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Autore: RobynODriscoll    13/09/2013    2 recensioni
Le persone ferite dovrebbero avere la possibilità di ricominciare. Se lo meritano. Ce lo meritiamo.
Ma ecco il punto. Lei non è più ferita.
Lui l'ha guarita, il suo tocco l'ha resa di nuovo bianca. L'ha resa...Biancaneve.
Intanto il dolore mette radici dentro di me, più a fondo, con più forza. L'ho già detto, il dolore mi rende la persona che sono. Mi rende Brontolo.
Lo vedi? Alla fine, abbiamo trovato tutti e due quella cosa unica che ci rende completi.
Non è vero, sorella?
Non è vero, amore mio?
*
Guardo David e penso: lui mi troverà sempre.
E quando non vorrò essere trovata? E i silenzi che non vorrò condividere, e le parole che vorrò tenere per me? Non mi sta chiedendo troppo, no. Solo tutto quello che sono, ogni singolo pensiero che attraversa la mia mente, ogni più piccolo solletico dell'anima.
E' questo che fa la gente innamorata. E' questo che credevo di volere.
E' questo che voglio, naturalmente.
Solo, mi chiedo...
Il Vero Amore è davvero senza macchia?
[Snow White/Grumpy]
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Leroy/Brontolo, Mary Margaret Blanchard/Biancaneve
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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III. Come l'acqua

 

Cammino nervosa per i corridoi, reggendo una candela in mano. I miei passi sono silenziosi, ma le guardie di turno li sentono comunque e mi rivolgono un inchino un po' nervoso. Se la futura regina si aggira per il palazzo a quest'ora tarda, deve esserci qualcosa di tremendamente sbagliato.

Sono fortunata che non ci siano i ragazzi di ronda, questa notte.

La verità è che ho bisogno d'aria, per potermi schiarire le idee. Ho dormito molto poco e molto male, e queste ore infinite non passano mai.

Sono scivolata via in silenzio dal letto che dividevo con Red. Spero di cuore che non si svegli.

L'adoro, e le confesserei qualsiasi segreto...ma non posso raccontarle qualcosa che io stessa non riesco a capire. Ho bisogno di mettere ordine tra i miei pensieri, essere certa che tutto questo non sia solo una via di fuga che la mia mente ha costruito per allontanare la preoccupazione e la responsabilità.

Dicono sia normale che gli sposi abbiano ripensamenti, poco prima delle nozze.

Credevo che questo non fosse possibile per chi possiede il Vero Amore.

Perché è questo che dividiamo io e David. Non è vero? Quante volte abbiamo rischiato uno per l'altra, compiuto follie, messo le nostre stesse vite a repentaglio. Se non fosse stato un sentimento puro e senza macchia, lui non avrebbe potuto svegliarmi dalla maledizione del sonno. Sarei rimasta nella stanza infuocata per sempre, morta per il resto del mondo, terribilmente viva in un inferno senza fine.

Dico poche parole alla guardia che presiede la porta che dà sui giardini. Sembra perplesso, ma mi ubbidisce senza troppe storie, schiudendomi l'accesso al mio piccolo angolo di pace. Lo ringrazio, con un sorriso. E quando chiude il cancello di nuovo alle mie spalle inspiro a pieni polmoni quella brezza che sa di confortante solitudine.

Vorrei che ci fossero più fiori. Ma fa freddo, è già autunno. Poggio la candela, mi stringo le braccia al petto e proseguo nel buio trapunto di stelle. Non c'è luna, questa notte. Sono così brillanti sopra di me, tutte queste stelle. Chissà cosa mi stanno dicendo.

Forse che dovrei mettere a tacere tutti questi dubbi senza senso, sposare il mio Principe Azzurro e chiudere la mia storia con un lieto fine. Come tutti si aspettano che io faccia. Come io stessa credevo...come io stessa voglio.

Non posso.

Mi sento soffocare.

Non posso farlo.

Per me stessa. Non posso tradire quello che provo in questo modo. Non è giusto per me, né per David. Perché per quanto strano, per quanto assurdo possa sembrare, questo sentimento che mi destabilizza così tanto non è inventato. Non è nato ieri, e non morirà domani, soltanto pronunciando dei voti di fronte alla corte.

E Brontolo? Cosa penserebbe, se gli dicessi che sto valutando di mandare all'aria tutto per...

No, così non va. Devo riflettere lucidamente.

Mi appoggio con i gomiti alla balconata di marmo. E' fredda a sufficienza da schiarirmi la testa.

David. Concentriamoci su di lui.

E' l'uomo più affascinante che abbia mai incontrato. E' onesto, leale, e carismatico. E' integerrimo, forte d'animo, cavalleresco...è perfetto. Sinceramente perfetto. E mi ama così tanto. Lo vedo nell'espressione del suo volto quando mi incontra, nel modo in cui mi tiene stretta. Ricordo la sua espressione di stravolta gioia quando mi ha risvegliata con il suo bacio. Ogni volta che lo guardo penso: lui mi troverà sempre.

E quando non vorrò essere trovata? E i silenzi che non vorrò condividere, e le parole che vorrò tenere per me? David non mi chiede troppo, no. Solo tutto quello che sono, ogni singolo pensiero che attraversa la mia mente, ogni più piccolo solletico dell'anima. E' questo che fa la gente innamorata, no? Condivide tutto. Passa il tempo a spiegare, a parlare, a confessare.

Poi c'è una persona, una sola persona che mi guarda e sa chi sono, senza chiedere. Sa cosa penso senza insistere. Mi accetta, con le mie debolezze, con i miei momenti di sbandamento verso l'ombra. Ce ne sono stati altri, dopo che la pozione per dimenticare mi aveva resa irriconoscibile dalla solita me stessa. Ci sono stati giorni, durante la guerra, in cui avrei voluto lasciar vincere il male, quello fuori e quello dentro di me. Però mi bastava incrociare gli occhi di Brontolo, vedere la sua determinazione, perché la mia ne fosse alimentata come una torcia che prende fuoco da un'altra.

Quei suoi grandi occhi azzurri. E' lì che cerca di nascondere il bambino che ha dentro, come fosse un tesoro da tenere al sicuro dai malintenzionati. Ho imparato a conoscere quegli occhi. Ho imparato ad amare il suo tono di rimprovero: pensa di essere un duro, invece è chiaro come il sole che ha un animo gentile. Un cuore come il suo non si riesce a celare dietro le parole amare.

