – disgraziato vieni giù! – , Gale si rese conto che era riuscito ad arrivare nel suo giardino e stava per arrampicarsi sulla staccionata del signor Plutarch.
– Vuoi scherzare? Mettono dentro anche me se ci trovano sulla scena del delitto! – protestò il ragazzo moro aggrappandosi alle inferriate del pogiolino.
Bastò naturalmente un dito medio alzato di Peeta, a far scoppiare a ridere Gale e convincerlo a scendere.
Fortunatamente, con un indice glicemico spaventoso, il signor Plutarch si riprese dopo una mezzoretta; tempo durante il quale i due ragazzi correvano a destra e manca per il giardino immaginando la loro vita dietro le sbarre.
La vera impresa però, era stata alzare il vecchio ciccione di peso e metterlo seduto sulla sedia in vimini.
Da quel giorno, Peeta ha la premura di lanciare ogni mercoledì un pasticcino senza glutine anche nel giardino del signor Plutarch.
Ve l’ho detto, che non si può non amare questi due.
Stasera, il “lancio del dolce” viene eseguito con estrema cura e Gale, avvolto in una calda coperta, mangia soddisfatto il dolcetto alla banana che il signor Mellark aveva portato a casa quella sera tornato dal lavoro.
Mentre il viso di Peeta si illumina del fuoco dell’accendino, Gale “sussurra ad alta voce”:
– Mi hai fatto il trattato? –
Peeta alza gli occhi al cielo – Si! Accidenti Gale, quando ti ci metti sei peggio di mia madre – risponde.
– Grazie – esclama raggiante Gale spegnendo la torcia.
Rimangono in silenzio qualche secondo, poi una luce nuova li attira. Era troppo tempo che nessuno abitava nella vecchia casa degli Undersee, e quando la luce della mansarda della casa in mezzo si accende, i due balzano in piedi quasi spaventati prima di ricordare i nuovi inquilini.
Osservano la finestra cercando di intravedere qualcosa, e quando Gale nota passare dalla parte della casa affianco alla sua una ragazza con i capelli scuri in mutande e reggiseno, fischietta allegro.
– Amico mio, carne fresca a ore dodici! –
Peeta alza le mani al cielo – Sia ringraziato il signore! Quando Madge se n’è andata eravamo troppo piccoli per capire il vantaggio delle mansarde uguali! –
Il chiarore della luna, illumina a sufficienza il viso di Gale che inarca le sopracciglia.
– Guarda che tu sei ancora un moccioso! Sei piccolo in ogni caso! – dice ridendo, ma stando attento a tenere contenuto il tono di voce, non vorrebbe mai svegliare Hexe o sua madre.
Peeta spegne la sigaretta e gli sorride. –  Vero, ma ho avuto un bravo maestro –
–  Vero anche questo –  replica Gale gonfiandosi il petto, orgoglioso. La luce della mansarda di casa Everdeen si spegne, lasciando al buio completo i P&G.
–  Buona notte, Gale – sussurra Peeta, brandendo in aria le braccia in segno di saluto; e quando il suo amico le alza a sua volta, scivola in camera abbandonandosi sotto le coperte.
 
Via S. Collins, quartiere dodici, Panem. 06:50 del mattino.
Gale corre trafelato quei venti metri che separano il suo cancello da quello di casa Mellark.
Il borsone del calcio gli sbatte sulla schiena imponente, e i capelli scompigliati e gli occhi gonfi permettono di contare sulle dita di una mano quanti siano i minuti che il maggiore degli Hawthorne abbia aperto gli occhi.
Assottigliando lo sguardo riesce a individuare al di là della finestra della cucina di Peeta, quest’ultimo trangugiare con lo stesso movimento un qualcosa di soffice e caldo e un bicchiere di latte gigante per poi uscire dal suo campo visivo.
Passa un minuto e Peeta esce correndo nelle identiche condizioni di Gale: capelli scompigliati, occhi gonfi, in mano qualche libro che stringe al petto, borsone del calcio caricato in spalle, un dolcetto in bocca.. e un gran sonno.