Mi ha detto che una volta era un sognatore. Fatico a vederlo in quei panni. Lo preferisco adesso. C'è qualcosa di profondamente triste in lui, ma è proprio questa la sua forza. E' ciò che alimenta la sua grande dignità.

Quando guardo negli occhi di Azzurro, vedo il mio riflesso. Lui è bello, coraggioso, gentile. E' Puramente Perfetto. Il sentimento che condividiamo è senza macchia...

...come una spada. Come un oggetto freddo e inanimato.

Le cose sono senza macchia. Le persone no.

Le persone sono vive, e combattono con tenacia anche quando i loro sogni sono morti. E sì, un po' d'anima si è putrefatta in rancore, ma quella rabbia è diventata una forza inarrestabile, una voglia di vivere incontenibile, un sovrumano amor proprio. Dal dolore, Brontolo ha creato bellezza. Anche se la tiene gelosamente nascosta, come quella di un diamante grezzo che cela la sua luce.

Sprofondo il viso nelle braccia. Come ha fatto a mettere radici così profonde dentro di me, senza che me ne rendessi conto?

 

*

 

Turchina aveva detto loro che per incontrare il Grande Principe della Foresta avrebbero dovuto recarsi, all'alba o al tramonto, al crocevia dei quattro elementi. Quando, stizzito, Brontolo le aveva chiesto indicazioni più precise, la fata si era limitata a dire che se non avessero trovato il luogo da soli il Principe non si sarebbe mostrato.

Dopo aver, come suo costume, brontolato per tutta la mattina, il nano ora fischiettava quel ritornello che tanto spesso intonava in miniera con i suoi fratelli. A Neve non dispiaceva. La musica scandiva il ritmo dei suoi passi e la teneva ancorata al reale, impedendole di pensare agli incubi che avevano iniziato a intaccare anche il mondo della veglia. La fasciatura era ancora intorno al suo braccio, e ogni volta che sfregava sull'ustione ricordava che c'era qualcosa di spezzato, in lei. Qualcosa che avrebbe dovuto sistemare, in qualche modo. Ma se nemmeno la magia poteva aiutarla, cosa avrebbe potuto?

Non si accorse che Brontolo l'aveva preceduta. Seguiva la sua schiena senza nemmeno realizzare che lo stava facendo. Non notò che l'aria si era fatta più umida e densa intorno a loro, e non vide i tronchi dei salici rossi che si curvavano e intrecciavano tra loro, a formare un arco vegetale sulle loro teste.

«Figlio di un...»1

Solo l'imprecazione dell'amico la strappò dai suoi pensieri. Brontolo era sempre stato più basso di lei...ma non così tanto. E continuava a sprofondare.

Lo afferrò per braccio, cercando di piantarsi bene sui piedi per aiutarlo a risollevarsi. Fece forza sui talloni, ma si accorse che anche le proprie suole iniziavano ad affondare.

«E' una stramaledetta palude» grugnì il nano, sforzandosi di liberare uno stivale dalla stretta del fango. Come a confermare la deduzione, il fondo limaccioso sotto i suoi piedi gorgogliò in una grossa bolla, che una volta scoppiata mandò un odore pestilenziale. Entrambi tossirono, ma nel momento in cui lo sfrigolio nell'aria si trasformò in una fiammata improvvisa Brontolo si gettò addosso a Neve, per ripararla con la propria schiena.

Rovinarono entrambi nel fango, ammantandosi di melma; scoprirono, per fortuna, che la polla in cui erano caduti non era particolarmente profonda.

«Hai deciso di uccidermi?» sbuffò Neve, tentando di scostarsi di dosso il massiccio amico.

«Grazie, Brontolo, per avermi evitato di finire arrosto!» Il nano si tolse il cappellaccio lordo di fango, e si passò una mano sul viso per ripulirlo dalla melma. Il risultato fu che si ridusse ad un mascherone ancora più mostruoso, tanto che Neve dovette serrare forte le labbra per non scoppiare a ridere.

«Non è divertente» borbottò Brontolo, cercando di tirarsi di nuovo in piedi. Le tese la mano perché facesse altrettanto. «E non è che tu sia uno spettacolo, al momento.»

«Sai, hai talento come mostro di palude!» lo punzecchiò Neve, solo per il gusto di vedere le sue sopracciglia aggrottarsi e i suoi occhi azzurri fulminarla. «E il fango dona alla tua pelata. Dovresti farci un pensiero.»

Brontolo fece per replicare, quando un nuovo scoppio alle sue spalle lo interruppe. Le fiamme sembravano generarsi da sole nell'aria, e bruciavano per diversi secondi prima di svanire. La loro transitorietà non le rendeva meno pericolose, comunque.

A Biancaneve passò la voglia di ridere, tutto d'un tratto. Quei piccoli fuochi le riportarono alla mente l'incendio più esigente dell'incubo.

La mano di Brontolo strinse la sua.

«Dobbiamo andarcene di qui.»

Il nano si voltò e fece per trascinarla con sé sulla strada da cui erano venuti, quando si trovarono di fronte ad uno spettacolo inatteso.

Sotto l'arco formato dai tronchi flessuosi dei due salici si era accesa una fiammata più grande delle altre, che sfrigolava a mezz'aria, sbarrando loro il passaggio. Attesero, ma la fiamma non si spense. Al contrario, sembrò farsi più bianca, più intensa.

E dalla fiamma si sprigionò una voce, che riecheggiò nella landa con la forza di un vento furioso.

«Chi siete? E cosa vi porta qui?»

Il braccio di Brontolo si parò davanti a Biancaneve, armato del piccone.

«Chi accidenti sei tu» replicò il nano «Mostrati, codardo.»

Senza staccare gli occhi dalla fiamma biancastra, Neve saggiò il fango tra i polpastrelli.

«Il crocevia degli elementi» mormorò. Erano tutti riuniti in quel luogo. La terra e l'acqua si fondevano in un tutt'uno fangoso, e dall'aria carica di strani vapori si generava il fuoco.

Poggiò una mano sul braccio armato del nano, chiedendogli in silenzio di abbassare il piccone.

Brontolo digrignò i denti. «Non mi piace. Non mi piace per niente.»

«Fidati di me.»

Non disse altro, e non ce ne fu bisogno. Seppure con riluttanza, Brontolo la lasciò passare.

«Grande Principe della Foresta» mormorò Neve, avanzando verso la fiamma con le braccia lievemente aperte e i palmi bene in mostra. «Mi chiamo Biancaneve, e sono qui per chiedere il tuo aiuto.»

Nell'atmosfera greve di vapore sulfureo, così intenso da distorcere perfino i contorni del paesaggio, la fiamma si attenuò. In trasparenza, iniziò a rivelare una sagoma più definita.

L'ultimo alone biancastro si dissolse, sfrigolando. E ciò che ne emerse aveva tutta l'aria di essere un grande cervo rosso.

In realtà, il suo palco era molto più ampio e diramato di quanto le corna di un comune cervo, per quanto possente, avrebbero mai potuto essere. Il suo incedere era elegante, estremamente dignitoso, di una grazia incomparabile. Nessun principe umano sarebbe stato capace di muoversi con tanta intensa nobiltà. Sotto i suoi zoccoli, là dove li appoggiava, l'erba secca della palude rinverdiva d'improvviso, e piccoli fiori colorati nascevano come per accompagnare la sua strada con un tappeto di bellezza.

«Biancaneve» disse il cervo, senza che il muso fosse scosso dal benché minimo movimento. Aveva occhi così grandi e così neri che sembravano trascinarla direttamente dentro la propria mente. «Figlia di Re Leopold e della Regina Eva. Quale aiuto vuoi dalla Foresta?»

Brontolo era avanzato a sufficienza da stringerle il polso. Con un cenno, le indicò le figure che avevano iniziato a delinearsi nell'aria tremula. Altri cervi, di aspetto più comune rispetto al Grande Principe, ma anche lepri, tassi, puzzole, e altri piccoli animali che normalmente si nascondevano nei cespugli al minimo fruscio. Gli uccelli, dai pettirossi gonfi per il freddo ai corvi dai becchi minacciosi, si erano appollaiati su rami e arbusti tutto intorno, formando una piccola guarnigione di sentinelle nervose. In presenza del loro Principe, ognuna di quelle creature fragili si sentiva forte abbastanza da circondare gli umani. La loro presenza non appariva affatto rassicurante.

«Tutto questo mi piace sempre di meno» mormorò Brontolo, cupo.

Neve lo ignorò. Dominò la tensione che le tendeva i muscoli, e disse:

«Sono qui per supplicarvi di poter usare il Piffero Magico.»

A quelle parole, un frullio minaccioso d'ali e un pestare nervoso di zampe invasero l'aria. La giovane donna cercò di ignorarlo, e proseguì:

«Il mio scopo è rovesciare due regnanti ingiusti, che opprimono i loro sudditi con la paura e la sofferenza. Senza il vostro aiuto, il mio popolo non troverà mai il coraggio di ribellarsi ai tiranni. Vi prego, per tutto ciò che è sacro...»

«E chi salirà al trono, quando i tiranni saranno rovesciati?»

Ancora una volta, le parole del cervo non ebbero suono. Le aveva scritte nella sua mente, attraverso quegli occhi color pece.

Con l'orgoglio a malapena trattenuto nella voce, Biancaneve disse: «Io.»

«Cosa ti renderebbe migliore dei tiranni?»

«Quello che ho imparato nella mia vita. Gli insegnamenti dei miei genitori, un re e una regina magnanimi, che hanno sempre governato con equità e giustizia. Le lezioni dei miei amici» il viso si torse appena verso Brontolo «che mi hanno insegnato a rispettare e amare qualunque creatura diversa da me, che sia magica o meno. E ciò che ho appreso dai miei nemici.»

«Ovvero?»

Per qualche motivo, Neve sentì che quest'ultima risposta era particolarmente importante. Si umettò le labbra, prima di affermare:

«Che l'amore è forza, e l'assenza di esso può portare alla follia e alla malvagità. Finché avrò amore nel mio cuore, saprò essere la regina di cui la mia gente ha bisogno.»

Ci fu un silenzio, formicolante di becchi che grattavano tra loro, unghie che ticchettavano sui rami, piccoli denti a malapena digrignati. Il cervo abbassò lievemente il capo, come per poterla guardare meglio.

«Vieni qui, Biancaneve, figlia di Leopold ed Eva.»

Allora, Neve si volse verso Brontolo. Lo guardò negli occhi, e lui accennò a un no silenzioso.

Liberò il polso dalla sua stretta, e gli prese la mano. Senza bisogno di parole, gli disse andrà bene.

Lentamente, si allontanò dal nano; ma sentì il suo sguardo addosso ad ogni passo, e questo le diede forza.

Quando si trovò soltanto a un palmo dal cervo, Biancaneve represse un brivido. Quell'essere antico e potente era l'anima stessa della Natura, e le stava di fronte in tutta la sua magnificenza, pronto a giudicarla. Non ebbe bisogno di darle istruzioni: la principessa sapeva cosa fare.

Alzò le dita, lentamente. Il cervo piegò il capo in avanti, il suo palco di corna oscillò intorno a lei, ma senza farle del male. La testa dell'animale andò incontro alla sua mano. E gli occhi neri si chiusero per un momento infinito, che sembrò rubare tutti i rumori intorno. Il frullio d'ali. Il ticchettio di zoccoli. L'arricciarsi di nasi frementi. Il respiro di Brontolo e quello di Biancaneve. Tutto si dissolse in quei pochi momenti, fino a che il Grande Principe della Foresta non riaprì le palpebre.

«La tua anima non è trasparente. I tuoi sogni sono impuri.»

Biancaneve si sentì vacillare. Ma strinse forte i denti, e non distolse la mano dalla testa del cervo. «Sono gli strascichi di una maledizione. Qualcosa di passeggero. Non hanno a che fare con quello che sono.»

In quell'attimo si accorse di aver parlato come David.

«Per accedere al Piffero Magico, devi andare a recuperarlo nel mondo onirico. Ma se i tuoi sogni sono una trappola piena di fuoco, la tua anima è incatenata nel mondo delle cose pesanti, e non c'è speranza che si innalzi. Mi dispiace. Non posso darti il nostro aiuto.»

Il cervo fece un passo indietro, e un altro, ritirando la provvisoria primavera con sé e lasciando il terreno brullo. Tutta la sua corte di piccoli animali iniziò a disperdersi, sparendo negli anfratti del terreno, nella macchia di arbusti, nel fogliame.