– Siamo in ritardo! – mugugna Peeta mentre, correndo a passo svelto affianco al suo amico, prende un foglio e glielo schiaffa in mano.
– Tieniti la tua schifosissima chimica – dice il biondo.
Gale sorride e si ficca con poca cura il foglio nella tasca del giaccone – Perderemo l’autobus – trafela in mezzo alle nuvolette che il suo respiro caldo crea. Peeta al pensiero rabbrividisce e aumenta il passo.
– Giammai! – grida staccando di qualche metro di distanza Gale.
In fondo alla via, un autobus piuttosto giallo e piuttosto rumoroso tossisce fumo nero.
Una signora dallo sguardo attento scruta l’orizzonte e attende seduta al posto del guidatore.
Quando Peeta raggiunge con un balzo le scalette del bus, lo guarda allegra. – fuma di meno.. – dice.
Peeta si siede e abbandona la testa sul sedile cercando di riprendere fiato a grandi boccate – Sto per sputare un polmone, Glenn – risponde.
– Beh occhio a non vomitarlo addosso a.. oh, buongiorno Gale – cinguetta mantenendosi raggiante Glenn Jackson, mentre Gale si aggrappa alle scalette e ansima come una gorilla in travaglio.
Glenn Jackson è l’autista di tutti i pullman che dalla periferia portano e ritornano al centro città di Panem.
Non si sa come, ma riesce a svolgere sia il servizio delle 06:55 che quello delle 07:26 ogni mattina; quando il tempo necessario per arrivare al centro sono venticinque minuti spaccati.
C’è chi giura che nei pochi minuti restanti travolga chiunque gli passi sulle strisce pedonali; i più anziani della città sono convinti che abbia fatto un patto con satana in persona per fermare il tempo, e altri invece ammettono semplicemente che è una pazza scatenata quando non ha studenti a bordo.
Fatto sta che a nessuno interessa saperlo veramente, perché con Glenn Jackson che ci sia il sole o l’apocalisse, non si fa mai tardi a scuola.
Ad ogni modo, Glenn svolge la tratta delle 06:55 solo per due persone di solito: ovviamente, i nostri P&G.
– Non vi sarò mai abbastanza debitrice per tenermi compagnia in questa tratta! Se non ci foste voi due ogni mattina, sai che noia! – esclama sorridente mentre traffica con il pulsante per chiudere la porta.
Mentre Gale, a testa china e fiato mozzato, alza una mano aspirando un – è un piacere, Glenn – delle urla vicine raggiungono le orecchie dei tre, che voltano lo sguardo verso la strada.
Una ragazza di statura media, avvolta in una giacca enorme e imbacuccata come un eschimese, corre verso l’autobus urlando: – Aspettate! Aspettate per favore! –
– Bene, bene! Un’altra passeggera! – urla felice Glenn sfregandosi le mani.
La ragazza si affretta a salire, e con fiato corto ansima un grazie alla gentile autista, che ammicca facendole l’occhiolino.
– Come ti chiami, cara? – domanda Glenn avviando il pullman.
– Katniss Everdeen – risponde agitata la ragazza sedendosi al primo sedile, cercando anche lei di riprendere fiato
– mi sono trasferita ieri e non sapendo la strada per la scuola ho preferito prendere l’autobus presto e –
– A che scuola vai? – chiede la signora senza lasciarla finire.
– Scarlini della Torre – ansima Katniss togliendosi il cappello lanoso.
– Oh! – esclama Glenn – ti ci accompagnano quei due scansafatiche là in fondo, cara –
Peeta e Gale che si sentono presi in causa, alzano gli occhi verso la ragazza e fanno entrambi un mezzo sorriso in cenno di saluto. – Ciao – mugugnano all’unisono addormentati, tornando a sprofondare la faccia tra le sciarpe pesanti.