«No! Ti prego...» Le ginocchia le tremavano. Per colpa sua, per colpa delle fiamme che le macchiavano l'anima, la loro unica possibilità di salvezza si stava sgretolando. «Ho davvero bisogno di te...non posso farcela senza il tuo aiuto! Ti prego! Farò quello che vuoi...»

«Neve.» Brontolo la sorresse proprio quando stava incespicando nel fango. Le sue braccia la tennero in piedi. «E' tardi. Se n'è andato.»

Sì, il Grande Principe se ne era andato, e Neve non poteva accettare di aver fallito. E per colpa di Regina, ancora una volta. Per gli effetti collaterali di quella maledizione a cui l'aveva costretta, come se il suo odio fosse una malattia di cui non poteva liberarsi, e che la rendeva impura perfino agli occhi dello spirito della Natura...

E se Brontolo avesse avuto ragione? Se quell'odio ormai fosse stato parte di lei? Forse il suo cuore era nero, adesso, per l'atro rancore della sua matrigna e la consapevolezza di averlo provocato con le proprie azioni...

Ma quando già le lacrime di rabbia avevano iniziato a bruciarle negli occhi, qualcosa le riportò speranza. Una vista inaspettata.

Di tutto il corteo che aveva seguito il Principe nella foresta, un cerbiatto era rimasto indietro. Somigliava al maestoso cervo, eccetto per un dettaglio. Una striscia bianca gli nasceva sulla fronte, attraversava il dorso e finiva in una piccola coda candida. I suoi occhi erano acquosi, e ancora ingenui. Niente a che vedere con lo sguardo ipnotico dello Spirito della Natura.

«Non piangere. Non tutto è perduto.»

Brontolo grugnì. «Ecco un altro dannato cervo telepatico.»

Il cerbiatto gli rivolse appena un'occhiata curiosa, prima di proseguire.

«Esiste una fonte, dicono che protegga da tutti i mali. Dovrete attraversare la palude e scalare la rupe, la troverete in un boschetto di betulle. La sua acqua è filtrata dai quarzi di montagna...se riuscirai ad addormentarti in quelle acque, principessa, i tuoi sogni saranno salvi dal fuoco, e potrai accedere al mondo onirico per prendere il Piffero Magico.»

«Addormentarmi? Nell'acqua?»

Il cerbiatto annuì.

«Dovrai farlo, se vuoi cacciare il male dalla tua anima. Almeno per il tempo che ti servirà ad avere-»

«Bambi.»

La voce del Grande Principe schioccò come una frusta nell'aria vibrante della palude.

Il cerbiatto drizzò le orecchie. I suoi occhi mormorarono: «Buona fortuna», prima che voltasse loro la coda e si affrettasse a raggiungere il padre, la cui figura imponente ancora tremolava in lontananza.

Neve rimase a guardarli entrambi mentre sparivano all'orizzonte. Solo quando se ne furono andati, si rese conto di avere ancora le braccia di Brontolo strette intorno alle proprie, e le mani aggrappate alla sua giubba. Anche il nano dovette realizzare solo in quel momento, perché – cosa rara, per lui – arrossì. Fu comunque molto bravo a celare quell'improvviso imbarazzo dietro un cipiglio scuro.

«Ho già detto che tutta questa faccenda non mi piace?»

Nonostante tutto, Biancaneve sorrise.

*

 

Il dannatissimo letto è una distesa di chiodi. Che gli hanno fatto? E' come se tutta la foresta di rovi intorno al palazzo di Malefica avesse deciso di trasferirsi dentro al mio materasso. Mi alzo molto prima di quanto dovrei. Il mio turno di guardia comincia all'alba. L'ho chiesto io, di averlo a quell'ora. Il matrimonio sarà nel pomeriggio, ho bisogno di tenermi occupato fino all'ultimo.

E' anche una necessità, comunque. E' adesso che temiamo di più un possibile attacco di Regina. Una mossa disperata prima del matrimonio, per mandare all'aria tutto. Come ho detto, dobbiamo eliminare ogni possibile ostacolo dalla strada di Neve e Azzurro.

Tutto deve essere perfetto. Perché loro lo sono.

Mi trascino fuori dalle coperte che mi torturano, mi vesto, mi lavo la faccia per togliere gli ultimi residui di questa maledetta notte dalle palpebre. L'idea iniziale è andare a fare compagnia alle guardie di turno, ma poi ci ripenso. Non sono esattamente in vena di chiacchiere.

Allora mi ritrovo a passeggiare per i bastioni, senza un meta precisa. Saluto i ragazzi di turno con un cenno del capo, ma la mia espressione deve essere più che sufficiente a tenermeli lontani senza che facciano troppe domande.

Guardo nel buio, e penso. A tutto, a niente. A lei, che è tutto. A noi due, che non siamo niente.

Non so quando è iniziato. Quello che provo, dico. E' cresciuto così lentamente che quando sono stato in grado di vederlo era già impossibile da negare. Bossy mi ha detto che noi nani non possiamo amare: cominciano ad esserci un po' troppe eccezioni a questa regole per i miei gusti.
A meno che questo non sia amore. A meno che non sia soltanto un altro sogno.

Ma io non sono più quello che sogna. E questo nodo nel petto non è il mio cuore normale. E' qualcosa di più...ed è qualcosa che esiste. Qualcosa che sento per la Neve smarrita che ha bisogno di protezione. Per la Neve forte e indipendente, che maneggia la spada come un uomo e non ha paura di andare a riprendersi quello che è suo. Per la principessina viziata che alle volte emerge ancora in lei. Per la grande sovrana che sta per diventare, giusta, saggia. Per ogni momento di debolezza e per ogni fiamma di determinazione che ho visto in fiorirle nel petto e illuminarle gli occhi verdi.

Mi fermo in un angolo buio della rocca, nei dintorni del giardino. Mi siedo con la schiena contro la balaustra – dopo quelle lenzuola infernali, i sassi sono i benvenuti – e pianto gli occhi nel cielo.

Le stelle sono fredde. Crudeli. Mi hanno sempre messo a disagio. Mi ricordano quella notte, sulla collina, una vita fa. Io, Nova, le lucciole che invadevano l'aria come sogni scesi sulla terra. Sogni destinati a svanire con l'alba.

Ormai non fa più male. E' soltanto una cicatrice che pulsa, alle volte, per ricordarmi chi sono. Ne ho di nuove, più fresche, che bruciano e mi permettono di dimenticare questa, più antica.

Vado fiero delle mie cicatrici. Hanno forgiato il nano che sono oggi.

Anche Biancaneve è stata ferita, e non una volta sola. L'ho incontrata nel momento in cui era più debole, e ho pensato: ci somigliamo, noi due. Prendermi cura di lei è un po' rimediare al mio stesso male. Non pensavo fosse pericoloso, per me...dicono che l'amore ti completa, e non puoi essere completo con qualcosa che ti somiglia, no? Puoi solo aggiungere a te stesso. Questo, pensavo.

Ma ecco il punto, la grande differenza che ci porta a due estremi di un baratro. Neve non mi somiglia più. Perché non è più ferita.

James l'ha guarita, il suo tocco l'ha resa di nuovo bianca. L'ha resa...Biancaneve.

Al pensiero del bacio che l'ha risvegliata dalla maledizione del sonno, il dolore mette radici dentro di me, più a fondo, con più forza. Ma non importa. Come dico sempre, questo mi rende la persona che sono. Mi rende Brontolo.

Alla fine, abbiamo trovato tutti e due quella cosa unica che ci rende completi, Biancaneve ed io. Anche se non completi insieme.

E sarebbe una follia anche solo pensarlo. Tutti noi abbiamo combattuto per mettere lei e Azzurro sul trono. Ho giurato a James lealtà eterna. E' un bravo ragazzo, sarà un buon marito. Un buon re. Neve non mi guarderà mai con gli stessi occhi che ha per lui.

Da ex-sognatore, ho imparato una cosa. Non importa che tu li abbia banditi per sempre dalla tua vita: se hai dato spago anche solo una volta ad uno di loro, questi impiccioni di sogni tornano a cercarti, ti perseguitano, non ti lasciano in pace, non importa quante volte dici loro di no e chiudi la porta. Torneranno ancora e ancora, a ricordarti chi eri e a farti rimpiangere chi non sarai mai.

Vorrei schiacciare questo sogno, come una mosca. So che devo farlo. E il motivo è semplice.

Il sogno di Neve è già realtà.

Quel sogno non sono io.

 

*

 

Brontolo era abituato alla fatica; ma quella delle braccia, che ripetono lo stesso movimento con il piccone ancora e ancora. La fatica delle gambe è un'altra cosa, e il nano non ci mise molto a scoprire che non gli piaceva granché. Eppure, non c'era altro modo per arrivare alla fonte che Bambi aveva descritto loro, se non scarpinare, scarpinare, scarpinare ancora.

Brontolo e Biancaneve camminarono cautamente attraverso la palude, sostenendosi a vicenda ogni volta che cadevano. All'ennesimo fuoco che si accese all'improvviso, rischiando di mandare in fiamme i capelli neri di Neve, il nano prese l'amica per mano. A quel modo avrebbe potuto tirarla in salvo al primo segnale di pericolo.

Come scusa era ottima, e la sua coscienza non sospettò nulla.

Scalare la rupe, a confronto di quella traversata in un dannatissimo mare di sostanze puzzolenti e infiammabili, sarebbe stato un gioco da ragazzi. Lì sì che la forza delle braccia di un nano poteva tornare utile. Una volta giunti alle pendici della parete rocciosa, Brontolo legò un'estremità della corda alla propria vita, e l'altra a quella della sua compagna di viaggio. «Per sicurezza», le disse, «e se sarai stanca potrò sorreggerti.»

Qualcosa si torse nel suo petto quando lei gli rispose con un sorrisetto di sfida. «Chi ti dice che non sarò io a trascinarti lassù in cima?»

E dannazione, lo trascinò davvero. O quasi. Certo, la costituzione quanto meno solida del nano impediva alla ragazza di scalare portandosi sulle spalle il suo peso morto; diverse volte, però, Brontolo si ritrovò a guardare in alto, dove la corda tirava e la risata di Neve si faceva strada nel respiro affannato.

«Sicuro di non volermi sorreggere?»

«Silenzio. Non parlo con la suola dei tuoi stivali.»

«Allora sali su e parlami faccia a faccia. Coraggio. Posso aspettarti, avevo giusto bisogno di una sosta!»

Stringendo parole irripetibili tra le labbra, Brontolo inspirò forte e riprese a scalare – maledetti appoggi, riusciva a controllare bene quelli delle mani ma non era altrettanto abile a trovarne di adatti per i piedi.

Alla fine, Neve lo batté con tanto anticipo da avere il tempo di legare la corda ad uno sperone di roccia, e sporgersi a guardarlo dall'alto con espressione ridente.

«Se me lo chiedi per favore, ti aiuto a salire.»

«Mph» fu la risposta del nano. Non perché non avesse niente di più bellicoso da replicare, tutt'altro. E' che il fiato non gli bastava nemmeno per un'altra sillaba.

Biancaneve dovette scambiarlo per un ti prego, aiutami, perché afferrò la corda a due mani, si puntellò con il piede su un sasso e tirò con quanta energia le era rimasta per

aiutarlo a issarsi sulla sommità della rupe. Alla fine, Brontolo riuscì a trascinarsi sull'altopiano, e si accorse di non aver mai amato l'orizzontalità come in quel momento.

Una mano gentile gli si posò sulla sua schiena, che si gonfiava rapidamente per le avide sorsate d'aria che prendeva.

«Stai bene?» mormorò Biancaneve.

«Certo...» il nano inalò di nuovo, il petto gli bruciava forte «Sto per sputare un polmone, ma a parte questo va tutto alla grande.»

Se lei sorrise, Brontolo non se ne accorse. Ma quella mano non lasciò la sua schiena fino a che il respiro non tornò regolare, e il bruciore scemò lentamente. Allora, la sua compagna di viaggio lo aiutò a rimettersi in piedi, e sciolse la corda che li teneva legati, per riporla di nuovo nella sacca da viaggio. Fece un cenno verso il boschetto di betulle che si stagliava di fronte a loro: il gorgogliare della fonte si sentiva fin da quella distanza, ma nel rossore del tramonto Brontolo riuscì a vedere soltanto quelle che sembravano le rovine di un antico santuario. Una volta di marmo, sorretta da quattro colonne candide su cui si arrampicavano con uguale avidità sterpaglie e fiori.
Quando furono vicini abbastanza da riconoscere il riverbero dello specchio d'acqua, un raggio di sole arancione colpì la superficie della fonte. E qualcosa di magico accadde.