– Ciao – risponde Katniss perplessa, rivolgendo uno sguardo interrogativo verso l’autista.
– Non preoccuparti, lasciali carburare una decina di minuti e poi vedrai che sono simpatici.. ma occhio a non far ingelosire le oche ovariche che gli girano attorno – dice Glenn non distogliendo lo sguardo dalla strada. 
– Quali oche? – chiede inarcando le sopracciglia Katniss, ma Glenn fa roteare l’indice come dire “poi capirai”.
Il primo a destarsi dal coma è Peeta, che apre gli occhi in un sussulto. Quando nota Gale accoccolato sulla sua spalla con le guance purpuree, se lo scaraventa di dosso con un ghigno.
Per poco Gale non cade dal sedile. – Stupido! – urla, facendo sussultare Katniss seduta sempre sui sedili in prima linea. Peeta ride e lo scavalca, andando verso Glenn e Katniss.
Si siede proprio dietro l’autista, nella fila affianco alla ragazza, tendendogli la mano.
– Sono Peeta – dice il biondo, sorridendo amichevolmente.
– Katniss – risponde la ragazza stringendogli la mano, sorridendo timidamente a sua volta.
La mano calda e forte di Peeta, lascia il segno nello sguardo di Katniss, che sembra essere assorbita da quella stretta così piena di calore.
Lei non riesce nemmeno a guardare bene il viso di Peeta, che una mano grande il doppio scansa di lato il biondo. – Spostati, scemo – dice Gale ridendo, facendolo spostare dalla parte del finestrino.
– Io sono quello bello, alto e forte – sussurra sorridendo dolcemente – mi chiamo Gale –
Katniss sembra arrossire leggermente, ma scrolla le spalle e stringe anche la mano del moro.
– Si ma sei anche il più vecchio – bercia Peeta nascosto in mezzo al sedile.
– Qui di vecchia ci sono solo io! – si intromette allegra come sempre Glenn Jackson.
– Sai che vivi in mezzo a noi due? – esorta il biondo, sbucando dietro le gigantesche spalle di Gale, che annuisce osservando Katniss.
– Davvero? – chiede lei stupita, distogliendo lo sguardo – meno male, almeno per i primi giorni so a chi rivolgermi –
I tre si sorridono timidamente, e silenziano per qualche minuto osservando i quartieri sfrecciargli davanti.
Sono quasi al quartiere quattro, quando lo stomaco di Katniss inizia a brontolare. Lei si copre la pancia con le mani imbarazzata, quando i due ragazzi e l’autista scoppiano a ridere.
– ehm.. avevamo il frigo vuoto! Mia madre deve ancora fare la spesa e stamattina non ho fatto colazione – si giustifica prontamente Katniss, arrossendo violentemente.
Peeta la osserva attentamente, poi rovista velocemente nella tasca esterna del suo borsone da calcio tirandone fuori una busta marrone.
– Tieni – dice Peeta, allungando una mano verso Katniss.
La ragazza si volta e osserva con adorazione la mano del biondo, che sorregge saldamente una focaccina dall’aspetto invitante. – davvero? – chiede lei, non scomponendosi.
– Mangia, mangia – rimarca l’invito Peeta, sorridendo armoniosamente.
– Suo padre è panettiere: sono focaccine al formaggio quelle, sono deliziose – ammette Gale.
Katniss, che sente il gorgoglio del suo stomaco aumentare, non se lo fa ripetere due volte.
– Grazie – dice riconoscente, affondando i denti nella focaccia profumata e lievemente calda, guardando con la coda dell’occhio Peeta che ammicca un sorriso. 
 
– Ciao Glenn a più tardi, grazie! – esclamano Peeta e Gale all’unisono scendendo dall’autobus, seguiti da Katniss che saluta cordialmente la signora.
La piazza della città di Panem non è diversa da qualsiasi altra piazza cittadina: studenti che scendono dall’autobus per incamminarsi alla scuola, i lavoratori che armati di valigetta ventiquattrore si apprestano ad un’altra snervante giornata, traffico, smog.. si insomma: una città.