Bambi aveva detto che l'acqua di quella sorgente era filtrata da quarzi di montagna. Ciò che non aveva spiegato loro, era che i quarzi ricoprivano parte del fondo e delle pareti della polla, e incrostavano anche la riva: una volta che il raggio di sole morente li colpì, i cristalli riverberarono la luce, specchiandola nuovamente sull'acqua e attraverso essa. I riflessi danzarono sulle colonne bianche del tempio, intrecciandosi, disperdendosi, rincorrendosi ancora. Non c'era da meravigliarsi che qualcuno avesse voluto costruire un santuario in quel luogo. Quell'esplosione di luce era uno spettacolo che faceva bene all'anima.

«La fonte che protegge da tutti i mali» mormorò Biancaneve, pensierosa.

Brontolo si volse a guardarla. La luce giocava anche sul suo volto, proiettandovi ombre che ne modificavano leggermente i lineamenti. «Non ti resta che schiacciare un pisolino, e il gioco è fatto.»

Lei accennò ad un sorriso amaro. «Io e il sonno abbiamo un passato un po' burrascoso.»

«Andiamo, non c'è niente di cui avere paura. La fonte protegge, non fa del male. E poi ci sono io con te.»

Biancaneve mise due occhi ansiosi nei suoi. «Non potrai seguirmi nel mondo onirico, però.»

Sentì lo stomaco torcersi. Lei aveva paura, e lui non poteva fare nulla per farla stare meglio. Le prese la mano, intrecciò le dita alle sue. «Te la caverai. Te la cavi sempre. E io sarò qui al tuo risveglio.»

Come c'era stato al momento in cui Azzurro l'aveva destata con un bacio dalla maledizione del sonno. Quando aveva trovato Biancaneve stesa a terra vicino a quelle stalle, priva di respiro, Brontolo si era maledetto mille volte per averla lasciata andare da sola all'incontro con Regina. Aveva fatto voto di non ripetere lo stesso errore, mai più. Era pronto a vegliarla per sempre in un bara di cristallo, quando la credeva morta. Dopo un'esperienza del genere, osservarla dormire con la certezza che avrebbe aperto di nuovo gli occhi per guardarlo era molto più di un piacere: era un vero e proprio dono.

Tolsero gli stivali, i mantelli, e nient'altro. Neve fu la prima a mettere i piedi nell'acqua. Era fredda – glielo fece sapere con un'esclamazione soffocata - e nonostante questo i giochi di luce sembravano invitarla a proseguire, avvolgendola, abbracciandola. Al centro della polla, dove gorgogliava la sorgente, il livello dell'acqua le arrivava poco più su della vita.

Un tremito ingiustificato prese le gambe di Brontolo, quando Neve si voltò verso di lui e gli tese la mano per chiedergli di raggiungerla. Per la seconda volta durante quella strana giornata, il nano sentì la punta delle orecchie in fiamme. Per fortuna, erano arrossate già al naturale.

Con espressione esageratamente accigliata, saggiò l'acqua. La sua temperatura non lo turbava più di tanto, ma nuotare non era un'occupazione in cui eccelleva. Che bisogno avevano i nani di imparare a nuotare, nelle miniere?

Per fortuna, non avrebbe avuto bisogno di quell'abilità. L'acqua che gli lambiva il petto lo rendeva nervoso, ma quando si accorse che non sarebbe salita ancora iniziò a rilassarsi.

«Sei certo di volerlo fare?»

Rivolse a Neve un'occhiata scettica. «A meno che tu non voglia provare l'ebbrezza dell'affogamento, direi che non c'è altro modo.»

Gli occhi verdi si rivolsero al cielo. «Tu sì che sai come non far pesare un favore.»

«Non c'è di che, è sempre un piacere.» Sorrise. Amava quelle piccole schermaglie tra loro. «E adesso vogliamo procedere? Altrimenti faremo l'alba, e mi piacerebbe poter recuperare un po' di sonno dopo che avrai preso il dannato Piffero Magico.»

«Giuro che lo suonerò soltanto per farti tacere» replicò Neve, ma era un sorriso divertito a stenderle le labbra.

Ci fu un po' di imbarazzo, all'inizio. Non che il contatto fisico fosse qualcosa di nuovo, per loro. La loro amicizia era iniziata tenendosi per mano, e gli abbracci, da parte di un tipo espansivo come Neve, erano un'abitudine a cui il più schivo Brontolo si era arreso da tempo. Tuttavia, sorreggerla mentre galleggiava sul pelo dell'acqua aveva tutto un altro senso di intimità. Neve non aveva peso, nell'acqua, ma attraverso la stoffa fradicia Brontolo poteva avvertire il calore del suo corpo tra le proprie braccia. Vederla così abbandonata, con la testa riversa all'indietro e gli occhi chiusi, mosse in lui un senso di tenerezza inaspettato, e qualcos'altro che non seppe definire, simile a un morso alla gola.

«Stai dormendo?»

Ci volle un attimo, prima che arrivasse la risposta. «Come faccio, se me lo chiedi ogni cinque minuti?»

I riflessi aranciati erano scemati lentamente, nella bruma che aveva seguito il tramonto. Ora il chiarore della luna faceva risplendere i cristalli in modo sommesso, come se il loro canto glorioso di poco prima si fosse ridotto a un sussurro. Ma era un sussurro piacevole, che cullava l'anima di Brontolo come una carezza.

«Non ci saranno le fiamme, questa volta.»

Ancora, Neve non aprì gli occhi. «Faresti una cosa per me?»

Qualsiasi.

La risposta salì troppo rapidamente alle labbra, dove riuscì a bloccarla per tempo. «Tu prova a chiedere.»

«Canta.»

Cantare, per i nani, era una questione pratica. Si accompagnavano con la voce per scandire il ritmo della marcia verso la miniera o dei colpi del piccone, e alle volte quelle canzoni poco poetiche diventavano ancora peggiori nelle serate trascorse alla taverna, quando venivano innaffiate di birra e allegria eccessiva. C'erano le canzoni di ringraziamento alla terra quando un uovo nasceva, e quelle di commiato quando un compagno lasciava la vita. La praticità si era fatta rito, e il rito si era fatto essenza.

Biancaneve aveva sentito i suoi fratelli nani cantare, anche se non spesso. A volte si era unita a loro, con una voce pulita anche se non particolarmente raffinata. Altre volte si era semplicemente persa ad ascoltarli, facendo vagare la mente chissà dove mentre loro facevano soltanto quello che sapevano fare meglio: essere nani fino in fondo.

Quella notte, per qualche motivo, Brontolo sentiva che doveva ricordare a se stesso di essere un nano fino in fondo. Per questo, esaudire la richiesta di Neve non fu un peso.

Fece vibrare la voce piano, come se avesse paura di destare qualche spirito della natura che si fosse appostato a osservarli. Ma intorno non c'era nessuno. Solo i piccoli rumori della notte, il bagliore dei cristalli, e il respiro agitato di Biancaneve, che gli chiedeva aiuto. Brontolo chiuse gli occhi. E cantò.

 

Sono con te,

Ti porterò fino alla fine di questo viaggio

Fratello, quando sei perso nella nebbia

Ricorda da dove vieni, ricorda il mio viso

Che è lo specchio del tuo: e saprai che non sei solo.

 

Non ci volle molto, perché le membra di Biancaneve si rilassassero. Per un attimo il suo corpo flessuoso sembrò affiorare di più in superficie, poi sprofondò un poco. Ma non sarebbe andata a fondo. Le braccia di Brontolo erano lì a sostenerla.

Chissà se era già nel mondo onirico, adesso. Chissà quali prove avrebbe trovato ad aspettarla. E Brontolo non poteva esserle accanto, non più di quanto potesse scacciare le fiamme che tormentavano i suoi incubi.

La guardò, ammantata di notte, con il bagliore dei cristalli a rendere bluastro il suo viso e i capelli neri allargati sull'acqua come una corona d'alghe. Per un attimo dovette controllare che il suo petto si alzasse e abbassasse ancora. La strinse un poco. Sì, era ancora con lui.

Probabilmente, avrebbe trascorso così tutta la notte, al freddo, immerso nell'acqua gelida, controllando ossessivamente la variazione del suo respiro. Quando la brezza fece stormire le foglie delle betulle, prese a tremare. Ma non si mosse, e non staccò gli occhi dal volto di Neve. I nani non possono ammalarsi comunque, o così diceva Bossy. Diceva anche che non possono innamorarsi, e si sbagliava.

Poco importava. Brontolo non avrebbe lasciato andare Biancaneve per nulla la mondo.

Aspetterò. Ore, giorni, anni se serve.

Che le fiamme si disperdano. Che la tua anima diventi trasparente come l'acqua. Io sarò qui, a tenerti, fino a che tutto il dolore non sarà lavato via.

Io sarò qui.

 

*

 

Adesso, se chiudo gli occhi, sento ancora le sue braccia che mi stringono. In quell'abbraccio mi sento serena, mi sento libera. Non è una prigione. Sono le mura della mia casa.

Ho freddo. Sfrego il mantello sulle spalle, sto congelando. Devo rientrare, devo lasciare questo giardino: ma non voglio farlo. Significherebbe arrendermi alla notte, far trascorrere queste ore, far arrivare domani e il momento della mia scelta.

Ciò che conosco, contro un azzardo. Il più grande azzardo della mia vita.

Posso sopportare il freddo ancora per un po'. Posso restare qui, avvolta dalle tenebre, pensare al mio promesso sposo e al mio migliore amico; a chiedermi se non ho scambiato l'amicizia per amore, e l'amore per qualcos'altro. Potrei farlo in eterno...senza mai decidere quale dei due futuri voglio far diventare realtà.

Ho fatto così tanto, negli ultimi mesi. Visto così tanto. Combattuto con molti nemici dentro e fuori di me. La ragazza che Azzurro ha conosciuto nella foresta non è più la stessa. Ho abbracciato le responsabilità di regina e guida del mio popolo. Il paesaggio del mio cuore non è più lo stesso di prima, e forse...forse è per questo che l'amore di David non mi basta più.

Sono un essere orribile soltanto a pensarlo. Ma è così. Il Vero Amore non è più quello che voglio. E il fatto che io non lo voglia più d'improvviso lo rende meno Vero.

Cosa direbbe Tremotino di questa definizione? Se la magia più potente di tutte dipende da un capriccio del cuore, che cos'è la magia stessa? Può essere volubile come gli uomini, meschina proprio come mi sento io adesso?

La testa mi scoppia, tanto che devo prenderla tra le mani. Dannazione, sono venuta quassù per fare chiarezza dentro di me, e mi perdo dietro la filosofia...

«Che accidenti ci fai tu qui?»

Sussulto. Le mani si abbassano d'istinto. Tra tante voci, è la sua che mi sorprende alle spalle.

Brontolo non ha il turno di guardia stanotte, lo so per certo. Non prima dell'alba. Forse anche lui non riesce a dormire...?

Non mi volto. Perché non posso mostrargli l'emozione che mi trema dietro gli occhi.

D'improvviso la nebbia è dissipata, ed è tutto chiaro.

La verità, è che sei tu a trovarmi. Sempre.

O forse ti sto chiamando così forte che non potevi non sentirmi.

«Ho paura, Brontolo.»

La voce mi esce in un singulto strozzato. Non ho bisogno di trovare il coraggio per voltarmi: è lui che si avvicina. Mette la torcia che porta tra le mani nel reggifiaccola sul muro, poi poggia i gomiti sulla balconata, accanto a me. Sempre pronto a starmi vicino, senza chiedere nulla, con discrezione.

«Stai scherzando, sorella? Tu sei Biancaneve, non c'è niente che ti spaventi.»

Sorrido nel buio, amaramente.

«Invece ti sbagli. Ho paura. Ho paura di essere sul punto di compiere una sciocchezza. Ho paura di aver fatto tanta strada per arrivare qui...quando ormai ho capito che non è più quello che voglio.»

Lascio che un silenzio teso ristagni tra noi. Ha capito?

Tu capisci sempre cosa voglio dire, prima ancora che lo pensi. Ti prego, capiscimi senza parole anche questa volta.

Volto il viso, lentamente. Il suo sembra tirato. La voce è forzatamente calma, mentre mi dice: «Ascoltami. Quello che senti è normale. Stai per cambiare pelle...lo so, all'inizio spaventa. Ma quando avrai iniziato la tua vita con Azzurro, vedrai, ne sarà valsa la pena.»