Katniss si avvolge la testa con il suo cappellone, rabbrividendo per il freddo di dicembre che le penetra nelle ossa, e segue silenziosamente i due ragazzi, iniziando ad osservarli con vago interesse.
– Ehi – li chiama. I P&G si voltano, abbagliandola con i loro splendidi sorrisi.
– Perché venite a scuola così presto? Insomma, oggi è il mio primo giorno e non volevo perdermi – dice Katniss – ma voi? Perché siete già qui? –
Domanda interessante ragazza!
Ma per la risposta, serve presentare il comandamento numero due dei P&G:
“Delle psicopatiche non ti fidare, se sulla preside non puoi contare”
Peeta fa per aprir bocca per rispondere alla sua domanda mentre cerca una giustificazione che non li faccia apparire dei presuntuosi, quando scruta in fondo al viale una ragazza che saltella allegra verso di loro, sbracciandosi nel salutarli. I capelli biondi raccolti in due codini, una gonnellina nera in tessuto pesante e un cappotto dalle cuciture adorabili: una ragazza bella e amorevole, di primo impatto, non c’è che dire.
Gale mette a fuoco nella stessa direzione e soffoca un sussulto. – Delly! –
Il ragazzo moro afferra la mano destra di Katniss, mentre Peeta si premura di aggrapparsi velocemente alla sua sinistra.
– Dobbiamo correre a scuola – dice serio Peeta.
Credo sia ovvio giungere alla vostra conclusione: Delly, presidentessa del Priorato.
Non ridete ragazze, la situazione è piuttosto seria.
Delly è una ragazza stupenda, educata e simpaticissima, oltreché molto intelligente.
L’unica sua pecca è di avere una vera e propria sindrome maniacale per i P&G.
Non farebbe nulla di male ai due ragazzi, oltre ad essere un po’ appiccicosa e provocatoria, ma la povera ragazza della terza F, una certa Clove, non sarebbe d’accordo.
A maggio dell’anno scorso Clove riuscì a destare l’interesse di Gale, il quale accettò il suo invito ad uscire per un gelato. Quando la ragazza della quarta convinse anche Peeta ad andare con loro per far coppia con la sua migliore amica Lux, che ha una cotta per Peeta dalle medie, Delly andò fuori di testa.
Le tirò talmente tanto i capelli da strapparle una ciocca intera dalla nuca, e la chiuse dentro lo sgabuzzino dei bidelli.
Quando poi, presa dal rimorso, Delly corse dai due ragazzi per confessare tutto sommersa dalle lacrime, i P&G iniziarono a non tollerare più quella assurda situazione; e dopo un colloquio con la Paylor, decisero di stilare appunto il comandamento in quanto la preside non avrebbe fornito loro nessun tipo di aiuto.
Anzi no, una cosa la fece la Paylor.
Mandò Delly dallo psicologo della scuola: il professor Haymitch Abernathy.

 
 
*Hexe (mamma di Peeta): strega in tedesco.
 

Ricordo che questa vuole essere una long - fic sulla linea della commedia; non è mio interesse sforare nel demenziale. Inoltre so di aver inserito in modo frettoloso gli altri personaggi, ma non preoccupatevi che non è una scelta casuale.
Ehm, che dire.. le vostre recensioni al primo capitolo mi hanno messo una tale responsabilità addosso, che spero proprio di non aver deluso le vostre aspettative!
Mentre porto avanti il betaggio del nono capitolo di Dormire Insieme (che oserei dire è tutto un altro scrivere rispetto a questi capitoli così leggeri), ho deciso di regalarvi questo secondo capitolo, così da farvi arrivare all’aggiornamento di D.I. sufficientemente allegre.
Spero che vi sia piaciuto.
Recensite, fatelo sempre, anche con critiche e consigli.
A presto care lettrici!! (perché do per scontato che siate tutte donne??)
MatitaGialla
  
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