«E' proprio questo il punto. Non deve esserci pena. L'amore non dovrebbe avere un prezzo.»

Brontolo mi fissa, intensamente. Vorrei potergli leggere i pensieri come lui sembra sempre fare con me.

«Dicono che sia la magia più forte di tutte, no? E la magia ha sempre un prezzo.»

Guardo nei suoi occhi azzurri e il mio cuore vacilla. Forse il mio prezzo è questo senso di colpa. La convinzione che sia sbagliato...la quale non riesce comunque a soffocare un'altra convinzione: che sia dannatamente giusto.

La mia mano si appoggia sulla sua guancia irta di barba scura, il pollice accarezza una delle strisce bianche per ricalcarne i contorni.

«Cosa stai facendo, Neve?»

La sua voce mi sembra incerta. La sua espressione, fragile. Allo stesso tempo è serio, quasi grave. Come se mi avvertisse di non varcare un confine da cui non posso più tornare indietro.

Ma io ne ho bisogno. Ho bisogno di lui, di noi, di questo.

«Perdonami. Devo saperlo.»

Mi chino appena. Incontro le sue labbra.

Sono morbide, così in contrasto con il suo aspetto ruvido. Sono calde sulla mia bocca, estranee eppure familiari. Non credevo che avrebbero avuto questo sapore...di buono, di dolce-amaro, di qualcosa che una volta assaggiato moltiplica la tua fame. Non so se sto respirando, al momento non importa poi molto. L'unica cosa che importa è che non vorrei essere in nessun altro luogo al mondo, se non qui. Con nessuno al mondo, se non con lui.

Brontolo risponde al mio bacio lentamente, con eccessiva delicatezza. Come se si stesse trattenendo. Dentro di me risuona prepotentemente un piccolo dolore, con ogni battito di cuore. Non farlo. Non allontanarmi...resta con me, in questo momento perfetto. Resta con me.

Ma per una volta sono stata io a capire Brontolo prima che potesse parlarmi. Mi prende per i gomiti, mi spinge lontano da sé con gentilezza. Lo sguardo che mi rivolge vuole essere duro.

«Sei confusa, Neve» dice, e ha la voce ferma. «Devi tornare a dormire.»

E' come se un vetro mi andasse in frantumi nel petto.

«Ti sbagli. Non sono mai stata più lucida in tutta la mia vita. Brontolo, ascolta...»

Gli prendo le mani, ma lui respinge le mie. Fa un passo indietro.

«No, ascolta tu, Biancaneve. Non so cosa ti sia saltato in testa, ma è chiaramente tutto frutto del tuo nervosismo. Dormici sopra, e domani questo...incidente non sarà mai esistito.»

Ora è freddo. E da questa freddezza capisco che anche lui prova qualcosa di più. Se fosse soltanto sorpreso, non mi allontanerebbe con tanta enfasi. Lo so. Io lo conosco, come nessun altro.

«Non è frutto del nervosismo, e domani esisterà ancora. Esiste da così tanto tempo che non mi ricordo nemmeno più...»

«Smettila.»

«Perché non vuoi ascoltarmi?»

«Perché dici cose senza senso!» La sua voce si è alzata d'improvviso. «Tu sei una futura Regina. Hai il tuo Vero Amore che ti aspetta all'altare. Sei la donna che ha rovesciato due tiranni al fianco del suo Principe Azzurro! E ora vuoi mandare all'aria tutto questo...per cosa?»

«Per te, idiota! Per noi...»

Lo vedo, si fa sempre più distante. Non con il corpo, ma con la voce, con l'espressione del volto. Si sta ritirando nella sua roccaforte di rabbia, per essere sicuro di non essere ferito. Se solo sapesse che io non voglio ferirlo...se me lo permettesse, io...

«Questo è solo un capriccio da donna confusa. E io non merito di essere usato in questo modo...credevo di valere qualcosa di più, per te.»

Mi mordo forte le labbra, posso quasi sentire il sapore del sangue. «Dici così perché hai paura di non valere abbastanza, invece. Ma sai qual è la verità? E' che cento Azzurro non fanno un solo Brontolo per me.»

Alla luce della fiaccola, qualcosa guizza nei suoi occhi. Non riesco a capire se sia il dubbio, o un bagliore di sofferenza.

«Questa conversazione finisce qui. Me ne torno a dormire.»

Mi gira le spalle, e se ne va. Se ne va, come mi ha detto di aver fatto con il suo antico amore, tanti anni fa. Non importa quanto lo chiami, non si volta.

Ma io non scoppio a piangere, anche se le mani mi tremano e le lacrime premono per uscire. Non mi rassegno così.

Io non sono Nova. Non mi lascerò mettere da parte perché tu pensi che sia meglio per tutti.

Questo bacio mi ha fatto capire che non sei solo un'illusione creata dalla mia mente. Quello che provo per te è più reale di qualsiasi cosa abbia mai sentito, nel cuore o sulla pelle, fino a questo momento.

Sono ancora in tempo per cambiare le cose. Non importa se dovrò essere un mostro, spezzare il cuore di David, rivoluzionare tutto ciò che abbiamo costruito in questi mesi di battaglia. Deluderò molti: e allora? Li deluderei di più se prendessi la strada della bugia.

E quando avrò fatto tutto questo, tu capirai che il mio non è il capriccio di una sposa in crisi. E saprai che non puoi scacciarmi per il mio bene. Tu sei il mio bene...e io sarò il tuo. Se soltanto me lo permetterai, stupido brontolone.



Note

1«Son of a...» è l'imprecazione trattenuta che Brontolo pronuncia quando decide di aiutare Biancaneve, nelle prigioni di Re George.


NdBlackFool
Salve,  equipaggio della Snowy, e grazie per aver letto fino a qui <3  *distribuisce biscotti nanici a tutti*. Spero che l'evoluzione del rapporto tra i nostri due amici-ma-anche-qualcosa-di-più vi abbia convinto fino ad ora...Snow ha fatto la sua scelta, ma come reagirà Charming? E Grumpy, resterà a guardare mentre la donna che ama distrugge tutto quello che ha costruito fino ad ora per lui? Intanto, nei flashback vedremo come Snow ha recuperato il Piffero Magico e il modo in cui questo l'ha aiutata durante la guerra. E non è detto che Bambi non appaia di nuovo prima della fine ^_^
Un abbraccio, e a presto spero!

Laura.

   
 
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